C’è chi uccide i cani

Theda Bara con cane

Il cane di una persona che conosco appena, ma che avevo visto diverse volte passare, un bellissimo esemplare di lupo cecoslovacco, mite e buonissimo con tutti, è stato avvelenato qualche mese fa mentre si trovava nel suo giardino e poi finito a bastonate. Ciò è avvenuto in un posto chiamato Ponte a Egola, in Toscana. Sconosciuti gli autori e i motivi del gesto.

Lo so che non scriverò un post bello. Nemmeno troppo elegante. Pulsioni di vendetta e un’emotività pressante ne comprometteranno lo stile.
Non si inizia a scrivere -scusandosi-, mai e poi mai, si dice.
Invece ammetto già l’eccezione di un argomento che ti spinge più a lanciare maledizioni che a esprimere qualcosa di utile.
Per una volta affanculo allo stile e chiedo scusa in anticipo se qualcuna di quelle maledizioni finirà inevitabilmente dentro alle mie riflessioni.

Però voglio mettere bene in chiaro una cosa: per quanto la causa scatenante di quello che sto scrivendo sia data dal mio amore per gli animali il punto di vista che esprimo non è genericamente “animalista”.

Butto lì alcune impressioni. Mezza Europa sta facendo delle prove di crudeltà collettiva sugli animali in genere e sui cani in particolare. Nei paesi dell’est il problema del randagismo viene risolto da squadre di cacciatori assoldate dalle autorità cittadine di quel paese o dell’altro che abbattono a colpi di fucile animali abituati ad amare l’uomo per pochi soldi. E’ uno spettacolo indecente. Un cecchinaggio schifoso. Mi fermo con gli aggettivi e ritengo sia più utile esprimere solidarietà a coloro che in quei paesi: Russia, Ucraina, Albania, Romania ecc stanno cercando di fermare un inside job della barbarie che non riguarda solo il rapporto umano/non-umano, ma il senso stesso di umanità. Ciò che conferisce un significato all’essere umani. Solidarietà necessaria visto anche le continue pressioni e minacce e violenze a cui chi si oppone a questo paradigma della ferocia sbrigativa va incontro in quei paesi.
Si sta assistendo a dei progrom specisti.

Per non far torto a nessuno aggiungiamo anche i mattatoi che sono le perreras nella “civilissima” Spagna e la questione del randagismo nel sud Italia che viene non di rado risolto col veleno, sistema meno rumoroso e sicuramente più omertoso delle cartucce. Perché le amministrazioni comunali non hanno tempo e voglia e capacità ecc (poverine) di affrontare la questione in maniera civile.

Sistema questo anche piuttosto diffuso nella civilissima Toscana ad onor del vero dove paranoici dell’igiene e repressi in genere dispensano bocconi avvelenati per ogni dove, senza contare categorie economicamente motivate come i cercatori di tartufi che segnano il territorio col veleno per difendere la loro fonte di reddito.

Al di là di alcune osservazioni un po’ giustizialiste, che mi vengono in mente: tipo il fatto che chi uccide degli esseri per futili motivi dovrebbe quanto meno avere più problemi di chi guida in stato di ubriachezza e non meno. Al di là del fatto che personalmente vorrei che chi ammazza un cane facesse una certa conoscenza formativa del carcere. Ecco al di là di questo, ma non oltre, voglio far notare che episodi come quello che ho descritto all’inizio dovrebbero essere considerati come atti -terroristici-, perché lo sono a tutti gli effetti.

Si tratta però di terrorismo verso la comunità, o meglio verso quella parte della comunità che non accetta l’uso della crudeltà come scala di valore sociale. L’ordinamento giuridico ne tiene conto superficialmente o non ne tiene conto affatto, forse proprio perché è terrorismo verso il basso non verso l’alto. Come quello tipico della cultura mafiosa.

Chi uccide cani, uccide relazioni, sentimenti, affettività e lo fa piuttosto impunemente perché questo è un “terrorismo dal basso”, ma soprattutto “per il basso”. E’ un tipo di terrorismo che non mette in nessun modo in discussione le classi dominanti e genera solo sfiducia e rassegnazione fra coloro che non accettano il modello di sottomissione ad criterio violento di gerarchia. E’ un terrorismo emotivo e disarmante.

Continuo a pensare che in una società anche vagamente civile chi uccide sentimenti, relazioni e affettività non dovrebbe essere sanzionato da una multa e rizzati. Questo sul piano repressivo.

Tornando ai progrom specisti nel resto d’Europa, cioè alla parte organizzata e strutturata di questa violenza, aggiungo che questa ferocia sbrigativa verso esseri più deboli perpetrata per motivi di “decoro” è il segnale di una cultura della crudeltà risolutiva che sta emergendo in Europa, che è anticamera della violenza su uomini e donne e almeno in parte sublimazione o rappresentazione di essa; che non tarderà ad esplodere (in parte sta già accadendo) in ogni direzione verso ogni categoria debole, non per forza identificata con linee di demarcazione etniche o di genere o di classe.

Ogni eccidio è prova generale di un eccidio “maggiore”, lo contiene o lo giustifica. Queste sono prove di una cultura pre-fascista (debole coi forti, forte coi deboli) trans-nazional popolare.

Assistiamo allo spettacolo indecoroso di una società meschina che mentre sta affondando finge di nascondersi nella lotta per il decoro messo in pericolo dalla merda di un cane. Purtroppo questa non è una società in crisi.

[GC :::2013]

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