“Friedman imparò a sfruttare uno shock o una crisi su larga scala verso la metà degli anni Settanta, quando fece da consigliere al dittatore cileno, il generale Augusto Pinochet. “
Dall’introduzione – Shock economy; Naomi Klein
C’è un libro che ho citato spesso e di cui voglio consigliare la lettura a tutti. Si capisce da titolo che mi riferisco a Shock Economy (2007) di Naomi Klein. Shock economy è un libro indispensabile per capire il neoliberismo; per capire il nostro presente; per capire come le teorie di Milton Friedman e della sua cerchia di discepoli abbiano agito nello spazio e nel tempo a partire dagli anni ’70 e perché pesino come un macigno sulla nostra testa. Il linguaggio giornalistico lo rende di facile lettura e immediata comprensione. Cosa oltremodo apprezzabile.
Molti pregi. Partendo dal concetto di Shock in psichiatria, Klein, mostra come lo Shock collettivo e individuale sia indispensabile al capitalismo finanziario o di rapina, che dir si voglia, per raggiungere i propri obiettivi. Cioè per realizzare enormi profitti in tempi brevissimi attraverso vere e proprie strategie di saccheggio. Ci mette davanti un campionario incredibilmente vasto di casi, episodi ed eventi storici che secondo la lente della cronaca sarebbero rimasti privi di ogni spiegazione razionale.
Mentre leggiamo il libro possiamo mettere da parte la solita zolfa mediatica con le sue spiegazioni da cartoni animati. Di solito si rimane semplicemente perplessi dalla serie di eventi che si presentano alla cronaca e si è costretti ad attribuire cause ed effetti al fato. Divinità sempre tenuta in gran conto dal sistema di potere. Il fato non c’entra, ci spiega Naomi Klein e lo fa con una precisione e una documentazione sterminata e puntuale.
Chi avesse uno sviluppo mentale che non si è fermato ai cartoni animati si sentirà subito meglio.
Che cosa hanno in comune l’Iraq dopo l’invasione americana, lo Sri Lanka post-tsunami, New Orleans dopo l’uragano Katrina, le dottrine liberiste della Scuola di Chicago e alcuni esperimenti a base di elettroshock finanziati dalla Cia negli anni cinquanta?
L’idea che sia utile fare tabula rasa per costruire da zero una mente, un tessuto sociale, un’utopia: quella del fondamentalismo capitalista del libero mercato.
[Dall’ultima di copertina]
Qualche difetto (o, meglio, qualche precauzione). Essendo un testo che tratta di economia e di politica e che getta una luce su eventi “oscuri” (stupendi i capitoli su piazza Tienamen e sulla Russia golpista post-sovietica) si può tendere a considerarlo un libro esaustivo. Lo è anche, ma dentro la propria griglia di lettura. La visione della Klein contrappone il neoliberismo, o capitalismo di conquista, al welfare Keynesiano visto sia come nemico pubblico numero uno per le dottrine economiche di Friedman e, in un certo senso lo ripropone come soluzione ai problemi di un mondo preso nella deriva neoliberista.
Personalmente ritengo che le politiche Keynesiane vengano abbandonate progressivamente dal capitalismo man mano che risultano superflue al mantenimento dell’ordine interno. Ciò non toglie che vada pensato un nuovo welfare e una nuova lotta. Ma qui il discorso sarebbe altro e lascio ognuno alla propria riflessione. Buona lettura.
Shock Economy -L’ascesa del capitalismo dei disastri; Naomi Klein, BUR Rizzoli 24/7
AIDS politik. Questa è una divagazione sul tema. Un libro che manca, che potrebbe essere scritto, ma che non lo è, perché quelli che scrivono i libri preferiscono parlare della decadenza dei costumi.
AIDS politik è un pensiero che mi venne quando lessi il libro e che metto qui in coda. Come personale appendice.
La Klein accosta giustamente lo shock e la finestra di opportunità che ne segue con l’economia, manca secondo me un approfondimento per quanto riguarda la politica.
