Davide, Golia, Gaza ed i cavalli di Beirut


La ragione
La ragione sta solo dove la possiamo vedere. Mi sono svegliato con questa frase in testa.
La ragione è, entro certi limiti, una questione di ruolo. Prendiamo gli Stati Uniti: hanno ragione finché non si riesce a dimostrarne il contrario. Ma di fatto i mezzi per dimostrare il contrario sono disponibili, quello che manca è la capacità di interessare la maggioranza a questo argomento. Gli Stati Uniti hanno ragione di default e qui non vale il complesso detto toscano: -la ragione è dei bischeri-.

Nel conflitto Israele-Palestina è in corso prima una guerra di percezione e poi una aggressione militare.
Lo stato di Israele (o il suo stato maggiore, ammesso che esista una vera differenza) può giustificare un’aggressione militare -piano di realtà-, solo se riesce prima a vincere la guerra della percezione -piano di rappresentazione-.

pH
Non sottovalutare questa cosa perché se il tuo piano di rappresentazione è totalmente coerente e ti offre una griglia di lettura e difficilmente riusciranno le molte -incongruenze- a destabilizzarlo. Un piano di rappresentazione può essere descritto come una soluzione tampone in chimica. Pensa ai tuoi liquidi biologici, al tuo sangue per esempio. Il tuo sangue ha un certo pH, anche se ci sono delle variazioni queste vengono per così dire riassorbite e il tuo pH torna in quei valori.

Immagini
Gli attivisti pro-palestina lavorano cercando di modificare la percezione con immagini drammatiche e scioccanti di bambini mutilati (ci sono significative eccezioni) non si rendono sempre conto di quanto queste siano armi spuntate. Gli shock visivi sono come alterazioni momentanee del pH. La preoccupazione per chi produce marketing di guerra è strutturare la griglia di lettura, quella che in chimica sarebbe una soluzione tamponata e lasciare al nemico, che così si indebolisce, l’onere del mostrare gli orrori. Perché chi porta alla tua attenzione solo immagini negative non è benvenuto nella tua mente, anche se affermi il contrario.
A meno che tu non sia un menagramo o una persona psicologicamente disturbata.
Dell’immagine dell’orrore (di guerra) ti liberi condividendola, e gli altri fanno lo stesso. Sì, ogni tanto si ferma nella mente di qualcuno, ma è qualcuno che deve -prendere comunque parte e comunque l’avrebbe presa- e non arriva veramente strutturare nella massa una griglia di lettura diversa, non si afferma come narrazione condivisa. Non cambia il pH.

Bugie
Qui potrete facilmente seguire la decostruzione di alcune bugie.
Ma tieni presente che anche se è su delle bugie che si costruisce un piano di rappresentazione ad uso e consumo delle masse, esso è più della somma delle bugie spese. C’è una strutturazione e va capita. Cosa che di solito i militanti si esonerano dal fare. Vogliono sapere chi ha torto e chi ha ragione e prendono le parti di chi ha ragione. Vogliono militare. La massa ha ben altre esigenze che la militanza e si vince con la massa. Quindi si continua a perdere. Quindi c’è chi può mandare i carri armati e l’artiglieria e l’aviazione a bombardare.

Bambini
Quale di queste immagini che vedo sullo schermo “sono io”? Vedete delle persone che muoiono e dite: quello sono io! E allora prendete la parte. Se ci fate caso quando si parla di questo conflitto tutti si indignano della morte dei bambini. Perché se fossero ammazzati solo adulti? I bambini sono neutri, vengono visti come innocenti. Sono “pre-culturali” quindi sono ancora fuori almeno in parte dallo schema. Donne con il velo islamico e adulti arabi, sono dall’altra parte della barricata. Questo si tratta di capirlo, di ammetterlo se si vuole arrivare da qualche parte; e questo lo dobbiamo capire noi occidentali perché i palestinesi non possono e anche se potessero hanno altro da fare.

