La fitta sassaiola dell’ingiuria

LA FITTA SASSAIOLA DELL’INGIURIA

Avete letto -L’immortalità- di Milan Kundera?
Se non l’avete letto vi consiglio di leggerlo, è il libro che avrei voluto scrivere se fossi stato un romanziere.
-Ce ne sono di più importanti- dirà qualcuno, ma io avrei voluto scrivere quello.
Ne L’immortalità c’è un passaggio in cui l’anziana protagonista ricorda con affetto il padre e ci tratteggia la figura di un uomo che non sarebbe mai riuscito a sopravvivere a un naufragio.
Sapete quelle situazioni dove si salva soltanto chi è più svelto, scaltro e veloce, chi sgomita meglio, chi non si fa scrupoli e anticipa gli altri, calpestandoli se necessario.
Suo padre sarebbe morto perché non sarebbe mai riuscito a farsi avanti in una gara a eliminazione.
Io mi sono sempre immedesimato in questa personaggio importante, ma descritto appena nel romanzo. In certe situazioni drammatiche non avrei scampo.
E’ quello che mi è venuto in mente stamattina quando al Centro Per l’Impiego ho parlato con la signora che sta alla concierge. Immaginatevi la scena: io col numero cartaceo in una mano e la cartellina con l’Isee nell’altra che parlo con lei le chiedo del bonus regionale per i disoccupati.
“Il bonus si è esaurito dopo tre giorni.” dice lei.
“Cosa significa esaurito? C’era una scadenza? Non ho letto di nessuna scadenza per presentare la domanda.”
“Infatti non c’era. Ma in tre giorni tutti i soldi stanziati sono esauriti.”
“Cioè mi sta dicendo che era una gara a chi arriva primo? Chi primo arrivava mangiava…”
“Esatto…”
“Ma è assurdo.”
“Perché?”
“Perché se c’è un sussidio o qualcosa del genere si mette una scadenza e poi su tutte le domande presentate si controlla chi ha i requisiti… quale è il paese del mondo che mette un sussidio a sgomitate?” dico io.
“Ma tutti avevano i requisiti. Bastava presentare domanda.- dice lei, poi aggiunge -…forse non andava messo proprio.”
Certo, penso io, te stai seduta 5 ore al giorno dietro a una macchina che distribuisce numeri e ti arriva lo stipendio sul conto corrente… capisco che non ti tocchi la faccenda. Ma rispondo educatamente che né io né lei facciamo le leggi o prendiamo decisioni. Che sarà generico, ma almeno è vero.
O magari, penso, si poteva mettere ma in forma ludica e non agonistica. Io avrei fatto così se fossi stato il presidente della regione: a tutti gli aventi diritto al bonus disoccupazione vengono distribuiti dei biglietti e poi si estraggono quelli che avranno diritto al sussidio.
Volete mettere l’emozione.
Fatto sta che l’iscrizione al CPI mi serve anche per altre cose e quindi decido lo stesso di mettermi in fila.
La stanza è piena di persone con in mano il numero e qualche foglio, proprio come me.
Il tabellone elettronico che indica i numeri non funziona, naturalmente. Nei supermercati funziona sempre, negli uffici pubblici mai.
Tutti stanno in silenzio, qualcuno guarda il cellulare.
Io faccio come tutti mi metto a fare una ricerca sul cellulare mentre aspetto e, a colpo d’occhio, l’attesa sarà lunga.
Faccio un giro su google e mi trovo sul sito della regione toscana: “Piano integrato per l’occupazione. Dal 9 marzo la misura risulta sospesa per esaurimento risorse.”
Poi i vari articoli, più che altro di cronaca locale, dove si parla di code all’alba per questo cazzo di bonus, di malori e di posti venduti per 100 euro.
Come sempre nessun giornalista fa nessuna considerazione che non sia pietistica o di semplice cronaca.
Sul sito di toscana24, che è qualcosa collegato al Sole 24 Ore trovo questo:
«Il fatto che in così poco tempo si siano esaurite le ingenti risorse messe a disposizione fa capire quanto sia drammatica la situazione occupazionale in molte aree della Toscana», afferma il presidente della Regione, Enrico Rossi. «Sappiamo che il nostro Piano per l’occupazione non sarà risolutivo – aggiunge – ma siamo stati la prima Regione a vararlo e abbiamo voluto dare un aiuto concreto a tante famiglie e in favore della ripresa di un’occupazione a tempo indeterminato». Rossi promette che si attiverà «nei confronti del nuovo Governo per prevedere nuovi stanziamenti» per ulteriori interventi e esprime «soddisfazione» per il fatto di avere «5.000 disoccupati che si sono dichiarati disponibili a partecipare a un percorso attivo di ricerca di una nuova occupazione»