Se il trauma è il paradigma economico di questo capitalismo, io vedo il paradigma dell’agire politico nel meccanismo biologico del retrovirus HIV3. Il responsabile della sindrome conosciuta come AIDS o SIDA.
[Ci sono teorie contrastanti sull’AIDS. Alcune divergono nettamente dalla versione ufficiale accettata dalla comunità scientifica che considera la sindrome da immunodeficienza acquisita conseguenza dell’infezione da retrovirus HIV3. Questa non è una trattazione scientifica sulla patologia. Non entro nel merito dell’argomento. Il paragone si basa sulla teoria virale che è quella ufficiale, solo perché ritengo interessante la metafora.]
Descrivo il meccanismo di propagazione di un virus in breve. Se sapete già come funziona pazienza.
Un virus è il più semplice essere vivente, talmente semplice che non ha niente di suo, a parte una “matassa” di codice genetico da “sparare” in una cellula ospite e dentro la quale utilizza tutto ciò che la cellula ospite gli mette a disposizione per replicarsi in numerose copie. Una volta riprodotto in abbondanza causa l’esplosione della cellula ospite e si libera nell’ambiente in cerca di altre cellule da infettare. Un virus può essere paragonato ad un cd che ha il solo scopo di masterizzarsi…
Il virus HIV3 è un retrovirus, una categoria piuttosto antica di virus che si replica tramite l’utilizzo del codice RNA e non del codice DNA.
Ma ciò interessa relativamente per questo discorso.
In parole povere: un virus è una siringa di codice genetico. Di solito attacca un particolare target dell’organismo, un certo organo, un certo tipo di cellule, e si riproduce velocemente a spese dell’ospite.
Come funziona la risposta dell’organismo attaccato? In vario modo, principalmente esistono delle cellule specializzate che “si accorgono” della presenza del virus -alcuni tipi di globuli bianchi, per esempio- e “chiamano a raccolta” tutti gli apparati difensivi che, a loro volta, si occupano sia di “creare un identikit” biochimico del virus, sia di attivare la produzione di anticorpi per neutralizzare il virus.
Anche nel caso del virus HIV3 l’organismo produce gli anticorpi per contrastarlo come nell’infezione di qualsiasi altro agente patogeno. Ma le cose vanno diversamente.
Il risvolto diabolico sta nella scelta del target. Nel tipo di cellule che l’HIV3 attacca per riprodursi. Infatti le cellule che infetta sono dei globuli bianchi chiamati T-helper e sono proprio le cellule che hanno il compito di attivare la risposta immunitaria. E’ evidente che alla lunga il piccolo virus avrà la meglio sull’esercito difensivo del sistema immunitario in quanto ci si è infilato dentro. Si potrebbe dire anche che è talmente “sicuro di sé” da prendersela con estrema calma. Instaura un clima di convivenza apparentemente pacifica. E’ come se dei delinquenti si nascondessero in questura. O dei mafiosi nello Stato. O cose del genere.
Meccanismi di questo tipo sono stati presi in considerazione per costruire teorie complottiste. La teoria del complotto prevede un soggetto occulto e serve, secondo me, ad occultare soggetti palesi. Invece l’AIDS politik, cioè un tipo di politica che sfrutta il meccanismo dell’AIDS non richiede dei soggetti occulti. Caso mai dei soggetti che non si possono esporre pubblicamente. E’ differente.
E’ sotto gli occhi di tutti che non è mai esistito un partito o una forza politica espressamente neoliberista. Dal momento che TUTTI sono tenuti ad esserlo. Per ottenere questo strabiliante risultato è stato sufficiente che nessuno potesse più muovere le leve economiche della società dalla stanza della politica. Però in questo caso, che rappresenta la premessa al punto in cui siamo, sarebbe ancora possibile parlare di accondiscendenza. Siamo al margine dell’AIDS politik.
Prendiamo un esempio immaginario.
E’ facile capire come economie, più o meno criminali, abbiano bisogno di questo meccanismo. Comprare immediatamente l’antagonista. La situazione è arrivata ad un punto tale che è conveniente creare l’antagonista ad hoc per giocare sul tavolo della politica. Che è ancora lo spazio dove si muove ciò che si può mostrare.
