Un druido, vestito soltanto con un’ampia tonaca di lana grigia e il cui volto era in gran parte nascosto da una folta chioma bianca e lunga barba appena un pò più grigia, se ne stava ricurvo e assorbito interamente nello scolpire segni su una pietra alta, larga e alla apparenza molto molto pesante. Ogni tanto si fermava e, fra sé, ridacchiava.
Entrò nella capanna un giovane dai lunghi capelli chiari col corpo interamente coperto di pelli conciate e lo salutò. Il druido rispose al saluto distrattamente senza mai veramente interrompere l’insolita occupazione, tanto sembrava rapito dal divertimento.
Il giovane per un po’ lo osservò senza proferire parola, piuttosto cercando di capire cosa stesse davvero facendo quell’uomo.
Osservava i segni e non ne capiva il significato. Assomigliavano a disegni, ma non riusciva a scorgervi né animali, né uomini, né il sole e nemmeno la luna. Niente di quello che conosceva fra i tratti che un uomo può tracciare sulla pietra, sembrava essere lì rappresentato.
Dopo aver prestato attenzione in silenzio il giovane si fece coraggio e pose rispettosamente la domanda che stava trattenendo all’anziano saggio.
-Maestro per favore illustrami in cosa consiste il tuo misterioso lavoro?-
Il druido si voltò e lo fissò con sguardo penetrante per un interminabile istante, poi il volto rugoso si illuminò di un sorriso che appena si scorgeva sotto il folto pelo.
-Mi diverto. Faccio finta di aver inventato la scrittura.-
Il giovane ancora più perplesso esitò un istante e poi chiese di nuovo:
-Perdona la mia ignoranza maestro… ma cosa è la scrittura?-
Il druido si voltò di nuovo e riprese a picchiare sulla grossa pietra con perizia delle linee che ne tagliavano altre, alcune in senso orizzontale e una più lunga in senso verticale.
-Beh, la scrittura è qualcosa che ancora non esiste. Ma che, prima o poi, qualcuno si darà la pena di inventare… si tratta di usare dei simboli che rappresentano le parole che noi pronunciamo, così se non stai ascoltando quello che qualcuno dice basta che venga scritto e tu leggendolo in un tempo successivo saprai all’incirca cosa stava dicendo quell’uomo. E’ una cosa… -prendendosi una pausa per dare enfasi al discorso- …è una cosa che una volta inventata non te ne liberi più.
Il giovane si grattò la testa e queste parole lo confusero anziché rendergli più chiaro il senso del lavoro svolto dall’anziano maestro.
-… e cosa significa “leggi”?
–Leggere è il contrario di scrivere che è quello che io sto facendo… Fra molte lune, in altre ere, lontane, innumerevoli come tutti i grani del letto del fiume, anche quando la nostra lingua sarà scomparsa dimenticata da chiunque e nessuno più ne potrà ricordare il suono e imitare il canto, ci sarà chi tenterà di leggere quello che è stato scritto… Così come noi leggiamo il movimento del Sole e delle Stelle oppure il volo degli Uccelli…
-Ti prego maestro chiarisci in me questo dubbio: potrebbe non interessare a loro… fra molte ere, innumerevoli come i grani di sabbia del letto del fiume… quello che è stato scritto?-.
-No, impossibile, allo stesso modo con cui noi siamo attratti dai segni del cielo e della terra, una cosa scritta troverà sempre chi cerca di leggerla… soprattutto se ciò è molto difficile da fare.
Poi rivolgendosi al ragazzo con soddisfazione indicò un cerchio con un punto centrale che aveva appena terminato di scolpire.
-Guarda che bel segno!
-E cosa significa?-.
-Niente! E’ solo un segno, mi andava di farlo. Adesso ne invento un altro e così via…
E ridacchiando si mise di nuovo al lavoro.
-Maestro… se ho ben capito cosa è questa scrittura… allora tu… non stai scrivendo.- esitò un attimo prima di terminare la frase.
-Esatto. Vedi che sei sveglio!-.
-E perché non inventi davvero la scrittura… se è così… importante?-.
Il druido si rimise in posizione eretta, senza voltarsi, e sembrò assorto per un certo tempo nella domanda del ragazzo. Poi riprese la sua posizione di lavoro curvo sulla pietra e quasi bofonchiando rispose: -ma no! Mi diverto troppo così… inventare una scrittura è un lavoro complicato.- e scosse la testa.
I due uomini rimasero in silenzio; si udiva solo il ticchettio dello scalpello quando il druido si interruppe per avvicinare la torcia vicino alla pietra in modo da vedere meglio il risultato del suo lavoro.
I suoi occhi erano stanchi e non vedevano bene come quelli del giovane che sembrava più turbato di quanto lo fosse all’inizio del dialogo e, prima che il druido fosse assorbito di nuovo nella sua occupazione, gli rivolse con prontezza e una certa urgenza la parola.
-Maestro… tu sai fare cose molto molto complicate. Tutta la comunità aspetta con trepidazione i tuoi riti. Anche gli Dei e il Cielo e la Terra e gli Astri nel Firmamento ascoltano le tue parole…-.
Il druido non gli lasciò finire la frase e fece un movimento veloce della mano dall’alto verso il basso, con un gesto che intendeva tagliare corto.
-Macché, io faccio dei segni, ci metto un po’ di enfasi… vedi -e si voltò agitando le braccia in un movimento circolare molto ampio- e quelli ci vedono delle cose e quelle cose cominciano a diventare vere. Tutto qui.
Il ragazzo adesso era davvero scosso e con un filo di voce chiese: -…e come funziona?-.
Il druido alzo le spalle e poi sospirò.
– Ma vai a sapere. Sa forse il contadino perché cresce la pianta? Sa forse il cacciatore perché vola l’uccello? Queste sono cose che lasciamo a quelli che inventeranno la scrittura… noi abbiamo altro da fare.-
Tornò a scolpire segni con più foga di prima.
Al ragazzo parve di capire dove il maestro volesse arrivare e questa volta gli si rivolse con voce sicura ed ebbe la strana sensazione di sentirsi… adulto.
-Non credi però che ad un certo punto si accorgeranno che quei segni non significano niente e smetteranno di… “leggerli”. – Sottolineò con il tono della voce la parola finale.
Il druido si voltò lentamente e guardò con soddisfazione il ragazzo; i suoi occhi adesso erano allegri come quelli di un bambino e sembrava che l’azzurro ne uscisse fuori con una luce che un tempo era stata di ogni istante e che l’età riservava solo ai momenti particolari.
Poi rispose con profonda calma: -No, al contrario, troveranno che significano qualcosa e ci leggeranno pure un discorso… e chissà che non sia pure un bel discorso…
…Magari il più bel discorso che io abbia mai fatto.
E rise di gusto.
Gianni Casalini, 2009