Fantastico, signor Rossi.
Penso a quello che è per la sinistra il concetto di stato sociale, insomma il diavolo si vede nei particolari, giusto?
Anche quando correvo in bici ero scarsissimo nelle volate e queste sono gare in volata. Al fotofinish.
Forse ha ragione lei signor Rossi, questo è un mondo per velocisti e di scalatori non sappiamo cosa farcene. O magari lei signor Rossi nemmeno si pone il problema, lei è in buona fede. Sono circondato da persone in buona fede, perché non dovrebbe esserlo lei.
Mi chiedo quanti dei velocisti vincenti non siano stati parenti o amici di persone che lavorano in regione o in qualche struttura pubblica.
Penso tanti. Ma anche questo è normale.
E’ tutto molto normale.
Poi faccio un giro su facebook per ingannare il tempo.
Facebook è una piattaforma con una censura di merda, ti taglia fuori per una foto con un paio di tette e ti lascia stare se fai apologia di nazismo, ma a parte questo è fantastico. I semi-intellettuali di sinistra lo attaccano per questo o quel motivo. Io invece l’adoro perché mi permette di sapere cosa pensa la gente che mi circonda senza durare tanta fatica. Prima ti potevi immaginare che chi aveva ideali simili ai tuoi avesse anche delle idee simili alle tue o che facesse dei ragionamenti in qualche modo paragonabili. Niente di più sbagliato, FB ce lo ha insegnato.
FB è un mezzo fantastico con cui gli imbecilli fanno autodelazione.
Intendiamoci io non faccio l’agente segreto, anche io metto quello che penso, perché anche a me piace che mi grandini sul viso la fitta sassaiola dell’ingiuria, ci mancherebbe. Ma sapete cosa vi dico. Di questi tempi ho sempre più l’impressione che si venga colpiti da fuoco amico. Se così si può dire.
Mi riguardo qualche meme meraviglioso di un “compagno” che sfotte la proposta di reddito di cittadinanza.
Toh, fra gli amici di FB c’è uno che sfotte Di Maio perché ha dichiarato che prima del reddito di cittadinanza occorreranno un paio di anni per riformare i CPI.
Tutti a ridere nella sinistra estetica. Le matte risate.
Chissà se c’hanno mai messo piede in un Centro per l’impiego?
Li capisco però, anche io ho dei problemi a metterci piede, ma è una questione privata.
Molto tempo fa un’impiegata mi trattò di merda. Trattava tutti di merda. Niente di personale dunque. E’ anche vero che allora non è più successo, ma tutte le volte che ci devo mettere piede ho una leggera nausea.
La sinistra si era già fatta delle matte risate nell’euforia della campagna elettorale quando è circolata la notizia che nelle file dei cinque stelle la maggior parte dei candidati a quellacosaonlinechefannoloro erano dei disoccupati.
Anche allora sfottò come se piovesse.
Disoccupati, ahahah. Incompetenti. Volete affidare il paese a dei disoccupati? Ahahah.
Quando io ero un comunista queste erano pulsioni non tanto di destra, ma di estrema destra. Si vede che la lancetta del compagnometro gira dalla vostra parte e io compagno non lo sono più da un pezzo ormai, da quando la sinistra ha sostituito la politica col tifo da stadio e gli statisti con le subrette.
Poi, per non farmi mancare nulla e visto che il sistema è ancora bloccato, mi rileggo l’articolo del Manifesto: https://ilmanifesto.it/storia/perche-la-sinistra-non-ha-capito-nulla-del-reddito-di-cittadinanza/ che critica il reddito di cittadinanza, ma da sinistra ovviamente:
Scrive il giornalista. -Il “reddito di cittadinanza” è il disegno di un nuovo regime di workfare, essenzialmente una politica neoliberista autoritaria basata su un’estremizzazione delle “politiche attive”, la stella cometa di tutte le politiche del lavoro oggi. Il povero, il precario, il disoccupato devono mostrare la disponibilità a partecipare al grande gioco al massacro del lavoro povero in cambio di un sussidio.-

Mi piacerebbe sapere in che mondo vive il giornalista. Visto che il gioco al massacro del lavoro povero è già in atto da decine di anni e in cambio di un cazzo di nulla. Poi vorrei tanto tranquillizzarlo; se il problema è rifiutare i lavori proposti dal Centro per l’Impiego, il problema non sussiste. Il CPI non ha mai trovato nessun lavoro a nessuno da quando esiste.

Alzo gli occhi richiamato dalle lamentele di una impiegata che annuncia che il sistema informatico è di nuovo fuori uso. Non gli dà l’accesso. Deve uscire e rientrare continuamente e adesso le nega l’accesso.
Scuote la testa: “Sempre così… sempre la stessa storia.”
Anche questo è normale.
Tutto questo è molto normale.
Mi infilo le cuffie e metto -Povero me-, di De Gregori.

“Cammino come un dissidente, come un deragliato,
come un disertore, senza nemmneno un cappello
o un ombrello da aprire, ho il cervello in manette.
Dico cose già dette e vedo cose già viste,
i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste.
Mi fa paura il silenzio ma non sopporto il rumore…”

Il sistema è ripartito. Il ragazzo italiano accanto a me sta parlando al telefono di una operazione a sua madre. Allo sportello c’è una coppia di timidi magrebini con lei che indossa un chador molto colorato; stanno aiutando una ragazza tailandese che parla malissimo l’italiano a iscriversi. A un altro sportello c’è una ragazza italiana che invece non si può iscrivere perché ha la partita IVA. L’impiegata le spiega che la legge è cambiata dal 2015. Mi guardo intorno e mi sento parte di una umanità alla deriva, ammutolità, di un lebbrosario, di una ciurma anemica. Un’umanità che regge in qualche modo la dignità coi denti e si aggrappa a tutto quello che galleggia per non affondare. Un’umanità vittima di un naufragio invisibile. Un’umanità-branco-di-cani tecnologici che, mentre naviga il web, deve comunque sperare che qualcuno butti un osso da rosicchiare.
Lo sento un po’ allo stomaco. Sarà che da qualche giorno ho addosso un fastidioso virus che mi dà nausea in modo intermittente.
Infine viene il mio turno.
“Buongiorno”
“Cosa deve fare?”
“Controllare la mia iscrizione…”
Le do un documento.
Mi fa un po’ di domande. Io rispondo, lei scrive.
“Qui risulta -produzioni agricole-…”
“Enologo -dico io-, enologia e viticultura, ma la sua collega fu costretta a mettere produzioni agricole perché… sa come è… il programmatore non poteva mettere fra le opzioni tutti i titoli riconosciuti dallo Stato italiano.”
“Adesso c’è, lo inserisco.”
“Bene.”
“Ha più lavorato da questa data?”
“Solo a nero.”
“Ah!”
Mi da un modulo cartaceo dove scrivo i miei dati, gli stessi che sono in tutti i database dello Stato da quasi 20 anni. Anche questo è normale.
“Ecco, è di nuovo bloccato…” mi dice.
Poi si mette a parlare con l’altra impiegata. Si mettono tutte e due le mani nei capelli.
“Così tutti i giorni, a mezzogiorno… tutti i giorni.”
“Ah, favoloso…”
“Sì, -sorride lei- e naturalmente la gente si incazza e giustamente anche.. mi incazzerei pure io.”
“Ma come mai?”
“Adesso sembra che stiano aggiornando il sistema… tanto loro non ce la mettono la faccia, quella tocca a noi.”
“Ma gli aggiornamenti di sistema andrebbero fatti di notte, non in orario di apertura degli uffici..”
“Andrebbero.”
Poi, siccome hanno visto che sono più incuriosito che arrabbiato si rivolgono a me con tono amichevole: “Ma lo sa che a seconda del tempo non funziona la rete… Se verso Pisa è brutto tempo allora tutto bloccato. Gli dà noia l’umido.”
“Se in Inghilterra avessero i servizi informatici meteopatici sarebbero sempre fermi.”
“Eh, infatti, infatti!”. Sorride.
Poi siccome la cosa non si sblocca chiedo loro se sono aperti il pomeriggio.
“Sì, ma chiami prima… potrebbe essere sempre bloccato, non è la prima volta”.
“Oppure domani?”
“No, domani è chiuso tutto il giorno.”
Ah, però -penso-, mercoledì chiuso tutto il giorno!
Saluto e me ne vado con il mio numero di telefono col quale saprò se regione o ministero o chi per loro hanno riattivato la rete.
Fuori è un cielo grigio, instabile e umido e adesso ho un po’ di fame; da un pezzo sono lì dentro e questa nausea si fa sentire più forte. E’ un virus subdolo.

