
‘ Seeing is believing ‘ :::: Sammy Slabbinck 2013
Ieri, a pranzo dai miei, ho visto un documentario sulla Sardegna trasmesso da Rai 5. Davvero bello. Nessuna voce fuori campo. Solo persone, artisti, musicisti o anche gente comune che raccontavano le tradizioni o le vicende storiche culturali e politiche dell’isola. Tutti parlavano solo sardo ed era sottotitolato in Italiano. La narrazione veniva intervallata da canti e immagini di feste popolari o altro. Semplice, ma elegante. Senza fronzoli e commenti. Guardo i titoli di coda ed è prodotto dalla televisione svizzera. Mi pareva strano che la Rai facesse una cosa sobria e apprezzabile. Ecco, sentendo la sonorità della lingua sarda mi è venuto da pensare che io appartengo a quella minoranza linguistica la cui lingua è stata usata per invadere. Dal toscano fiorentino deriva la lingua dell’invasore. Però una lancia la devo spezzare a favore dei toscani. Tranne sporadiche eccezioni i miei conterranei hanno sempre visto l’italiano come lingua -d’unione- e non come lingua -d’invasione-. Dispiace che per la politica le cose siano andate diversamente e fanno bene i sardi come tutti gli altri popoli d’Italia a mantenere viva la loro lingua, perché ogni lingua che scompare è una povertà per tutti e una ricchezza per nessuno. Fosse anche una lingua parlata da mille persone o anche meno la sua scomparsa è paragonabile alla scomparsa di una specie di piante o di animali; è qualcosa di terribilmente sbagliato. Ci sarà sempre bisogno di lingue che uniscano e che permettano di comunicare fra loro un elevato numero di persone, ma la sopraffazione linguistica è una forma di violenza intollerabile. Coloro che hanno mantenuto viva la loro lingua madre hanno regalato al futuro un patrimonio che arricchisce tutti. Pensavo questo.