Uno zombie si aggira per l’Europa.
Viviamo la fase nostalgica dello spettatore. Nostalgia per un mondo senza immigrati, per quando eravamo noi e solo noi, nostalgia per le grandi battaglie sindacali, nostalgia per la purezza dell’Islam delle origini, per i padri fondatori degli Stati Uniti e per i loro solidi valori, per Stalin e il suo pugno di ferro che simboleggia il cazzo, per quando le donne stavano all’acquaio e dovevano arrivare vergini al matrimonio, e c’erano i valori di una volta e le mignotte vere e botte a chi non era daccordo e per quando invece erano disinibite e tutti giravamo col culo di fuori. Nostalgia per quando non c’era internet, ma c’era il commodore 64 e stavamo sul muretto invece che a chattare. Nostalgia per la socialdemocrazia. Nostalgia dei brufoli e dei vecchi che erano vecchi e dei giovani che erano giovani (solo che allora eravamo noi ad essere giovani). Nostalgia per Hitler, Mussolini, per Falcone e Borsellino, per la questione morale, per le occupazioni ed i centri sociali. Per la mafia di una volta che secondo alcuni addirittura non era cattiva, anzi!
Nostalgia per Berlinguer. Nostalgia per il ‘900 troppo breve, che ci ha lasciato orfani. Nostalgia per il settarismo extraparlamentare. Nostalgia per il movimento operaio e per le sue conquiste.
Ogni nostalgia può essere smontata rimontata all’infinito, può essere assemblata con altre e fornire sempre un nuovo inutile modo di vedere il mondo, una suddivisione estetica; uno stile. Un vestito che qualunque furbetto si può cucire su misura.
La nostalgia è la meta-ideologia del nostro tempo.
Dio mio come saremmo stati rivoluzionari ai tempi di Lenin! Non ci rimane che fare il tifo per lui. O per qualcun’altro. L’importante è che sia morto da tempo.
Oppure c’è un’alternativa, che non è un’alternativa… si può fare il tifo per la restaurazione modernista di Renzi e Co. Quelli che fanno il tifo per i vivi!
“Sì è una carogna… ma oggi ci vuole questo!”.
Ah sì, se ne sentiva il bisogno? A chi ci vuole?
Riecco quello che rimette le cose a posto… Poi il tempo passa e niente è stato rimesso a posto. Ma anche questo è così contemporaneo. Soltanto un po’ più “classico”. Se ne presenta ciclicamente uno ogni venti anni di restauratori modernisti ben visti da chi conta e amati da chi non conta un cazzo. Ogni venti anni in Italia, secondo le mode del momento. E’ la nostalgia di quando potevamo essere pragmatici contrapposta alla nostalgia dei grandi traguardi ideali e delle utopie. Tutto ridotto in polpette, s’intende.
Come si decidono le candidature? E le primarie? E il congresso? E l’assemblea orizzontale dove decidono sempre gli stessi e quindi non è orizzontale per un cazzo? Che solide passioni. Davvero. Non c’è più spazio nemmeno per l’unità d’intenti nemmeno quando il pianeta sta per finire.
Troppo difficile elaborare criticamente le conquiste del tempo passato per renderle attuali e ampliarle. Troppo difficile pensare ancora uno stato sociale davvero sociale. Troppo difficile dire cosa cazzo vogliamo e cosa non vogliamo. E guai a chi avesse intenzione di farlo e guai a chi ne parla.
A volte mi sento davvero solo.
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