Cavalli
Come in questo spezzone di -Valzer con Bachir- dove si racconta del soldato che per sopravvivere alla guerra si era immaginato di vivere su uno scenario di un set. Fino al giorno in cui ha visto i cavalli morti e agonizzanti dell’ippodromo di Beirut. Anche i cavalli sono innocenti. Sono “pre-culturali”, anche più dei bambini. I bambini diventano adulti e da adulti ci chiamano servi di satana e infedeli, i cavalli no! Quell’immagine ha interrotto il meccanismo, non era contemplata. E’ stato sbattuto nella realtà, però -come giustamente fa notare il film- è impazzito. Per questo ci teniamo le nostre griglie di lettura confezionate dal potere. Non per cattiveria, ma per non impazzire.

La nostra vita contiene già molte frustrazioni, uscire dal seminato deve essere fatto in maniera accorta e con una certa cautela. Tutti ragioniamo così. A parte sempre i soliti con il super ego impazzito che volutamente trascuro in questo ragionamento.

11 Settembre
Prima di impattare con cadenza annuale foto e filmati di bambini straziati ti è stata già fornita una modalità di sopportazione; un filtro. Riesci già a sublimarle. Perché quelle cose accadono ad altri. Altri da te, a famiglie numerose di una tradizione patriarcale; a mussulmani. Mentre quello che succede agli israeliani accade a gente come te. Credo che l’investimento in termini di marketing di guerra per installare questa interpretazione abbia richiesto notevoli risorse, ma non sia stato del tutto efficace se non dopo i fatti del 11 Settembre 2001.

Da quella data in poi chi vuole può richiamare in ogni narrazione il -conflitto di civiltà- come si richiama una routine dentro un programma informatico. In pratica il conflitto di civiltà diviene ineludibile. Per noi occidentali come per gli altri. Questo per Israele è un vantaggio senza precedenti. Adesso finalmente può raccontare pienamente se stesso come il piccolo Davide che difende l’Occidente dal grande Golia del terrorismo islamico.
Il vantaggio di questa interpretazione è che è creduta vera dall’occidente come dal mondo islamico. Forse gli unici che veramente ne vedono la falsità sono proprio i sionisti.

Conflitto di civiltà
Mi è capitato di avere un contraddittorio con un ragazzo sionista e lui su questa cosa della guerra di religione o conflitto di civiltà che dir si voglia ci puntava un sacco.
Tutta la propaganda ci investe, anche quella islamista.
Allora, io lo premetto quanto si vuole che Hamas è raccapricciante e che non mi appartiene niente della retorica islamista. Anzi la disprezzo profondamente. Lo So che Vittorio Arrigoni l’hanno ammazzato i salafiti.
Ma fui costretto a fargli notare che Israele bombarda e deporta da 60 anni anche quando questa storia del conflitto di civiltà non era stata messa a punto. Israele bombardava anche quando Hamas non esisteva. Anche quando i palestinesi erano rappresentati da forze nell’internazionale socialista o da partiti di estrema sinistra.

Il pianeta Islam
Il pianeta islam non aiuta. Nei paesi islamici ci sono molte persone molto ben informate e mediamente più serie che da noi. Il problema è che i regimi dei paesi a maggioranza islamica hanno sempre usato per i loro scopi il conflitto e hanno sempre fatto coincidere l’appoggio al popolo palestinese con l’antisemitismo puro e semplice. Inoltre il peso della visione religiosa per le classi popolari per ora non lascia scampo. In molti paesi non è permessa nessuna forma di protesta tranne la manifestazione rituale contro Israele-satana il venerdì dopo la preghiera. Unico sfogo per tutte le frustrazioni diviene l’antisemitismo. Best seller sono i Protocolli dei Savi anziani di Sion e Mein Kampf di Hitler. Inoltre va detto che la stragrande maggioranza dei mussulmani (almeno quelli appartenenti alle classi popolari) sono estremamente filo-palestinesi, ma accettano il conflitto di civiltà come sfondo. Prova poi a chiedere a dei marocchini cosa pensano del popolo Sharawi, oppure all’opinione pubblica turca dell’indipendenza del Kurdistan. Come sempre tutti sono antimperialisti in casa d’altri. Tutti uniti ma contro il perfido ebreo. I sionisti incassano ringraziano e spendono questa carta nei confronti delle democrazie occidentali.