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Questa vignetta non fa ridere.

 

Questa vignetta non fa ridere.
A dire il vero spesso le mie vignette non fanno ridere. Al massimo possono suscitare un mezzo sorriso, ma non correrete il rischio dell’incontinenza urinaria.
Questa vignetta però non fa veramente ridere.
Quando l’ho disegnata pensavo a quella volta che da piccolo andai al mare e ero in macchina con mia mamma e mio babbo. Sarà stato luglio, ci spostavamo dalla Toscana centrale alla costa e io guardavo fuori dal finestrino curioso e leggevo tutto quello che mi capitava di leggere. Mi piacevano soprattutto le scritte sui muri, allora ce ne erano tante.
Fin da piccolo ho sempre letto le scritte sui muri. Mi attiravano e cercavo con la mia fantasia di immaginare come era fatto quello che di notte era andato lì con la bomboletta spry a scrivere quello slogan.
Allora sui muri c’erano scritte molte cose che ancora non riuscivo a capire bene, non era ancora arrivato il momento in cui si sarebbero trovate sui muri solo stupide frasi di pseudo-amore talmente infantili da far sembrare i messaggi dei baci perugina delle massime confuciane.
Però non sempre quelle cose erano migliori delle frasi stupide di pseudo-amore.
Quella volta, per esempio, la scritta che notai era: -A mali estremi estrema destra.- Seguita da una croce celtica e da non mi ricordo quale sigla neofascista.
Così chiesi a mio babbo cosa significava quella frase e lui, che non aveva mai troppa voglia di spiegarmi cose, disse qualcosa tipo che quando tutto va male si ricorre al pugno duro.
Così gli chiesi cosa andava male e lui mi rispose: le rapine, la delinquenza, il terrorismo, c’è chi mette le bombe sui treni… Sempre tirando corto per non stare a spiegare troppo.
Mi fornì solo il senso letterale della frase, senza commentarla.
Non faceva una piega.
Crescendo, ogni tanto riflettevo su quello slogan e c’era qualcosa che non tornava, per il fatto che quelli che mettevano le bombe sui treni erano gli stessi che scrivevano quella frase sul muro.
Che stranezza.
Mi ricordo Almirante nelle tribune elettorali che chiedeva la pena di morte per chi partecipava alle azioni terroristiche e voleva fare un regime tipo quello dei colonnelli in Grecia. Praticamente diceva: la democrazia è bella, ma va sospesa. Per causa di forza maggiore. Arrendetevi all’evidenza. Arrendetevi al buon senso.
In altre parole diceva quello che ho scritto in questa vignetta. Almirante è l’autore di questa vignetta, uno degli autori, poi vi presenterò gli altri.
Ecco perché non fa ridere.
Non fa ridere perché uno degli autori è un fascista e i fascisti sono persone ridicole che si circondano di terrore, in modo che nessuno possa notare quanto sono patetici e ridicoli. Almirante era uno di questi.

Crescendo ho capito cosa significava strategia della tensione e ho capito anche che la strategia della tensione è possibile perché le masse sono piene di pecoroni.
Nelle strategie della tensione quelli che creano la tensione sono gli stessi che forniscono i mezzi per risolverla.
Per fortuna l’Italia di quegli anni non era solo un paese di pecoroni e la strategia della tensione non funzionò, almeno non funzionò come volevano loro.
Magari i più giovani non sanno di preciso nemmeno cosa significa strategia della tensione e non lo sanno perché ci vivono dentro, come i pesci vivono nell’acqua, perché dal 2000 la strategia della tensione è stata assunta di default dagli USA come sistema di dominio interno e esterno. Quindi per loro fa parte del paesaggio, come il campionato di calcio o la pubblicità (riuscite a immaginare un mondo dove non esiste la pubblicità?).
In ogni modo glielo spiego io in due parole semplicissime cosa significa: chi vuole uno Stato dominato dalla violenza e fondato sulla guerra diffonde il terrore in modo che le persone esasperate chiedano aiuto al più forte e più armato, di solito l’esercito, cercano di sospendere i diritti civili e costituzionali o di metterli in un angolo come fossero un optional.
Roba d’altri tempi verrebbe da dire.
I giovani neofascisti di allora non si facevano problemi a sostenere che lo stragismo fosse il mezzo più breve per raggiungere i loro obiettivi. Alcuni di quei giovani non lo sostenevano e basta, ma furono esecutori materiali di stragi.
Gli eredi di quei ragazzi che uccidevano a casaccio persone inermi con armi e esplosivo sono quelli che adesso si presentano alle elezioni con l’intento di salvare la patria. I vari Casapound o Forza Nuova, Fratelli d’Italia e soprattutto la Lega che essendo un covo di fascisti preideologici è ancora più pericolosa.

