Italiano/English (The caliphate stars and stripes)
[Italiano]
Nel frattempo nel nord dell’Iraq viene istituito un califfato da milizie seriamente armate e addestrate da USA, Arabia Saudita e Qataar, con l’appoggio tecnico di Israele. Le stesse truppe che avrebbero dovuto portare la “democrazia” in Siria. Centomila cristiani in fuga perché sotto la zona dove vivevano c’è il petrolio e quindi… Il califfo, che legifera mutilazioni genitali femminili e cosette del genere è un tizio che era rinchiuso a Guantanamo e che viene rispedito lì con un sacco di crediti e armi e appoggi. Poi forse si è lasciato prendere la mano e Obama che è il primo supporter di questa operazione (in quanto Presidente USA) decide che vanno calmierati e gli lancia un po’ di bombardamenti. Ora, di sicuro un po’ di passaggi mi sfuggono. Quello che non mi sfugge è che gli USA con il supporto di Israele sono coloro che hanno creato e continuano a creare il fenomeno politico dell’Islamismo su scala mondiale. Lo capisco bene perché sono laico e ateo. Purtroppo i popoli islamici non lo sono e con la loro tendenza ad apprezzare chi prega “più forte”, verranno sempre irretiti con estrema facilità nel gioco cinico del loro nemico reale. La religione è l’oppio dei popoli e chi gestisce i popoli ha gioco facile nel creare strategie di manipolazione di massa.
[English]
Meanwhile in northern Iraq militias armed and trained by the United States, Saudi Arabia and Qataar, with the technical support of Israel will set up a caliphate… The same troops that were supposed to bring “democracy” in Syria. One hundred thousand Christians fleeing because they lived in the area where there is oil, and then … The caliph, who legislates female genital mutilation and little things like that, is a guy who was locked up in Guantanamo and that has returned there with a lot of credits and weapons and support. Then maybe he got carried away and Obama, the first supporter of this operation (as President of USA), decides to calm them down and throws some bombs to him. Now, for sure I don’t understand a few steps. Instead what I can understand (for sure) is that the United States with the support of Israel are those who have created and continue to create the phenomenon of political radical Islam worldwide. I understand this well because I’m secular and atheist. Unfortunately, the Islamic peoples are not, and with their tendency to appreciate those who pray “stronger”, they will always be enmeshed with ease in the cynical game of their real enemy. Religion is the opium of the people and who manages the game easily to creates strategies of mass manipulation with it.
Ritengo che questo articolo non abbia avuto la notorietà e la diffusione che merità. (Il grassetto è mio).
tratto da Il Manifesto del 15 luglio
Di Manlio Dinucci
Per capire qual è uno degli obiettivi dell’attacco israeliano a Gaza bisogna andare in profondità, esattamente a 600 metri sotto il livello del mare, 30 km al largo delle sue coste. Qui, nelle acque territoriali palestinesi, c’è un grosso giacimento di gas naturale, Gaza Marine, stimato in 30 miliardi di metri cubi del valore di miliardi di dollari. Altri giacimenti di gas e petrolio, secondo una carta redatta dalla U.S. Geological Survey (agenzia del governo degli Stati uniti), si trovano sulla terraferma a Gaza e in Cisgiordania.
Nel 1999, con un accordo firmato da Yasser Arafat, l’Autorità palestinese affida lo sfruttamento di Gaza Marine a un consorzio formato da British Gas Group e Consolidated Contractors (compagnia privata palestinese), rispettivamente col 60% e il 30% delle quote, nel quale il Fondo d’investimento dell’Autorità ha una quota del 10%. Vengono perforati due pozzi, Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. Essi però non entrano mai in funzione, poiché sono bloccati da Israele, che pretende di avere tutto il gas a prezzi stracciati.
