דברים שאתה לא אוהב לעשות לעצמך לא לעשות לאחרים
Gli Stati Uniti sono una potenza globale. Ciò che sta avvenendo in Israele e Palestina è secondario. Sono molti i fattori che influenzano le politiche degli Stati Uniti. Tra i tanti, in quest’area del mondo, il più importante è il controllo delle risorse energetiche. L’alleanza Stati Uniti-Israele ha preso forma proprio in questo contesto.
(Noam Chomsky, 2002)*
Quattro anni fa era in corso il primo attacco massivo dell’IDF nella striscia di Gaza. L’operazione Piombo fuso. Adesso tocca all’operazione Colonne di Nuvole. Di questa ciclicità quadriennale ho già scritto nel post precedente.
Quattro anni fa venni invitato ad una assemblea degli studenti del liceo scientifico. In realtà fu invitato il centro sociale di Empoli e visto che allora partecipavo alle assemblee mi fu chiesto se la cosa mi interessava. Accettai.
Gli studenti avevano invitato uno studente universitario israeliano pro-piombo fuso o pro- Israele e io dovevo fare la controparte. Insomma dovevo fare il palestinese.
Io non sono bravo a prendere posizione, mi riesce bene invece dire le cose come l’evidenza le mette davanti. In quel caso ero un po’ intimorito dal fatto che gli studenti mi avrebbero potuto prendere per un supporter (uno “scherzo” della storia recente vuole che il centro sociale di Empoli si chiami Intifada…) e io non sono un supporter. Non mi interessa giocare a chi c’ha la bandiera più grande. Non mi interessano più le bandiere. Per me la bandiera palestinese non significa quello che significa per un palestinese. Lo dico senza problemi. Così nessun altra bandiera. Lo so bene. Mi interessano solo le persone.
Ho fatto quello che so fare. Ho preso un po’ di documenti che parlavano del conflitto israeliano palestinese e me li sono letti o ri-letti. Per quanto potevo essere in grado ho cercato di approfondire la questione. La mia posizione era chiara. Cessate le operazioni militari e rispettate le risoluzioni dell’Onu. Non mi si poteva certo bollare di estremismo. L’unica cosa che temevo era di essere impreparato. Visto che nessuna autorità palestinese mi ha mai chiesto di difendere i palestinesi in un dibattito pubblico volevo essere il più onesto e documentato possibile. E, soprattutto, volevo farlo dal punto di vista del diritto internazionale, dei diritti umani. Parlare un po’ della storia di un conflitto e di una occupazione non solo di cronaca. Questo era il mio intendimento.
[Mi piacerebbe che questo post fosse letto da dei palestinesi. Se così fosse significa che se sono in grado di leggere l’italiano e di sicuro conoscono già bene il nostro paese, quindi sanno che in Italia è affollato il partito di quelli che sono più comunisti di Karl Marx, più fascisti di Mussolini, più nonviolenti di Ghandi, più cerchiobottisti di Casini… e non mancano nemmeno quelli che sono più filopalestinesi dei palestinesi. Mi sa che tutto il mondo, almeno in questo, è paese. In Italia è sicuro. Io non voglio essere accostato a questa gente.]
La mattina nell’aula grande del liceo c’è una platea molto numerosa e attenta. La rappresentante d’istituto è una bionda carina, già un po’ tipa da salotti televisivi. Poi ci sono anche altri due ragazzi, ma si capisce che la capa è lei. L’israeliano è un ragazzo che studia telecomunicazioni (mi pare) a Firenze. Anche lui un po’ tipo da prima serata. Moro, riccioluto, giovane, bellino e sorridente. Poi, vabbé, io che faccio il palestinese e… noto che sono in strana compagnia perché per una questione di equilibri politici (pensa te) il rappresentante studentesco di destra del liceo ha invitato uno di Azione Giovani di Firenze. Poi c’è un prete. Saluto tutti e mi metto a sedere coi miei appunti davanti.
Introduzione. Vengo a sapere che il giorno prima il giovane israeliano si era confrontato in un dibattito pubblico in quella stessa aula con un imam che se non sbaglio era proprio palestinese e per la gioia dei rappresentanti di istituto era finita con grandi dichiarazioni di appassionata pace universale. A quello che capii, si era sfiorata la pura commozione.
