“È un bel giovanotto, che gioca a fare l’alternativo al sistema ma si veste con marche costose.”
Con queste parole la sindaca di Empoli ha parlato di un ragazzotto che ha imbrattato una piazza con della vernice spry.
Non dico che questa cosa non la debba pagare, ci mancherebbe, però la cosa che mi sembra agghiacciante è proprio questo utilizzo del linguaggio da parte di un’autorità pubblica.
Sul “bel giovanotto” non ne discuto; la sindaca avrà sicuramente validi gusti in merito, ma che uno che scrive frasi fatte d’amore, per così dire, diventi: uno che “gioca a fare l’alternativo col sistema”, mi lascia sinceramente perplesso.
Poi siccome c’è uno che “gioca a fare l’alternativo col sistema” naturalmente “veste con marche costose”.
Che il livello linguistico e concettuale con cui delle cariche istituzionali rispondano all’esigenza di imbrattare con parole banali una piazza sia di una banalità paragonabile mi intristisce molto.
Perché se c’è un -atto- è -vandalico-, se c’è un -prima- c’è un -poi-, se c’è un -male- è -minore-, se c’è un -amore- è -per sempre-, se c’è una -febbre- è -da cavallo-, se c’è un -dolore- è -insopportabile-, se c’è un -successo- è -travolgente-, se c’è una -riforma- è -costituzionale-, se c’è un -disagio- è -giovanile-, se c’è un -impegno- è -delle istituzioni-, se c’è un -sindaco- è -di tutti-, se c’è una -frase- è -fatta-.
(tributo a Paolo Nori)