Tramite l’ex premier Tony Blair, inviato del «Quartetto per il Medio Oriente», viene preparato un accordo con Israele che toglie ai palestinesi i tre quarti dei futuri introiti del gas, versando la parte loro spettante in un conto internazionale controllato da Washington e Londra. Ma, subito dopo aver vinto le elezioni nel 2006, Hamas rifiuta l’accordo, definendolo un furto, e chiede una sua rinegoziazione. Nel 2007, l’attuale ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon avverte che «il gas non può essere estratto senza una operazione militare che sradichi il controllo di Hamas a Gaza». Nel 2008, Israele lancia l’operazione «Piombo Fuso» contro Gaza.
Nel settembre 2012 l’Autorità palestinese annuncia che, nonostante l’opposizione di Hamas, ha ripreso i negoziati sul gas con Israele. Due mesi dopo, l’ammissione della Palestina all’Onu quale «Stato osservatore non membro» rafforza la posizione dell’Autorità palestinese nei negoziati. Gaza Marine resta però bloccato, impedendo ai palestinesi di sfruttare la ricchezza naturale di cui dispongono. A questo punto l’Autorità palestinese imbocca un’altra strada.
Il 23 gennaio 2014, nell’incontro del presidente palestinese Abbas col presidente russo Putin, viene discussa la possibilità di affidare alla russa Gazprom lo sfruttamento del giacimento di gas nelle acque di Gaza. Lo annuncia l’agenzia Itar-Tass, sottolineando che Russia e Palestina intendono rafforzare la cooperazione nel settore energetico. In tale quadro, oltre allo sfruttamento del giacimento di Gaza, si prevede quello di un giacimento petrolifero nei pressi della città palestinese di Ramallah in Cisgiordania. Nella stessa zona, la società russa Technopromexport è pronta a partecipare alla costruzione di un impianto termoelettrico della potenza di 200 MW.
La formazione del nuovo governo palestinese di unità nazionale, il 2 giugno 2014, rafforza la possibilità che l’accordo tra Palestina e Russia vada in porto. Dieci giorni dopo, il 12 giugno, avviene il rapimento dei tre giovani israeliani, che vengono trovati uccisi il 30 giugno: il puntuale casus belli che innesca l’operazione «Barriera protettiva» contro Gaza.
Operazione che rientra nella strategia di Tel Aviv, mirante a impadronirsi anche delle riserve energetiche dell’intero Bacino di levante, comprese quelle palestinesi, libanesi e siriane, e in quella di Washington che, sostenendo Israele, mira al controllo dell’intero Medio Oriente, impedendo che la Russia riacquisti influenza nella regione. Una miscela esplosiva, le cui vittime sono ancora una volta i palestinesi.
Chi è cresciuto nella provincia della toscana centrale profonda fra gli anni ’70 e ’80 dovrebbe avere sviluppato una certa resistenza alle balle. Qui la balla è sempre stata tradizionalmente un genere popolare molto praticato. In genere serviva per combattere il tedio e la noia dei maschi iperormonalizzati e quella delle giornate passate a ciondolare tra bar e case del popolo; ma poteva avere anche una funzione selettiva o anche didattica… ti racconto una balla e osservo se (e quanto) ci caschi e in base a quello so quanto accordarti della mia fiducia.
Oltre le consuete leggende metropolitane che giravano per tutta Italia ce ne erano alcune che proponevano dei layout davvero tipici. Uno di questi me lo ha riportato alla mente Massimo Impavido Pistolesi su fb. Il pullman di sole donne svedesi (compresa l’autista), bionde occhi azzurri, disinibite e emancipate, che si era perso nelle campagne toscane che fermatosi a chiedere informazioni al narratore lo avevano invitato a salire a bordo per guidarle, e poi… di solito seguono molte varianti erotiche del racconto. Potete immaginare.
Lo devo dire perché da quando è iniziata la mattanza di Gaza questa immagine dell’autobus pieno di fiche svedesi mi torna in mente di continuo. Non perché sono un pervertito (o almeno non solo via), piuttosto perché ci sono elementi nella narrazione ufficiale che hanno davvero una struttura paragonabile all’autobus delle svedesi.
Non parlo di falsità. Di quelle ce ne sono tantissime, ma richiedono un ragionamento per essere smascherate. Parlo di balle.
