Una cosa che non ha mai capito della gente?
Non capisco quelli che hanno troppo tempo libero e lo usano male. E poi quelli che fanno gli opinionisti su internet.
Intervista ad Ambra Angiolini, -D- del 14/01/2012
Certo che quando uno è in fila al centro per l’impiego gli vengono in mente i peggio pensieri. No sul serio. Io ci provo a concentrare la mente ecc ecc, ma non è così semplice come quando ti trovi comodamente seduto in una stanza pulita e luminosa, con musica rilassante di sottofondo, dove è possibile percepire il respiro che diventa pian piano sempre più calmo, lento e profondo.
Qui è tutt’altra cosa. Questo è il centro della depressione contemporanea.
Va detto che per la mia crescita spirituale un minuto di distacco qua dentro vale quanto diecimila ore seduto sul bordo di un fiume soavemente silenzioso. Almeno credo. Cioè sì. Sennò che ci verrei a fare?
A cercare lavoro?
Macché, non scherziamo. Nessuno ha mai trovato lavoro in questi cosi.
Da quando esistono gli unici che c’hanno trovato un impiego sono quelli che ci sono impiegati (in Toscana, siccome siamo un posto civile: solo donne o diversamente abili).
A me comunque non hanno rubato niente, è giusto precisarlo, perché io come impiegato non mi ci vedo granché; non sono portato. Anche se qui, almeno da un occhio esterno, sembra che il lavoro si basi su alcuni gesti semplici che pure io riuscirei a compiere… Tipo arriva uno che cerca lavoro: gli chiedi se è in regola con la burocrazia. Questo non lo sa, ma passi oltre tanto non serve a niente. Gli chiedi se ha compilato il curriculum. Se sì passi oltre, se no gli spieghi come compilare il curriculum online.
Uomo curriculato mezzo salvato (stesso dicasi della donna s’intende). A questo punto gli mostri dove sono affisse le offerte dei centri territoriali per l’impiego. Poi gli fai vedere i giornali da consultare. Poi gli chiedi se vuole fare un corso finanziato dalla regione coi finanziamenti europei. Poi gli fai capire più gentilmente possibile che sono cazzi suoi.
Ai giornali.
Siccome tutte le postazioni internet sono occupate (affollata la faccenda oggi) mi siedo al tavolo rotondo dove si consultano le offerte sui quotidiani.
Mi torna in mente qualche giorno fa che ero a pranzo dai miei che, siccome loro guardano la televisione (io ho smesso perché mi deprime troppo), stavano vedendo un programma di Rai Storia. Curioso. Un programma degli anni ’70 scritto e, credo, diretto da Stefano Rosso. Sapete quello di: -che bello due amici una chitarra e uno spinello… ecc ecc-. Ecco lui ha fatto anche dei programmi televisivi. Io non lo sapevo, ci voleva Rai Storia sul digitale terrestre e pure i miei genitori che guardano la televisione…
Fatto sta che era proprio la storia di un giovane disoccupato a Roma negli anni ’70 e, per farla breve, raccontava di lui che di lavoro cercava lavoro e faceva vedere come tutte le mattine entrava e usciva dal centro per l’impiego, che allora si chiamava barbaramente -Ufficio di collocamento- senza cavarne niente, e per forza, dico io, con un nome del genere.
Vabbé che la storia era ambientata a Roma e non in un posto civile come la Toscana, ma facevo per dire che uno rischia di non essere neanche originale a farsi delle opinioni, nonostante sia passato un sacco di tempo.
Al computer.
Finalmente si libera una postazione. Devo giust’appunto aggiornare il curriculum… mi sono venuti in mente un paio di aggiustamenti per farlo sembrare più… rotondo.
Mi rendo conto che non sono nella postazione adatta; funziona, si naviga e tutto, ma la tastiera è scassata. Sapete quelle tastiere coi tasti duri che rimangono un po’ bloccati un po’ no e tornano su solo se ci batti in un certo modo. Ecco se c’è una cosa che mi fa girare le palle sono le tastiere scassate a questo modo.
Delle cose però sono cambiate. Dicevo rispetto al telefilm di Stefano Rosso. Cose che non sfuggono ad un sottile osservatore come me…
Intanto quello che entrava ed usciva dal centro per l’impiego di allora era un giovane carino, vestito casual, dall’aria fresca e sfigatella di chi ha ancora tutto il mondo davanti. Adesso al centro per l’impiego ci vengono persone di ogni età, ben vestite e dall’aspetto curato, ma non tanto i giovanissimi che sono invece là fuori a cercare di diventare ballerini e cantanti.