Salvare la patria è una delle attività preferite dai fascisti.
Il fascismo storico salvò la patria mandando centinaia di migliaia di ragazzi a morire congelati in Russia e in altri modi su svariati fronti.
I neofascisti degli anni settanta salvavano la patria con le bombe sui treni, nelle piazze e nelle stazioni.
Anche la lega è una forza salvatrice di patria, anche se ancora non è chiaro quale sia la patria che intende salvare.
I neofascisti “espliciti” di oggi si limitano a aggressioni, intimidazioni, minacce e accoltellamenti.
Robetta a confronto.
Però promettono bene, ogni tanto uccidono qualcuno o gli causano gravissime lesioni, ma il sistema dell’informazione la butta in caciara di fatto coprendoli… magari facendo passare la cosa come uno scontro tra estremisti o robe del genere. Così non ci si indigna più di tanto. E i loro reati cadono in prescrizione con una certa frequenza.
Il sistema dell’informazione è incredibilmente tenero con i neofascisti, soprattutto negli ultimi tempi.
Ci sono giornali che hanno sempre sguazzato in qualche putrida poltiglia democristiana e che ultimamente si sono adagiati senza troppo sforzo nella putrida poltiglia fascista.
Di fatto questa poltiglia giornalistica, insieme ai vari TG pre-fascisti mediaset, è riuscita a derubricare nella percezione collettiva le violenze fasciste a “ragazzate”, magari sgradevoli, ma ragazzate.

Ora se siete arrivati fino a qui vi potete giustamente chiedere se lo scopo di questo post è quello di dire che i fascisti sono brutti e cattivi (non diciamo sporchi, perché l’igene personale è il punto più alto del loro programma politico e sarebbe indelicato metterlo in discussione).
La risposta è no. Tutt’altro. Lo scopo di questo post è quello di spiegare perché questa vignetta non fa ridere.
Dei fascisti posso dire che sono sostanzialmente dei delinquenti con il senso della politica. Tutti. Ciò non significa che non siano capaci per quanto riguarda tattica e strategia. Anzi sono piuttosto bravi a tradursi nella cultura di massa spettacolare e sovente più capaci degli antifascisti nello sfruttare a loro favore elementi di questa cultura.

Cerchiamo di capire alcune cose dei fascisti, solo alcune: i fascisti escono allo scoperto solo quando hanno le spalle coperte; rimane valido il vecchio adagio che più di ogni altro distingue un fascista dichiarato o meno da un non fascista: -debole coi forti e forte coi deboli-.
Lo scopo della loro azione è la sopraffazione dell’altro.
Qualsiasi altro scopo dichiarato è semplice copertura.
I fascisti amano la guerra e, come diceva Sun Tzu nell’Arte della guerra, il Tao della guerra è l’inganno.
Non solo i fascisti ricorrono all’inganno, oppure alla violenza (lo facciamo tutti), ma i fascisti fanno dell’inganno e della violenza valori in sé.
Questo è il punto più coperto dalla poltiglia giornalistica di cui parlavo prima.

Per esempio riescono a fare un uso molto “selettivo” della violenza e ragionato per le conseguenze mediatiche.
Forza Nuova (il cui leader ci riporta proprio a quelle organizzazioni stragiste degli anni settanta) organizza linciaggi di ragazzi del Bangladesh a Roma. I famosi bangla-tour. Vai a menare per menare, per mostrare che sei un vero fascista.
Un rituale di affiliazione in fondo.
Questo non è una novità. Negli anni settanta si dimostrava la propria capacità di camerati con la violenza nei confronti dei “rossi” o con lo stupro; attività questa piuttosto in auge nella sottocultura di estrema destra prima che la difesa delle donne non diventasse un usatissimo cavallo di battaglia.
Perché i bangladeshi e non la mafia nigeriana?
Provate a indovinare.
Intanto sono persone miti e indifese. Più della mafia nigeriana che si può rivelare pericolosa a tratti.
Poi pestare qualcuno estraneo alla comunità nazionale pone fuori dall’indignazione collettiva, non suscita gran polverone, ma suona come avvertimento e intimidazione nei confronti di tutti.
La massa pensa: vabbé hanno menato un comunista o un extracomunitario… che me ne frega.
Il messaggio occulto è per tutti: -abbiamo una potenza militare e te lo mostriamo-. Simile a quanto succede con gli esperimenti nucleari. Facciamo un bel botto per farti vedere che se vogliamo te lo facciamo in casa tua un bel botto.

Altro punto è che allo stesso violento modo riescono a essere normativi.
Bello Figo, personaggio pop che fa milioni di visualizzazioni sul canale youtube non può fare concerti in Italia perché l’estrema destra minaccia di morte gli organizzatori di ogni concerto e gli amministratori che forniscono spazi per gli eventi. Risultato: per motivi di ordine pubblico tutti i concerti del 2017 (a eccezione, credo, di quello di Livorno) annullati.
Solito discorso. Se avessero fatto minacce a qualche famoso jazzista anche la narcotizzata opinione pubblica si sarebbe chiesta dove siamo andati a finire.
Essendo Bello Figo un personaggio di cui la musica potrebbe benissimo fare a meno e trattandosi piuttosto un fenomeno di costume (e non dei migliori, intendiamoci) la cosa in sé non fa notizia e viene di nuovo derubricata a scontro tra sottoculture.
Sfugge a molti il fatto che delle formazioni neofasciste in Italia, nel 2018, decidono chi può stare su un palco e chi no.