La differenza è questa: se credi ad una falsità sei uno che non ha elementi sufficienti a stabilire la realtà di un fatto o almeno la probabilità che un fatto narrato ha di essere vero. Se credi ad una balla sei un po’ coglione.
Certo può capitare che non credi ad una balla, ma non riesci a dimostrare che è una balla perché tutti la ripetono come fosse vera.
Per farla breve ne prendo due a mo’ di esempio. Una storica e una attuale.
Quella storica riguarda la Guerra dei sei giorni. La guerra che vide da una parte Israele e dall’altra una coalizione di stati arabi e durò dal 5 al 10 giugno del 1967. La piccola Israele che vinse da sola contro tutti (Davide contro Golia ecc…). Beh, se vi è capitato di parlare con un sionista questa e una bandiera sventolata a tutto spiano. In realtà è una balla. Oggi ce lo spiegano gli storici (guarda questo video)… in realtà l’unico esercito che era in grado di impensierire Israele, cioè quello giordano aveva preso accordi con Israele e non mosse mai dalle sue posizioni.
Gli altri erano eserciti di volontari senza nessuna preparazione o attrezzature.
Eppure questa cosa viene raccontata come epica.
Ora voi mi direte: vabbé può essere un falso storico ma cosa c’entra la balla?
Semplice. Quando mai è stato possibile che una guerra durasse 6 (sei) giorni senza una sproporzione reale sul campo di battaglia? Quando mai è stato possibile che il più debole si sbarazzasse del più forte, non dopo una lunga serie di battaglie, ma in un lampo?
In una guerra di 6 giorni si deve avere per forza da una parte un esercito vero e proprio e dall’altra un’armata Brancaleone. Altrimenti siamo nelle leggende bibliche, e non ridete perché è proprio li che vanno a parare.
Ma passiamo all’attualità. Sento ripetere queste filastrocche: Israele è l’occidente dell’occidente. Oppure: Israele sta combattendo contro il terrorismo islamico. Cioè in pratica Israele è il tappo che ferma l’invasione dei terroristi islamici verso occidente.
Bene, facciamo mente locale. I mussulmani sono circa… facciamo un miliardo e mezzo, due miliardi, non so e non cambia niente. Gli arabi sono circa un 25% dei mussulmani. Giusto? I palestinesi, compresi quelli della diaspora sono circa 8 milioni (stime), di questi togliamo almeno un 10% che sono cristiani. Boh mettiamo che rimangano 7 milioni di palestinesi islamici. Più o meno. Ammettiamo, per assurdo, di essere talmente idioti da accettare la tesi strisciante dei sionisti per cui ogni palestinese è un potenziale terrorista islamico. Ora immaginiamo che il sionismo riesca a primeggiare nel settore stermini superando anche Hitler e uccida ogni palestinese… Cosa cambierebbe in questo conto assurdo? Se l’assunto islam=terrorismo fosse vero, come ci vogliono far credere, il genocidio del popolo palestinese risulterebbe insignificante nel computo di una ipotetica guerra occidente/islam.
Quindi anche facendo il più atroce e cinico dei conti e mettendoci dalla parte del diavolo e accettando una soluzione nazista… tutta questa storia rimane una cazzata colossale. Una balla. E le ragioni di quello che sta succedendo anche a non saperne nulla vanno cercate altrove (per esempio qui).
Concludo dicendo che noi generazione di maschi cresciuta fra le storie raccontate nelle veglie d’estate continuiamo a credere che un giorno incontreremo il nostro autobus perduto di giovani ragazze svedesi colme di gioia e di riconoscenza e che pure un giorno questo orrore in Palestina finirà, perché gli esseri umani impareranno a scegliere cosa di ciò che è incredibile può stare nel loro cuore e cosa invece deve stare fuori dagli intestini.
