Articoli -petizioni
- AAA – Buy buy Europe
- AAA – Curiose coincidenze: forconi, logistica e mafia
- AAA – Kamasutra dei luoghi comuni
- In alto mare: la rimozione dell'economia dal dibattito politico e programmatico
- Le bombe dei clan esplose in silenzio
- Le ragioni contro l'intervento in Siria
- Morire di intolleranza a 18 anni
- Petizione: Numeri identificativi per la polizia antisommossa
- Reddito e youth guarantee, una contrapposizione sbagliata
- Sapete niente di Assange e dell'Ecuador
- Tutte le colpe dell’eurofinanza
Links
- Alaska -radio blog
- Archivio Chomsky
- Attac – Italia
- Autistici/Inventati
- Controradio
- Creative Commons Italia
- Genuino Clandestino
- Global Project
- Il corsaro
- Il manifesto
- Immateriali resistenti
- Internazionale
- Malapecora
- Micromega
- NO F35
- Rai Radio 3
- Restiamo Animali
- Sbilanciamoci
- Spinoza.it
- Vegetarianesimo
- Wu Ming – GIAP
- Z Net Italy
Personali
-
Recent Posts
Recent Comments
- sutradeloto on Guida minimale per l’utilizzo del porno ad uso delle nuove generazioni 1.0
- Andrea on Guida minimale per l’utilizzo del porno ad uso delle nuove generazioni 1.0
- Sabrina Carretti on Il lampo
- sutradeloto on Urge Norimberga
- Elisabetta e Cesare on Urge Norimberga
Archives
- March 2018
- February 2018
- October 2017
- February 2017
- September 2016
- August 2016
- July 2016
- May 2016
- February 2016
- July 2015
- February 2015
- January 2015
- December 2014
- November 2014
- October 2014
- August 2014
- July 2014
- May 2014
- April 2014
- March 2014
- February 2014
- January 2014
- December 2013
- November 2013
- October 2013
- September 2013
- August 2013
- July 2013
- June 2013
- May 2013
- April 2013
- March 2013
- February 2013
- January 2013
- December 2012
- November 2012
- October 2012
- September 2012
- August 2012
- June 2012
- May 2012
- April 2012
- March 2012
- October 2011
- July 2010
- June 2010
- April 2010
- March 2010
- February 2010
- January 2010
- December 2009
- October 2009
- June 2009
- April 2009
- March 2009
- February 2009
- December 2008
- November 2008
- October 2008
- September 2008
- August 2008
- July 2008
- July 2007
Categories
Meta
Il muro dell’ignoranza e il sionismo
C’è un atteggiamento diffuso che sta scassando leggermente le palle ed è quello di assumere una qualche forma di equidistanza su questioni drammatiche, e mi riferisco nello specifico alla questione Israele-Palestina.
Stavo pensando non tanto e non solo a giornalisti, politici o intellettuali compiacenti, piuttosto a tutti coloro che per il fatto di non trovare il tempo di documentarsi un minimo non trovano il tempo di sgrumarsi di dosso un po’ di (normale) ignoranza; magari perché troppo impegnati in attività importantissime, come guardare trasmissione in TV o postare la foto del proprio gatto per la decimilionesima volta, o anche cercare di convincere il prossimo e quindi se stessi di quanto sia appagante e godereccia e entusiasmante la propria vita.
Inoltre l’idea che una posizione equidistante sia considerata una cifra di maturità pervade una massa di persone (immature).
Ciò non significa che non si debba essere critici anche con la critica delle cose o che si debba prendere per buona la pappa scodellata da altre mense. O prendere parte per forza. Ci mancherebbe.
Nemmeno significa che non si debbano vedere gli errori di ogni parte coinvolta in un conflitto. Altrimenti si diventa inutili tifosi in attesa del derby.
Dico soltanto che non si è più intelligenti dicendo che hanno tutti un po’ torto e un po’ ragione. E comunque prima di parlare di torti e ragioni è richiesta una minima documentazione.
Ad esempio sulla questione dell’attuale strage dell’esercito israeliano nella striscia di Gaza ritengo sia utile almeno vedere questi due filmati. Per farsi un’idea di cosa si sta parlando. Richiedono poco tempo e lasciano molto. Poi chi vuole approfondire potrà farlo a proprio piacimento.
La visione è utile sia chi non si è mai interessato a capire cosa è successo prima della strage annuale mostrata in TV, ma fornisce anche un utile strumento per chi deve affrontare la superficialità dilagante intorno a sé.
Molto ben spiegato vale il tempo della visione. Mi dispiace solo che Barnard abbia saltato il periodo di accordi fra le organizzazioni sioniste ed i nazisti tedeschi.
Questo invece è un documentario indipendente realizzato da un ebreo israeliano e trovo che sia interessante parecchio:
La politica delle linee rosse: l’annessione di Putin della Crimea intimorisce i leader degli Stati Uniti perché sfida il predominio globale americano.
La politica delle linee rosse: l’annessione di Putin della Crimea intimorisce i leader degli Stati Uniti perché sfida il predominio globale americano.
