La deriva

' Stray ' :::  Sammy Slabbinck 2013

‘ Stray ‘ ::: Sammy Slabbinck 2013

Per ogni domanda penetrante e complicata c’è una risposta assolutamente semplice e diretta che è sbagliata.
H.L. MENKEN

Io per essere del tutto sicuro di essere ignorato scrivo dopo che la montata emotiva di una notizia è passata. L’emotività applicata alla cronaca è una dittatura, ma varia con una tale velocità da essere considerata una forma di libertà. Coercizione + varietà fanno il nuovo totalitarismo… Basta che aspetti qualche giorno per essere sicuro che il puntatore emotivo è spostato su qualche altra notizia e sei sicuro che non avrai il minimo interesse da parte degli -emotional addict- (neologismo inventato da me ora, perché necessario) e potrai riflettere liberamente e pubblicamente senza accuse particolari. Altrimenti potresti essere accusato dal solito -emotional addict-, o dal -pusher emozionale- di turno, di essere un mostro insensibile per colpa del tuo tentativo di applicare logica o ragionevolezza a cose che richiedono solo celebrazione emotiva e stati d’animo tormentati… Guai ad uscire dai rituali. La produzione di -emotional addict- è il principale scopo di una industria della propaganda e per quanto aleggi su tutto quello che scrivo non ne parlerò in maniera approfondita in questo post.

Questa volta ho voluto buttar giù alcune impressioni. Eccole.
Quando vanno a dragare il fondo dei canali di Amsterdam tirano su un metro di fango e un metro di biciclette, si dice; se facessero lo stesso sullo spazio di mare fra Tunisia e Lampedusa tirerebbero su un metro di scheletri.
http://fortresseurope.blogspot.it/
La quantità di morti alla spicciolata, e quindi non notiziabili, è di parecchie migliaia. Il fatto che questo dato sia diluito nel tempo ci permette di sbattercene i coglioni piuttosto che sventolare infuocate indignazioni. Per inciso alcune delle cose che sono state postate in rete su questo fatto erano davvero cose serie e materiale su cui riflettere, tutta roba più che altro ignorate dalla massa degli EA, mentre sono andate per la maggiore i punti esclamativi e proclami.
Anche giornali di solito accondiscendenti a soluzioni tipo cortina di ferro fra Africa e Europa oppure mitragliatrici sono diventati di colpo buonisti, giusto il tempo di adeguarsi a ciò che vende, poi si ritorna al -o noi, o loro-. Ma adesso no. Qualche centinaio di bare tutte insieme sono un’immagine potente. E qui contano le immagini non i numeri.
Se facessimo oggi il sondaggio -i migranti sono buoni o cattivi?- (perché questo è il livello) oggi vincerebbe -buoni-. Domani -cattivi- e domani l’altro chissà.

Tutti intorno a me ripetono ossessivamente che -dobbiamo fare qualcosa-. E’ quasi una litania.
Intanto manca il soggetto. Chi è quel NOI che deve fare qualcosa. Noi che guardiamo la TV? Noi italiani? Noi comunità europea? Noi ONU? Noi NATO? Noi occidente che ha sempre sfruttato le risorse in buona parte di quei paesi da cui questi morti sul fondo del mare tentavano di scappare? Noi paesi industrializzati che esternaliziamo qualsiasi industria, ma non quella delle armi, però di armi gliene vendiamo tante e alimentiamo le loro guerre? Siamo NOI questi? Oppure è un “noi” generico?
E’ un NOI che significa VOI?
Voi che realizzate profitti sulla pelle degli altri. Voi capitalisti, Voi società finanziarie, sistemi bancari, multinazionali… che mentre aumentate i profitti distruggete i territori e le società e le economie… Voi chi?
Poi fare “qualcosa”… Cosa? Mandare un SMS? Regolarizzare il permesso di soggiorno? Abrogare la Bossi-Fini? Superare il capitalismo? Cosa?
Di solito fra le opzioni di “qualcosa” c’è anche affondare i barconi pieni di africani. In questi giorni no. Quasi per chiunque. Fatta eccezione per un gruppo di leghisti che propone l’uso delle armi.

Della Lega penso che un giorno, fuori dall’attualità, gli storici la considereranno più che altro il veicolo con cui le economie criminali del Sud hanno penetrato territori e consolidato alleanze con l’imprenditoria del Nord. Quindi capisco, nell’immediato, la loro necessità di proclamarsi continuamente sindacato del Nord. Chiaramente in una visione interclassista, reazionaria e popolareggiante da pseudo-nazionalismo regionale. Molto regionale e poco nazionalismo. Ma basta che funzioni.