A questo punto più di un lettore, ammesso che ci sia più di un lettore che è arrivato a questo punto, dirà: ma non li stai sopravvalutando?
Avete ragione. Infatti ho voluto liquidare l’estrema destra e i giovani neofascisti per primi, ma il motivo per cui questa vignetta non fa ridere non sono loro. Loro c’entrano, come c’entra Almirante, ma non sono gli autori principali di questa vignetta.
Sono la punta emergente di un iceberg di merda, come sempre, ma solo la punta.

I principali responsabili del fatto che questa vignetta non faccia ridere sono tutti coloro che rendono le parole messe in bocca all’ombra fascista: plausibili, verosimili, accettabili e in qualche modo “non prive di realtà”.
Sono coloro che da ogni parte hanno sciacallato la democrazia rendendo la parola stessa sinonimo di “debolezza”, “incapacità”, “inadeguatezza alla soluzione dei problemi”, “inefficenza”.
Costoro sono i responsabili del fatto che queste parole non risuonino ridicole, ma tragiche, e l’elenco qui sarebbe lunghissimo.
Sarebbe, perché non ho intenzione di dilungarmi in nomi e cognomi e sigle e robe del genere.

Però vi rendete conto che precarizzare un paese significa questo. Distruggere la sanità pubblica, renderla inefficente significa questo. Difendere i privilegi di categoria (vizio a cui la sinistra non è mai stata immune) significa questo.

Il presidente USA Roosvelt era solito dire che la democrazia non può permettersi di non funzionare. Fu accusato spesso di essere un comunista dalla destra USA.
Roosvelt non era un comunista, ma il Partito Comunista USA (allora non marginale) appoggiò la sua politica sociale, al punto che buona parte degli impiegati statali che lavorarono nei programmi di sicurezza sociale erano comunisti.

Ecco, io accuso quelli che adesso si presentano dicendo che – l’antitodo al fascismo non è l’antifascismo, ma la democrazia – di essere gli autori dello sfascismo che in questo paese porta sempre a qualche tipo di fascismo.
Chi ha alimentato un sistema di clientele e non ha mai affrontato i problemi strutturali. Chi ha sempre trovato “possibile” finanziare il sistema bancario e favorire le grandi opere inutili e impossibile finanziare qualsiasi ammortizzatore sociale (salvo adesso, in campagna elettorale, sperticarsi in salari di dignità/cittadinanza/solidarietà/ecc.) è responsabile di questo sfascio della democrazia.
Chi ha alimentato mafie e sprechi improduttivi ha creato l’humus su cui queste piante schifose crescono.
Chi nelle zone “rosse” ha fatto in modo che si potesse dire “io mi sono sempre trovato meglio a lavorare con cooperative di destra che con quelle di sinistra”.
Chi ha difeso il proprio popolo tesserato senza nessuna visione di insieme.
Tutti coloro che hanno anteposto la loro incompetenza con l’ostracismo nelle strutture pubbliche e domocratiche sono responsabili.
Mi fermo qui perché l’elenco dei traditori dello spirito della costituzione è fitto di nomi, cognomi e sigle che formalmente lo difendono, e io ho già troppi nemici.
Secondo i fascisti i nemici portano onore. Io non credo e poi di tutto questo onore non so cosa farmene.

Non credo nemmeno che dopo il 4 marzo questa vignetta tornerà a far ridere.
Non vedo niente di buono nell’offerta elettorale e questa volta andrò a votare solo per evitare che quella parte emergente dell’iceberg di merda diventi sempre sempre più invadente e fastidiosa, ma il livello della “discussione” politica, ormai strettamente ripiegata sulla cronaca è penoso; un dibattito penoso in cui il pressappochismo finisce solo dove inizia la malafede.
Siamo ben lontani da qualcosa che assomigli a una soluzione, ma non ci possiamo trincerare da nessuna parte.
Ci si poteva aspettare di meglio da questo paese, sì.
Ecco perché questa vignetta non fa ridere.

https://www.facebook.com/GianniCasaliniOmbre/?hc_ref=ARR2wyu3_Jht4_uBIzmv1lh7UUzuGUTrlY4FEMhBTQGHq4FYuPQEUx6Mt1jrgrcv2QQ&pnref=story

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La censura del terzo millennio.

Non è per farla lunga, ma sono stato di nuovo sospeso da facebook in via temporanea per aver pubblicato una vignetta. Avevo messo il tag #frocio. Tanto è bastatao.

Giusto due parole per dire che avrei potuto pubblicare un post dove invitavo la popolazione a coalizzarsi affinché fosse messo in atto uno sterminio degli omosessuali e nessuno mi avrebbe censurato.

La censura del terzo millennio si occupa delle parolacce non dei contenuti. Che la forma avesse superato la sostanza lo sapevamo. Adesso degli algoritmi si occupano di questo.

