Fantasie mediterranee

"La cosa forse vi stupirà, ma non sono un viaggiatore. Appartengo all’erranza.
Essere di un altro posto cambia tutto." 
 Jean-Claude Izzo
 
A volte capita di navigare fra associazioni mentali.
Per esempio, un amico mi manda il link di un articolo di repubblica dal titolo:-La Grecia sull’orlo del crac con lo spettro della violenza-.
Inizia così:"«La Grecia non è il Dubai, non siamo in bancarotta», assicura il premier George Papandreou. «Camminiamo su un filo, d’accordo, ma le banche estere non hanno niente da temere», gli fa eco il ministro dell’economia George Papakonstantinou."

L’articolo è del 12/06/2009. Il giorno del primo anniversario dell’uccisione da parte della polizia ellenica di Andreas Grigoropoulos.
Episodio tutt’altro che chiaro.
L’articolo continua con: "Il governo lotta contro il tempo per mettere a punto una finanziaria credibile in un’Atene blindata da 6mila poliziotti per il primo anniversario, oggi, dell’uccisione di un 15enne nel quartiere anarchico di Exarchia: dopo i primi scontri, ieri sera, sono state arrestate 12 persone, tra cui cinque italiani. E ora i mercati, preoccupati che Bruxelles abbandoni il paese al suo destino, ha iniziato a sognare l’arrivo in soccorso del più improbabile dei principi azzurri: la Cina."

Dice che il mediterraneo sia la culla della civiltà e della democrazia.
A me sembra un bel posto, ma di quelli poco chiari, che non arrivi mai veramente a capo di niente.
Continuo a leggere: "L’asse tra Atene e Pechino, via mare, c’è già. Da quando nel 2008 Karamanlis ha ceduto in gestione per 35 anni alla cinese Cosco il cuore del porto più antico del Mediterraneo, incassando 3,4 miliardi di euro."

Per la precisione nel novembre 2008 viene firmato l’accordo da Karamanlis. A dicembre viene ucciso Andreas Grigoropoulos, seguono gli scontri.

La Cosco. Io ho sentito parlare della Cosco in Gomorra di Roberto Saviano.
Infatti scrive Saviano nel primo capitolo del libro intitolato appunto -Il porto-:

    "Il solo porto di Napoli movimenta il 20 per cento del valore dell’import tessile dalla Cina, ma oltre il 70 per cento della quantità del prodotto passa di qui. È una stranezza complicata da comprendere, però le merci portano con sé magie rare, riescono a essere non essendoci, ad arrivare pur non giungendo mai, a essere costose al cliente pur essendo scadenti, a risultare di poco valore al fisco pur essendo preziose. "

   "Nel porto di Napoli opera il più grande armatore di Stato cinese, la COSCO, che possiede la terza flotta più grande al mondo e ha preso in gestione il più grande terminal per container, consorziandosi con la MSC, che possiede la seconda flotta più grande al mondo con sede a Ginevra.
Svizzeri e cinesi si sono consorziati e a Napoli hanno deciso di investire la parte maggiore dei loro affari. Qui dispongono di oltre novecentocinquanta metri di banchina, centotrentamila metri quadri di terminal container e trentamila metri quadri esterni, assorbendo la quasi totalità del traffico in transito a Napoli."

   "A Napoli ormai si scarica quasi esclusivamente merce proveniente dalla Cina, 1.600.000 tonnellate. Quella registrata. Almeno un altro milione passa senza lasciare traccia. Nel solo porto di Napoli, secondo l’Agenzia delle Dogane, il 60 per cento della merce sfugge al controllo della dogana, il 20 per cento delle bollette non viene controllato e vi sono cinquantamila contraffazioni: il 99 per cento è di provenienza cinese e si calcolano duecento milioni di euro di tasse evase a semestre."

Svizzeri e cinesi uniti nel porto di Napoli; niente razzismo, ma flussi, flussi di merci, flussi di spazzatura, flussi di denaro. Flussi. Porti e flussi.
Napoli è molto mediterranea. Un po’ araba, un po’ spagnola, un po’ furba e un po’ fessa. Ci sono gli americani armati fino ai denti. Ci sono i camorristi armati fino ai denti. Ci sono pure gli svizzeri e i cinesi che gestiscono il porto. C’è la costa, la Cosco e le cosche.
Poi c’è l’esercito mandato lì per le strade con funzione di controllo.
C’è la pizza più buona del mondo.

