Pavlov era affascinato dall’”idea degli opposti”. La si potrebbe definire un ammasso di cellule, localizzate in un punto imprecisato della corteccia cerebrale. Queste cellule servono a distinguere il piacere dal dolore, la luce dall’oscurità, il dominio dalla sottomissione… Però quando in qualche modo l’idea degli opposti viene indebolita nei soggetti studiati -facendo patire loro la fame, traumatizzandoli, percuotendoli, castrandoli, facendoli passare in una delle fasi transmarginali, oltre i confini del loro io cosciente, oltre la fase “di pareggio” e la fase “paradossale” -all’improvviso ci si ritrova con un paziente paranoico che vorrebbe essere un padrone eppure si sente uno schiavo… che vorrebbe essere amato però soffre per l’indifferenza del mondo. “Io credo sia proprio la fase ultraparadossale”, scrive Pavlov a Janet, “a indebolire l’idea degli opposti nei nostri pazienti.” Pazzi, paranoici, maniaci, schizoidi, idioti in senso morale…
Thomas Pynchon -L’arcobaleno della gravità- p.68