Le Ombre di Gianni Casalini: https://giannicasaliniombre.tumblr.com/

Su Facebook: https://www.facebook.com/GianniCasaliniOmbre/

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About Trump

Ipocrisia. Ieri girava questa parola su fb. Indignarsi per la politica di Donald Trump su immigrazione, Islam e muri sarebbe una forma di ipocrisia, perché un muro col Messico esiste già e provvedimenti simili a quelli per bloccare l’ingresso negli USA erano già stati presi dalle precedenti amministrazioni.
Tutto vero, ma cerchiamo di capire le differenze e cosa è cambiato. Intanto diciamo che il Nobel per la pace a Obama è una barzelletta e lo sappiamo tutti. Come sappiamo che Clinton e compagnia bella sono stati imperialisti e guerrafondai. Magari consiglio di leggersi gli articoli di Chomsky e di non limitarsi allo lo stato fb di pinco o pallino.
Detto questo ci sono alcune differenze che saltano agli occhi.
1) Trump rivendica il suprematismo USA. Non si preoccupa nemmeno di nasconderlo in qualche forma di universalismo. Dire che questo è un bene è come dire che Hitler ha posto fine all’ipocrisia dell’antisemitismo strisciante con le camere a gas. Purtroppo vedo che tanti cervelli ragionano così.
Rivendicare un comportamento ingiusto non rende giustizia a niente e nessuno. Trump rivendica ciò che doveva essere in qualche modo “occultato” almeno dietro provvedimenti di facciata o paraventi mediatici. Il muro è stato costruito da Clinton, ma l’opinione pubblica non ne è a conoscenza. Con lui, invece, è diventato uno dei punti fondamentali del programma elettorale e del nuovo assetto internazionale degli USA.
Non traggo conclusioni ma invito a riflettere su questo processo di sdoganamento.
Per quanto mi riguarda è un processo pericoloso e questo riallineamento fra i piani di rappresentazione e politiche di fatto non mi pare presagisca nulla di buono.
2) L’amministrazione Obama ha sospeso per sei mesi il permesso di ingresso agli iraqeni negli USA. Questo era un provvedimento discutibile, ma temporaneo. Trump su questi provvedimenti traccia le linee guida di un nuovo ordine americano.
3) Il modo. La forma. La forma è importante quanto la sostanza. Su questo mi ha chiarito ieri Angelo Italiano di cui riporto qui a grandi linee il ragionamento.
Il fatto che il presidente dello Stato più potente del mondo si comporti come se amministrasse un condominio è inquietante. Questi provvedimenti vengono messi in atto in maniera fulminea. Anche questo non è casuale. Velocità è la parola chiave.
Ci sono state persone bloccate negli aereoporti, perché il loro diritto è “scaduto” mentre erano in volo.
Se con la stessa velocità venissero prese decisioni di tipo bellico e “termonucleare” ci possiamo immaginare le conseguenze.
4) Trump è un negazionista ecologico.
Anche le altre amministrazioni si sono comportate in maniera devastante nei confronti dell’ambiente e sono state inadempienti in ogni protocollo internazionale, ma nessuno aveva usato argomenti come -se aumenta la temperatura ci saranno inverni meno rigidi…
Anche su questo è stato veloce nel togliere di mezzo ogni vincolo ecologico alla produzione USA.
Mi limito a queste osservazioni non perché siano perfette o esauriscono l’argomento, ma perché mi sembra che tocchino il problema della percezione diffusa di quello che sta succedendo.
Gli USA sono stati l’ultimo paese in cui è stata abolita la schiavitù, nonostante fossero il paese democraticamente più avanzato del mondo. Ma quello che successe allora era, in un certo senso, un procedimento inverso rispetto a quello attuale. Avveniva un riallineamento progressista del diritto rispetto al piano di rappresentazione. Allora avvenne una guerra civile. Adesso sarebbe impensabile; una guerra civile non ci sarà, ma il clima che si percepisce da quelle parti la ricorda parecchio.

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About Empoli

“È un bel giovanotto, che gioca a fare l’alternativo al sistema ma si veste con marche costose.”
Con queste parole la sindaca di Empoli ha parlato di un ragazzotto che ha imbrattato una piazza con della vernice spry.
Non dico che questa cosa non la debba pagare, ci mancherebbe, però la cosa che mi sembra agghiacciante è proprio questo utilizzo del linguaggio da parte di un’autorità pubblica.
Sul “bel giovanotto” non ne discuto; la sindaca avrà sicuramente validi gusti in merito, ma che uno che scrive frasi fatte d’amore, per così dire, diventi: uno che “gioca a fare l’alternativo col sistema”, mi lascia sinceramente perplesso.
Poi siccome c’è uno che “gioca a fare l’alternativo col sistema” naturalmente “veste con marche costose”.
Che il livello linguistico e concettuale con cui delle cariche istituzionali rispondano all’esigenza di imbrattare con parole banali una piazza sia di una banalità paragonabile mi intristisce molto.
Perché se c’è un -atto- è -vandalico-, se c’è un -prima- c’è un -poi-, se c’è un -male- è -minore-, se c’è un -amore- è -per sempre-, se c’è una -febbre- è -da cavallo-, se c’è un -dolore- è -insopportabile-, se c’è un -successo- è -travolgente-, se c’è una -riforma- è -costituzionale-, se c’è un -disagio- è -giovanile-, se c’è un -impegno- è -delle istituzioni-, se c’è un -sindaco- è -di tutti-, se c’è una -frase- è -fatta-.

(tributo a Paolo Nori)

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Il mostro nero, il mostro bianco

