“Cosa hanno in comune tutti questi meccanismi semplici o complessi? Tanto per cominciare ciascuno di essi coinvolge parti in movimento, tali parti interagiscono fra di loro in modo da convertire un tipo di movimento in un altro… “
Cosa è un meccanismo?
Il problema della rivoluzione industriale è che continua ad avvenire…
La nostra parte di mondo è entrata in contatto con quello che era il terzo mondo tramite il commercio globale. I paesi tecnologicamente avanzati sono stati cortocircuitati con quelli arretrati. Le conseguenze appaiono nefaste, ma le prospettive di un ribaltamento del discorso sono entusiasmanti.
Il passaggio di merci prodotte, in condizioni di prima industrializzazione tecnologicamente potenziata, dai colossi della manodopera low cost & low rights (come Cina e India per capirsi) verso i paesi in cui i lavoratori avevano raggiunto migliori condizioni salariali e maggiori diritti (occidente) produce la contrazione dei diritti e dei salari in quello che era considerato il primo mondo e la contemporanea giustificazione delle condizione di sfruttamento nel resto del mondo.
E’ automatico. E’ una procedura. E’ un meccanismo.
La perdita di potere d’acquisto e la mancanza di liquidità per le masse nei paesi avanzati aumenta nel breve e medio periodo la richiesta di merci a basso prezzo. Così aumenta l’importazione di merci e servizi prodotti in zone low cost & low rights. Sugli effetti della delocalizzazione non può intervenire il legislatore -non può creare lavoro che non esiste- e agendo sulla sola legislazione del lavoro si ottiene spesso l’effetto contrario: si rischia di togliere anche la possibilità di lavoro precario a chi ha solo quello.
Mentre ciò avviene i capitali viaggiano in forme sempre più stravaganti ed estranee al valore e le strutture giuridiche che hanno lo scopo di convertire ciò che non ha valore in qualche forma di valore reale sono sempre più presidiate dal potere finanziario e militare.
Il mondo viene prodotto in aree geografiche lontane, ma da noi non si può, più di tanto, contrarre i consumi -la contrazione dei consumi è l’unico vero tabù economico e sociale dalle nostre parti-. Si ha una continua condizione di indebitamento, che viene fatto sostenere dai privati cittadini, ma anche dal pubblico – e poi spalmato sulle fasce più deboli-.
La merce ed i servizi che vengono a costare sempre meno al produttore (sennò non delocalizzerebbe), non diminuiscono nemmeno il loro costo sul mercato perché lo Stato in cerca di liquidità aumenta la tassazione su tutto questo mondo di “soli venditori”.
Il conto non viene mai presentato ai beneficiari di questo meccanismo…
Allora una riflessione si dovrebbe porre a chi crede di fare politica per cambiare le cose è questa: come si inceppano i meccanismi? (Procedure)
Non credo si possa ribaltare un sistema per il fatto che si desidererebbe farlo. Ma un sistema è costituito di meccanismi; se fossimo realmente in grado di incepparli ad una velocità maggiore di quella con cui esso si ristruttura potremmo, se non proprio annientarlo, riportare le lancette dell’orologio ad un mondo dove ancora è possibile una qualche forma di coesione sociale.
Inceppare meccanismi è un lavoro delicato. Si rischia di propagare l’errore piuttosto che avvicinarsi all’obiettivo. Richiede analisi, ma anche prudenza. Talvolta è meglio agire con estrema discrezione. Man mano che ci si avvicina ad un meccanismo significativo il sistema diventa incredibilmente elusivo o particolarmente rigido, oppure eccessivamente elastico.
Sarà opportuno trattare parti intere del sistema come “scatole nere”, nel caso non si sia in grado di indagare a dovere il funzionamento intimo. Ciò non di meno è assolutamente necessario capire bene come sono collegate queste scatole nere al resto del sistema e cosa accadrebbe scollegandole. Talvolta i meccanismi interni delle singole parti vengono presentati alle masse come se fossero i criteri generali di funzionamento del sistema. Col semplice scopo di indurre confusione. Il tecnicismo viene utilizzato per far passare l’idea che questo è l’unico meccanismo possibile. E’ bene rifuggire questo modello ipnotico.
Un esempio è tutto questo parlare di economia…
Un certo rispetto per la logica vorrebbe che, se le leggi dell’economia giustificassero ciò che sta succedendo sul pianeta sarebbe necessario cambiare l’economia con le sue leggi e la società che la produce e che ne è prodotta. Questo ovvio passaggio avverrebbe senza sforzo qualora si considerasse le leggi economiche come entità prodotte dagli uomini e non alla stregua di leggi fisiche. Vengono invece trattate come tali e inculcate in questo esatto modo.
Il termine di confusione psicologico, estremamente sponsorizzato, è la meteorologia. Il sistema del mediale nell’inconscio di massa sta sovrapponendo i termini meteorologia ed economia per creare un’entità psicologica denominabile meteoconomia.
Grazie alla meteoconomia vengono interrotte le linee di causa effetto e la crisi diventa una perturbazione di cui si aspetta la fine invocando l’anticiclone. Ogni evento stagionale viene esaltato candidamente dalla TV e dalle sue consorelle con questo preciso scopo: rafforzare un modello di lettura della realtà. La siccità passerà quando arriverà la pioggia. L’emergenza neve passerà col sole…
L’attesa. Attendere. Non ora, non fra sei mesi… Ma poi. Dopo…
Il dopo è ciò che rimane alle masse. Per l’elites c’è l’adesso.
Un proverbio africano dice: il paradiso è di chi sa attendere. Profondamente vero. Ma, aggiungo, il paradiso è di chi attende la propria attesa, non di chi attende i comodi altrui. Quello è l’inferno.
[GC :::2013:::]
Vedi anche: Il baratro dell’economia liquida – Intervista a Christian Marazzi