Reality shock

Sammy  Slabbink, the end, 2013

Sammy Slabbink, the end, 2013

Se Hitler avesse inventato i reality il nazismo sarebbe ancora al potere. Anonimo in rete.

Reality Shock

di: La Vispa Teresa

Il concetto di shock economy espresso dalla Klein rimane valido. Ma alcune semplificazioni del concetto possono generare confusione. Ad esempio ascoltando certi commentatori radio-televisivi o certi profeti web si è indotti a pensare che lo shock sia un elemento a se stante, più un fine che un mezzo.

La doppia natura dello shock-strumentale (fine/mezzo) emerge anche dal libro della Klein.

Cerco di chiarire la cosa in questi termini: se lo shock è usato con finalità distruttive esso si manifesta più come un fine. Nel senso che è in grado da solo di produrre effetti di disperazione e dispersione a vantaggio del potere. Bombardare per demoralizzare il nemico è un gesto auto-concluso.

Lo shock con finalità “costruttive”. Cioè usato per strutturare un atteggiamento autodistruttivo nelle masse o sublimare tensioni potenzialmente pericolose per le élite in autolesionismo e teppismo.
Cioè -in altre parole- il tipo di shock usato per sospendere momentaneamente le resistenze mentali è prevalentemente un mezzo a cui devono seguire messaggi e ordini strutturanti. Tali ordini hanno sempre lo scopo ultimo di trasformare l’aggressività verso il superiore in aggressività verso il proprio simile.

Lo shock mediatico può essere di primo o di secondo tipo. Quello di primo tipo è usato soprattutto in campagne di distribuzione del terrore, mentre quello di secondo tipo viene usato nella somministrazione di notizie e nell’intrattenimento.

La situazione in cui lo shock viene usato nel meccanismo di sospensione dell’incredulità è quello dei format reality.

I reality rappresentano uno spartiacque per l’utilizzo del mezzo audiovisivo al fine di modellare i comportamenti sociali. La serialità non rappresentava una novità del media TV e non è certo stata inventata dalla TV, anche se è questo media che ne ha esplorato tutte le possibili applicazioni narrative, con i miliardi di serie più o meno incentrate su poliziotto buono o qualsiasi altra cosa. La serialità in ogni caso è connaturata all’animo umano (non ho citazioni da fare, ma ritengo che in qualche misura la ciclicità stessa del nostro organismo spinga a riconoscere le situazioni seriali come “self” piuttosto che come estranee.) o almeno fa parte della narrazione comune dal capitalismo industriale in poi. O entrambe le cose.

La serialità è stata centrale nel tentativo di -raddoppiare- il mondo attraverso la produzione di fiction con cui è stato possibile indottrinare e decerebrare lo spettatore. Essa tuttavia non riusciva a superare la membrana fra realtà e finzione. Tutta la TV spazzatura poteva influenzare, e lo ha fatto, i comportamenti di miliardi di persone, ma è rimasta nella categoria del pessimo materiale di intrattenimento.

Creare un corto circuito tra la sit com e la realtà è stato invece un salto quantico. – E io ritengo un preciso dovere di chi scrive per resistere ad un sistema di dominio mettere in luce i salti quantici e smascherare i falsi allarmi.-
Il reality è stato una vera e propria innovazione bellica da usare sulla popolazione civile in un tempo in cui la fusione tra finanza, potere mediale e strutture militari ha raggiunto-

Quello che è cambiato è la natura stessa della rappresentazione. Non ci si immedesima con un personaggio, ma ognuno può potenzialmente essere un personaggio. Il reality non è la realtà, ma una finzione in cui non sono più necessari personaggi perché -chi rappresenta- è sullo stesso livello di -chi è rappresentato- (nella pratica il livello di chi rappresenta è scelto, per comodità, ben al di sotto della media, sull’estremo inferiore del più basso livello sociale e culturale). Questo piuttosto che squalificarlo pone lo show come iper-realtà.

Ma la cosa interessante è osservare come è cambiata la natura della sospensione dell’incredulità in questa nuova forma narrativa.
Si può dire che non è più necessaria una vera e propria sospensione dell’incredulità. La sospensione dell’incredulità, è quella cosa per cui posso accettare che qualcuno rappresenti Napoleone ben sapendo che non lo è, e rimane un meccanismo, sia volontario che involontario, che può essere a sua volta sospeso. Un soggetto normale può passare dalla sospensione dell’incredulità al ripristino dell’incredulità. Questo non è possibile se l’incredulità non è sospesa. Come nel caso dei reality. La situazione che si viene a creare è quella di una “sindrome di Don Chischotte”; che non riusciva a distinguere la propria realtà dai romanzi cavallereschi. Lui a sua volta era un personaggio divenuto famoso perché all’epoca in cui Cervantes scriveva il romanzo di solito chi leggeva romanzi cavallereschi sapeva ben distinguere tra la realtà e finzione. Don Chischotte no, ed è stata una descrizione ante-litteram di una reality victim.

Ogni protagonista di reality è tenuto soltanto a fingere di essere ciò che è davvero e ad essere ciò che realmente finge di essere.
Naturalmente non c’è niente di più falso che fingere di essere veri. Ma la menzogna è sia il mezzo che il principale degli scopi del reality.