Noam Chomsky
In These Times, May 1, 2014
L’attuale crisi Ucraina è grave e pericolosa, al punto da essere paragonata da molti commentatori alla crisi dei missili di Cuba nel 1962.
L’editorialista Thanassis Cambanis riassume brevemente la questione centrale su The Boston Globe: “L’annessione da parte di Putin della Crimea è una rottura nell’ordine su cui l’America ed i suoi alleati hanno potuto fare affidamento dalla fine della Guerra Fredda – cioè, di un ordine, in cui le grandi potenze potevano intervenire militarmente solo in virtù di un consenso internazionale dalla loro parte, o, in mancanza di questo, rinunciando ad attraversare le linee rosse di una potenza rivale.”
Il crimine internazionale più estremo di questa epoca, l’invasione di Stati Uniti/Regno Unito in Iraq, non è stato quindi una rottura nell’ordine mondiale – poiché, dopo il fallimento nell’ottenere il sostegno internazionale, gli aggressori non attraversarono comunque le linee rosse di Russia o Cina.
Al contrario, l’annessione di Putin della Crimea e le sue ambizioni in Ucraina attraversano le linee rosse americane.
Per questo “Obama mira a isolare la Russia di Putin, tagliando i legami economici e politici con il mondo esterno, limitando le sue ambizioni espansionistiche nelle proprie vicinanze il che rende di fatto la Russia uno stato paria”, dice Peter Baker su The New York Times.
Le linee rosse americane, insomma, sono saldamente collocate ai confini della Russia. Pertanto le ambizioni russe “sul proprio vicinato” violano l’ordine mondiale e determinano una crisi.
La questione si generalizza in questi termini: ad altri paesi è talvolta permesso avere delle linee rosse alle proprie frontiere (dove anche le line rosse U.S.A. sono localizzate). Ma non è il caso dell’Iraq, per esempio, o dell’Iran, che gli Stati Uniti minacciano continuamente di attacco (“nessuna opzione è esclusa a priori”).
Tali minacce violano non solo la Carta delle Nazioni Unite, così come la risoluzione dell’Assemblea generale che gli Stati Uniti hanno appena firmato condanna la Russia . La risoluzione inizia enfatizzando il divieto contenuto nella Carta delle Nazioni Unite sul tema “la minaccia o l’uso della forza” negli affari internazionali.
La crisi dei missili cubani rivelò di colpo il grande potere delle linee rosse. Il mondo arrivò pericolosamente vicino ad una guerra nucleare, quando il presidente Kennedy respinse l’offerta del Premier Khrushchev di porre fine alla crisi con il simultaneo ritiro pubblico di missili sovietici da Cuba e missili americani dalla Turchia. (Era già stata programmata la sostituzione dei missili americani con i sottomarini Polaris, molto più letali, e parte del grande sistema che avrebbe minacciato la distruzione della Russia.)
In questo caso, le linee rosse degli Stati Uniti erano situate alle frontiere della Russia, e ciò è stato accettato da tutte le parti.
Nell’invasione dell’Indocina da parte degli Stati Uniti, come nell’invasione dell’Iraq, non vennero attraversate linee rosse, né lo sono state nel corso delle molte depredazioni statunitensi nel mondo. Ripeto il punto cruciale: agli avversari è permesso talvolta avere delle linee rosse, purché alle loro frontiere, dove si trovano anche linee rosse americane. Se un avversario ha “ambizioni espansionistiche nelle proprie vicinanze”, che comportano l’attraversamento delle linee rosse degli Stati Uniti, il mondo va incontro ad una crisi.
Nel numero corrente della rivista Harvard-MIT Security International, il professore dell’Università di Oxford Yuen Foong Khong spiega che c’è una “lunga tradizione (e bipartisan) nel pensiero strategico americano: le amministrazioni che si sono succedute hanno rimarcato che è interesse vitale per Stati Uniti impedire che un egemone ostile possa dominare qualsiasi delle principali regioni del mondo.”
Inoltre, è generalmente accettato che gli Stati Uniti debbano “mantenere il loro predominio,” perché “è l’egemonia degli Stati Uniti che ha mantenuto la pace e la stabilità regionale” – quest’ultimo un termine tecnico usato per riferirsi alla subordinazione alle necessità degli USA.
Come spesso accade, il mondo la pensa diversamente e considera gli Stati Uniti come uno “stato paria” e “la più grande minaccia alla pace nel mondo”, con nessun concorrente neanche vicino in classifica. Ma cosa ne sa il mondo?
L’articolo di Khong riguarda la crisi asiatica, causata dalla crescita della Cina, che si sta muovendo verso il “primato economico in Asia” e anche, come la Russia, possa avere “ambizioni espansionistiche nei propri paraggi”, attraversando quindi linee rosse americane.
Un recente viaggio in Asia del presidente Obama è servito ad affermare la “lunga tradizione ( bipartisan),” del linguaggio diplomatico.
La condanna pressoché universale dell’occidente nei confronti di Putin comprende, citando “il discorso emotivo”, in cui Putin stesso si lamentava amaramente che gli USA ed i loro alleati avessero “tradito più e più volte, preso decisioni alle nostre spalle, presentato i fatti compiuti con l’espansione della NATO ad Oriente, con il dispiegamento di infrastrutture militari alle nostre frontiere. Hanno sempre detto la stessa cosa: ‘Beh, non si tratta di voi.’
