Gran Torino
(Gran Torino)
Dranmmatico/Azione – 116 min
di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her,
Christopher Carley
USA – 2008
"Questo è il mio film più piccolo, ma anche il più personale. Non è tempo di poliziotti estremi, ma di coraggio nel comprendere gli altri."
Clint Eastwood
Walt Kowalski, veterano della guerra di Corea, ateo cattolico, di origine polacca, tradizionalista americano, coscienza tormentata, carattere ruvido e mano armata, non è l’ispettore Callaghan invecchiato, ma la trasformazione alchemica del giustiziere solitario avvenuta nel corpo stesso di Clint Eastwood.
Come il fiore del loto, che affonda le radici nella melma per sbocciare incontaminabile dal fango, così Walt Kowalski affonda le radici nell’america profonda, nelle sue contraddizioni, nella sua violenza, nella sua stupidità per alzare lo sguardo dal mirino della propria pistola e vedere il mondo e quella razza universale che sono gli umani,
senza (o proprio) per questo (senza) perdere la mira o amputarsi i coglioni.
"Ha dei cavi per la batteria?". Chiede un giovane cinese timido e impacciato, e per tutta risposta Walt Kowalski gli lancia una lunga serie di insulti razzisti e gli sbatte la porta in faccia. Ma ormai l’alchimia è avvenuta. Lo yang (Kowalski) è entrato in contatto con lo (yin) del giovane cinese che, guarda caso, si chiama Thao; entrambi arroccati nella difesa eroica e corazzata della propria identità.
Da quel momento tutti gli opposti inizieranno a compenetrarsi e a rafforzarsi: oriente e occidente, corpo e mente, maschile e femminile, decisione e intuito, tragico e comico, saggezza e follia.
Eastwood, come un samurai dietro una macchina da presa, taglia la testa a tutte le retoriche pro o anti qualcosa per vedere le cose come sono. La narrazione è lucida e disincantata come in un racconto di Carver.
Sputa Kowalski, continua a sputare sopra ciò che non riesce più ad essere vero, sulle stupidità easy-on, sulle falsità nascoste e rimosse, sugli schematismi di tutti i ghetti, sulle verità zucchero e miele dei falsi democratici. Dalle radici corrosive di Kowalski sboccia di nuovo il canto di libertà dell’America di Walt Whitman.
Chi può se lo guardi in lingua originale sottotitolato.
gianni.casalini a bastardi.net