Qui invece sembrano tutti impiegati di mezza età e di alto livello che passano per caso.
Questo è un dato fondamentale: il decoro serve a non lasciare spazio al demone della sfiga. Il decoro…
Registro il dato che ogni anno questo posto è sempre più affollato (davvero, oggi pare giorno di mercato) e da gente all’apparenza ben inserita nel tessuto sociale. Il trend è in crescita, non aspettatevi sbarbini e raccattati, per capirci.
D’altronde lo spiegano tutti i manuali di auto-aiuto: dipende tutto da te e dal tuo approccio. Io ci credo.
Se uno parte che ha già addosso la divisa di uno che gli va di merda allora gli va di merda per forza.
Un po’ di decoro non guasta; bisogna mostrare serietà e competenza come se fossimo già inseriti nel posto che verrà.
Infatti sono tutti così concentrati… a parte quello accanto a me al computer che ha l’aria anche troppo popolare e mentre c’è la fila che aspetta un turno al computer, lui guarda le foto di Belen Rodriguez senza mutande. Legge con attenzione il commento e poi passa ad un sito di calcio. Mentre io sto cercando di risistemare il curriculum online con una tastiera mezza scassata questo tiene occupata una intera postazione con le sue cazzate! Cristo!
Se non fossi intensamente convinto che occorre pensare cose positive affinché avvengano cose positive mi lascerei andare a fantasie violente. Magari un altro, al posto mio, immaginerebbe la sua testa che esplode grazie alla sola forza del pensiero o cose del genere. Io invece no perché non voglio accumulare karma negativo e ci tengo a rimanere centrato nel mio essere autentico.
Per fortuna si alza e se ne va; e spero per lui che stia andando in qualche video noleggio a prendere un porno su cui farsi qualche sega meglio dedicata che alla farfallina sopra la fica di Belen.
Intanto posso rilassare di nuovo la mia mente ecc ecc.
E appena rilassata la mente anche quello accanto a me dall’altra parte si alza e se ne va.
Per dire che quando uno ha un approccio positivo rischia pure l’imbarazzo della scelta.
Adesso posso migliorare la mia presentazione sociale. Curriculum ergo sum. Sentito che roba. Potrei fare il pubblicitario, ma non mi sta simpatica la pubblicità. Essere persone di principio comporta qualche rinuncia, così controllo gli annunci lavorativi.
Quasi niente.
Un lavoro tipo: camionista con la patente anche per lo space shuttle purché madrelingua di cinque lingue, escluso italiano e compreso medio persiano, nonché buona conoscenza partita doppia.
Poi call center e altri pseudo-lavori. Apprendistato.
Sai qualcosa c’è… ma si tratta di addetti con esperienza decennale ad un modello di tornio poco diffuso nell’Europa occidentale, possibilmente transessuali, biondi, superdotati…
No pelosi o nemici dell’igiene. Astenersi poco seri, ectoplasmi e perditempo. Foto no ginecologica e cell. per rapido contatto.
Ma andate pure tutti affanculo.
Mando in stampa il curriculum così non ho fatto un giro a vuoto.
Ripenso alla fica di Belen con l’immagine del lepidottero che le svolazza appresso e a San Remo. L’anno scorso c’era un brutto governo politico di questi tempi, un governo che pensava solo ai pompini, e la democrazia era in serio pericolo. Era pure il centocinquantenario della nascita della patria.
La madre patria. Mi ha sempre fatto ridere questa espressione, perché patria deriva da pater e “madre patria” significa qualcosa tipo mamma-papa. Non è buffo?
Si vede di no, perché l’anno scorso, che la democrazia era in serio pericolo, arrivò a San Remo uno che di solito si occupa di far ridere la gente con ironia e intelligenza come Roberto Benigni che invece era serissimo! Cazzo se era serio. Arrivò addirittura a cavallo, sventolando il tricolore se non sbaglio. Cantava l’inno nazionale… Insomma altro che le mutandine inesistenti della Belen.
