– Lenin non ha mai avuto molta simpatia per Trotzki, che fa ombra a tutti: la sua eloquenza è sospetta. Egli ha il pericoloso potere di muovere le masse, di scatenare i tumulti, è un creatore di scissioni, un inventore di eresie. E’ un uomo temibile e necessario. Lenin ha già notato da molto tempo che Trotzki ha il gusto dei paragoni storici: quando parla nei meetings e nelle assemblee, quando discute nelle riunioni del partito, egli non fa che riportarsi agli esempi della rivoluzione puritana di Cromwell, o a quelli della rivoluzione francese. Bisogna diffidare di un marxista che giudica e misura gli uomini e i fatti della rivoluzione bolscevica dagli uomini e dai fatti della rivoluzione francese. Lenin non può dimenticare che Trotzki, appena liberato dalla prigione di Kresty, dove era stato rinchiuso dopo le giornate di luglio, si reca al Soviet di Pietrogrado e pronuncia un discorso, nel quale proclama la necessità di instaurare il terrore giacobino. “La ghigliottina porta a Napoleone” gli gridano i menscevichi. “Io preferisco Napoleone a Kerensky” risponde Trotzki. Lenin non potrà mai dimenticare quella risposta. “Egli preferisce Napoleone a Lenin” dirà più tardi Dzwrjinmski. –
Si tratta di un passaggio preso a caso aprendo il libro: Tecnica del colpo di stato di Curzio Malaparte. Una di quelle letture che non affronterei se Hal non me le passasse come fossero fascicoli riservati che non devono cadere in mani nemiche.
In effetti la storia del libro è curiosa. Pubblicato nel ’31, fu proibito in Italia da Mussolini. Nel 1932 fu pubblicato in Germania e, come ci dice lo stesso Curzio Malaparte nella prefazione all’edizione del 1948, quando il libro fu ristampato in Italia: Durante le elezioni politiche tedesche dell’autunno 1932, i muri di tutte le città e di tutti i borghi della Germania apparvero tappezzati di grandi manifesti del Fronte Democratico Antinazista, nei quali, sotto il titolo: “come lo scrittore italiano Curzio Malaparte giudica Hitler e il nazismo”, erano stampate a caratteri di scatola le frasi più insolenti del capitolo su Hitler.
Curzio Malaparte è personaggio strano. Controverso. Fu, fra le altre cose, amico di Galeazzo Ciano che con buona probabilità gli evitò il peggio che il regime fascista gli avrebbe potuto riservare. Andò incontro comunque a non pochi problemi. Ebbe vita piuttosto avventurosa e fu anche partigiano a Firenze durante la guerra di liberazione.
Per farla breve, Malaparte, con questo libro, fece incazzare da Trotzki a Hitler, passando per Mussolini.
Il libro è bello da leggere.
E’ scritto come se la storia, che allora non era ancora diventata Storia, fosse un grande romanzo. Grande capacità narrativa.
I giudizi “a caldo” di Curzio Malaparte sono acuti e taglienti e se si considera la contemporaneità con gli eventi e con i personaggi di cui parla possono risuonare profetici.
D’accordo non tutti condivisibili, ma comunque di grande spessore.
Il limite del libro, per quanto mi riguarda, è che la tesi sulla teoria del colpo di stato avrebbe potuto essere scritta in cinquanta pagine. Malaparte è un narratore, non un teorico. Il che va bene, ma a volte un po’ cigola.
La tesi, che ora potrebbe (condizionale obbligatorio) sembrare scontata è la seguente. Per fare una “ rivoluzione” moderna (scritto nel ’30), che si pone il problema della presa del potere, bisogna fare un colpo di stato. Mentre gli apparati dello stato si attrezzavano per resistere alle barricate e ad una guerra di strada coloro che avrebbero preso il potere lo avrebbero fatto con un manipolo di uomini, fortemente motivati, determinati e ben addestrati. Una elite di combattenti in grado di prendere il controllo con la violenza dei centri nevralgici dello Stato.
Così quando il proletariato russo fece la sua rivoluzione buona parte dei centri nevralgici dello stato erano già stati espugnati da Trotzki e dai suoi uomini. Mentre il vecchio regime si preparava ad una guerra di polizia per evitare le mosse di Trotzki, come in Italia quelle di Mussolini, sarebbero bastati un paio di reparti speciali dell’esercito ben preparati e con una direzione strategica e tattica lucida (infatti Stalin non si farà prendere in castagna.)