Le denunce di Putin sono concrete e precise. Quando il presidente Gorbaciov accettò l’unificazione della Germania, come parte della NATO – una concessione sorprendente alla luce della storia -ci fu un quid pro quo. Washington convenne che la NATO non avrebbe mosso “un pollice verso est”, riferendosi alla Germania dell’Est.
La promessa fu immediatamente disattesa, e quando Gorbaciov si lamentò, fu informato che era soltanto una promessa verbale, così senza valore.
Il presidente Clinton ha proceduto ad espandere la NATO molto più ad est, fino ai confini della Russia. Oggi ci sono le condizioni per estendere la NATO, anche in Ucraina, in profondità nella storica “periferia” russa. Ma ciò “non coinvolge” i russi, perché la responsabilità di “sostenere la pace e la stabilità” richiede che le linee rosse americane siano situate ai confini della Russia.
L’annessione da parte della Russia di Crimea è stato un atto illegale, in violazione del diritto internazionale e dei trattati specifici. Non è facile trovare qualcosa di paragonabile negli ultimi anni – l’invasione dell’Iraq è di gran lunga un maggiore reato.
Ma un esempio paragonabile viene in mente: il controllo statunitense di Guantanamo Bay nel sud-est di Cuba. Guantanamo venne strappato a Cuba con la forza nel 1903 e non fu ceduta nonostante le richieste di Cuba una volta ottenuta l’indipendenza, nel 1959.
Per essere sicuri, la Russia è un caso molto più evidente. Anche a prescindere da un forte sostegno interno per l’annessione, la Crimea è storicamente russa; è il solo porto in acque calde della Russia, la base della flotta russa; ed ha un enorme significato strategico. Gli Stati Uniti non hanno alcun diritto su Guantanamo, al di fuori del monopolio della forza.
Un motivo per cui gli USA si rifiutano di cedere Guantanamo a Cuba è, presumibilmente, che questo è un importante porto ed il controllo americano della regione ostacola gravemente lo sviluppo cubano. Questo è stato uno dei principali obiettivi della politica degli Stati Uniti per 50 anni, oltre il terrore su larga scala e la guerra economica.
Gli Stati Uniti sostengono di essere scioccati dalle violazioni cubane dei diritti umani, trascurando il fatto che i peggiori esempi di tali violazioni si trovano a Guantanamo; che le accuse vigenti contro Cuba non vengonoconfrontate con le pratiche regolari tra i clienti latinoamericani di Washington, e che Cuba è stato sotto forte, incessante, attacco da parte degli Stati Uniti fin dalla sua indipendenza.
Ma niente di tutto ciò attraversa le linee rosse di qualcuno o provoca una crisi. Piuttosto ricade nella categoria delle invasioni di Indocina e Iraq, nel rovesciamento regolare dei regimi parlamentari e l’installazione di feroci dittature, come nel nostro orribile primato di altri esercizi finalizzati al “mantenimento della pace e della stabilità degli Stati Uniti”.
(Traduzione Gianni Casalini)
Articolo originale: The Politics of Red Lines: Putin’s takeover of Crimea scares U.S. leaders because it challenges America’s global dominance
Posted in Generale, Info
Tagged annessione, Chomsky, Crimea, Cuba, guantanamo, italiano, line, linea, linee rosse, missili, nazioni unite, ONU, politica, politics, putin, red, rossa, russia, Stati Uniti, takeover, traduzione, U.S.A., ucraina, Ukraina, USA, Yuen Foong Khong
1 Comment
Davide, Golia, Gaza ed i cavalli di Beirut
La ragione
La ragione sta solo dove la possiamo vedere. Mi sono svegliato con questa frase in testa.
La ragione è, entro certi limiti, una questione di ruolo. Prendiamo gli Stati Uniti: hanno ragione finché non si riesce a dimostrarne il contrario. Ma di fatto i mezzi per dimostrare il contrario sono disponibili, quello che manca è la capacità di interessare la maggioranza a questo argomento. Gli Stati Uniti hanno ragione di default e qui non vale il complesso detto toscano: -la ragione è dei bischeri-.
Nel conflitto Israele-Palestina è in corso prima una guerra di percezione e poi una aggressione militare.
Lo stato di Israele (o il suo stato maggiore, ammesso che esista una vera differenza) può giustificare un’aggressione militare -piano di realtà-, solo se riesce prima a vincere la guerra della percezione -piano di rappresentazione-.
pH
Non sottovalutare questa cosa perché se il tuo piano di rappresentazione è totalmente coerente e ti offre una griglia di lettura e difficilmente riusciranno le molte -incongruenze- a destabilizzarlo. Un piano di rappresentazione può essere descritto come una soluzione tampone in chimica. Pensa ai tuoi liquidi biologici, al tuo sangue per esempio. Il tuo sangue ha un certo pH, anche se ci sono delle variazioni queste vengono per così dire riassorbite e il tuo pH torna in quei valori.