Infatti in questi giorni, almeno da quanto riportato in questo articolo, l’eurodeputato Speroni avrebbe considerato lecito e opportuno l’uso delle armi e dell’esercito per fermare “l’invasione”. Ma la cosa che ho trovato più bizzarra fra le dichiarazioni di Speroni è che abbia pronunciato queste parole: “qui si tratta di difendere i sacri confini della Patria”. Qualcuno ha capito dove iniziano e finiscono i confini della Patria per i leghisti?
A me, curiosità a parte, interessa che la Lega si è mantenuta fuori dal pietismo cattolico nazionale e sta cercando di cavalcare il contropensiero popolare, sempre mandando individualità allo sbaraglio come suo solito.
Anche qui l’indignazione non serve a nulla. Al più è dannosa. Conviene capire che corde stanno suonando, anche se la musica non ci piace.

La questione irrisolta di tutta la faccenda immigrazione è che in questo tipo di società non è risolvibile affatto. E non è risolvibile né volendo essere buoni e neppure cattivi.
Nei confronti dei fenomeni migratori nessuno sa davvero cosa fare. Perché l’unica soluzione radicale sarebbe scardinare gli equilibri del potere globale e avviare processi di crescita armonica fra le varie parti del pianeta. “Utopia” a cui l’umanità pare aver abdicato proprio mentre diventava una necessità. E si dovrà ripartire da lì. Da un modello di società globale che rimette la giustizia al centro ed i profitti al margine.
Ho detto -nessuno sa cosa fare-, volevo scrivere -tranne l’estrema destra-. In realtà nessuno è proprio nessuno in questo caso. Anche l’estrema destra non sa cosa fare. Sa cosa dire. Il che non significa sapere cosa fare, ma è pur sempre pericoloso perché su questo prenderanno consensi in un prossimo futuro come, in fasi alterne, ne hanno già presi in maniera significativa da più di venti anni in tutta Europa. Ma il peggio deve ancora arrivare.

Intendiamoci non è che non voglio prendere parte. Fra le cose scritte con cui mi sono trovato daccordo voglio citare questo e questo.

Questa è una buona proposta e invito a sottoscriverla.

Dobbiamo riflettere tutti anche sui cliché con cui di solito questioni complesse vengono risolte da proclami semplici anche tra i buoni e le “colombe”. Il che equivale a spostarsi nello spazio mentale dei fascisti e dei razzisti. Spazio da cui ritengo bene starsene fuori senza per questo rinunciare comprenderne i motivi e le tensioni che lo alimentano. Anzi proprio per questo.

Stamattina al bar un anziano signore che conosco mi dice: -guarda che strage, è una vergogna… Non dovrebbero proprio farli partire.-
Era sincero. Era sinceramente dispiaciuto. Gli intellettuali di sinistra storceranno il naso, gli pseudo intellettuali anche di più. D’altronde la cosa che sembra riuscire benissimo a loro è storcere il naso. Il fatto è che anche chi prova veramente orrore per questa situazione non intravede una soluzione. Se ne sta in disparte. Non sa cosa dire. Certo è una vergogna, ma che si deve fare? Questo dovrà cambiare.
Sì, io sono favorevole all’apertura di un corridoio umanitario, daccordissimo. Ma non si può da un lato continuare ad appoggiare una politica assassina che esporta guerra e instabilità ovunque come nel caso di USA, GB, NATO ed a seguire altri stati europei… ad esempio, e poi pretendere che il mondo non scappi. Perché di fronte a questo un corridoio umanitario rimane comunque una pezza ed i numeri ad un certo punto lo faranno esplodere e vincerà quella parte di politica che proporrà la chiusura e l’isolamento, la risposta violenta e armata. E’ inevitabile. Oppure si vive in un mondo TV-sorrisi-e-canzoni? Non si può proseguire con una politica estera di rapina e pretendere che il mondo non cerchi di fuggire nel suo “meraviglioso lato ricco” e -sicuro-.. E allo stesso modo non si può evitare che le migrazioni massive creino contrasti. Perché ricadono sempre sulle popolazioni e quando l’economia è in crescita le popolazioni sono tolleranti quando è in decrescita non lo sono. Né possono permettersi di esserlo. Che piaccia o meno. E questo gonfia la vela della destra estrema.
Si fa presto a fare le bucce ai discorsi razzisti, ma bisogna considerare anche un clima in cui vieni licenziato perché non c’è lavoro ma il proprietario assume apprendisti albanesi perché disposti a lavorare in qualsiasi condizione per niente sindacalizzabili e tu vai a casa, e con chi ce l’hai? Prova a dire.
Questo non giustifica nulla e nessuno, ma nemmeno giustifica l’atteggiamento di sufficienza con cui alcuni sapienti di sinistra fanno scivolare la questione… Gli stessi che, sia in rete che fuori, continuano a ripetere che si deve evitare una guerra tra poveri. Ma questi vivono nelle villette, scrivono su Repubblica e mandano i figli a studiare a Londra. O tutt’ al più hanno un impiego fisso in qualche ufficio. Loro la evitano la guerra tra poveri. Sono i poveri che non possono evitare la guerra tra poveri. Neanche volendo. Il fatto è che la guerra tra poveri c’è e come. E’ già in corso. Se qualcuno ha lavorato da precario nelle fabbriche, nei campi… ovunque tranne che nel terziario avanzato lo sa. Il ciarpame televisivo, che parla con lo stesso tono del rigore della Roma o dei morti di Lampedusa la butta ancora li come se si trattasse di una eventualità da scongiurare. Si fa presto a dire che in Italia esistono dei fermenti razzisti. Grazie. Abbiamo il 40% di disoccupazione giovanile che in certe zone raggiunge l’80%, abbiamo un paese che dal 2007 vanta il primato del maggior tasso di deindustrializzazione dell’euro zona. L’unico ammortizzatore sociale è la famiglia che nel frattempo invecchia. Non esiste più nessuna progettualità per almeno tre generazioni. Tutto questo mentre il paese è stato sistematicamente e opportunamente ri-analfabetizzato e vi aspettavate anche una risposta più elaborata della xenofobia. Tutto sommato l’Italia secondo me resiste bene al razzismo. Per ora. Perché un brivido nero sta per percorrere la schiena d’Europa e tutta questa paura dovrà trovare uno sfogo.