Lo stato oggi non è quello del 1930. Le rivoluzioni sono fuori dall’orizzonte. E questo è un libro di Storia, e anche un po’ d’avventura -della tragica avventura d’Europa – da cui c’è anche da imparare.
Purtroppo l’idea di colpo di Stato è tutt’altro che tramontata. E, da allora, i colpi di Stato sono servita più che altro a portare al potere il Potere. Dall’America latina degli anni ’70 a tutto il resto del mondo extra europeo ecc ecc…
-E oggi?- Mi chiede Hal.
-In che senso oggi?- Dico io.
–Oggi cosa è un colpo di Stato? Ci sono delle differenze?-
Domandona. Prendo tempo. Penso che risponderò -non lo so- come faccio spesso, poi però mi viene in mente una riflessione che avevo fatto qualche giorno prima e che calza a pennello… Ce la butto.
-L’unica cosa che mi viene in mente è che di “recente” ci sono stati dei cripto-colpi di Stato di cui la Storia non è in grado di parlarci.
-In che senso.
-Ok prendiamo il colpo di Stato di cui ci parla Curzio Malaparte, con tutte le differenze del caso, inizia dalla prima metà del novecento e arriva fino ad oggi… ma nella contemporaneità ci sono stati dei “Colpi di Stato” invisibili.
-Uhmm… delle restaurazioni…-
-Ok chiamale così, ma rappresentano degli “switch” simili ad un colpo di Stato… Quale era (ed è) lo scopo di un colpo di Stato “old style”?
-Quale è?
-Rovesciare il potere e DIRE, far presente al mondo, che il vecchio potere non c’è più. Tutto l’apparato simbolico dello Stato cambia fra prima e dopo un colpo di Stato. Viene stravolto. Che si tratti della Russia sovietica rispetto alla Russia zarista, o dell’Italia prima o dopo la marcia su Roma, o della Germania…
-Ok, quindi?
-Quindi le cose non stanno più così. Fra prima e dopo le proteste di piazza Tienanmen in Cina nell’1989 c’è stato un Colpo di Stato. Ma un colpo di Stato… interno in cui si afferma che niente è cambiato. Si dice “repressione”, ma non si è trattato solo di repressione, piuttosto della presa del potere da parte del Potere. Gli stessi simboli, le stesse bandiere… Lo stesso avviene con le elezioni USA 2001, con la vittoria truccata di Bush su Gore, dove avviene un vero e proprio colpo di Stato, un push democratico, in cui si afferma che le istituzioni sono le stesse di prima. Questo serpeggiante senso di disagio che talvolta prende la via del complottismo è dovuto proprio alla sensazione che le cose non stiano per niente come prima e tutti lo sappiamo benissimo.
Ma non se ne può parlare come si parlerebbe di un evento di cui si ha certezza. Perché proprio il Potere nega di prendere il potere con delle sospensioni della democrazia e con paralisi delle istituzioni democratiche. Con dei push morbidi (morbidi dentro, ma croccanti fuori, a giudicare dalla quantità di morte e di sofferenza che derivano da questi eventi).
-Ummh… Altri esempi?
-La Russia di Elsin, andato al potere nel 1991 a seguito di un golpe abortito, sciolse il parlamento russo nel 1993 e ordinò l’attacco dei reparti speciali dell’esercito alla Casa Bianca dove i parlamentari stavano asserragliati in difesa della costituzione. Un colpo di stato. Ma di cui nessuno ricorda niente. C’era il regime sovietico, poi ad un certo punto la democrazia. C’era Elsin prima del 1993, c’era Elsin dopo il 1993. C’era la democrazia prima, c’era la “democrazia” dopo. Già, e i carri armati erano lì a fare una parata? E poi…
-Quindi -mi interrompe- il motto del colpo di Stato contemporaneo sarebbe: lo spettacolo deve continuare!
–Eh gia!– Sorrido. Ecco quale è il motto! Lo spettacolo deve continuare!
Maledetti toscani.
Gianni ::: settembre 2012 :::