Immagini
Gli attivisti pro-palestina lavorano cercando di modificare la percezione con immagini drammatiche e scioccanti di bambini mutilati (ci sono significative eccezioni) non si rendono sempre conto di quanto queste siano armi spuntate. Gli shock visivi sono come alterazioni momentanee del pH. La preoccupazione per chi produce marketing di guerra è strutturare la griglia di lettura, quella che in chimica sarebbe una soluzione tamponata e lasciare al nemico, che così si indebolisce, l’onere del mostrare gli orrori. Perché chi porta alla tua attenzione solo immagini negative non è benvenuto nella tua mente, anche se affermi il contrario.
A meno che tu non sia un menagramo o una persona psicologicamente disturbata.
Dell’immagine dell’orrore (di guerra) ti liberi condividendola, e gli altri fanno lo stesso. Sì, ogni tanto si ferma nella mente di qualcuno, ma è qualcuno che deve -prendere comunque parte e comunque l’avrebbe presa- e non arriva veramente strutturare nella massa una griglia di lettura diversa, non si afferma come narrazione condivisa. Non cambia il pH.
Bugie
Qui potrete facilmente seguire la decostruzione di alcune bugie.
Ma tieni presente che anche se è su delle bugie che si costruisce un piano di rappresentazione ad uso e consumo delle masse, esso è più della somma delle bugie spese. C’è una strutturazione e va capita. Cosa che di solito i militanti si esonerano dal fare. Vogliono sapere chi ha torto e chi ha ragione e prendono le parti di chi ha ragione. Vogliono militare. La massa ha ben altre esigenze che la militanza e si vince con la massa. Quindi si continua a perdere. Quindi c’è chi può mandare i carri armati e l’artiglieria e l’aviazione a bombardare.
Bambini
Quale di queste immagini che vedo sullo schermo “sono io”? Vedete delle persone che muoiono e dite: quello sono io! E allora prendete la parte. Se ci fate caso quando si parla di questo conflitto tutti si indignano della morte dei bambini. Perché se fossero ammazzati solo adulti? I bambini sono neutri, vengono visti come innocenti. Sono “pre-culturali” quindi sono ancora fuori almeno in parte dallo schema. Donne con il velo islamico e adulti arabi, sono dall’altra parte della barricata. Questo si tratta di capirlo, di ammetterlo se si vuole arrivare da qualche parte; e questo lo dobbiamo capire noi occidentali perché i palestinesi non possono e anche se potessero hanno altro da fare.
Cavalli
Come in questo spezzone di -Valzer con Bachir- dove si racconta del soldato che per sopravvivere alla guerra si era immaginato di vivere su uno scenario di un set. Fino al giorno in cui ha visto i cavalli morti e agonizzanti dell’ippodromo di Beirut. Anche i cavalli sono innocenti. Sono “pre-culturali”, anche più dei bambini. I bambini diventano adulti e da adulti ci chiamano servi di satana e infedeli, i cavalli no! Quell’immagine ha interrotto il meccanismo, non era contemplata. E’ stato sbattuto nella realtà, però -come giustamente fa notare il film- è impazzito. Per questo ci teniamo le nostre griglie di lettura confezionate dal potere. Non per cattiveria, ma per non impazzire.
La nostra vita contiene già molte frustrazioni, uscire dal seminato deve essere fatto in maniera accorta e con una certa cautela. Tutti ragioniamo così. A parte sempre i soliti con il super ego impazzito che volutamente trascuro in questo ragionamento.
11 Settembre
Prima di impattare con cadenza annuale foto e filmati di bambini straziati ti è stata già fornita una modalità di sopportazione; un filtro. Riesci già a sublimarle. Perché quelle cose accadono ad altri. Altri da te, a famiglie numerose di una tradizione patriarcale; a mussulmani. Mentre quello che succede agli israeliani accade a gente come te. Credo che l’investimento in termini di marketing di guerra per installare questa interpretazione abbia richiesto notevoli risorse, ma non sia stato del tutto efficace se non dopo i fatti del 11 Settembre 2001.
Da quella data in poi chi vuole può richiamare in ogni narrazione il -conflitto di civiltà- come si richiama una routine dentro un programma informatico. In pratica il conflitto di civiltà diviene ineludibile. Per noi occidentali come per gli altri. Questo per Israele è un vantaggio senza precedenti. Adesso finalmente può raccontare pienamente se stesso come il piccolo Davide che difende l’Occidente dal grande Golia del terrorismo islamico.
Il vantaggio di questa interpretazione è che è creduta vera dall’occidente come dal mondo islamico. Forse gli unici che veramente ne vedono la falsità sono proprio i sionisti.
Conflitto di civiltà
Mi è capitato di avere un contraddittorio con un ragazzo sionista e lui su questa cosa della guerra di religione o conflitto di civiltà che dir si voglia ci puntava un sacco.
Tutta la propaganda ci investe, anche quella islamista.
Allora, io lo premetto quanto si vuole che Hamas è raccapricciante e che non mi appartiene niente della retorica islamista. Anzi la disprezzo profondamente. Lo So che Vittorio Arrigoni l’hanno ammazzato i salafiti.
