Note a margine su articolo di Wu Ming
Come sempre gli articoli di Wu Ming vale la pena di leggerli. Che ti trovi daccordo o meno offrono sempre validi spunti di riflessione.
Ho letto questo post oceanico: Perché «tifiamo rivolta» nel Movimento 5 Stelle – di Wu Ming. All’inizio della pagina ci sono anche i link agli articoli precedentemente scritti da Wu Ming contenenti riflessioni su Grillo/grillismo/M5S.
[Fra questi articoli segnalo -Appunti diseguali sulla frase «Né destra, né sinistra»-; dove viene citata la frase dello scrittore Serge Quadruppani: «Ci sono due modi di non essere né di destra né di sinistra: un modo di destra e uno di sinistra».Una perla di saggezza.]
Ho scritto poche note veloci mentre lo leggevo, seguono un ordine sparso ed emotivo. Le riporto come sono senza modificare niente.
1. Il titolo. Si tifa rivolta in casa degli altri? Io avrei tifato rivolta all’interno dei movimenti che vedono in Wu Ming un punto di riferimento intellettuale. Se fosse stato un movimento veramente inclusivo ed in grado di coinvolgere il desiderio di cambiamento ed interpretare le istanze -dal basso, come si ama ripetere- non si sarebbe sviluppato il M5S.
A questo proposito ripropongo l’ottimo articolo di Lorenzo Zamponi:Grillo e i movimenti: continuità rimosse e preoccupanti contiguità; poi ripubblicato da Global Project senza riportare il nome dell’autore.
2. La citazione di Antonio Caronia: “…la sinistra (e più radicale è, più chiaramente lo fa) rivendica il suo approccio partigiano, lo dichiara, a volte in modo discreto, a volte più orgoglioso ed esibito, ma quasi sempre (lasciatemelo dire) onesto. La sinistra dice «non esiste un punto di vista neutro, oggettivo, equidistante, disinteressato, universale – neanche nelle questioni della cultura e dell’arte. Chi parla lo fa sempre da un luogo preciso, da un corpo preciso, da un nodo della storia, da un insieme di interessi di cui è portatore, dall’interno di una classe sociale, di un sesso o di un genere. Il discorso è sempre un discorso storicamente e socialmente determinato. “ Concordo. Unico problema: la sinistra (e più radicale è, più chiaramente lo fa) almeno da quando ho l’età della ragione ha il pessimo vizio di essere faziosa, di nutrirsi di parole d’ordine più che di idee, di chiudere le porte in faccia ai troppo-ingenui, ai poco-scientifici, a quelli che -voi dove eravate quando Noi ecc- e magari di mantenerle spalancate per chi accetta il ruolo di marginale/emarginato oppure a coloro che rinunciano preventivamente ad ogni protagonismo ed accettano passivamente le parole d’ordine dell’intellighenzia, per poi lamentarsi del coglionismo diffuso ecc. In queste ore basta affacciarsi in qualsiasi anfratto del web o della carta stampata o dell’informazione in genere, per venire sommersi da -lezioni di vita- elargite da folte schiere di compagni-che-più-compagni-non-si-può ognuno col proprio carico di livore e di scomuniche passate, stranamente, inosservate. Banalità forse. Cose talmente banali che non ho voluto scriverle tra i commenti dell’articolo per non distogliere dal focus.
3. “Il Movimento 5 Stelle che ha inquadrato le energie potenziali in una cornice di discorso che riteniamo ambigua e fondamentalmente di destra, oltreché dentro un’organizzazione settario-aziendale sulla quale si è appena iniziato a fare inchiesta.” Forse è responsabilità di chi non è riuscito a proporre una narrazione che avesse anche il pregio di essere comprensibile e che non fosse fatta di parole che hanno un senso soltanto per alcuni dottorandi in sociologia. Chiunque si affacciava al M5S trovava porte aperte, chiunque si affacciava ad un centro sociale, ad un comitato… ehmm. Una gran parte di coloro che hanno sviluppato dissenso e desiderio di cambiamento hanno preferito il rischio del populismo e delle dinamiche settario-aziendali piuttosto che essere seppelliti nelle dinamiche settario-esclusive della militanza di sinistra (anche così stupidamente adagiate sul “perdiamo dunque siamo”).
4. Sull’espressione di destra «intellettuali radical-chic». Lasciamo perdere le origini del termine «radical-chic», inventato dallo scrittore conservatore Tom Wolfe per irridere gli artisti di sinistra – su tutti Leonard Bernstein – che raccoglievano fondi per le spese processuali delle Pantere Nere. Oggi «intellettuali radical-chic» è l’espressione stereotipata per dire che chiunque svolga un ragionamento complesso non fa parte del «Popolo», fa perdere tempo prezioso al «Popolo», annoia il «Popolo», perché il «Popolo» – per definizione – «non capisce le vostre seghe mentali!» . Ringrazio Wu Ming perché non conoscevo le origini del termine. Devo dire che questa espressione mi è stata rivolta -personalmente- più volte all’interno di un centro sociale e che, proprio negli ambienti dell’antagonismo, l’utilizzo di questa espressione stereotipata è quasi sempre coincidente con tale accezione. Quindi con l’utilizzo “narrativo” che Wu Ming attribuisce per tale termine ai grillini o al grillismo…
5. A questi punti mi sono posto una domanda: perché sono in gran parte daccordo con quanto scrive Wu Ming e allo stesso tempo lo trovo dissonante…? La risposta è semplice. L’esperienza. E’ dissonante con l’esperienza. Non è tanto la riflessione a non essere condivisibile è l’esperienza che diverge tra chi, come il collettivo di scrittori precari bolognesi, può contare sulla propria visibilità culturale e chi non ha nessun lasciapassare del genere. E’ completamente diverso il frame cognitivo (più che narrativo) con cui si esperiscono i luoghi, le strutture e le persone dei movimenti a seconda di chi sei e della notorietà che ti accompagna. Fra i tanti che sono transitati in questa esperienza senza nessun lasciapassare particolare si riesce a comunicare cose che con Wu Ming sarebbero difficili da spiegare.
6. Credo che la storia sarebbe molto diversa se qualunque militante di quell’area di sinistra, anti austerity ecc a cui fa riferimento Wu Ming fosse in grado di rispondere ad un eventuale interlocutore che chiedesse: -Sì, ma voi cosa volete fare?- con delle frasi contenenti un significato.
Conclusioni (si fa per dire).
E’ vero: non mi piace il linguaggio di Grillo. E su alcuni punti del suo programma non sono daccordo. Infatti non l’ho votato. E’ vero che buona parte di coloro che si sono buttati in questa storia fino ad ieri se ne sbattevano di qualunque cosa e oggi, come se fossero i primi uomini e le prime donne sulla terra sparano sentenze assolute. Ma non ho visto fare di meglio a chi si sentiva al sicuro nella propria riserva indiana o riparato al calduccio istituzionale del non-potevamo-fare-altro e adesso si sente tremare la terra sotto i piedi. Non riesco a nascondere un sottile compiacimento nell’assistere a questa scena.
Beh. Per la prima volta una forza contraria alla TAV è rappresentata in parlamento con il 25% dei voti. Adesso il reddito di cittadinanza è entrato con prepotenza nei palazzi e nella discussione pubblica. Qualcosa dovrà succedere.
A me questo fa piacere.
I voti come si prendono si perdono. O no?
[GC :::2013:::]
PS consiglio anche: La “Grillonomics”. Analisi del programma economico del MoVimento 5 Stelle
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