…dai manichei che ti urlano “o con noi o traditore!”,
libera, libera, libera, libera nos Domine!
F. Guccini
L’importanza di Gomorra. Lo dico con le parole di Baricco: …a prescindere da cultura alta o bassa, è il racconto della realtà che t’incunea la realtà nella testa, e te la fa esplodere dentro. I fatti diventano tuoi o quando ti schiantano la vita, direttamente, o quando qualcuno te li compone in racconto e te li spedisce in testa. Che vuol anche dire: raccontare non è un vezzo da dandy colti, è una necessità civile che salva il reale da un’anestetizzata equivalenza. Il racconto, e non l’informazione, ti rende padrone della tua storia.
Per quanto mi riguarda in un paese dove metà del territorio è controllato dalle economie criminali scrivere un libro come Gomorra è stato un atto di Resistenza. Con la R maiuscola. Perché si è trattato di un libro che è entrato nelle coscienze, ha lacerato l’anestesia dell’indifferenza. Dell’abitudine. Della rassegnazione all’inciviltà. Un libro capace di generare entusiasmo e anche gelosie. Questo, tuttavia, non mette l’autore al riparo delle critiche. Ci mancherebbe. Per quanto mi riguarda il valore principale di Gomorra è stato di essere una narrazione e non un archivio di atrocità in cerca di indignazione. Il racconto, e non l’informazione, ti rende padrone della tua storia.
Ecco come i 99 Posse nel 2010 si sono espressi in un comunicato, fra l’altro polemico per una posizione presa dallo scrittore a riguardo delle proteste studentesche di allora: Siamo fra i tanti che hanno letto Gomorra. Ci sembrava una lettura delle mafie capace di cogliere il fenomeno nel suo intreccio con la globalizzazione e la struttura capitalistica della società. Il vestito prodotto dal lavoro nero in una piccola fabbrica dell’hinterland napoletano e indossato da Angelina Jolie ci sembrava l’esempio perfetto per cortocircuitare la categoria della legalità, la distanza fra un dickensiano mondo di sotto e lo sfarzo dei vip in mondovisione. Veri o falsi che fossero, a quello e altri episodi descritti nel libro abbiamo attribuito una forte capacità evocativa, una critica esplicita al sistema, lo svelamento di un dispositivo nel quale criminalità organizzata e multinazionali sono dalla stessa parte della barricata.
Per questo non ci siamo mai appassionati alle polemiche sulla novità delle rivelazioni di Saviano, sul loro carattere inedito. E nemmeno alla querelle legata all’autenticità. Quello che ci sembrava interessante era la ricontestualizzazione di fatti anche noti dentro una cornice letteraria nuova, capace di esprimere dissenso e critica.
Per quanto mi riguarda condivisibile. Poi altra cosa è la critica nel merito dell’argomento.
Avevo già letto un articolo di Paolo Bernard, giornalista ex collaboratore di Report, che si ritiene escluso da tutto perché scomodo e anti-sionista. Il titolo è esplicito: Saviano è molto peggio della camorra. Mah! Può essere che è vero che lui è escluso da tutto perché scomodo (non lo metto in dubbio), ma secondo me uno che in Italia afferma che uno scrittore XY è molto peggio della camorra qualche problema ce l’ha. A prescindere dal sionismo, dalle lobby e dalle caste. [Per la cronaca l’articolo è rimpallato su un po’ di siti complottisti. I commenti intercettati qua e là mettono in luce come la finanza internazionale abbia appoggiato Saviano che distoglie dai veri problemi che sono l’emissione monetaria.]
In questi giorni. Un articolo scritto da Yara Nardi e intitolato: L’ombra di Saviano e l’anima viva di Vik Arrigoni. Lo leggo. L’inizio è questo: Caro Saviano, non mi incanti. Non ci sei mai riuscito, la tua dialettica e i tuoi fin troppo facili paradigmi in me, come in tanti altri, hanno sempre suscitato sospetti. Sospetti che nel tempo si sono trasformati in dissenso, dissenso che sempre più spesso è diventato rabbia.
Sono tentato di lasciare un commento. Però… Leggo quelli sotto intanto: Brava. Condivido tutto. Saviano è un sionista. Saviano il lercio. Saviano = Israele = mafia.
Boh. Che cosa voglio dire? Se prendo le parti di Saviano sembra che io vada in giro con il suo santino in tasca. E non è così. Ci sono cose su cui la penso diversamente. Ci sono cose su cui ignoro del tutto come la pensa. Lui è famoso e arriva ad un sacco di gente. Io no e dico solo quello che penso e qualcuno lo legge. E vabbe’. Ma dargli del lercio. Poi in Italia, insomma, dove… prima di arrivare a Roberto Saviano ce n’è di gente da infamare.
Poi penso: deve averla detta grossa. Avrà pisciato fuori dal vaso… Torno in cima alla pagina dove c’è il link all’articolo dell’espresso che ha mandato su tutte le furie l’autrice della lettera. Si intitola: Basta con il tifo parliamoci e inizia così: Dalla mafia ai disabili, dal Medioriente a Cuba, qualsiasi argomento è buono per dividersi anziché confrontarsi. E guai a chi tenta di superare la logica dello scontro
Lo leggo e le mie perplessità su questo furore anti-Saviano aumentano. Boh. L’articolo solleva una questione che condivido: …se parlo di criminalità organizzata, a Casal di Principe mi si risponde: «Ma pensa ai politici di Roma, altro che camorristi». Se parlo dell’arresto della blogger cubana dissidente Yoani Sánchez, mi si risponde: «Perché non parli degli Stati Uniti, sono loro i veri criminali». Raccontare la propria esperienza di Israele, significa sentirsi dire: «Perché non parli piuttosto di Palestina? Dei bambini uccisi, della mancanza di libertà? Dei massacri?».