Cosa c’è di meglio che camuffarsi con le divise del nemico, che mettersi nei panni di quello che è considerato l’antagonista. Un trucco antico come il mondo dirà qualcuno. Antico sì, ma mai così centrale come adesso. Ci ricordava Sun Tzu che: il tao della guerra è l’inganno. E l’inganno è la cifra del nostro tempo.
Il paragone tra una struttura biologica arcaica come un virus e una struttura sociale arcaica come la mafia ha una sua pertinenza, non è solo una suggestione significativa.
Per assurdo immaginiamo che le strutture arcaiche sappiano essere anche moderne (cosa che succede sempre, ma che stupisce sempre qualcuno), ma talmente moderne da rappresentare l’unico modello di impresa vincente. Immaginiamo che queste strutture arcaiche possano esistere come potentati economici in quanto fornitrici di merci e servizi.
Immaginiamo che l’economia di queste imprese si riveli talmente fiorente da presentarsi come l’unica impresa con problemi di eccesso di liquidità. Poniamo, sempre per assurdo, che servano delle imprese in grado di gestire un eccesso di liquidità “ingombrante”.
Occorre trasferire liquidità in zone tradizionalmente estranee al fenomeno mafioso. Zone anche culturalmente riluttanti. Ma asfissiate da una crisi di liquidità circolante.
Il sistema migliore per coprirsi le spalle è utilizzare i campioni di questa riluttanza culturale, in grado quindi di convogliare la reazione not-self (non del proprio: in biologia si indica così il tipo di riconoscimento che viene fatto di un corpo estraneo al proprio organismo da parte del sistema immunitario) di una popolazione per rendere possibile un’infiltrazione economica e politica. Mentre si batte sulla gran cassa della riluttanza culturale. La reazione primaria di un organismo che si sente attaccato dall’esterno è offrire potere a chi si qualifica come produttore di anticorpi.
Poniamo per assurdo di costruire un troian. Una forza politica apertamente schierata contro il nemico a cui dovrà aprire le porte.
Immaginiamo che questa forza sia capace di crescere proporzionalmente ai malumori popolari.
Immaginiamo di vivere in un’epoca in cui l’alleato si deve presentare come l’avversario e sia diventata rara la capacità di ragionamento; unico anticorpo reale.
Immaginiamo per assurdo che nel territorio in cui questa forza è più rappresentativa vengano investite enormi quantità di capitali. Immaginiamo che qualcuno faccia un calcolo in metri cubi e scopra che si è costruito per un volume enorme di edifici vuoti (edifici vuoti… c’è sempre qualcosa di strano quando si parla di edifici vuoti!)… Proprio lì dove la muraglia sembrava più alta e invalicabile. Proprio lì che si addensavano i globuli bianchi.
Questo è un caso immaginario di AIDS politik. Comunque è un esempio ce ne possono essere altri. Molti altri.
In generale: il modello vincente di impresa è l’impresa mafiosa. Anche quando non lo fosse (o addirittura non volesse esserlo), lo Stato è tenuto a fornirgli gli strumenti per esserlo in virtù della legge della competitività di mercato. La precarizzazione è la forma istituzionalizzata e attualizzata di un tipo di società mafiosa. Il procedere dell’economia sfrutta gli shock sociali per raggiungere profitti immediati e concentrare capitali e la politica viene pesantemente infiltrata di forze populiste che al servizio delle elite portano le masse al loro macello.
Uno dei risultati più drammatici dell’AIDS politik è quello di creare una paralisi politica. Cioè una paralisi del possibile, in quanto nessuna parte in gioco è più riconoscibile come reale antagonista se pure in chiave riformista di un sistema in essere. I riformisti oggi, non desiderano o auspicano la realizzazione di riforme sociali. Casomai si pongono come moderatori fra le esigenze di strozzo dell’alta finanza, più o meno criminale, e le richieste di clemenza di masse piuttosto ridotte all’isteria.
[GC :::novembre 2012:::]