Quest’anno invece c’è un governo “tecnico”, lo appoggiano un po’ tutti, quelli che volevano distruggere la democrazia e quelli che la difendevano, e lo stivale sta meglio per forza; è tornato ad essere quel paese cazzone che, col tempo, tutti noi abbiamo imparato ad amare, a forza di pacche sulla spalla, olio di ricino, terrorismo di stato, fregature, smignottamenti e ritornelli orecchiabili.
A parte tutto, che Benigni è un bravo artista io lo penso davvero. Come penso davvero che la Toscana sia un posto tutto sommato civile. Dirò di più: potrebbe essere la regione più civile d’Italia! Soprattutto grazie ad una concorrenza davvero misera. Ogni modo non è un primato trascurabile.
… e io degli errori li ho compiuti in un posto così civile. E’ inutile nascondersi dietro un dito.
La Toscana non è una regione di quelle che non ti aiutano se sei nella merda. Anzi. Solo che anche un posto così civile non sfugge alle regole dello show.
Non basta essere in difficoltà, bisogna essere dei personaggi. Anche la solidarietà o il welfare vanno dietro alle regole dello spettacolo.
Per esempio io non ho maturato abbastanza punti spettacolo e me la devo rasciugare da solo. Mi spiego: se da queste parti non hai fatto un investimento del tipo essere un caso umano non ti meriti niente. Se hai fatto studi più o meno regolari, hai cercato di andare avanti e non hai dietro le spalle una comunità di recupero o un po’ di galera, una storia disperata e così via, buona parte dei lavori nelle cooperative e nel terzo settore ti sono preclusi. Non c’hai i prerequisiti. Gli altri settori invece stanno chiudendo i battenti.
Intendiamoci io ho sempre avuto paura degli aghi e non ho simpatia per l’eroina, bere sì, ma l’alcolismo non mi piace per niente e della galera… ecco ne faccio proprio volentieri a meno.
Quindi non valgo niente per lo spettacolo solidale. Altrimenti almeno un lavoro sottopagato in qualche cooperativa mi sarebbe toccato. Così no, e forse un giorno mi toccherà andare a lavorare in qualche altro posto meno civile. Giusto per campare.
Sempre che non diventi uno famoso o un super-eroe.
Benigni è un toscano doc, e noi in Toscana lo amiamo, e non è vero quello che dicono i maligni che abbia perso lo smalto di un tempo… solo che ha cambiato prospettive.
Adesso è maturo e si occupa di temi universali, e anche se volesse girare il sequel di -Berlinguer ti voglio bene- avrebbe già delle difficoltà a causa del titolo: -Bersani ti voglio bene- non fa nemmeno ridere, sembra una vanzinata. E’ proprio finito un momento storico; quello era un film sul sottoproletariato, oggi sarebbe solo un film sugli sfigati, e gli sfigati non fanno ridere fanno rabbia.
Così difende le istituzioni dai nemici della democrazia insieme a Napolitano.
Ma come faccio a conoscere tutti questi personaggi di spettacolo senza guardare la TV? Direte voi.
Semplice: perché ogni tanto leggo i giornali ed i giornali parlano della TV. Potrei smettere, ma non cambierebbe niente perché anche la gente parla della TV. -The show must go on- come cantava quel famoso iraniano divenuto una rockstar. La TV non si spenge mai. Neanche in questo momento. La “realtà” è la continuazione della finzione con altri mezzi.
Riordino un po’ i pensieri che mi frullano per il capo e poi penso che quando torno a casa scrivo qualcosa e la pubblico sul mio blog. Giusto per sfogazza. Così mi torna a mente quell’intervista ad Ambra Angiolini che ho letto sulla rivista -D- di Repubblica, trovata ancora incellofanata su una panchina mentre portavo il cane a pisciare ai giardini.
Ecco, adesso tutte le volte che mi viene voglia di pubblicare qualcosa sul blog penso ad Ambra Angiolini e mi sento un menco, che in toscano antico vuol dire stronzo.
Davvero, è castrante.
Avete presente Ambra Angiolini? Quella del gioco dello zainetto di Milena. Quella che indicava tre con le dita per dire alle sue amichette che sarebbero state sbattute in terza fila da Gianni Boncompagni, se facevano le smorfiose con lei. Che poi faceva le risatine senza senso in mezzo a discorsi senza senso di una trasmissione senza senso dove delle passerine giovani giovani con un gonnellino corto corto sculettavano continuamente per fornire materiale per seghe standard a intere generazioni di italiani rincoglioniti.