Ma fui costretto a fargli notare che Israele bombarda e deporta da 60 anni anche quando questa storia del conflitto di civiltà non era stata messa a punto. Israele bombardava anche quando Hamas non esisteva. Anche quando i palestinesi erano rappresentati da forze nell’internazionale socialista o da partiti di estrema sinistra.
Il pianeta Islam
Il pianeta islam non aiuta. Nei paesi islamici ci sono molte persone molto ben informate e mediamente più serie che da noi. Il problema è che i regimi dei paesi a maggioranza islamica hanno sempre usato per i loro scopi il conflitto e hanno sempre fatto coincidere l’appoggio al popolo palestinese con l’antisemitismo puro e semplice. Inoltre il peso della visione religiosa per le classi popolari per ora non lascia scampo. In molti paesi non è permessa nessuna forma di protesta tranne la manifestazione rituale contro Israele-satana il venerdì dopo la preghiera. Unico sfogo per tutte le frustrazioni diviene l’antisemitismo. Best seller sono i Protocolli dei Savi anziani di Sion e Mein Kampf di Hitler. Inoltre va detto che la stragrande maggioranza dei mussulmani (almeno quelli appartenenti alle classi popolari) sono estremamente filo-palestinesi, ma accettano il conflitto di civiltà come sfondo. Prova poi a chiedere a dei marocchini cosa pensano del popolo Sharawi, oppure all’opinione pubblica turca dell’indipendenza del Kurdistan. Come sempre tutti sono antimperialisti in casa d’altri. Tutti uniti ma contro il perfido ebreo. I sionisti incassano ringraziano e spendono questa carta nei confronti delle democrazie occidentali.
Ma come è strutturato questo piano di rappresentazione? Che c’è dentro questa macchina fotografica magica?
Chi fa marketing di guerra ti offre pochi elementi ma solidi e indiscutibili:
una “ragione” iniziale, cioè il punto zero del time-line di ogni attacco o aggressione militare. In questo caso il rapimento dei tre ragazzi coloni ebrei (su cui ci sono più ombre che luci…) completamente svincolato dagli avvenimenti precedenti e dal contesto.
Il concetto che siamo in una guerra, quindi si accetta la condizione paritetica dei due nemici e la dinamica guerra/tregua.
Il ribaltamento del piano di realtà sui rapporti di forza. Israele diviene Davide e quei disgraziati dei palestinesi il gigante Golia.
La condizione di vincente nonostante la propria presunta subalternità: sono Davide, ma meno di santa ragione!
La denuncia di un isolamento internazionale: ce l’hanno tutti con me perché mi votano contro le risoluzioni (tranne gli USA, che le rendono inattuabili e mi armano, vabbé)!
Una giustificazione metafisica che affonda nel senso di colpa dell’occidente nei confronti del genocidio ebraico. Quindi una sovrapposizione inaccettabile tra ebraismo e militarismo sionista.
Una possibilità di proiezione dell’immagine dello spettatore nella propria società e un’impossibilità di proiezione in quella del nemico basata sul conflitto di civiltà.
Guerra
Chi porta avanti l’immagine di questo conflitto deve far coincidere nella percezione immediata dello spettatore, l’aggressore, se non proprio come vittima, almeno come belligerante.
Non si può parlare a nessun titolo di guerra, ma di conflitto sì.
Quindi il bravo pubblicitario militare deve trasformare l’idea di un conflitto in una guerra. Perché si sa “in guerra ed a letto nessun rispetto”. E poi in guerra i colpi si tirano tutti sotto la cintura e prevale il cinismo, ma soprattutto in guerra tutti sono un po’ vittime e un po’ carnefici e se c’è una guerra si desidera solo -la pace-, cioè il cessate il fuoco. Infatti chi è armato può iniziare il fuoco e cessarlo. Lo inizia sempre mosso da qualche vendetta emotiva -sentimento arcaico, sacro quasi- che va a colpire le zone più antiche del nostro cervello e poi dopo aver aumentato la tensione nelle immagini di tutto il mondo, ritira l’esercito. Lasciandoci respirare. E diviene colui che ci ha dato il respiro, non che ce lo ha tolto.
La sua decisione di non attaccare più diviene un gesto di benevolenza anche se si lascia dietro una scia di sangue, …ma è la scia di sangue della guerra! E’ un sangue “deresponsabilizzato”. E’ il sangue dell’ira, non quello di un genocidio programmato.
Nel caso di un conflitto militarmente sbilanciato l’idea della “pace” astratta e metafisica è un arma dalla parte del più forte. La pace diviene sempre una sua concessione.
Questo è il mito della guerra fra Israele e Palestina. “Tutti” sappiamo benissimo che c’è una guerra quando esistono due eserciti che si fronteggiano. Tutti tranne la maggioranza dei fruitori di informazioni pubblicitarie. Cioè la massa degli spettatori.
Lo spettatore valuta solo sensazioni emotive istantanee ed è stato programmato dai pubblicitari per fare questo. Se ci sono delle vittime di bombardamento vuol dire che c’è una guerra! Così possiamo dire anche che siamo contro la guerra.