No? Non è questa l’Italia? Tutti ti chiedono di guardare da un’altra parte per interesse, partito preso, quieto vivere, ma anche per banale spirito di fazione o per vessillo identitario. Un paese dove, per esempio, se dico che la violenza contro le donne è una questione grave arriva un imbecille che mi accusa di essere insensibile alla violenza sui minori o viceversa. Io fino a qui sono parecchio d’accordo.
Poi l’articolo prende le tinte di un buonismo un po’ vago e sospetto. Non ne sono entusiasta neanche io. Però, sarà un limite mio, ma non ho trovato raccapricciante che uno dica: io sto con la pace. Si può sopravvivere al fatto che uno scrittore che è diventato famoso scrivendo un libro coraggioso sulla criminalità organizzata non sia la punta di diamante su una questione come il conflitto israelo-palestinese o la pensi diversamente. E’ avvalorata la tesi che su alcuni argomenti Saviano possa addirittura sparar cazzate come chiunque altro.
Mi sento un po’ in colpa del fatto che non mi faccia arrabbiare, il che fa di me un insensibile alle cause giuste. Però ad essere onesto mi immaginavo, avendo letto prima la lettera dell’articolo, avesse fatte sue delle posizioni filo-sioniste. Ma non mi pare. Magari se dovessi consigliare una lettura su Gaza e la situazione in Israele consiglierei (per esempio) questo articolo di Noam Chomsky, piuttosto che quello di Saviano. Ma da qui a considerarlo sionista.
L’ombra di Saviano e l’anima viva di Vik Arrigoni: scorrendo i commenti scopro che il sito ospite si inserisce fra i commentatori. -Nota personale. Indicatore per capire se mi trovo su un sito serio: se sono presenti i commenti lasciati dalla redazione… il noi che è in realtà un io che non si firma, non si tratta di un sito di gente seria, ma di un chiapparello.-
Un tizio prende timidamente le difese di Saviano con un commento facendo notare che… sì… ma ci siete mai stati a Napoli… per dire che Saviano è lercio ecc ecc. Ma la redazione gli risponde postando il link di un articolo de Il Giornale dove si afferma che Saviano ha “copiato” il suo libro e un sacco di storie del genere. Pare che la redazione del sito ritenga Il Giornale una fonte attendibile e che questo sia un argomento di un qualche spessore. Il che va bene intendiamoci. Basta saperlo che questo sito, che fa tanto il rivoluzionario, cita come fonte attendibile un articolo de Il Giornale. Diciamo piuttosto che la redazione di Informare per resistere ignora quale sia la differenza tra un romanzo e un saggio e…
Cosa scrivo nel commento? Se scrivo: guarda che da quello che leggo nel tuo post sembra che Vittorio Arrigoni l’abbiano ammazzato gli israeliani, ma la realtà vuole che sia morto per mano palestinese, succede un putiferio. Prendere posizione! Sempre e comunque. E netta. Urlata. Chiassosa. Cosa gli faccio notare che Berlusconi aveva accusato Saviano di fare pubblicità alle cosche? Che non sono in buona compagnia nemmeno sulla questione sionista…
Questo non sposta di una virgola il dato di fatto che la politica israeliana sia una politica inammissibile, violenta e contraria ad ogni principio internazionale, ma la politica israeliana passa emotivamente in secondo piano di fronte al furore religioso dei puri. E’ inutile girarci intorno. Prendere posizione per fare cecchinaggio non mi piace.
Altra cosa che non mi piace è sapere che è diffusa l’abitudine di pontificare e lanciare scomuniche. L’Italia puzza di inquisizione. Questo è l’aspetto che mi infastidisce. Poi non ho da difendere nessuno.
Che commento avrei voluto lasciare. Calma. Riflettere. Cosa voglio dire? Voglio dire che: Saviano è il diavolo. Perché ha parlato di una sinistra ottusa. Oggi è lui domani è qualcun’altro. In questi caldernoni web, tra banner pubblicitari per l’i-phone 5 e strilli rivoluzionari, emerge solo questo. Il diavolo. Il complotto. Quello che è diventato famoso perché al soldo dei poteri forti, che non si specifica mai bene quali siano, ma si indicano come mandanti di tutto. Che Saviano non ha avuto il buon gusto di farsi ammazzare subito con una bella sventagliata di mitra. Nel qual caso non avrebbe fatto in tempo a lasciare nessuna impressione di Israele in nessuna occasione e sarebbe diventato uno dei santini della sinistra tutta.
Poi, ora che ci penso, avrei commentato che non è dignitoso usare un morto fin dal titolo come scudo umano per il proprio risentimento. Per la propria rabbia. Lanciare il cadavere di Vittorio Arrigoni in questa mischia non mi piace. Questa musica non mi incanta.
[GC :::2012:::]