Come nel caso di Belen. Io preferivo farmi le seghe su qualche film della divina Moana Pozzi oppure andare a fantasia sulle mie compagne di studi. Che per fortuna erano cresciute prima perché le ragazzine più giovani invece assomigliavano tremendamente alle topine di -Non è la RAI-, e lì finiva la poesia. Allora meglio farsi le seghe sulle attrici porno piuttosto che sopra dei sospetti casi di lesioni cerebrali. Secondo me ci vuole una marcia in più per fare della vera pornografia rispetto a della cripto-pornografia per minorati, è questo il punto.
Di Ambra Angiolini si diceva: se fosse stupida come sembra non sarebbe in televisione, se c’è vuol dire che è intelligente e fa finta.
Era l’epoca dove bisognava dire che qualsiasi donna era intelligente. La versione spettacolare dell’epoca precedente dove bisognava dire che qualsiasi donna non era intelligente. A regolare l’equilibrio stava la legge generale dello spettacolo: tutto ciò che è buono appare, tutto ciò che appare è buono.
Ad un certo punto è ricomparsa in età matura con la qualifica di attrice di teatro. Di questo non ne so niente.
Adesso si occupa anche di diritti femminili. Nei talk show. L’ho sentita quella volta che le italiane sono scese in piazza indignate per il ruolo della donna in questo paese. C’era anche lei. Per dire come si cambia o come cambiano i tempi.
Io, però, se c’è una cosa che non capisco della gente è quella che perde il tempo a guardare finti programmi di approfondimento, fermo restando che ognuno il suo tempo se lo impiega come gli pare.
Infilo il curriculum nella cartella e siccome è ancora presto mi concedo proprio una sbirciata alle notizie sul giornale. Le solite stronzate.
Poi trovo una notizia sulla val di Susa. Questi della val di Susa non ne vogliono sapere proprio di farsi sfasciare la valle per causa di forza maggiore.
E chi trovo, proprio il presidente Napolitano che invita al buon senso nella protesta.
Poi leggo i titoli degli altri commenti. Soltanto i titoli. Superficiale? Per niente; è metodo il mio. So già cosa c’è scritto; è semplice: protestare con nonviolenza.
Ora io non voglio proprio finire a parlare di politica. Ne faccio solo una questione di chiarezza lessicale.
Vabbè, premetto che non sono molto intelligente sennò non sarei qui a cercare lavoro, anzi sarei ricco e famoso; soprattutto famoso, avrei una villa con un sacco di cani, e una moglie e figli e amanti che corrono felici nel giardino incantato della mia villa e tutto ciò sarebbe contenuto dentro un enorme fuoristrada grande come metà della Toscana con delle ruote alte centosessanta chilometri e larghe diciotto e il vento mi spettinerebbe i capelli ecc ecc. Però a differenza dello spettatore di San Remo io Ghandi l’ho letto.
Ognuno ne pensa quello che vuole di Ghandi, personalmente non ci stravedo, ma non mi risulta che fosse uno che diceva al popolo di star calmo e zitto e subire con rassegnazione.
Invece quelli che parlano in televisione dicono di sì.
Per dire come ognuno le cose le capisce a modo suo.
Volevo solo far notare che il termine -nonviolenza- in Italia è usato come sinonimo di -inefficacia-. Non si chiede che le proteste siano -nonviolente-, ma -inefficaci-. Inutili.
Per non farmi complice di un “uso sconsiderato del vocabolario” voglio ricordare che Ghandi organizzava scioperi e blocchi ferroviari che mettevano in ginocchio l’India intera. Se qualcuno oggi dicesse pubblicamente le stesse cose che diceva lui allora sarebbe arrestato con l’accusa di apologia di terrorismo.
Perdonatemi se lo sapevate già.
Uno che sicuramente di nonviolenza ne sa più di Ghandi è Casini. Avete presente Casini? Quello che invita sempre a moderare i toni.
Casini è un mito, secondo lui la rassegnazione cattolica e la nonviolenza sono praticamente la stessa cosa. Avrà letto un’altra traduzione degli scritti di Ghandi. Che ne so, una versione delle Edizioni Paoline. A proposito avete visto l’imitazione di Casini fatta da Neri Marcorè? Beh, se non avete spento la TV per continuare a vedere l’imitazione di Casini che fa Neri Marcorè siete perdonati.
