Memoria

Fiume Elsa

La memoria è qualcosa di dinamico, di vivo…
da -Valzer con Bachir

In memoria di Angelo Casalini, ebreo nel destino.
In memoria di tutti i deportati.

Memoria
Come ogni anno si ripresentano le questioni aperte della giornata della memoria. Come ogni anno mi chiedo in cosa possa tradursi un’overdose mediatica di immagini di sofferenza e testimonianze terribili. Che effetti abbia. Se davvero spinga qualcuno alla riflessione o si disperda nella -banalità del dolore-. Film sull’olocausto e incontri e celebrazioni… cosa significano per chi non è stato toccato nella propria storia familiare da questi avvenimenti? Davvero per il sedicenne di oggi sono molto diversi dalla disfatta di Caporetto o dalle guerre puniche? In fondo cosa viene chiesto al sedicenne di oggi se non una banale -adesione al dolore-.

Come ogni anno sono preso dalla tentazione di non dire nulla e passare oltre. Come ogni anno mi chiedo se l’indigeribilità dell’emozione serva a qualcosa se non arriva ad attivare i meccanismi della riflessione. Come ogni anno mi sorge il sospetto che in un mondo che si vuole a misura di crudeltà, inganno e mediocrità, lo spettacolo del dolore gratuito inferto a qualcun’altro non stimoli l’identificazione coi carnefici da parte delle fasce giovanili, più disgregate e frustrate della società. Quelle che non si sottopongono ad una accettazione immediata della cerimonia istituzionale soltanto per sostituirla con modelli beceri e violenti.

Come ogni anno viene riproposta la questione del presente dentro la memoria e, con toni diversi -talvolta non condivisibili- sorge la domanda se la memoria dello sterminio del popolo ebraico non sia tuttora un business per lo stato di Israele. [-La vita è bella- è un film bellissimo. L’Oscar se l’è meritato, ma quel carro armato americano e non sovietico che arriva a liberare Auschwitz lascia un po’ storditi… ]

Come ogni anno ci si chiede perché dalla memoria del sistema mediale siano scomparsi gli altri sterminati: gli omosessuali, i malati di mente, gli oppositori politici, gli slavi, gli zingari, i testimoni di Geova.. Che, tutti insieme rappresentano un po’ di più della metà del totale delle vittime, con una presenza trasversale per nazionalità, etnia, idee politiche, orientamenti sessuali e religione. A costoro non tocca nemmeno la memoria permettendo così la divisione delle vittime di nuovo in vittime di primo e secondo ordine ad uso degli equilibri contemporanei. Anno dopo anno vedo disinnescare il valore e la portata universale di questa ricorrenza. Vedo un’esperienza collettiva allontanarsi sempre più nella categoria del sublime – del terribile, ma distante-.

Come ogni anno emerge il sospetto, che anno dopo anno diventa inquietante certezza, di essere in una morsa revisionista che si esprime da un lato nel negazionismo patetico dei neonazisti e dall’altro lato nella negazione di universalità del termine -sterminio- da parte del dominio spettacolare.

Come ogni anno la giornata della memoria ripropone la questione (questa davvero contemporanea) della guerra delle narrazioni che si collega immediatamente al conflitto israelo-palestinese e rimanda subito al controllo dell’area geografica del petrolio. Consiglio, a proposito della “guerra delle narrazioni”, la lettura di questa intervista.

Come ogni anno c’è un fenomeno che se ne esce con qualche dichiarazione sulle scarse responsabilità del duce rispetto alla questione razziale. -Il canovaccio è sempre lo stesso… era un bravo ragazzo, ma le cattive compagnie…- Quest’anno si è espresso il fenomeno italico per antonomasia: “Mussolini fece tante cose buone […] il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”(Silvio Berlusconi).

La dichiarazione ha, ovviamente, sollevato il solito polverone e così, mentre tutti, nel web e fuori, rimpallavano questa frase geniale -invero piuttosto frequente e logora negli ambienti di destra-… la dichiarazione che avrebbe meritato maggiore attenzione sarebbe stata questa: “L’Olocausto dei gay non c’è mai stato. C’è stata invece, questo sì, una persecuzione dei gay. Ma per essere chiari di Olocausto ce n’è stato uno solo, ed è stato quello del popolo ebraico, anche dal punto di vista legislativo, normativo; tutti elementi che hanno costituito l’unicità di questo terribile dramma storico” (Carlo Giovanardi, già ministro del governo Berlusconi).

Unicità
. Ecco una parola terribile. Finalmente è emersa. Ringrazio Giovanardi per aver espresso candidamente ciò che questa operazione memoria trasuda da ormai troppo tempo e che si prende gioco -grazie al meccanismo dei montaggi e delle esclusioni- anche della memoria reale dei deportati: tenuti a fare da accompagnamento alla narrazione approvata dalla politica. E’ fuori discussione l’importanza della finzione nel sistema della memoria (Baricco 1995 – Roth, Spielberg e l’Olocausto), ma inquieta che si giochi con il lato costruttivo della memoria al punto di sostituire la storia con l’emozione traumatica fine a se stessa.

Così insieme al revisionismo negazionista ce ne possiamo mettere un altro a minore intensità -ma di estrema potenza- che è il revisionismo unicista. Un revisionismo soffice, dinamico, privo di elementi rigidi, adattabile alle esigenze del momento. Scarsamente circoscrivibile e attaccabile. Un revisionismo -affaristico- a tutti gli effetti, anziché ideologico.

E come ogni anno rimango con l’amaro in bocca per tutti coloro a cui è stata negata giustizia e verità. Per gli apparati fascisti che sono rimasti al loro posto in Italia. Per quella parte di servitori dello Stato che è potuta morire di vecchiaia.

Come ogni anno mi rimane la domanda su come mai non si possa mai vedere un servizio che spiega come l’IBM è diventata quello che conosciamo grazie al commercio di sistemi archivistici meccanizzati per la gestione dei campi di sterminio. Mi rimane la domanda sul perché non si ponga mai l’attenzione sul motivo reale che portò alla deportazione di milioni di persone, e cioè il bisogno di manodopera a costo nullo da parte della macchina produttiva tedesca [gli internati erano chiamati truck: pezzi, unità di produzione].

La risposta, per ora, soffia nel vento…

[GC :::2013:::]

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