Racconto gotico toscano estivo (prima parte)
…Solo automobili e treni fermi sui binari che si trovano nel mezzo all’asfalto come i binari di una tranvia. Parcheggiato c’è un treno merci con delle grosse cisterne e senza locomotore. Ci sono altri treni fermi. Tutti in deposito senza motrice.
Arriva di nuovo il capostazione in scooter, è un tipo dinamico, molto alto e di un buon umore contagioso. Mi dice che il prossimo treno che partirà è proprio quel merci lì davanti.
Sembra sapere il fatto suo ed è sicuro che il mio treno partirà, ne è certo, sebbene io non lo veda e non riesca a capire come ciò possa essere possibile.
Infine mi sveglio.
Automobile, guidando verso il paese di Monte. Quindici chilometri circa da dove abito. La mattina c’è traffico non bisogna starci stretti. Questa settimana ho turno di mattina. Quello che mi crea più problemi. Il bello del lavoro di operatore necroforo –a parte il versamento dello stipendio a fine mese sul conto corrente- è che si lavorano sei ore il giorno. Purtroppo si lavora anche il sabato. Ogni rosa ha le sue spine. Per me sta bene. L’umanità dovrebbe lavorare quattro ore il giorno. Anzi meno. A distanza di un secolo dalle otto ore lavorative abbiamo riconquistato le dodici ore pagate sei. Siamo dei fessi. Globalmente intendo. Ammettiamolo ci siamo fatti fregare.
Adesso faccio il becchino per conto della cooperativa Icarus da circa sei mesi. Qualcuno storce la bocca quando parlo del mio lavoro, ma vi assicuro che questo è un lavoro pieno di possibilità di crescita e di stimoli umani. Lo so che non gode di buona fama. Magari neanche io l’avrei fatto se proprio non ci fosse stata in giro una disoccupazione aggressiva a mordermi il culo. Ma devo ammettere che ha i suoi vantaggi. A parte le sei ore giornaliere. Ho l’occasione di guardare il mondo da un punto di vista privilegiato. E’ come una postazione panoramica.
Stamani stranamente non sono in ritardo. Accendo la radio. Dopo un po’ esce di frequenza. La stazione selezionata non si prende mai in questo tratto di strada. Cambio stazione. Ne trovo una che arriva bella chiara. Tutti ridono. Voci squillanti e chiassone. Lascio lì, per sentire di cosa stanno ridendo questi simpaticoni. C’è in corso un dibattito appassionato su quali siano le cose che gli uomini fanno meglio delle donne e viceversa. Si tratta di una di quelle trasmissioni radiofoniche dove ci sono diversi speaker e tutti fanno i battutieri, ma nessuno dice niente e le battute fanno ridere solo se sei idiota come loro (che di lavoro imitano gli idioti che li ascoltano) e c’è anche una ragazza che fa la fica del branco e tutti che fanno i piacioni; grezzi come la merda e inutili come un fazzoletto di carta appena buttato nel cestino.
Penso al sogno di stanotte, me lo ripeto.
Cambio ancora stazione e trovo una vecchia canzone degli U2 che mi riporta indietro qualche ricordo. Tanto ormai sono quasi arrivato.
Centro commerciale. Il punto di ritrovo di ogni operatore necroforo, moderna dizione del ruolo meglio noto col termine di becchino, impiegato presso la cooperativa Icarus, si trova nella sede della Pubblico Volontariato e Affini che, a sua volta, si trova situata, architettonicamente parlando, sotto il centro commerciale del simpatico paese di Monte. Centro commerciale voluto e realizzato dalla cooperativa del consumo totale che è titolare del supermarket, a sua volta incastonato come una pietra preziosa, dentro il centro commerciale.
Questo fa si che in un solo edificio si intreccino storie di commercio, assistenza, malattia, morte, amore, offerte del mese, snackers, volontariato, ravioli, dialisi, terzo settore, servizio civile, intrallazzi, immondizia, moda, ambulanze, bellezza, brutture, eiaculazioni lente, medie e precoci, cooperative, consorzi e TV satellitari. Ancora il ministero non ha concesso il permesso per la vendita dei carburanti creando così un temporaneo, ma significativo, intralcio al progresso.
La mattina alle sette e qualche minuto risulta evidente l’esistenza di due categorie di persone. I mattinieri iperattivi ed i notturni che hanno occhi abbottonati e lunghi sbadigli da condividere. A quell’ora dentro la sala della “pubblica” ci si scambiano i buongiorni e si spande nell’aria l’odore del caffè velenoso delle macchine automatiche.
Entrata. Appena si entra nella sede della Pubblico Volontariato e Affini ci si trova davanti un bancone tipo reception con dietro seduta la ragazza della “pubblica” –PVeA-; tipa mora, piuttosto giovane, decisamente in carne, ma di quelle piene di fame vitale. Due occhietti neri e vispi scintillano sulla facciona graziosa. Una che tiene la situazione sempre sotto controllo. I pantaloni attillati fasciano il grosso culo e un seno di altri tempi minaccia di esplodere in faccia all’interlocutore. Ha un che di metresse e uno spunto di vipera. Sfodera sorrisi e tiene una battuta in canna, non sempre la migliore possibile, ma funzionante.
Che il discorso piroetti su particolari di storie piccanti come sul più e sul meno il colpo è lì, pronto ad esplodere come le tette. Il suo forte sta nel decifrare rapporti di forza, intrallazzi di ogni tipo e intrighi di corte, in chiunque le capiti a tiro. Però si capisce che è un’osservatrice, e non è di solito interessata a mettere cose che non ci sono sul conto del prossimo suo, almeno che non rientri nei calcoli di qualche strategia temporanea. Il che denota una certa intelligenza o almeno una calibrata furbizia. Si muove leggera come una ballerina classica nonostante la stazza e il peso fisico. E’ giovane.
