Lunedì al bar leggo un commento sul Tirreno che parla dei sommovimenti interni al PD e stranamente ci trovo una affermazione al di sopra della media del giornalismo italiano. Il succo dell’articolo è che dietro tutto questo ravanare di personaggi e personaggini del PD rimane irrisolta una questione di fondo: cosa è il PD? Il giornalista (non mi ricordo il nome) lo descrive come un contenitore di residui ideologici. Che secondo me non è male. Ma si può andare oltre.
La risposta a questa domanda, sebbene tratti di un argomento triviale, contiene spunti di interesse generale. Nel senso del paese, non del partito.
Sintetica descrizione del Partito Democratico ad uso delle nuove generazioni.
Faccio prima a dire cosa NON è il PD. Non è una forza keynesiana. Evvabbé direte voi… Vabbé una cippa! Il fatto che il partito che si presenta come partito della sinistra istituzionale non appartenga né alla tradizione socialdemocratica europea e nemmeno a quella di un liberalismo sociale era quello che serviva ai mastini del neoliberismo e non era certo un epilogo scontato per una forza che, nell’immaginario di buona parte dei militanti, rappresenta l’eredità del Partito Comunista Italiano.
Passo indietro. In Italia abbiamo avuto dal dopoguerra fino al 1994 una situazione sostanzialmente bipolare. In Italia c’erano due partiti di massa: uno cattolico e uno almeno formalmente comunista, che erano entrambi favorevoli a interventi di tipo Keynesiano in economia. La contrapposizione fra i due partiti è durata finché è durata la guerra fredda.
Teniamo presente che questi due partiti avevano ruoli precisi su cui sarebbe inutile dilungarsi; in breve, uno poteva solo governare (la DC) -e lo ha fatto fino a che è esistito- e uno (il PCI) poteva solo non-governare -idem-. Questo a causa della naturale diffidenza da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nei confronti del Partito Comunista più grande d’occidente.
Lo scontro fra i due partiti era uno scontro sull’egemonia popolare. Le differenze culturali fra i due erano notevoli, ma sebbene il primo partisse da un populismo cattolico e il secondo dal materialismo marxista le linee di intervento erano sostanzialmente favorevoli ad un capitalismo regolato e ad interventi di tipo keynesiano in economia da parte dello Stato.
Poi la DC scoppia (siamo nel 1994) e il PCI che qualche anno prima (1991) aveva fatto outing rivelando di essere una forza socialdemocratica e si faceva chiamare PDS vedeva il cambio al vertice di segreteria da Achille Occhetto a Massimo D’Alema. Il PDS aveva un simbolo nuovo, ma non rinnegava la storia del PCI, né avrebbe potuto farlo. Fino a qui niente di strano. A destra si coagulavano invece una galassia di brandelli democristiani, craxiani, fanghiglia missina e roba strana e… iniziava il berlusconismo. Fatto sta che -la destra- che in Italia ha sempre avuto la funzione storica di contrapporsi al pericolo comunista si riforma come anticomunismo militante, non più nella forma di un partito favorevole ad uno stato sociale e ad interventi statali in economia, ma come pilastro di un capitalismo di rapina. Nasce Forza Italia: il partito azienda.
Intanto ex-DC ed ex-PCI continuano a reagire fra loro e si arriva ai DS che ancora si possono ritenere un partito di sinistra legato alla socialdemocrazia europea. Infine nel 2007 questi pezzi di DC e PCI riescono a produrre un partito che non aderisce al partito socialista europeo e che sostanzialmente (per rispondere alla domanda iniziale) non è nulla. Ufficialmente è un partito dei buoni propositi o un partito -liberal- nel senso nordamericano del termine. In pratica ricalca il modello assolutamente alieno per noi del Partito Democratico americano. Ma con alcune differenze “temporanee” (vedi più avanti).
Partito Democratico, a parte la storia USA, è un nome che ricorda i partiti che si sono formati nei paesi dell’ex patto di Varsavia. Di solito costituiti da parte della burocrazia dei vecchi partiti comunisti. Solo che lì da un partito unico se ne formavano almeno due: uno sul modello neo-liberista e uno socialdemocratico europeo.
In Italia, al contrario, da due se ne è formato uno che di fatto è un partito neo-liberista, “aperto” o possibilista sulle questioni di libertà civile -avendo dentro anche cattolici conservatori non può andare più in là di tanto-, ma conservatore in economia.
Quindi il PD è una parte di quel sistema a partito unico bipolare nordamericano impiantato in Italia. Da qui anche la passione per le primare ecc. Questo sistema è chiamato dai commentatori più acuti negli Stati Uniti: -poliarchia-. Parola da noi sconosciuta o ignorata, che mette in luce la natura sostanzialmente antidemocratica del meccanismo.