Questo nuovo utilizzo della sospensione della realtà ha creato scenari interessanti nella neutralizzazione dei meccanismi di resistenza di cui parlavo prima.
Il non-finto/non-vero è di per sé l’alfa e l’omega di questa arma di derecebrazione massiva.
Ponendo una negazione davanti a entrambi i termini della dicotomia si ha la sensazione della scomparsa della dicotomia stessa. La mente in questo stato compie una sostanziale accettazione della realtà falsa come realtà marginale.

La comparsa dei reality è da considerare paragonabile alla diffusione massiva delle sostanze stupefacenti per il controllo delle classi subalterne della prima metà degli anni ’70 del secolo scorso.
Il momento in cui sono stati lanciati sul mercato ha coinciso con il momento storico in cui i precedenti mezzi di controllo-propaganda mediatico-militare si presentavano al minimo dell’efficacia. E l’utilizzo di massa della rete era comunque un incognita non del tutto prevedibile nell’immediato futuro.

I vecchi format di propaganda massiva erano inoltre studiati per veicolare il messaggio: stiamo preparando la tua felicità. Questo messaggio era ormai superato e il sistema di dominio vuole piuttosto comunicare: la tua felicità non rientra nei nostri piani, almeno che tu non raggiunga un certo livello.

Lo shock nel reality interviene dentro la narrazione. Alcuni individui adulti iniziano a comportarsi in maniera infantile e questo traumatizza leggermente lo spettatore che per continuare a vedere il seguito (perché questo vuole lo spettatore) si abbassa al loro livello. Dal momento che comportandosi come persone mentalmente ipodotate o infantili i protagonisti del R. non incontrano nessuna resistenza, nessuno che li -buttava fuori- questo significa che siamo dentro la finzione (ma consciamente si afferma in contrario).

Da lì in poi si gioca continuamente sul -buttare fuori-. Ciò che affascina nel reality è che ciò che in un contesto adulto servirebbe ad essere esclusi dal gioco, dentro la cornice del reality include. E’ un mondo ribaltato. Dopo lo shock iniziale il ribaltamento avviene in modo graduale, ma assoluto.
Ad essere ribaltati nel reality (che presenta più o meno il movente di un gioco a premi o di un gioco di ruolo) sono i meccanismi di inclusione/esclusione. Non si viene esclusi da un attività adulta perché infantili, ma si viene invece premiati.
Una volta ribaltato questo semplice elemento i meccanismi del potere emergono da soli. L’adulto onnipontente che incarna la giuria/presentatore ecc…

Un altro elemento evidente, conseguente a quanto detto sopra, consiste nello scopo più “politico” dei reality, cioè il rinforzo di schemi comportamentali incompatibili con la socialità. In fondo uno dei migliori modi per evitare l’ipotesi di un qualche tipo di rivendicazione sociale è distruggere il concetto stesso di socialità. Il più famoso reality -il Grande Fratello-, glorioso prodotto Endemol, mostra senza troppi filtri questo meccanismo. La convivenza è impossibile perché: 1) Si è sempre in casa d’altri. 2) La competizione avviene tra simili per -restare dentro-. 3) Partecipare a questo è un privilegio.

Per il primo punto è chiaro che la casa è la società. Non ci appartiene. Siamo ospiti dei veri padroni, che neanche troppo metaforicamente sono i padroni del media televisivo che ospita lo show. Il secondo trasforma la competizione in orizzontale anziché verticale. Si lotta contro il nostro simile (a colpi di idiozia, perché siamo nello show) per conquistare l’audience ed esistere. Chi sta sopra non è messo in discussione come figura genitoriale assoluta – dopotutto i figli stanno dentro la casa dei genitori. Ciò che unisce il modello umano del reality show è -la solitudine-.

La diffusione di massa del reality non coincide con l’entrata della realtà nello show, ma nella sostituzione della prima con il secondo. Da quando questa forma di arma narrativa interamente al servizio del potere è diventata popolare -e con essa il sistema dei provini- l’incapacità di distinguere livelli, di usare una qualche logica coerente o l’utilizzo stesso della capacità di astrazione nelle nuove generazioni hanno assunto livelli di ritardo mentale di massa, ad un punto tale da poter parlare di disastro sociale diffuso. Il sistema educativo si è uniformato a questo cambiamento epocale abbassando il livello dell’offerta formativa e allargando le maglie della selezione.

Inoltre il reality è una forma di meta controllo. Si somma e si sovrappone a tutte le droghe diffuse sul mercato e ad i modelli di consumo delle stesse. Così come si sovrappone e plasma tutti gli altri prodotti mediali.

Questo non ci dice nulla sulla possibile decadenza di questo mezzo di induzione nevrotica massiva. Come tutte le cose create dagli uomini, soprattutto in questa epoca, esso sarà soggetto a decadenza e usura, inoltre potrebbe essere sovradeterminato, attaccato e forse anche usato contro il nemico. Finora è stato ampiamente sottovalutato perché considerato nella stessa categoria dell’intrattenimento televisivo perché si è osservata soltanto una delle sue caratteristiche. E’ stata sostanzialmente trascurata la natura di addestramento civile-militare dei format.

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