Parla l’israeliano e io ascolto… “la guerra… vivere nella guerra … la pace… ma la sicurezza… evvabbé. In linea di massima ti dice che Israele non vorrebbe, ma cosa altro può fare? Ce l’hanno tutti con noi ecc ecc
Intervengo io. Prima cosa faccio notare che “guerra” è un termine inappropriato. Guerra si ha quando ci sono due eserciti. A Gaza non c’è un esercito. (Però vabbè l’israeliano parla bene l’italiano, ma questo potrebbe essere dovuto ad una padronanza incompleta della lingua). Poi tiro fuori l’elenco delle maggiori violazioni del diritto internazionale da parte dello stato di Israele, di tutte le tregue violate che avevo segnato delle sanzioni bloccate sempre dal voto dei soli USA e di qualche isoletta del pacifico di proprietà degli stati uniti. Cioè insomma Israele non ha MAI rispettato una tregua. Il cessate il fuoco palestinese non è MAI servito ad evitare la ripresa unilaterale delle ostilità ecc ecc…
[Israele si è sempre opposta direttamente o tramite gli USA, che hanno sempre posto il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU (google.com), all’invio di osservatori internazionali. Cito lo stesso esempio che citai in assemblea: 14 dicembre 2002: Il consiglio di Sicurezza dell’ONU discuteva di una risoluzione che invocava l’attuazione del piano Mitchell, la riduzione della violenza e l’invio di osservatori internazionali per controllare, osservare e favorire la riduzione della violenza. Ricevette il veto degli USA […]. La stessa risoluzione giunse immediatamente all’assemblea Generale e ci fu il solito risultato, una schiacciante maggioranza in favore, quasi unanimità. Gli USA ed Israele si opposero, con la Micronesia e […] Nauru, perciò non fu una vera unanimità. E ciò non fu riferito dai media. Chiaramente, non era la storia “buona”. ]**
Ci rimase un po’ così. Non si aspettava dei dati. Non perdeva il sorriso però -non lo perdeva mai a quanto sembrava-, e mi rispose che lui c’è sul posto, la guerra la vede coi suoi occhi (mah!), e che le motivazioni sono soprattutto il grande odio da parte dei mussulmani per gli ebrei.
Ora, il caso volle che in quei giorni ricorresse il giorno della memoria. In TV passavano le immagini terribili dei campi di sterminio nazisti e si era molto parlato di antisemitismo e dello sterminio del popolo ebraico sui media. Lui la buttò su quella sponda. Ascoltai.
Poi gli risposi. 1) che sbagliava interlocutore perché io avevo un parente morto nello sterminio nazista e lui (come aveva appena detto) no. 2) Che i palestinesi con lo sterminio degli ebrei non c’entravano un cazzo. 3) Che i palestinesi non si potevano nemmeno tacciare troppo di antisemitismo perché sono semiti.
Al che ebbe un accenno di contrazione del sorriso (ti dico c’aveva quel sorriso preconfezionato di quello che ti frega le ragazze e mi sa che questo mi manteneva prevenuto) e ammise che sì, in effetti, quello era vero.
Quindi spiegò che i morti erano dovuti alla strategia di Hamas di utilizzare i civili come scudi umani e che l’esercito israeliano era selettivo nelle sue azioni. Mentre la mano dei palestinesi era mossa soprattutto da irrazionalità religiosa… Insomma questa è una guerra di religione. La politica c’entra molto poco o nulla.
E io lì a ribattere che questa non è una guerra di moschee contro sinagoghe e chiese. Questa è una guerra per il TERRITORIO. Per il controllo delle alture del Golan e quindi di preziose risorse idriche, per permettere l’espansione demografica israeliana… che i palestinesi erano diventati manodopera superflua per Israele dopo le ultime immigrazioni di ebrei dall’ex blocco sovietico ecc… E che soprattutto questa è una guerra regionale permanente, mantenuta per interessi che vanno ben oltre Israele e la Palestina ed i rispettivi popoli…
E che insomma… dove li volete mettere tre milioni e mezzo di palestinesi? Sopra uno sciacquone…?
La platea in silenzio inizia a borbottare e talvolta a discutere animatamente, il giovane di destra tace e ascolta. Il prete tace e ascolta. Un giovane liceale dice allo studente israeliano che le armi al fosforo bianco allora cosa sono? Un brusio di dissenso.
Al che, mi venne fatto notare che ero davvero un po’ estremista. (Io?). Sì lo ero. Mi rendevo conto che l’ospite rischiava di perdere il sorriso (a dire la verità quello era un po’ il mio obiettivo non dichiarato, lo ammetto) e che il giorno prima un israeliano e un palestinese si erano quasi scambiati delle effusioni. Arrivavo io, from Empoli, coi miei appunti e rompevo incantesimo e coglioni. Niente We Shall Overcame ecc ecc… Bella merda che ero.
Però diciamolo. Era l’unica cosa che mi potevano rinfacciare, per il resto, come avrai capito, ebbi l’impressione di suonargliele di santa ragione (metaforicamente parlando s’intende). Io avevo degli argomenti, lui no! Pensavo.