La crisi. E’ colpa della crisi. Come volete. La crisi fatevene una ragione non finirà mai. Almeno che non si facciano saltare quelle istituzioni che garantiscono il funzionamento del capitalismo di rapina. La crisi è eterna. Dura finché dura il sistema che la produce. E’ sia dentro che fuori. Mentre i barconi pieni di somali, di eritrei e di egiziani tentano di entrare in Europa i figli degli Italiani si fanno la loro emigrazione de luxe all’estero. Il fatto è che la crisi non permette di sottrarsi ad una guerra tra poveri, dove conta solo chi è più scaltro e chi si salva per primo. Di solito in senso figurato, talvolta, come nel caso dei migranti in mare, in senso letterale. La guerra tra poveri la combattono i poveri, ma è sempre stata dichiarata dai ricchi. E l’intolleranza dei ricchi è meno violenta di quella dei poveri o addirittura di chi si è impoverito.

Il fascismo è una ideologia di scorta. E’ la ruota di scorta del potere. Sta lì silente a lato della storia poi quando il livore delle masse umiliate cresce e non si intravede nessuna soluzione emergono i fascisti. Già l’islamismo è una forma riuscita di fascistizzazione della società. Lontana da noi… sì, ma il fascismo europeo se ne serve per darsi la spinta ed emergere.
Questa volta non servirà come forma di governo, ma come paralizzante sociale. I fascisti si muovono solo se hanno le spalle coperte. Sbaglieremo tutto se ci faremo schiacciare nella logica fascismo-antifascismo con cui l’Europa rischia di essere bloccata mentre il potere continua a perseguire i propri obiettivi. Eccola la deriva.

Responsabilità della sinistra, dei democratici, dei progressisti e degli antirazzisti in genere e di coloro che vantano qualche capacità di elaborazione è casomai trovare delle proposte politiche che riguardino altri modelli di società. Proposte credibili, auspicabili, percorribili… anche a fatica, ma percorribili. Proposte che rimettano in discussione questo modello di “sviluppo” non solo a parole e che riaprano una breccia di una speranza collettiva. Se lo spazio d’azione di queste politiche non è più nazionale ci si dovrà spostare su altri spazi, transnazionali, internazionali, globali e locali… come li volete chiamare, ma non abdicare. E non potrà essere la solita stagione illusoria di lotte con cui una ristretta cerchia di capi e capetti infila se stessa in qualche anfratto istituzionale per riprodursi garantendosi reddito e pensione, mentre, in cambio, tiene accesa la fiaccola simbolica della rappresentanza e lascia tutti gli altri con la sensazione di essere stati usati come dei fessi. Almeno di questo la società ha sviluppato rigetto ed ha pieni i coglioni. Fra l’altro è uno dei motivi per cui la nostra sinistra nostrale non gode di nessun credito anche fra coloro che desiderano effettivamente cambiare le cose. Perché il credito se l’è sputtanato ben bene. Cambierà? Forse. Adesso è così.

Adesso tutti stanno scappando. Coloro che scappano sui barconi nella speranza di passare le frontiere e anche quelli che auspicano il mitra per difenderle. I primi sono materialmente più disagiati dei secondi, ma è l’immagine di un mondo disperato. E’ un mondo in fuga.

Avevo intenzione di scrivere un post ironico sul razzismo, ma lo rimando ad altra data perché dopo quasi 400 morti la cosa non va neanche a me. Banalmente.

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