Qui chi fa strategia di marketing gioca facile.
Se siamo in guerra il torto è sempre da tutte le parti.
Il torto sta da entrambe le parti? Il torto metafisico forse. Ma le responsabilità storiche no. Il torto (e la ragione) da entrambi le parti sono una conseguenza della colonna portante della narrazione dell’aggressore.
La questione centrale sta nel fatto che la guerra spalma le responsabilità e l’occupazione di territori altrui no.
La guerra poi è una parola grossa e fornisce un alibi. Se non fai niente è perché:
a) niente serve a niente
b) sei contro la guerra non a favore di uno dei belligeranti.
Tu, giustamente, vuoi che la guerra finisca, non che uno vinca e distrugga l’altro. Ma accettando la narrazione ti sei messo in trappola da solo e stai di fatto accettando che il più forte nel conflitto distrugga l’altro.
Se poi ti basta come giustificazione il fatto che Israele non parli pubblicamente di distruzione della Palestina, mentre molte organizzazioni palestinesi lo fanno… ti faccio notare due cose. La prima è che Hitler ha sempre parlato di necessità della guerra ed i suoi discorsi grondavano pace. La seconda è che, purtroppo i migliori strateghi di propaganda sono in Israele o negli USA e con buona probabilità i peggiori sono in Palestina (il che non è del tutto esatto, piuttosto sembrano trarre un vantaggio per la propria fazione piuttosto che per l’esito del conflitto).
La pace
E in guerra si desidera solo la pace. Ma come è fatta questa pace? Prendiamo un esempio. Questa foto che è diventata virale sui social network casca a pennello nel discorso.
Ci sono alcuni elementi che vale la pena osservare in questo sogno visivo di pace.
Il primo è il commento più comune -make love not war-. Quindi si tratta di una guerra. Poi c’è il rimando ad una delle questioni spinose… il muro. Una vergogna tra l’altro condannata dall’ONU ecc. Allora: sicuramente questi due innamorati non si stanno baciando attraverso il muro costruito per dividere israeliani da palestinesi. Infatti queste sono le dimensioni in scala:
Quindi si stanno baciando sul muro dell’orto. Poi, tralasciando l’attribuzione della nazionalità ai generi in culture tradizionaliste… lui, l’ebreo israeliano, fa lo sforzo maggiore, supera il muro e dietro c’ha una bandiera che sinceramente mi pare anche poco realistica rispetto a quella israeliana, lei si alza per baciarlo… Peccato che lei in realtà abbia un copricapo ebraico e non palestinese. Ciò è piuttosto confuso. Ma quello che mi preme dire è che la pace non è fatta di ebrei e mussulmani che si danno i bacini, ma dello stato di Israele che finalmente accetta le risoluzioni delle Nazioni Unite senza rompere tanto i coglioni. I sogni romantici per qualche secolo sono rimandati.
Shoa
Una domanda rivolta a quel popolo che si indigna nei luoghi del ricordo della shoa, campi di sterminio e altri orrori: siete sicuri che sarete in grado di mantenere la promessa ripetuta nelle vostre filastrocche di pace ed amore; cioè che non sarà possibile un nuovo orrore? O meglio, siete sicuri di saper riconoscere un NUOVO orrore? Oppure sapreste riconoscere soltanto un orrore uguale identico a questo? Con le stesse divise e uniformi, con attori se non identici almeno molto simili sulla scena.
Un punto per il sionismo. Sebbene sia storicamente dimostrato il legame (almeno fino al 1939) fra Partito Nazional Socialista Tedesco e organizzazioni sioniste (Vedi lo storico Edwin Black, autore di -The Transfert Agreement-). Israele ha evocato su di sé l’immagine di vittima a priori. Utilizzando lo scudo psicologico dello sterminio europeo per giustificare qualsiasi cosa.
Come percepite un orrore quando si affaccia alla storia? Solo attraverso ciò che già conoscete.
Uno dei peggiori problemi nello sviluppo degli anticorpi è una eccessiva specializzazione degli anticorpi stessi, che non permette di fronteggiare il pericolo man mano che muta.
Ogni banalità tende ad essere specialistica e senza la capacità critica e l’osservazione un pericolo viene percepito solo per associazione mentale, per analogia con immagini che già abbiamo immagazzinato e categorie preconcette. Per esempio non è mai stato così facile essere cripto-fascisti sotto qualsiasi bandiera come dopo il fascismo storico.
E ogni cultura sviluppa il suo fascismo. Noi conosciamo o tendiamo a riconoscere solo quello europeo/occidentale e magari solo se ci viene incontro con il saluto romano o sbraitando roba sulla superiorità della razza.
Fascismi
Nell’islam c’è il fascismo. Nell’induismo. Il sionismo è anch’esso una forma di fascismo. I nazionalismi possono facilmente degenerare in fascismo e in qualche misura contengono al loro interno comunque degli investimenti pre-consci di tipo fascista. Il fascismo è un pessimo stato della mente. Viviamo in un epoca meta-fascista ed i vari tipi di fascismo si alimentano a vicenda attraverso il conflitto. Infatti il sionismo muore se si interrompe la spirale del conflitto. Così se domani scoppiasse davvero “la pace” quello che è sempre più un modello prototipo per l’occidente -la “democrazia” armata- di Israele rimasta orfana del proprio conflitto esterno imploderebbe rivolgendo un odio irrefrenabile al proprio interno. Forse è questo il senso della parola guerra. Una guerra interna a se stessi. Intanto però c’è un genocidio esterno da fermare. E’ una questione di priorità.
