Fa piacere trovare vecchi appunti dimenticati.
L’aristocrazia inglese chiude le terre a comune, mettendo in “mobilità” una gran massa di contadini che si riversa nelle città e viene riassorbita dall’industria. Nasce quello che sarà chiamato il proletariato.
Il proletariato prende coscienza di essere la classe produttrice del mondo in cui vive, ma che ancora non consuma.
Nasce il mondo della metropoli e uno spettro si aggira per l’Europa.
Il processo di produzione diventa sempre più frammentato e specializzato. Per ogni operaio un solo gesto ripetuto per tutto il tempo di lavoro inserito in una catena che permette l’abbattimento dei costi di produzione. Nasce il fordismo.
Quasi contemporaneamente (con l’intermezzo di un paio di guerre mondiali) l’operaio produttore viene promosso a consumatore. Perché sennò i conti non tornano.
La classe lavoratrice, che non è più proletariato (cosa evidente a chiunque tranne che ai militanti), non solo è consapevole di produrre il proprio mondo, ma lo consuma anche e con grande solerzia.
E più velocemente lo produce e lo consuma, meno ne è padrona. Ma su questo fatto particolare riesce a dormirci sopra rispetto a quando aveva solo fame e miseria.
Nasce quello che sarà chiamato lo spettacolo.
Ristrutturazione. E’ come se si ripetesse l’inizio in condizioni diverse. Come se osservassimo la testina di un vecchio giradischi passare nel punto più vicino a quello precedente lungo il raggio, procedendo dalla periferia al centro ad ogni giro.
Alla periferia del mondo industrialmente sviluppato si creano grosse masse in attesa di essere inserite in questo meccanismo di produzione.
La produzione industriale produce una contrazione demografica al centro e una esplosione alla periferia.
Prima parte della seconda parte.
Le nuove masse in “mobilità” in quello che si chiamava il terzo mondo non sono sufficientemente “al passo coi tempi”. Non sono abbastanza tecnologizzate, “culturalizzate”, efficentizzate ecc…
Quindi solo alcune produzioni vengono spostate alla periferia: quelle più inquinanti e meno complesse.
Seconda parte della seconda parte.
Diffusione dell’istruzione di massa anche in quelle parti di mondo che prima erano solo miseria e folklore.
Possibilità di spostare la produzione verso la periferia che cessa di essere la periferia.
Probabilmente siamo in quella che è chiamata globalizzazione.
Nascono i paesi in via di sviluppo?
Nel frattempo, in quello che una volta era il centro scompare la produzione di gran parte della realtà materiale. Si diffonde la favola del mantenimento della produzione immateriale… (e non si capisce in virtù di cosa. Come se fuori dall’occidente non ci fossero dei bravissimi designer, programmatori, pubblicitari, assaggiatori di vini ecc.)
Un pezzo alla volta la produzione viene alienata. Ma non il consumo.
Quindi la realtà abitabile dal consumatore, castrato dalla produzione, diviene a sua volta una realtà doppiamente alienata e anche… schizofrenica. E’ prodotta altrove. Non è modificabile. E’ una scatola chiusa. Non è migliorabile.
[Sia detto per inciso: la ragazza che lavora nella fabbrica di memorie esterne in uno stabilimento dell’est asiatico spesso non sa nemmeno cosa è che sta producendo. Quindi è presente una doppia alienazione.]
Il mondo della quantità è sempre più potente, ma là dove aveva trasformato il tessuto sociale, l’ex primo mondo, non se ne produce più nemmeno un briciolo. Non si avvita più nemmeno un bullone. E qualora, straordinariamente, lo si faccia è per grazia ricevuta.
Siamo ritornati ai contadini dell’inizio (e infatti si diffonde una frenetica nostalgia del mondo rurale), che vedevano il mondo che abitavano come magico/metafisico. Cioè prodotto da un Dio onnipotente che riassume tutte le forze di una natura onnipotente.
Soltanto che il nostro mondo non è il mondo della produzione primaria e il nostro tempo non è più il tempo ciclico precedente la storia. Quindi non è prodotto da un Dio naturale, ma da una oscura divinità sociale.
E’ un tempo pseudo-ciclico.
I cicli delle mode e delle possibilità di configurarsi secondo certe direttive si alternano nella nostra vita.
Hanno sostituito i cicli naturali delle stagioni.
E’ la creatività che è andata al potere, ma non con noi. Contro di noi.
Le idee sono in grado di migliorare, ma anche di peggiorare e la fabbrica di quelli che si impegnano per peggiorarle lavora senza sosta su tre turni.
Cerchiamo di non dar loro una mano.
Non c’è più uno spettro che si aggira per l’Europa, in compenso il mondo è pieno di zombi.
Quindi prendi i pezzi che ti servono per metterli a disposizione di tutti nella tua storia e cerca di migliorarli.
Noi ci proviamo, con i nostri mezzi e secondo le nostre capacità.
Scrivere per capire la realtà, quando potremmo benissimo fare il tifo per qualcuno che l’ha capita al posto nostro.
Sussurrare il valore delle idee in un mondo che canta inni triviali alla banalità, e serenate alla pochezza senza vergogna alcuna.
Non aspettarti applausi, ma scrivi lo stesso.
Senza paura.
Gianni :::forse 2010:::