Ma come è strutturato questo piano di rappresentazione? Che c’è dentro questa macchina fotografica magica?
Chi fa marketing di guerra ti offre pochi elementi ma solidi e indiscutibili:
una “ragione” iniziale, cioè il punto zero del time-line di ogni attacco o aggressione militare. In questo caso il rapimento dei tre ragazzi coloni ebrei (su cui ci sono più ombre che luci…) completamente svincolato dagli avvenimenti precedenti e dal contesto.
Il concetto che siamo in una guerra, quindi si accetta la condizione paritetica dei due nemici e la dinamica guerra/tregua.
Il ribaltamento del piano di realtà sui rapporti di forza. Israele diviene Davide e quei disgraziati dei palestinesi il gigante Golia.
La condizione di vincente nonostante la propria presunta subalternità: sono Davide, ma meno di santa ragione!
La denuncia di un isolamento internazionale: ce l’hanno tutti con me perché mi votano contro le risoluzioni (tranne gli USA, che le rendono inattuabili e mi armano, vabbé)!
Una giustificazione metafisica che affonda nel senso di colpa dell’occidente nei confronti del genocidio ebraico. Quindi una sovrapposizione inaccettabile tra ebraismo e militarismo sionista.
Una possibilità di proiezione dell’immagine dello spettatore nella propria società e un’impossibilità di proiezione in quella del nemico basata sul conflitto di civiltà.

Guerra
Chi porta avanti l’immagine di questo conflitto deve far coincidere nella percezione immediata dello spettatore, l’aggressore, se non proprio come vittima, almeno come belligerante.
Non si può parlare a nessun titolo di guerra, ma di conflitto sì.
Quindi il bravo pubblicitario militare deve trasformare l’idea di un conflitto in una guerra. Perché si sa “in guerra ed a letto nessun rispetto”. E poi in guerra i colpi si tirano tutti sotto la cintura e prevale il cinismo, ma soprattutto in guerra tutti sono un po’ vittime e un po’ carnefici e se c’è una guerra si desidera solo -la pace-, cioè il cessate il fuoco. Infatti chi è armato può iniziare il fuoco e cessarlo. Lo inizia sempre mosso da qualche vendetta emotiva -sentimento arcaico, sacro quasi- che va a colpire le zone più antiche del nostro cervello e poi dopo aver aumentato la tensione nelle immagini di tutto il mondo, ritira l’esercito. Lasciandoci respirare. E diviene colui che ci ha dato il respiro, non che ce lo ha tolto.
La sua decisione di non attaccare più diviene un gesto di benevolenza anche se si lascia dietro una scia di sangue, …ma è la scia di sangue della guerra! E’ un sangue “deresponsabilizzato”. E’ il sangue dell’ira, non quello di un genocidio programmato.
Nel caso di un conflitto militarmente sbilanciato l’idea della “pace” astratta e metafisica è un arma dalla parte del più forte. La pace diviene sempre una sua concessione.

Questo è il mito della guerra fra Israele e Palestina. “Tutti” sappiamo benissimo che c’è una guerra quando esistono due eserciti che si fronteggiano. Tutti tranne la maggioranza dei fruitori di informazioni pubblicitarie. Cioè la massa degli spettatori.
Lo spettatore valuta solo sensazioni emotive istantanee ed è stato programmato dai pubblicitari per fare questo. Se ci sono delle vittime di bombardamento vuol dire che c’è una guerra! Così possiamo dire anche che siamo contro la guerra.
Qui chi fa strategia di marketing gioca facile.

Se siamo in guerra il torto è sempre da tutte le parti.
Il torto sta da entrambe le parti? Il torto metafisico forse. Ma le responsabilità storiche no. Il torto (e la ragione) da entrambi le parti sono una conseguenza della colonna portante della narrazione dell’aggressore.
La questione centrale sta nel fatto che la guerra spalma le responsabilità e l’occupazione di territori altrui no.