Calcio
Israele in linea di massima non conta un cazzo. La pensano diversamente solo i sionisti e gli antisemiti, che sono accomunati dal senso di superiorità del popolo ebraico. Israele è uno stato minuscolo che vive esclusivamente dell’appoggio economico e militare degli USA e serve a mantenere la tensione nella regione. Gli interessi reali riguardano le riserve petrolifere e Israele non ne ha, ma sta lì, con le sue bravate, a modificare gli equilibri ad uso e consumo degli Stati Uniti. Ogni tanto li sorpassa da destra per ricordare agli USA che Israele c’è e vuole attenzione (e soldi e armi). L’industria principale di Israele è il conflitto.
Ringrazio Dario P. che mi ha fornito una lettura molto semplice, ma efficace: il conflitto Israele Palestina è come vedere una partita di calcio tra la nazionale tedesca e la SPAL (con tutto il dovuto rispetto per la SPAL).
Per quanto riguarda il distratto spettatore occidentale la domanda essenziale è: per chi devo fare il tifo? In un campionato con due sole squadre poi.
La mia squadra deve soddisfare alcuni requisiti: deve essere accettabilmente forte. Non deve quindi appartenere alla categoria delle squadre sfigate.
Deve essere moralmente giustificata; se sei forte perché sei una carogna perdi una parte delle simpatie,o almeno attiri delle antipatie.
In ogni caso deve essere vincente… non puoi nemmeno farmi vedere continuamente la mia sconfitta mediata tramite la tua sconfitta.
Inoltre si è per una squadra perdente se si nasce nel luogo di quella squadra. Si tifa per la Palestina se si è palestinesi, se si è mussulmani (basta che i palestinesi non vengano in casa nostra), o se si è militanti di sinistra che è come essere palestinesi…
Poi…
Quello che si tratta di fare è uscire dall’appoggio puro e semplice e identitario al popolo palestinese. Per inciso molti di quelli che stanno sfruttando quello che sta succedendo in questi giorni per vomitare il loro livore antisemita preferirei facessero outing e si dichiarassero tutti fascisti. Farebbero meno danni. Io non voglio diventare palestinese, voglio fare qualcosa per fermare Israele, per costringerla ad accettare le risoluzioni della comunità internazionale. Dentro l’appoggio al popolo palestinese c’è di tutto, forse manca un appoggio che sia contemporaneo, condivisibile di nuovo alle masse. Non fatto di kefia o bandiere nazionali.
Se non si toccano di nuovo le corde di un’opinione pubblica diffidente e impaurita la battaglia della rappresentazione è persa, Hamas aumenta i consensi e Israele uccide senza problemi.
Restiamo umani. Fino all’ultimo.
Israele non vuole la pace di Gideon Levy ::: Editoriale di Haaretz del 4 luglio 2014, traduzione di Amedeo Rossi
Posted in General
Tagged 11 settembre, 4 luglio 2014, attacco, bambini, bugia, bugie, calcio, cavalli, civiltà, conflitto, Davide, editoriale, fascismo, gaza, genocidio, Gideon Levy, Golia, guerra, Haaretz, immagini, islam, islamismo, israele, italiano, narrazione, pace, palestina, pH, rappresentazione, realtà, restiamo umani, scontro, shoa, shock, sionismo, Stati Uniti
Comments Off on Davide, Golia, Gaza ed i cavalli di Beirut
Lo Stato Asociale
Siamo l’unico paese dell’UE o come cazzo si chiama che non prevede nessun aiuto alla formazione per disoccupati. Richiami, sanzioni ecc. Ma chi se ne fotte. Da noi i disoccupati devono pagare caro, devono pagare tutto. Ogni tanto ci pensa la regione. Ogni tanto. Se sei fortunato capiti nel momento giusto e ti rimborsano. Sennò cazzi tuoi. E anche lì vai a a vedere i criteri… Quest’anno hanno diritto a… i disoccupati con meno di 25 anni e un cugino invalido purché tossicodipendenti certificati e collezionisti di modellini di trattori d’epoca. Quest’anno tutti. Il prossimo anno nessuno. Tre anni fa solo le donne purché zoppe con la gamba sinistra. E così via. Fatto sta che mi chiama la centralinista (costernata) dell’agenzia formativa per comunicarmi che la quota di iscrizione del corso è aumentata di 50 euro. Ecco l’Italia. Che non è peggiore degli italiani, che sono un branco di furbetti fascisti mafiosi democristiani di merda (ricordiamocelo). A proposito di questo argomento viene da pensare che gli ottanta euro agli occupati Renxee li fa intanto pagare ai disoccupati. Non fa una piega. Anche io avrei un programma per il superamento della vecchia politica. Ma non lo posso rendere pubblico. Mi dispiace.