Continuo con l’articolo e trovo: "ora la Cosco vuole moltiplicare per cinque la capacità del Pireo in cinque anni e si muove già come fosse a casa sua. Lo sbarco sui moli di fronte all’isola di Salamina potrebbe però essere solo il primo passo. La strategia dei cinesi sullo scacchiere estero è chiara. Africa docet. Si presentano con il libretto degli assegni in mano nei paesi in difficoltà. E a colpi di renminbi (le leggi del capitalismo valgono anche per i comunisti) riscrivono gli equilibri geo-politici. Atene è un candidato ideale. Il costo del debito è schizzato alle stelle (l’anno prossimo ci sono da rifinanziare 52 miliardi di bond)."

Falliscono tutti. Falliscono le aziende. Falliscono gli stati e non nel mediterraneo, anche in posti molto più freddi e insospettabili come l’Islanda. Falliscono le banche. Forse fallisce anche la banca delle banche. Fallisce l’Illinois.
Sembra una fallimentocrazia.

L’Algeria è piena di cantieri che il governo commissiona a ditte cinesi che portano la loro manodopera direttamente dalla Cina al nord-africa. Flussi di schiavi.
Questa è una cosa un po’ strana che mi sembra ci porti veramente in una dimensione nuova. E’ la prima volta, che io sappia, che la potenza su cui si regge l’economia mondiale è anche esportatrice di manodopera a basso prezzo.

Siccome in Algeria il tasso di disoccupazione è un po’ altino succede che spesso ci siano dei contrasti fra le due comunità, che, non raramente finiscono a mazzate.
L’Algeria è una "democrazia" tra virgolette. Sistema che sta venendo di moda anche dall’altra parte del mediterraneo, la nostra.
Un’oligarchia al potere garantisce la "democrazia" per pochi e la miseria e una specie di sharia per molti. Un sistema basato sui servizi segreti. Sistema che le classi dirigenti devono aver ereditato dal vecchio oppressore coloniale, la Francia.

Il mediterraneo è un posto dove le virgolette sono d’obbligo. Tranne quando ci si tuffa in mare in qualche caletta magari su una delle belle isole di questo mare, sperando che una nave di rifiuti tossici non sia stata affondata proprio lì davanti da qualche economia criminale.
E’ sempre in agguato un processo di virgolettizazione nel mediterraneo.
Democrazia tra virgolette, diritti tra virgolette, giustizia tra virgolette. Dignità tra virgolette. Pace tra virgolette. Raramente negati, spesso virgolettati.

Isole. Le isole secondo me sono qualcosa di strano, vivono un’eterna deriva, hanno una fragilità intrinseca e sono mentalmente afflitte da dualismo dispotico. Alcune isole vivono una storia colonialista, come la Gran Bretagna e il Giappone. Più spesso le isole diventano colonie, come le Filippine, l’Irlanda, la Corsica e  così via.

Il Jaka, dal vivo, introduce -benvenuti in Sicilia-, un pezzo contro la costruzione del ponte sullo stretto, con acuta assonanza: "non serve a unire le due coste, ma le due cosche!".
In effetti un’isola non è una posizione gran che strategica per una cosca. Qualsiasi merce c’arrivi devi comunque portarla in continente.

Milioni di orsacchiotti di peluche cinesi che escono dai container e invadono l’isola e si mettono a correre verso Messina dove c’è ad attenderli un imbarco.
Il massimo sarebbe portare l’Italia al crac economico con le spese del ponte, cedere i porti ai cinesi e farsi ricapitalizzare dagli stessi cinesi. Questa è solo fantasia, l’ammetto.
Presto scacciamo la parola default dall’Italia.

Crocevia di popoli e merci. Quando si parla del mediterraneo va sempre usata, almeno una volta, questa frase retorica.
Tomba fluida di esseri umani in fuga verso la "civiltà".
Miraggio un po’ azzurrino da osservare in lontananza mantenendo un senso di diffidenza.

 Gianni C.

Nota: Questo è uno scritto di fantasia e non ha valore scientifico

Grazie a Hal e Serena per alcuni spunti. 

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