Non so come dirlo… Leggo la notizia del ragazzo originario del Gambia che si è suicidato in canal grande a Venezia. Anzi come succede adesso leggo prima i commenti alla notizia che la notizia. Le persone a me vicine sono antirazziste (e questo mi fa piacere perché i razzisti non li voglio vicini e sinceramente mi danno fastidio anche lontani).
Ho letto alcuni commenti. Mi sono fatto un’immagine di quello che è accaduto. Poi sono andato a verificare online dove ho trovato articoli e il filmato del ragazzo mentre è in acqua e questa immagine che mi ero fatto (tremenda) non è stata per niente confermata.
Non sarei andato a vedere il filmato se non avessi letto che questo ragazzo è affogato mentre gli urlavano “Africaaaa!!” e nessuno muoveva un dito per salvarlo.
Ma quello che vedo è diverso da quello che ho letto nei commenti.
C’è un ragazzo in acqua e dal battello gli lanciano dei salvagente (quattro) lui non li prende… dal battello gli urlano di prenderli… qualcuno urla “Africa”? …nel video che ho visto io non si sentiva, ma può darsi che qualche veneto fra quelli che gli stavano urlando da sopra la nave di aggrapparsi lo abbia chiamato “Africa!” come da noi si chiama “Zio” chi non si conosce. Non sarà elegante, ma nessuno sta facendo il tifo perché affoghi (almeno così sembra a me)… fra gli spettatori quelli che urlano qualcosa lo incitano a salvarsi.
Leggo dei commenti dove si legge che nessuno ha mosso un dito.
Ma quanti di voi si sarebbero buttati in canal grande a gennaio nel tentativo di salvare un suicida che non sa nuotare? Sinceramente.
Come minimo occorre un patentino da bagnino, ma forse non basta nemmeno.
Non so se li erano presenti dei bagnini o degli esperti in soccorsi in acqua. Io se mi fossi buttato sarei morto solo prima di lui. Quanti non sarebbero rimasti bloccati da quello che stava succedendo senza sapere che fare? E anche con un margine di tempo prima di capire quello che stava succedendo.
Alcuni hanno fatto il filmato coi cellulari. Indignazione sui social. Io, però, senza quei filmati non avrei mai saputo cosa succedeva se non attraverso le interpretazioni di qualche giornalista.
Sono sicuro che se andassi sulle pagine razziste di fb troverei un tripudio di stronzi che commentano con le loro solite trivialità e la loro triste propaganda la morte di questo ragazzo.
La mia personale risposta a questa gente non è una contropropaganda, ma riuscire ancora a vedere.
Non so cosa ti ha spinto a toglierti la vita. Mi dispiace. Davvero mi dispiace. Questo è l’unica cosa che riesco a dire.
Riposa in pace.

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L’uomo forte

Secondo uno studio commissionato da Repubblica quasi l’80% degli italiani vuole un uomo forte al governo.
Adesso ho capito come si chiama questa tendenza che mescola insieme Putin, Trump, Salvini, Erdogan, Stalin, Mussolini, Pol Pot, il mullà Omar, Capitan America e Rocco Siffredi.
L’uomofortismo.
Complimentoni. Tanti.

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About Soros

Allora se non pensi che un miliardario nazista del KKK salverà il pianeta ti paga Soros. Se credi che sia legittimo protestare contro governi populisti e protofascisti anche se liberamente eletti ti paga Soros. Se ti sembra che la situazione sia più complessa e non possa essere divisa in buoni e cattivi dove i buoni sono tutti quelli che odiano gli americani… ti paga Soros. Se non credi che non ci sia una battaglia politica disgiunta da una lotta per i diritti e le libertà civili ti paga Soros. Se non pensi che basti tirar fuori sigle e simboli di un secolo fa per ricreare la composizione sociale di un secolo fa ti paga Soros.
C’è nessuno che sa come posso fare a far avere il mio codice IBAN a Soros per favore? Per me è importante… Grazie.

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About fertility day

act

Questa volta faccio due cose insolite per me: 1) parlo del fatto del giorno. Il fertility day, di cui vedete sopra una bella parodia di Act.
2) Mi abbandono all’insulto ragionato.

Quanto è stupida una campagna come il fertilityday è quasi autoevidente, quello che sfugge ai più (e io sono interessato alle cose rare) è che rappresenta la perversione mentale di un certo progressismo-cetomediocre da pidocchi risaliti e poi finiti in caduta libera che è quello che ci governa e che è anche quello che in tandem con l’ala popolar-becero-cattivella ci sta portando nel baratro.

Questo giovanilismo cretino che non analizza mai nessuna realtà sociale (e che, spesso, non ne ha nemmeno la capacità) pretende di cambiare le cose con campagne pubblicitarie, moti di entusiasmo e altre stupidaggini in voga fra persone che capiscono poco, ma che possiedono tutti gli stilemi per rappresentarsi come classe di riferimento sul piano della rappresentazione sociale.

Licenziamenti firmati in bianco, nessuna tutela alla maternità degna di questo nome, precarietà infinita, ricattabilità assoluta, nessun reddito minimo e questi invitano candidamente a fare figli da giovani.
Ecco quale è il problema… la poca volontà. Più entusiasmo! Più ottimismo!
Stiamo attenti a questa classe dirigente di paninari di merda ampiamente rappresentata in tutto l’arco parlamentare e anche fuori, ma con una buona rappresentanza statistica nel PD, perché tenteranno di colpire anche quello che rimane dello stato sociale. Attaccheranno la sanità (che ancora è pubblica e deve rimanerlo), le pensioni e tutto quello che possono e lo faranno sotto la maschera della solidarità umana, della bontà e dei migliori sentimenti. Lo faranno e lo stanno già facendo tramite la loro “stampa” indecente e la loro “informazione”. Tramite le loro donazioni via sms, tramite le loro campagne del cuore!
Tenteranno di distruggere i diritti residui con la bontà e con il narcisismo che ci sta dietro.
Troia cadde per un regalo. Vi faranno un sacco di regali.

Se forme indegne di rabbia, come quella fascistoide xenofoba ecc, trovano tanto spazio mediatico è per neutralizzare ogni forma di rabbia degna quando si presenterà. Sono mosse attuate in previsione di un futuro dove l’erosione dei diritti arriverà ad innescare, rabbia, odio e anche violenza.

Leggo quello che scrivete e con molti di voi sono affine, ma credo che a troppi sia sfuggito un dato essenziale: la guerra di classe non è scomparsa, è stata vinta dai padroni e queste campagne sono l’espressione di ciò che i padroni pensano di voi e di quello che voi dovreste pensare di voi secondo i padroni. E non sono troppo diverse dalla frase attribuita (erroneamente) a Maria Antonietta -Se il popolo non ha pane, mangi le brioches!-, che non sarà stata detta da una singola persona, ma rendeva bene l’idea di quello che i padroni di allora pensavano delle classi subalterne.

Questi paninari di merda sono i portavoce e le subrette dei padroni. Niente altro. Né aspirano ad essere altro.
Mettiamogli paura, chiediamo più diritti. Non chiudiamoci in difesa, chiediamo che non sia l’economia a governarci, ma chiediamo di governare l’economia. Ritorniamo a chiedere di lavorare meno, lavorare tutti e vivere meglio. Mettiamogli paura.