Posted in Info, Script
Tagged agenzie formative, corsi di formazione, democristiani, disoccupati, europa, formazione, occupati, Renzi, ue
Comments Off on Lo Stato Asociale
Poltiglia Democristiana & Co.
Poltiglia Democristiana & Co.
Adesso che il monopolio dell’informazione porta acqua al vostro mulino non si parla più di dittatori orwelliani. Adesso è tutta una scampagnata. Adesso che le politiche di destra le fate voi non sono di destra. Adesso si può pisciare sulla costituzione senza cantare “Bella ciao”. Adesso si può salvare Berlusconi “guardando a sinistra”. Poltiglia Democristiana. Tutto il gusto di una morbida ambiguità democristiana ricoperto da un croccante strato di idiozie giovaniliste.
E voi… voi “comunisti” seghe su tutti i generali sovietici e parasovietici? Voi che siete a surfare per scrivanie di sinistra di associazioni & sindacati & progetti; voi che nemmeno vostra madre ce la fa a darvi il voto…. Voi con tutta la vostra scivolosa operazione nostalgia che altro non è se non un modo di sottrarsi alla storia; che è quello che ad un comunista degno di questo nome mai si potrà perdonare… voi che avete ridotto secoli di lotte ad una specie di presidio slow food. Non so se meritate la mia compassione. Voi mi fate venir voglia, a me che a 14 anni entrai in un’organizzazione comunista, di affermare con risoluta certezza che, ad oggi, a parte isolate e rarissime eccezioni, sono rimasti a definirsi comunisti solo coloro che mai lo sono stati.
Degli anarchici che dire… Sono pochi, hanno un’idea così bella che ci emozionano sempre (infatti tutti quelli che vogliono emozionare il prossimo prima o poi si definiscono anarchici). Peccato che quando dicono cose da anarchici si riferiscono ad un mondo che non c’è più. Invece per le cose che dicono di questo mondo non c’è bisogno di essere anarchici. Tutti vorremmo essere anarchici. Ma come si fa? C’è da passare da una giungla di scomuniche fitta fitta. Si cade sempre sotto fuoco amico da quelle parti. Non ce lo possiamo permettere di essere anarchici. Peccato che questa ossessione dello stato vi abbia un po’ accecato. Adesso non siete in buona compagnia dovreste saperlo.
I grillini? Pensavate davvero che il rancorismo fosse una cassa di espansione infinita? Beh almeno voi siete senza il peso delle radici. (C’avete fatto caso che in questo paese si rimane sempre soffocati dalle radici?). Incazzati di tutto il mondo unitevi – potrebbe non essere il motto del domani. Anche perché gli incazzati sono sempre divisi tranne quando c’è da fare una guerra a qualcun’altro. Dei meriti ve li devo riconoscere. In un paese marcio come questo è difficile non riconoscerli a chi ha fatto della lotta al marciume la propria bandiera. Però questa eco di polemica da bar vi aleggia intorno. Entra un po’ dappertutto. E’ pericolosa. Ci si nasconde gente che pensa solo a difendersi dai negri… E questo, a noi negri, ci fa rizzare il pelo.
Leghista sei sempre lì? Non ti va neanche troppo male. Perché te vivi del malessere generale. Hai un elettorato davvero affezionato. Ti vuole bene anche se gli porti la ‘ndrangheta in casa. Il premio fedeltà è tuo di diritto.
L’ala destra invece sta là in attesa, con la mestezza calcolata dei clan mafiosi perdenti.
Massa acritica
Elezioni europee 2014
Ci voleva la tenacia degli ex “comunisti” per creare una nuova democrazia cristiana. Il PD al 40%, se pure in elezioni barzelletta come questa, è un risultato drammatico per un paese patetico. In linea coi precedenti anni di berlusconismo, di cui, per inciso, il suddetto partito STA RICICLANDO DIRIGENTI, SIA SUL PIANO LOCALE CHE SU QUELLO NAZIONALE. Ultima nota a margine: non capisco chi non ha votato e ce lo deve dire ogni 30 minuti. Il tuo non voto conta un cazzo come il voto e forse meno. Un bacio a tutt* comunque non la pensiate.
Posted in General
Tagged 2014, elezioni europee, massa acritica, non voto, PD, voto
Comments Off on Massa acritica
Dieci sinonimi che dobbiamo trovare
Di Luisa Caldon
Dieci sinonimi che dobbiamo trovare a:
1) realtà del territorio.
2) esperienza che parte dal basso.
3) realtà associative.
4) laboratorio di idee
5) di idee e di persone
6) percorso partecipato
7) esponenti della società civile
8) contenitore
9) colorata e pacifica
10)una nuova primavera.
per lasciarci alle spalle i primi dieci anni di sconfitte del nuovo millennio.
Posted in General
Tagged colorata, contenitore, dal basso, esperienza, idee, laboratorio, luisa caldon, nuova, nuovo millennio, pacifica, percorso partecipato, persone, primavera, realtà associative, realtà territorio, sconfitte, sinonimi, società civile
Comments Off on Dieci sinonimi che dobbiamo trovare