Mi sbagliavo e se sto scrivendo questa cosa è per parlarti di questo errore. Il giovane difensore di un attacco militare indifendibile giocò la carta di cui, lì per lì, avvertii solo una sorda, inquietante, deflagrazione poco localizzata. Se non ci credete a quello che sto dicendo venite… Venite in Israele a vedere. Coi vostri occhi. In Israele c’è la democrazia, si discute. Come qui oggi. Gli israeliani sono come voi. Sì. Certo. Io non ho mai pensato gli israeliani non siano come noi… ma… ecco che quella frase lanciata nell’aria gli israeliani sono come voi, si apre e ne esce una molto più potente: i palestinesi NON sono come voi. Questa esplode a grappolo: ne escono molte altre. VOI siete quelli che prendono i missili Qassam in testa. Il resto è tenerezza. Voi non siete traducibili in arabo, voi siete traducibili in ebraico. Tutto ciò che siete voi è ciò che i palestinesi odiano e che noi difendiamo. Sei gay? Non puoi stare dalla loro parte. Vorresti, ma non puoi. Ti scindi. Sei di sinistra, non puoi stare dalla loro parte. Sei ateo non parliamone nemmeno. Sei donna? Accetti la società patriarcale? O mussulmana o puttana. Accomodati. Rapporti prematrimoniali? Degenerazioni dell’occidente. Il diavolo. Libertà? Il diavolo. Laicità? Il diavolo. Aborto? Il diavolo. Divorzio? Il diavolo. Gli occidentali? Il diavolo. Tutte cose non dette esplicitamente. Ma accennate. Risuonavano. Vibravano. Erano presenti. Determinanti.
[Con l’omicidio di Abu Alì Mustafa, nell’agosto 2001 (poco prima dell’11 settembre), Israele mise una pietra tombale non solo simbolica sulla lotta laica e di sinistra in Palestina. Giusto alla vigilia del giubileo dell’islamismo spettacolare. Poi nel 2004 eliminò lo sceicco Yassin a Gaza e nel 2006 Hamas vinse le elezioni a Gaza. L’unità palestinese era spezzata definitivamente. Seguì una scia di sangue.]
Certo ecco il segreto del suo sorriso: farete sempre il tifo per chi è come voi. Anche contro la vostra volontà. Possono esserci dei momenti traumatici in cui le immagini dei bambini morti nei bombardamenti scuotono le coscienze, ma infine si ritorna sempre a ciò che ci assomiglia. Non possiamo scambiare le nostre immagini con quelle dei palestinesi di Gaza. Bensì con quelle degli abitanti di Sderot. Ecco che ognuno prende il suo ruolo nel tragico gioco di ruolo.
Questo è stato anche scelto dai palestinesi. Non essere come noi. Disprezzare l’occidente. La religione come risposta e il rifiuto della laicità. Il disprezzo della laicità. Un partito che è espressione diretta dei capitali del petrolio, Hamas. Un partito che è servito al potere israeliano per estirpare le radici di una battaglia popolare di sinistra. Un partito di cui il potere israeliano adesso si deve liberare. Ma questo è il lavoro del potere. Di ogni potere. Appoggiare qualcuno e poi liberarsene. Lo sappiamo bene in Italia con la strategia della tensione. Non importa quante risorse e tempo questo richieda. Tanto sono risorse che vengono espropriate alla collettività. Basta che la direzione sia quella voluta. Il conflitto si deve mantenere. Quindi non c’è nessuna fretta di raggiungere la pace. Perché il conflitto ha delle ripercussioni globali e dei costi tutto sommato locali. Le armi al fosforo erano, e sono, di fabbricazione americana. Gli elicotteri israeliani sono di fabbricazione americana. I finanziamenti che Israele prende sono americani (la maggiore industria di Israele è il conflitto). Anche i soldi per la ricostruzione che arrivano a Gaza sono i dollari del petrolio, passati dalle mani degli sceicchi del golfo.
Israeliani e italiani possono -scambiarsi i vestiti-. Noi. Con loro questo non è possibile. Vestiti. Ciò che appare frivolo non lo è. Ciò che appare essenziale non funziona. Ciò che funziona appare. Questo sapeva, o intuiva, lo studente israeliano. Non si tratta solo di propaganda, anche se poi si spicciola in questo. Non ha bisogno di prevalere nella politica. Prevale già nella bio-politica. Per questo l’islamismo è stato (ed è) direttamente o indirettamente appoggiato dal capitalismo. Mantiene delle disgiunzioni. Questa è la strategia primaria in una società globale basata sulla guerra e sul terrore. Disgiunzioni.
Shaloom, Saalam, Pace.
[GC :::2012:::]
* Intervista di Znet, 7 aprile 2002. Titolo originale: “Chomsky’s interview”. Versione italiana: Per Israele la Palestina è una questione coloniale, in: Noam Chomsky, Il conflitto Israele-Palestina e altri scritti, ed. DATANEWS 2002.
** Noam Chomsky, Sulla Palestina a ciascuno tocca scegliere. Titolo originale “Chomsky talk”. Ibid.
PS1 Per un’infarinatura tutt’altro che banale sulla storia del movimento Hamas è valevole di consultazione la pagina wikipedia
PS2 La scritta in ebraico all’inizio vorrebbe essere: Non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso. Non garantisco che il traduttore online abbia scritto la cosa più giusta, ma ci spero.