Eduardo Galeano “Sono figli dell’impotenza i razzi rudimentali che i militanti di Hamas, assediati a Gaza, lanciano con scarsa precisione sulle terre che un tempo erano dei palestinesi e che l’occupazione israeliana ha usurpato. E la disperazione, al limite della follia suicida, è la madre delle bravate che negano il diritto all’esistenza d’Israele. Urla senza alcuna efficacia. Mentre la efficacissima guerra di sterminio sta negando, da anni, il diritto all’esistenza della Palestina. Ormai rimane poco della Palestina. Giorno dopo giorno, Israele la sta cancellando dalle mappe. I coloni invadono, e dietro di loro i soldati ne modificano i confini. I proiettili consacrano l’espropriazione alla legittima difesa. Non esiste guerra aggressiva che non dichiari di essere una guerra difensiva. Hitler invase la Polonia per evitare che la Polonia invadesse la Germania. Bush ha invaso l’Irak per evitare che l’Irak invadesse il mondo. In ciascuna delle sue guerre difensive, Israele si è mangiato un pezzo della Palestina e i banchetti vanno avanti. Questo divorare è giustificato dai titoli di proprietà che la Bibbia ha ceduto, per i duemila anni di persecuzione che il popolo giudaico ha subito, e per il panico che i palestinesi creano all’assedio.
Israele è il paese che non ha mai rispettato le raccomandazioni, né le risoluzioni delle Nazioni Unite, che non ha mai raccolto le sentenze dei tribunali internazionali, che si prende gioco delle leggi internazionali, è l’unico paese che ha legalizzato la tortura dei prigionieri. Chi gli ha regalato il diritto di negare il diritto? Da dove viene l’impunità con cui Israele sta eseguendo la mattanza a Gaza?” (Eduardo Galeano)
Un saluto a tutti coloro (uomini e donne) che stanno usando le reti sociali, il web o altri mezzi, e soprattutto un po’ del loro tempo e della loro attenzione, per diffondere un minimo di informazione sulla realtà di questi giorni in Gaza e, sarebbe giusto dire, sulla realtà in generale. Anche a costo di rimanere un po’ antipatici a tutti coloro che preferiscono una soffice indifferenza o una comoda equidistanza.Lo dico un po’ a nome di tutti, per pochi istanti mi prendo un plurale collettivo: ci sembra di fare comunque qualcosa veicolando immagini e informazioni che i media ignorano sistematicamente. Qualcosa di piccolo, ma non inutile. Ognuno secondo le proprie possibilità e sensibilità. Talvolta anche documentandosi in silenzio. Certo questo è niente rispetto a quello che stanno soffrendo i palestinesi e con loro molti altri internazionali. Lo so, lo sappiamo.
Non in mio nome! Dicono giustamente gli ebrei contro l’occupazione! Lo dico anche io. L’Italia si astiene? Io non mi astengo. In nome della mia sicurezza non ammazzate nessuno! Io non ci credo che Israele sia il tappo che ferma le orde di terroristi islamici e che ammazzando i palestinesi dentro le loro case vivremo tutti sicuri e contenti. Non sono scimunito fino a questo punto!
La maggioranza, come sempre, sceglie un altro silenzio; il suo silenzio rimbomba, gronda di sangue e puzza di morte.
Voglio dire a tutti, indifferenti e no, che non siamo mostri. Amiamo cani, gatti, bikini, porcate in genere e orti sinergici e apprezziamo le distrazioni come chiunque altro. Solo che oggi in cima alla nostra agenda non ci sono cani, gatti, bikini e orti sinergici, che pure continuiamo ad amare e sono tutte cose meravigliose e per essere meravigliose richiedono una presenza che non fa rima con indifferenza. Oggi, rispetto al passato, ignorare la realtà richiede impegno e fatica; un impegno e una fatica che a molti non sembrano pesare. Se invece ti pesano parecchio non è niente di grave, è che stai restando umano.
Votazioni al consiglio per i diritti umani dell’ONU. Italia astenuta.