La guerra poi è una parola grossa e fornisce un alibi. Se non fai niente è perché:
a) niente serve a niente
b) sei contro la guerra non a favore di uno dei belligeranti.

Tu, giustamente, vuoi che la guerra finisca, non che uno vinca e distrugga l’altro. Ma accettando la narrazione ti sei messo in trappola da solo e stai di fatto accettando che il più forte nel conflitto distrugga l’altro.

Se poi ti basta come giustificazione il fatto che Israele non parli pubblicamente di distruzione della Palestina, mentre molte organizzazioni palestinesi lo fanno… ti faccio notare due cose. La prima è che Hitler ha sempre parlato di necessità della guerra ed i suoi discorsi grondavano pace. La seconda è che, purtroppo i migliori strateghi di propaganda sono in Israele o negli USA e con buona probabilità i peggiori sono in Palestina (il che non è del tutto esatto, piuttosto sembrano trarre un vantaggio per la propria fazione piuttosto che per l’esito del conflitto).

La pace
E in guerra si desidera solo la pace. Ma come è fatta questa pace? Prendiamo un esempio. Questa foto che è diventata virale sui social network casca a pennello nel discorso.
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Ci sono alcuni elementi che vale la pena osservare in questo sogno visivo di pace.
Il primo è il commento più comune -make love not war-. Quindi si tratta di una guerra. Poi c’è il rimando ad una delle questioni spinose… il muro. Una vergogna tra l’altro condannata dall’ONU ecc. Allora: sicuramente questi due innamorati non si stanno baciando attraverso il muro costruito per dividere israeliani da palestinesi. Infatti queste sono le dimensioni in scala:

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Quindi si stanno baciando sul muro dell’orto. Poi, tralasciando l’attribuzione della nazionalità ai generi in culture tradizionaliste… lui, l’ebreo israeliano, fa lo sforzo maggiore, supera il muro e dietro c’ha una bandiera che sinceramente mi pare anche poco realistica rispetto a quella israeliana, lei si alza per baciarlo… Peccato che lei in realtà abbia un copricapo ebraico e non palestinese. Ciò è piuttosto confuso. Ma quello che mi preme dire è che la pace non è fatta di ebrei e mussulmani che si danno i bacini, ma dello stato di Israele che finalmente accetta le risoluzioni delle Nazioni Unite senza rompere tanto i coglioni. I sogni romantici per qualche secolo sono rimandati.

Shoa
Una domanda rivolta a quel popolo che si indigna nei luoghi del ricordo della shoa, campi di sterminio e altri orrori: siete sicuri che sarete in grado di mantenere la promessa ripetuta nelle vostre filastrocche di pace ed amore; cioè che non sarà possibile un nuovo orrore? O meglio, siete sicuri di saper riconoscere un NUOVO orrore? Oppure sapreste riconoscere soltanto un orrore uguale identico a questo? Con le stesse divise e uniformi, con attori se non identici almeno molto simili sulla scena.

Un punto per il sionismo. Sebbene sia storicamente dimostrato il legame (almeno fino al 1939) fra Partito Nazional Socialista Tedesco e organizzazioni sioniste (Vedi lo storico Edwin Black, autore di -The Transfert Agreement-). Israele ha evocato su di sé l’immagine di vittima a priori. Utilizzando lo scudo psicologico dello sterminio europeo per giustificare qualsiasi cosa.

Acuerdo de Haavara

Come percepite un orrore quando si affaccia alla storia? Solo attraverso ciò che già conoscete.
Uno dei peggiori problemi nello sviluppo degli anticorpi è una eccessiva specializzazione degli anticorpi stessi, che non permette di fronteggiare il pericolo man mano che muta.
Ogni banalità tende ad essere specialistica e senza la capacità critica e l’osservazione un pericolo viene percepito solo per associazione mentale, per analogia con immagini che già abbiamo immagazzinato e categorie preconcette. Per esempio non è mai stato così facile essere cripto-fascisti sotto qualsiasi bandiera come dopo il fascismo storico.
E ogni cultura sviluppa il suo fascismo. Noi conosciamo o tendiamo a riconoscere solo quello europeo/occidentale e magari solo se ci viene incontro con il saluto romano o sbraitando roba sulla superiorità della razza.