Inoltre i vecchi apparati del PCI in questa operazione sono stati ufficialmente riverginati e sono potuti entrare nelle grazie degli osservatori USA (D’Alema firma il contratto per l’acquisto degli F35 nel 1998 e Prodi lo “perfeziona” proprio nel 2007), fino ad allora comprensibilmente diffidenti nei confronti di questa intellighenzia ex comunista.
Questo sistema si può dire che è ancora incompleto perché i due partiti (PD-PDL) si sono trovati a governare insieme a causa dell’evento imprevisto M5S alle ultime elezioni; evento che negli USA non sarebbe potuto accadere.
Una curiosità. L’idea del PD sul modello americano era venuta per primo a Marco Giacinto Pannella, che però non ne fece di nulla, sia perché non aveva nessun bacino elettorale di massa da barattare al mercato dei vincitori e anche, immagino, per una certa antipatia in ambienti clericali. Non gli funzionò. Penso che sia stato rassicurato che comunque vada per una fazione ossessivamente filosionista e acriticamente filocapitalista come la sua ci sarebbe stato sempre un occhio di riguardo ma… il partito di massa non glielo potevano proprio concedere. Deve esserci rimasto male. Poi s’è rifatto con radio Radicale… però, insomma l’idea gliel’hanno fregata. Va detto.
In questa breve analisi ho inserito alcune semplificazioni. In particolare non ho tenuto conto della natura “complessa” della vecchia DC, che è stato un collettore delle varie anime del cattolicesimo italiano, ma che è sempre stato soprattutto l’immagine politica di un sistema clientelare mafioso (che ritroviamo interamente nel berlusconismo). Inoltre nell’Italia della prima repubblica il paese era piuttosto ben separato anche geograficamente tra le masse industriali del nord e quelle agricole del sud, anche in questo i due partiti di massa erano funzionalmente complementari.
Dire poi, come ho fatto, che la DC è stato semplicemente un partito populista votato a politiche keynesiane vuol dire fare a questa forza un complimento immeritato, ma non mi dilungo sulla questione perché uscirebbe dal focus.
Un’altra semplificazione è quella di un PD del tutto -americano- (come lo avrebbe voluto Pannella). In realtà il PD è un partito che ha il proprio core-target nei pieni occupati -residuali- e nei pensionati. Quindi è una forza che si pone come affine al neo-liberismo quando guarda al futuro, ma è garante del vecchio sistema per una parte consistente della popolazione che ha diritti, per così dire, acquisiti. Ha quindi una natura bifronte. Questo per me rappresenta un problema democratico e ne ho scritto QUI.
Conclusioni. Abbiamo due poli che sono la versione nostrale del sistema -poliarchico- (o oligarchico se si preferisce) americano. Entrambi neoliberisti; uno esplicitamente, l’altro tacitamente. Uno rampante, l’altro moderato. Così da due forze keynesiane in antagonismo tra loro (frutto della resistenza al fascismo) come la DC e il PCI si è passati alla tecnocrazia finanziaria-bancaria contrapposta alla finanza clientelare-mafiosa. La prima ha come credo la legittimità del debito pubblico e la sacralità delle istituzioni che lo mantengono. I secondi sono il partito del -prendi i soldi e scappa-. Questo comporta che la società, anche tramite le sue forme associative, arranca nel tentativo, tutto difensivo, di mantenere, o meglio di rallentare lo smantellamento di uno stato sociale, già malconcio dalla vecchia gestione clientelare, comunque ridotto, svalorizzato, privato di “manutenzione” e fuori dall’interesse progettuale della politica -sì è vero, in Italia c’è ancora una sanità pubblica, ma sempre più fatiscente e comunque non esiste più la prevenzione… una sanità-emergency, che non si interessa alla salute dei cittadini, ma per motivi di decoro non può lasciarli crepare su un marciapiede come nel paese più democratico del mondo. Per ora.-
Devo anche precisare che non ritengo le politiche keynesiane, di per sé, il “bene” o la soluzione a tutti i problemi; piuttosto credo che rappresentino l’ultimo scoglio pratico da abbattere per l’ideologia economica dominante, quella di Friedman e soci: il neoliberismo. Questo processo è già avvenuto, e in parte già superato in altre zone del pianeta. Come ad esempio nell’america del sud. Là dove questa rimozione era successa in maniera violenta fra gli anni ’70 ed i primi anni ’80, grazie all’appoggio nordamericano alle giunte fasciste e militari.
Da noi, oggi, aleggia la sensazione di un golpe bianco che oscura il presente e mette ipoteche a medio e lungo periodo.
Non riesco a dare torto a chi -magari con scarsi strumenti di lettura politica e viaggiando talvolta un po’ troppo con la fantasia- non vede comunque in questo processo nessuna casualità.