C’era una volta la merce

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Nota 2 – C’era una volta la merce -2011
Vedi anche: La società dei consumi consuma i consumatori

Come tende le mani verso la propria distruzione la merce contemporanea, verso il proprio annichilimento, la perdita di funzionalità, quasi nasce già rotta, appena nata corre verso l’inutilizzabilità, la ricerca del proprio guasto, la propria usura forzata, la propria inadeguatezza. Scade nell’immediato, decade nel tempo e ingombra lo spazio. E’ già superflua al concepimento. Un ingombro congenito. Cifra stilistica della merce contemporanea. Essa racchiude in sé un pezzo di immondizia ancora in fase quiescente.

C’era una volta la merce che ostentava un proprio valore. Ma è stato molto tempo fa. La merce contemporanea serve il tempo di una messa in scena, passato il quale acquista il valore negativo di una presenza superflua. Il valore che essa contiene è dato dal vuoto che può lasciare affinché sia riempito di nuovo da oggetti appartenenti alla stessa serie, utili per nuove configurazioni passeggere. Non rappresenta il nuovo ma il vecchio che attende il turno. Vive già in un passato mentre indica controvoglia un futuro.

E’ un segno che prende valore da altri segni, ma l’ultimo segno poggia sul vuoto (questo è il terrore). Sulla sua assenza predestinata. Una sostituzione dietro l’altra, un episodio dietro l’altro. Seriali, ripetitivi, veloci, rassicuranti. Lenitivi per la fobia compulsiva generata dal tempo che essa stessa divora.

C’era una volta la merce. Coloro che la producevano, coloro che la consumavano. Ma al posto della merce si registra la presenza di una serie estesa di oggetti di scena. Oggetti che vivono in un tempo accelerato la loro scontata mutazione; provengono da lontano, vengono utilizzati il tempo di una sequenza, frammentano coloro che li usano, passano di mano tra coloro che ne sono prodotti o che ne sono consumati.
Unica realtà incontestabile; solidità in cui vanno a morire tutti gli spettacoli è quella del cimitero discarica o del forno crematorio inceneritore assoluto. Inferno dantesco for object only tutto situato nell’aldiquà.

Cantami o diva delle cose che bruciano perché non siano bruciate le persone. I roghi, i forni del Reich sono sempre lì dietro l’angolo. E voi non inceppate la vostra macchina, il peggio è un predatore in agguato che dal passato èpronto con un balzo colpire nel presente. La barbarie è incorporata, non è un’evoluzione è “di serie”.
E’ questo il presente?
Il tempo in cui il proprio medioevo tiene in scacco ogni possibile futuro?

[GC :::2011:::]

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2 Responses to C’era una volta la merce

  1. sutradeloto says:

    Sì, sono daccordo. La merce perfetta per il mercato attuale è invece la sostanza stupefacente: è illegale e quindi garantisce elevati profitti. Accentra grosse quantità di denaro liquido. E’ cercata dal consumatore. Si pubblicizza da sola e opera con sistema multilevel… Poi garantisce controllo sociale, o tramite gli effetti o tramite ricattabilità e si smaltisce nell’organismo stesso del consumatore. La sostanza perfetta non induce produzione di neuromediatori si sostituisce ad essi.

  2. Hal says:

    C’è una merce che possiamo commerciare e che non abbia in se quel veleno (intendo la propensione alla discarica) che oggi sta uccidendo la nostra società?
    Limitando al minimominimo gli oggetti fisici vedo una possibilità di mercato non venefico sulle attività personali dirette a persone (non proprioamente “servizi”).
    Penso all’arte, ai concerti, alle performance, alle letture, ai massaggi, all’insegnamento, alla cura per la persona, allo sport (fatto e non guardato), al ballo…
    Comprare sempre più frigoriferi e tablet sempre più performanti è un mercato che ci porta al dilagare delle discariche. Concerti sempre più belli o esercizi per la vista sempre più efficaci, permette uno scambio praticamente senza limiti.
    Se poi la “nuova” merce fosse non centralizzabile e non riproducibile industrialmente, sarebbe perfetta.

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