-Buon giorno.
-Buon giorno.
Ci scambiamo anche un mezzo sorriso.
-Tutto a posto?
-Alla grande.
-…
Mi scruta, mi registra e passa oltre. Anche io passo oltre. Mi sposto nella stanza.
A parte l’entrata dove si trova lei, c’è una stanza grande con tavolo e sedie, televisore e anche una poltrona e poi c’è un bagno molto spazioso e pulito. Molto a norma.
Il compagno della tipa lavora alla “pubblica” pure lui ed è un tipo un po’ gatto sornione. Sembra avere una certa conoscenza delle cose del mondo anche se decisamente meno carisma e intraprendenza di lei. Una certa attitudine a rendersi invisibile. Si completano, ma non si escludono. Ogni tanto accennano qualche litigio rituale durante il quale lei ristabilisce la dominanza territoriale e lui attua ponderate ritirate strategiche da micio astuto. Oggi non lo vedo in giro. Deve essere sui tetti in perlustrazione.
La stanza. Qui dentro volontari e dipendenti -li confondo sempre- si organizzano per l’assistenza a vecchi e malati cronici. I più giovani si raccontano qualche roba della sera prima; sbronza molesta e simili gesta di ripetitive epopee consumate nei discorsi sempre uguali che tentano di imitare l’ineguagliabile, e non si avvicinano nemmeno alla versione disperatamente scontata dell’obiettivo.
Piano inferiore. Ottimo punto di osservazione. Stanza volontari e affini in cui il sottoscritto sta sorseggiando un caffè disgustoso e bollente, fornito contro moneta da una macchinetta diabolica. Il contenuto catramoso scivola da dentro insulso bicchierino di plastica esaurita e non più riciclabile giù giù nella gola e non mantiene nessuna delle pur flebili aspettative di piacere.
Gli occhi sono attratti dallo schermo luminoso di un televisore acceso posto in un angolo in alto nella stanza. La TV è sintonizzata su qualche canale di quelli che bisogna anche pagare per vederli e che non guarderei nemmeno se mi pagassero per farlo. Autentico conforto per tutti i volontari in attesa di qualche urgente chiamata o servizio urgente o urgenza in generale: il televisore. Strumento che riesce a rendere anche la noia un’emergenza.
Due volontarie della Pubblico Volontariato e Affini dentro il loro giubbotto arancione fosforescente stanno infatti fissando delle biondine bidimensionali che dietro lo schermo dell’apparecchio schiamazzano per un problema tipo: come vestirsi per il ballo della scuola. Lacerante dilemma da cui a quanto pare sembra piuttosto difficile trovare un’uscita dignitosa.
Il programma è più disgustoso del caffè, ci sono delle cretine che sembrano la barbie con la cellulite e si preoccupano solo di farti notare quanto sono cretine e muovono la bocca in modo che tu possa immaginare quanto sono brave a fare dei pompini immaginari. Aperta parentesi. Cosa che per altro è completamente falsa, perché quelle che muovono la bocca come loro sono solo brave a far credere di saperli fare i pompini e in realtà non li sanno fare per niente. Chiusa parentesi. Sanno solo strillare e attirare l’attenzione. Le odio. Odio anche il caffè. Odio il supermarket. Odio tutto. E’ solo un momento ma ecco che finalmente mi sento bene. E’ iniziata la giornata!
…
Solo chi sta al piano di sotto, come me in questo momento, percepisce questo intreccioso multiforme brulicante groviglio di realtà nel complesso e capiente edificio che contiene il centro commerciale e la Pubblici Servizi e Affini. Si tratta di un luogo così pieno di cooperative. Cooperative per i vivi al piano di sopra e sotto ci siamo noi; la cooperativa per i morti. Al piano di sopra svuotano scaffali, riempiono carrelli, accumulano punti, pagano e poi nel parcheggio, si riempiono bauliere. Si paga, si svuotano gli scaffali, si riempiono le bauliere. Le auto se ne vanno. Auto arrivano. Simili alle precedenti. Con viaggiatori simili. A volte scendono famiglie intere di mussulmani con le donne vestite da mussulmane e gli uomini vestiti da italiani degli anni trenta ed i ragazzi vestiti da rapper americani. Il tapis roulant porta dal parcheggio delle facce che non si capisce mai se sono felici. Vanno su col carrello vuoto, ma poi lo riempiono e tornano all’incirca con la stessa faccia. Adesso non ci sono. Per forza, è presto. Molto presto. Ma anche quando vanno in su e in giù sui tapis roulant, col carrello vuoto e poi col carrello pieno non si capisce se sono felici. Allora vorrei affacciarmi e urlare – Siete felici?
Chissà cosa risponderebbero …
Cosa vuoi che rispondano? Che idee stupide mi vengono a quest’ora di mattina. Sono felici se la cassiera sbaglia a fare il resto a loro vantaggio.
Infine il cerchio si chiude dopo tot carrelli pieni, tot bauliere riempite, tot tapis roulant. Allora non ci vuole più la cooperativa di consumo. La cassiera non può più farci niente. I punti non bastano. Interveniamo noi. La cooperativa per i morti. Icarus. Intanto sono preoccupati perché è scaduta l’offerta del mese. Pensa alla cooperativa del piano di sotto e vedrai quanto te ne sbatte dell’offerta del mese… Li odio, ma la seconda volta è solo una scossa di assestamento.
[continua…]
[GC 2008]