Quello che è più buffo di tutti (esclusi quelli del centro destra che sennò non vale) è Di Pietro. Una sagoma. Avete presente Di Pietro? Con questo fare popolare da molisano tutto d’un pezzo?
Di Pietro parla di interesse nazionale.
Capisco che è una bella soddisfazione realizzare un’opera che permetterà, a chiunque si trovi a leggere la Gazzetta dello Sport sotto la Mole Antonelliana, di prendere il treno e ritrovarsi in un’ora e mezzo a leggere l’Equipe in piazza centrale a Lione. Decine di minuti prima di quanto ci vuole adesso. Al prezzo di una manciata di miliardi di euro. Sembra fantascienza.
Sul giornale dice anche di stare molto attenti perché i violenti sono pronti ad infiltrarsi in tante altre proteste.
Pensano di sfruttare la crisi per strumentalizzare il malcontento dei precari.
E se l’avessero provocata loro la crisi? I violenti. I precari. I violenti e i precari insieme.
Scherzo.
Su una cosa non scherzo però: la crisi non finirà mai.
Se vuoi intendere intendi.
Potremmo farci furbi e spillargli un po’ di quattrini invece che farceli fregare tutti sotto il naso e restare impalati a guardare il loro spettacolino di fighe depilate e uomini barbuti incazzati.
Pagateci per restare così… nonviolenti.
E’ giusto essere nonviolenti, ma in un’accezione così radicale occorre un po’ di sforzo e… cristosanto, sarebbe apprezzabile che fosse retribuito.
Per dirla alla Casini: lo spirito è forte, ma la carne è debole. Facciamo seicento euro al mese. Minimo.
Vabbè ci resteranno un po’ male le banche d’affari che finanziano le grandi opere “pubbliche”. Ma di interesse generale si tratta.
“Si chiude!”.
Ero perso nei miei pensieri.
Saluto.
Fuori.
E’ una bella giornata di sole, domani è l’otto marzo, la festa della donna non allergica al polline. Ancora non è obbligo presentarsi con dei grumi gialli pelosetti. Ancora un giorno poi tutto avrà l’odore dolciastro di mimosa sfiorita.
Domani è anche l’anniversario della deportazione di mio nonno. Che strano. Passo davanti alla lapide commemorativa. Non ricordavo che tutto l’edificio in cui si trovano sia gli uffici dell’agenzia dello sviluppo che i locali del centro per l’impiego altro non sono che la vetreria ristrutturata in cui lavoravano gli operai deportati.
Deportati in un campo di concentramento per rappresaglia agli scioperi del 4 marzo 1944.
Prelevati ancora a buio da uomini in divisa che hanno continuato a vestire la stessa divisa anche dopo il fascismo. Peccato che la storia della patria sia anche questa. Non ha vinto la nonviolenza allora. Poi processi farsa, famiglie e superstiti a cui è stato chiesto di dimenticare tutto per non disturbare la convivenza democratica. Assoluzioni di massa. Umiliazione della verità. Interesse “generale” ovunque. Oblio.
Che strano. Ho gli stessi 41 anni che aveva lui quando fu portato a crepare. La cosa un po’ mi fa effetto.
Domani qui davanti pascoleranno scolaresche di rintronati a cui sarà recitato un discorsetto patetico davanti alla lapide.
Immagino allora di essere io a pronunciare un discorso alla folla adolescenziale svaccata che non vede l’ora di togliersi dalle palle per andare a casa a vedere qualche serie televisiva messa a punto all’uopo di spappolare i teneri cervelli.
-Sbarbi e sbarbe -direi- cercate di mantenervi quei pochi neuroni che vi sono rimasti e che tutti cercano di rubarvi. Ricordatevi solo una cosa: per il potere voi siete numeri. Più il potere è incivile più siete numeri. Anche per chi vuole il potere per combattere il potere siete numeri. Anche adesso siete numeri. A volte siete numeri da far ballare e far sculettare a volte siete numeri da fucilare. Di solito siete numeri da ubriacare e far consumare.
Salvatevi la pelle senza vendere quella del prossimo. Non distruggetevi, perché qualcuno lo ha deciso per voi.
In questo paese si suicida un disoccupato al giorno. Fate in modo di non essere voi e nemmeno il vostro compagno di banco. Non è tutto. Ma è già molto.-
Saluto i morti.
Vado a pranzo.
Gianni Casalini
San Miniato, 08/03/20121