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About Beat

Banksy-Pulp-Fiction

Mi sembra giusto sfidare il caldo per scrivere alcune righe sulla questione del finanziamento del comune di Empoli al Beat Festival 2015 e in relazione alla interrogazione presentata dai Gruppi consiliari -Ora si Cambia-, -Linea Civica-, -Fabricacomune per la Sinistra- relativa alla partecipazione del Comune di Empoli ai costi per sostenere il Beat Festival per l’edizione 2016.

Molti di coloro che hanno seguito un po’ la faccenda mi chiedono informazioni, visto che ero presente in consiglio comunale lunedì 18 luglio quando è stata discussa.
Così, aspettando che sia disponibile il verbale del consiglio, ho deciso di sintetizzare un po’ la faccenda, naturalmente partendo dal mio punto di vista, che non è neutro.

Qualche tempo fa vengo a sapere che il BeatFestival di Empoli, di cui si è svolta la prima edizione l’anno scorso non è stato, come pensavo e come pensano molti, un evento organizzato da privati e che non è costato niente al Comune di Empoli, né alla collettività, ma un evento in qualche modo finanziato dal Comune e dalle società partecipate.
La cosa mi ha lasciato un po’ sorpreso in quanto si trattava di un evento gastronomico-musicale che prevede bigliettaggio per i concerti (a parte un concerto di apertura) e affitto degli spazi pubblici per i banchi gastronomici dello street food e per le bancarelle varie.
Credevo che fosse in tutto e per tutto un evento privato, in cui dei privati si assumevano un rischio di impresa e a cui il Comune offriva sia lo spazio pubblico che la logistica. Comunque rappresenta un costo (straordinari Polizia Municipale, pulizia parco ecc), ma un costo accettabile nella logica che vede un’amministrazione offrire l’opportunità a degli organizzatori di costruire un evento significativo e alla cittadinanza la possibilità di parteciparvi.

Le cose non stanno così.
Nel senso che il Comune di Empoli ha elargito 40000 (quarantamila) euro come contributo alla cultura all’associazione Beat 15 che ha organizzato l’evento e altri 24000 circa sono stati versati all’associazione da due società partecipate: Publiambiente e Toscana Energia. Questo è facilmente verificabile leggendo il punto 3 di questa interrogazione portata dai gruppi di opposizione di Empoli in data 10.11.2015.

Siccome non sono molto dentro questi meccanismi ci ho messo un po’ per capire come stanno le cose.
In pratica l’associazione che organizzava il festival ha chiesto e ottenuto che il comune si facesse garante degli sponsor per l’evento. Poi ha presentato un bilancio preventivo in perdita per 65000 (sessantacinquemila) euro e ad evento concluso ha presentato un bilancio finale con un passivo di bilancio esattamente identico a quello preventivato.
Il Comune ha stanziato subito 20000 (ventimila) euro e poi dopo aver raccolto i soldi da parte degli sponsor di cui appunto Publiambiente per 12000 (dodicimila) euro e Toscana Energia per la stessa cifra, oltre ad un contributo di 1200 euro da parte di Unipol Assicurazioni ha stanziato la somma mancante per arrivare a 65000 (sessantacinquemila) euro.

Le cose su cui non sono daccordo sono diverse.
1) Non capisco perché un Comune si faccia garante della sponsorizzazione di un evento privato.
2) Non capisco come potrebbe un Comune trovare degli sponsor privati a manifestazione conclusa.
3) Non sono daccordo che un Comune si assuma (preventivamente) tutto il rischio di impresa per una iniziativa che non è una iniziativa pubblica. Né è organizzata da realtà che sono presenti sul territorio durante tutto l’anno.
In altre parole mi sembra una formula discutibile lasciare le perdite al pubblico, togliendo così risorse alle altre realtà che in varia forma potrebbero usufruirne.
Ultimo ma non ultimo, ritengo che se fra partecipate e casse comunali devono essere stanziati circa 65000 (sessantacinquemila) euro, sarebbe giusto passare per un bando di concorso. Questo almeno per dare un alone di serietà alla cosa. Io, per quanto mi riguarda, non sono comunque favorevole a spendere soldi in mega eventi (o quasi-mega-eventi), piuttosto che distribuirli in interventi culturali che abbiano una durata, una continuità e una ricaduta sul territorio.

Naturalmente è un parere.
Parere condiviso con i gruppi di opposizione che in data 18 luglio 2016 hanno portato una seconda interrogazione, di cui si è fatta portavoce Beatrice Cioni, in cui si chiedeva sostanzialmente come intenda comportarsi l’amministrazione di Empoli nell’eventualità che anche quest’anno si venissero a creare le condizioni dell’anno scorso per cui le casse comunali si potrebbero trovare ad affrontare una nuova perdita di bilancio.
La risposta di Andrea Taddei, assessore al bilancio, è stata sorprendente, per quanto mi riguarda.
Il Comune si accolla lo stesso onere dell’anno scorso, quindi 65000 (sessantacinquemila) euro, anche per l’edizione 2016… però l’assessore ha trovato da ridire che questo si possa definire rischio d’impresa, con argomentazioni sinceramente un po’ inesatte e fragiline.
Dalla risposta comunque emerge che questa cifra corrisponde, “de facto”, ad una specie di fisso su cui questa associazione può contare nello svolgimento della propria attività.
Le motivazioni sono, il prestigio che questo evento porta alla città e l’indotto turistico.

Certo le motivazioni sono discutibili e ognuno le potrà giudicare secondo il proprio metro.
Aspettando il verbale dell’interrogazione del 18.07.2016, che appena disponibile linkerò… voglio dire che non sono daccordo su questa gestione del denaro pubblico e voglio lasciare come esercizio di democrazia che ognuno si faccia la propria idea.

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