Sinfonia islandese
Il 14 dicembre 2012 Rai 3 trasmette le immagini di un flash mob natalizio in Islanda. In un centro commerciale di Reykjavik i componenti dell’orchestra sinfonica islandese si sono radunati nella sala centrale e fra consumatori incuriositi hanno suonato una musica di Händel (se mi ricordo bene) con tanto di coro. Il giornalista ha trovato la cosa molto originale.
In realtà non è così originale, youtube è pieno di flash mob di musica classica, ma non sono riuscito a trovare questo flash del 14 dicembre a Reykjavik. Non è importante. Quello che volevo dire è che lo speaker non ha potuto far a meno di accennare alla tenacia (o caparbietà, non sono sicuro) di questo popolo che si è risollevato dopo che lo Stato islandese fu dichiarato in default nel 2008.
Tenacia (o caparbietà). Non basta la tenacia o la caparbietà per risollevarsi da un default, sennò sospetto che anche gli indonesiani ed i coreani, per restare in epoche recenti, non sarebbero stati da meno. Occorrono altre volontà e interventi per risollevarsi. Quali? Boh, a saperlo. Perché il giornalista non ci dice cosa è successo in Islanda?
Sulle prime mi sono detto: perché non si può parlare di quello che è successo in Islanda. Poi però mi sono fatto una rapida analisi di coscienza e mi sono chiesto: ma cosa è successo in Islanda?
Ok. Non lo so di preciso. Allora mi informo e poi scrivo un post dove dico: guardate che in Islanda è successo questo e questo e invece ci parlano di questo e quest’altro… e questi ce la suonano e ce la cantano con la storiella della caparbietà o della tenacia.
Ho provato a cercare notizie e sono giunto a questa conclusione (terribile): non è facile capire cosa è successo in Islanda. Ma la cosa ancora più terribile è che questa sensazione è ormai diffusa a tutto quello che ci riguarda. Chi è Monti? Chi ce l’ha messo? Perché? E così via. Ci sono teorie e “verità” per tutti i target.
Ma restiamo in Islanda. Nel 2008 venne travolta da uno scossone finanziario che fece schizzare alle stelle la disoccupazione e il costo della vita. Fallirono le banche che erano state privatizzate e fra queste anche una banca online chiamata Icesave, che secondo alcuni aveva fatto da collettore al denaro sporco per la mafia russa.
A questo punto i cittadini, coi loro stipendi non sono più nemmeno in grado di pagare i mutui presi per comprare l’automobile. Si parla di default e di svendita delle risorse naturali del paese -l’Islanda è ricca di alluminio-. Sembra la cronaca di un disastro già visto [leggetevi Shock Economy se non l’avete ancora fatto], ma…
Ma niente le cose vanno in un altra direzione. Gli islandesi insorgono. Scendono in piazza TUTTI i giorni. Reykjavik per un mese è una città manifestante. Alcuni gridano alla rivoluzione contro il sistema finanziario e bancario, altri usano altre parole d’ordine…. Ognuno la colora a modo suo e “fare come l’Islanda” diventa un grido di battaglia che significa, grosso modo, scrollarsi il debito di dosso e tutti i fantasmi recessivi che girano sopra le nostre teste. Nelle manifestazioni di piazza in Italia non manca mai qualche bandiera islandese.
I più entusiasti sono quelli della teoria del complotto bancario -chiamati ora signoraggisti- che, in sintesi, dicono sui loro siti che l’Islanda si è liberata dal debito, dal FMI ed ha ripreso a vivere grazie alla nazionalizzazione delle banche e alle nuove regole anti-speculazione. Gli fa eco anche un famoso giornalista come Gad Lerner sul suo sito in questo articolo.
Alcuni dicono che l’Islanda non ha fatto niente di quello che gli viene attribuito dalla controinformazione di destra e di sinistra e che sta pagando e come il suo debito e sostengono che la bufala -Islanda- è un’invenzione tutta italiana: vi consiglio di leggere questo interessante post.
Ora. Mi sa che la realtà sta nel mezzo. Dai dati che sono riuscito a raccogliere mi risulta questo. Le banche fallite sono state nazionalizzate (e questa in sé non è un idea originale visto che le banche vengono privatizzate quando c’è da realizzare utili e nazionalizzate quando c’è da spalmare perdite). I cittadini hanno detto che non vogliono pagare i debiti della Icesave con un paio di referendum. Poi gli islandesi hanno riscritto una costituzione in modo partecipato. L’hanno votata e l’hanno approvata. Hanno mandato a casa la classe politica che gli voleva prescrivere la solita cura –lacrime e sangue-. Si dirà che sono pochi gli abitanti dell’Islanda e quindi è tutto più semplice, ma non mi sembra un risultato da poco.
Poi, importantissimo, hanno messo nero su bianco regole che li dovrebbero tutelare (condizionale d’obbligo) dalla speculazione finanziaria e hanno elaborato norme che garantiscano l’inalienabilità del BENE COMUNE. In pratica hanno messo un freno al principio: bolla speculativa >> fuga dei capitali >> default >> acquisizione del bene pubblico -che avviene sempre con il ritornello di sottofondo: beh ve lo dovevate aspettare, siete stati incoscienti.-
Gli islandesi lo pagheranno il debito, ma l’hanno ricontrattato. Inoltre, cosa non trascurabile da osservare, se il popolo islandese è dovuto ricorrere ad un referendum per non pagare i debiti di una banca privata fallita allora significa che NORMALMENTE ad un popolo che tace viene addossato il costo del fallimento delle banche d’affari che falliscono. Sempre da quello che penso di aver capito (ammetto che non è semplice) l’Islanda ha inserito norme che separano nettamente le banche d’affari dalle banche commerciali e una regolamentazione che impedisce di giocare con il vero scandalo della finanza cioè i titoli derivati.
Ultimo, ma non ultimo, gli islandesi hanno collettivamente elaborato una costituzione che si pone all’avanguardia per i diritti civili e umani e difende la libertà di espressione anche grazie alla protezione territoriale dei server informatici dell’isola.
Una specie di Isola aperta a tutti i perseguitati.
Non so, questa cosa della caparbietà, o tenacia, mi suonava un po’ come dire: guarda bravi questi vichinghi, invece che piangersi addosso si sono rimboccati le maniche e lavora lavora hanno risolto il disastro. Da bravi: fate altrettanto.
Gli islandesi non avranno fatto una rivoluzione, ma hanno suonato tutta un’altra musica. E questo c’è da capirlo meglio.
GC [:::2012:::]