Orwell e noi

Fiume Elsa -Foto Gianni Casalini

Orwell e noi
Dice che un post deve trattare un solo argomento. Sennò il web-nauta si rompe i coglioni. Alcuni hanno preso talmente sul serio questa precauzione da scrivere post con nemmeno un argomento -e sembra che i web-nauti gradiscano molto-. Altri invece sono talmente bravi da scrivere interi libri con nemmeno un argomento o con un argomentino scrio-scrio che si riassumerebbe in venti righe.
Io invece scrivo post molto densi. Talmente densi da fare di questo blog uno dei venti (20) blog meno influenti al mondo. Ciò mi rende orgoglioso per motivi che aggiungerebbero argomenti al post; quindi soprassederò dalla loro trattazione. Anche perché, questa volta, mi limiterò ad un solo argomento trattato in poche parole, come esige l’etichetta del bravo blogger.

Orwell. Dalla sua apparizione 1984 (romanzo troppo famoso per parlarvene senza offendervi), in quel lontano 1948, è divenuto una sorta di bibbia antiautoritaria indiscussa. Fra i numerosi pregi e qualche difetto si può dire che dopo la stampa del romanzo ogni opera di fantascienza sociale distopica sia una variazione di 1984. La maggior parte pessime imitazioni. Alcune ottime.

Prendo un esempio di pessima imitazione: V per vendetta (il film). Non ho letto il fumetto, spero che sia migliore del lungometraggio, anche perché la storia si presta meglio alla carta inchiostrata che alla macchina da presa. Personalmente ho trovato il film una roba tra il patetico e il penoso, se si ha la pretesa di considerarlo un film adatto ad un pubblico adulto, se poi si considera un cartone animato girato con attori veri e si ritiene che il pubblico adeguato debba essere inferiore ai dodici anni può anche andare. Capisco che lo sceneggiatore Alan Moore si sia dissociato dall’operazione.

Perché? La società distopica ed il regime repressivo che governa la Gran Bretagna in cui è ambientato V per vendetta non contengono niente dell’angoscia autoritaria di 1984, nemmeno in parti per milione. Si tratta di un regime tutto sommato “benevolo”, di stampo talmente tradizionalista da essere del tutto improbabile e svincolato dalla realtà delle oppressioni contemporanee. Il regime coi suoi apparati è intollerante nei confronti delle minoranze sessuali e religiose, ma dal punto di vista del divario sociale non c’è traccia di oppressione di classe -se la passano tutti piuttosto bene, se si esclude il fatto che sono rimbecilliti dalla televisione-. Esso è la descrizione distorta del fenomeno a cui stanno andando incontro le democrazie occidentali.
Il signor V è un super eroe anarchico appassionato di vintage che ad un certo punto si presenta alla televisione e tiene un discorsone che incanta tutti. Così!
L’individuo solo che cambia il destino di tutti. La solita boiata. Un tizio in maschera che si presenta in televisione e dice: vi stanno prendendo per il culo! Nessuno l’ha mai visto, ma tutti gli credono. Il popolo non aspettava altro che lui: il vendicatore mascherato. Così, dopo varie peripezie, “il popolo” in maschera assalta il parlamento inglese e V riesce a farlo saltare in aria con tanto di fuochi d’artificio. L’eroe muore, ma vissero tutti felici e contenti. Bella cazzata. Un vero false flag culturale di impostazione neo liberista grondante della peggiore retorica americana travestita da cultura libertaria giovanile. -The revolution will not be televised – per dirla con le parole di Gill Scott Heron.

Un esempio di ottima ispirazione e fattura è invece Brazil (1985) di Terry Gilliam, dove la società distopica del futuro non è un rabbercio di 1984, ma una società in cui il trionfo dello stalinismo effettivamente non c’è stato, bensì c’è stata la fusione della società burocratica con il cattivo gusto del consumismo (grazie Fabio Casalini). Forse unico esempio di traduzione in opera narrativa del concetto debordiano di -spettacolare integrato-. Opera di tutt’altro valore sotto ogni punto di vista rispetto alla precedente.

Di sicuro il concetto più inflazionato e inutile del romanzo rimane proprio lui: il Grande Fratello. Rivenduto in forma metaforica dentro ogni discorso sul plagio delle menti contemporanee è significativamente stato ribaltato nel format del primo di una lunga e terribile serie di Reality Show targati Endemol. Il concetto è talmente evidente: non c’è nessun Grande Fratello che voi non desideriate già. Lo slogan non sarebbe tanto -Il Grande Fratello ti guarda-, ma –se il Grande Fratello smette di guardarti tu smetti di esistere-. E nel frattempo Lo guardi.

In 1984 l’autoritarismo poggiava sulla propaganda e sul un controllo del reale. Ciò che accade oggi è che non c’è più nessuna realtà da controllare, la realtà viene creata. Propaganda e controllo si sono fusi insieme. Anch’essi integrati.

C’è tuttavia un aspetto di 1984 che risulta fin troppo attuale, ma che non gode di quasi nessuna notorietà. Mi riferisco alla divisione geopolitica del mondo in cui vive Winston Smith ed alla tremenda somiglianza con il nostro mondo attuale.
Chiaro non ci sono super-stati, ma si sono prodotte con una certa approssimazione delle macro-aree geografiche descritte da Orwell. Ci riflettevo leggendo dell’accordo di conversione diretta yen-yuan di un paio di anni fa. Adesso si può dire che esistono realmente delle macroregioni monetarie che coincidono con Oceania (area dollaro/sterlina), Eurasia (area euro), Estasia (area yen-yuan). Permane l’incognita America Latina. Però, a parte questo, le coincidenze sono al limite del profetico.
Più o meno i confini -vaghi anche nel romanzo- coincidono con quelli di influenza e circolazione delle monete. L’africa è sbranata da tutti e la principale risorsa dell’Estasia sono i prolet sottopagati. Senza contare una guerra permanente in cui i vari stati si alleano e combattono in una alternanza temporale. Adesso questo processo avviene con simultaneità, mentre nel romanzo è consequenziale; ad una alleanza segue una guerra ecc. La realtà attuale e lo scenario descritto da Orwell si trovano su piani paralleli non divergenti, ma nemmeno coincidenti.

[GC :::2013:::]

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