Fascismi
Nell’islam c’è il fascismo. Nell’induismo. Il sionismo è anch’esso una forma di fascismo. I nazionalismi possono facilmente degenerare in fascismo e in qualche misura contengono al loro interno comunque degli investimenti pre-consci di tipo fascista. Il fascismo è un pessimo stato della mente. Viviamo in un epoca meta-fascista ed i vari tipi di fascismo si alimentano a vicenda attraverso il conflitto. Infatti il sionismo muore se si interrompe la spirale del conflitto. Così se domani scoppiasse davvero “la pace” quello che è sempre più un modello prototipo per l’occidente -la “democrazia” armata- di Israele rimasta orfana del proprio conflitto esterno imploderebbe rivolgendo un odio irrefrenabile al proprio interno. Forse è questo il senso della parola guerra. Una guerra interna a se stessi. Intanto però c’è un genocidio esterno da fermare. E’ una questione di priorità.

Calcio
Israele in linea di massima non conta un cazzo. La pensano diversamente solo i sionisti e gli antisemiti, che sono accomunati dal senso di superiorità del popolo ebraico. Israele è uno stato minuscolo che vive esclusivamente dell’appoggio economico e militare degli USA e serve a mantenere la tensione nella regione. Gli interessi reali riguardano le riserve petrolifere e Israele non ne ha, ma sta lì, con le sue bravate, a modificare gli equilibri ad uso e consumo degli Stati Uniti. Ogni tanto li sorpassa da destra per ricordare agli USA che Israele c’è e vuole attenzione (e soldi e armi). L’industria principale di Israele è il conflitto.

Ringrazio Dario P. che mi ha fornito una lettura molto semplice, ma efficace: il conflitto Israele Palestina è come vedere una partita di calcio tra la nazionale tedesca e la SPAL (con tutto il dovuto rispetto per la SPAL).
Per quanto riguarda il distratto spettatore occidentale la domanda essenziale è: per chi devo fare il tifo? In un campionato con due sole squadre poi.

La mia squadra deve soddisfare alcuni requisiti: deve essere accettabilmente forte. Non deve quindi appartenere alla categoria delle squadre sfigate.
Deve essere moralmente giustificata; se sei forte perché sei una carogna perdi una parte delle simpatie,o almeno attiri delle antipatie.
In ogni caso deve essere vincente… non puoi nemmeno farmi vedere continuamente la mia sconfitta mediata tramite la tua sconfitta.
Inoltre si è per una squadra perdente se si nasce nel luogo di quella squadra. Si tifa per la Palestina se si è palestinesi, se si è mussulmani (basta che i palestinesi non vengano in casa nostra), o se si è militanti di sinistra che è come essere palestinesi…

Poi…
Quello che si tratta di fare è uscire dall’appoggio puro e semplice e identitario al popolo palestinese. Per inciso molti di quelli che stanno sfruttando quello che sta succedendo in questi giorni per vomitare il loro livore antisemita preferirei facessero outing e si dichiarassero tutti fascisti. Farebbero meno danni. Io non voglio diventare palestinese, voglio fare qualcosa per fermare Israele, per costringerla ad accettare le risoluzioni della comunità internazionale. Dentro l’appoggio al popolo palestinese c’è di tutto, forse manca un appoggio che sia contemporaneo, condivisibile di nuovo alle masse. Non fatto di kefia o bandiere nazionali.

Se non si toccano di nuovo le corde di un’opinione pubblica diffidente e impaurita la battaglia della rappresentazione è persa, Hamas aumenta i consensi e Israele uccide senza problemi.

Restiamo umani. Fino all’ultimo.

Israele non vuole la pace di Gideon Levy ::: Edi­to­riale di Haa­retz del 4 luglio 2014, tra­du­zione di Ame­deo Rossi

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