Ieri sera ho visto la TV (non ero a casa mia). Il TG7 (che magari non è il peggiore…). C’è mancato poco che non vomitassi. Ho visto come veniva trattata la notizia sul massacro di Gaza. Giust’appunto ieri si parlava della scuola dell’ONU colpita dall’IDF, dove l’ONU, evidentemente, nascondeva missili. Come qualcuno giustamente ha scritto. Ma nel servizio la palese contraddizione con la versione ufficiale del nazi-sionismo (siamo noi le vittime per questo li ammazziamo come mosche) veniva riassorbita buttandola sul vago. Chi l’avrà colpita ‘sta scuola? Si sta accertando. Eh già, chi sarà stato? Hamas, gli ultrà del Frosinone, il Gabibbo… Chi? Nemmeno le forze armate israeliane hanno mai negato di averla colpita, ma per il giornalista c’è un ragionevole dubbio. No ecco, mi limito a dire solo questo. Voi giornalisti accondiscendenti siete colpevoli del massacro. Voi, con la vostra disinformazione che è ormai giusto chiamare solo propaganda, siete corresponsabili. Non me ne frega un cazzo se tenete famiglia. Penso sia un male che gente come voi tenga famiglia. Voi campate col sangue degli altri. Il nazismo portò avanti un programma di sterminio alla zitta. Si seppe a posteriori e non posso certo accusare quei pochi che sapevano o immaginavano ciò che stava succedendo di non averlo impedito. Ma i sionisti stanno portando avanti uno sterminio sotto gli occhi di tutti, alla luce del sole. Grazie a voi stanno distorcendo la realtà delle cose, perché altrimenti oggi non sarebbe possibile uccidere un migliaio di persone per volta, in maniera sistematica e gratuita e farli passare per “errori”. Voi giornalisti delle principali testate italiane (e occidentali) e delle principali emittenti televisive soprattutto siete paragonabili ai funzionari e impiegati del ministero della propaganda nazista. Senza le vostre falsità quotidiane il massacro non sarebbe possibile. Io spero con tutto il cuore che per tutto questo un giorno non lontano ci sia una Norimberga in cui vengano processati gli esecutori materiali di questo massacro e quelli immateriali, cioè voi.
Israele non vuole la pace
da: http://ilmanifesto.info/israele-non-vuole-la-pace/
— Gideon Levy, 12.7.2014 Medio Oriente. L’atteggiamento di rifiuto (rejectionism) è intrinseco alle convinzioni più radicate di Israele. Qui risiede, a livello più profondo, il concetto che questa terra è destinata solo agli ebrei
Iraele non vuole la pace. Non c’è niente di quello che ho scritto finora di cui sarei più contento di essere smentito. Ma le prove si sono accumulate a dismisura. In effetti, si può dire che Israele non ha mai voluto la pace – una pace giusta, cioè basata su un compromesso equo per entrambe le parti.
E’ vero che l’abituale saluto in ebraico è “Shalom” (“Pace”) – quando uno se ne va e quando arriva. E, di primo acchitto, praticamente ogni israeliano direbbe di volere la pace, è ovvio. Ma non farebbe riferimento al tipo di pace che porterebbe anche alla giustizia, senza la quale non c’è pace, e non ci potrà essere. Gli israeliani vogliono la pace, non la giustizia, certamente non basata su principi universali. Quindi, “Pace, pace, quando pace non c‘è.” Non soltanto non c’è pace: negli anni recenti, Israele si è allontanato persino dall’aspirare a fare la pace. Ha perso totalmente lil desiderio di farla. La pace è scomparsa dalla prospettiva di Israele, e il suo posto è stato preso da un’ansietà collettiva che si è sistematicamente impiantata, e da questioni personali, private che ora hanno la prevalenza su tutto il resto.
Verosimilmente il desiderio di pace di Israele è morto circa dieci anni fa, dopo il fallimento del summit di Camp David nel 2000, la diffusione della menzogna secondo cui non ci sono partner palestinesi per fare la pace, e, ovviamente, l’orribile periodo intriso di sangue della Seconda Intifada. Ma la verità è che, persino prima di tutto questo, Israele non ha mai veramente voluto la pace. Israele non ha mai, neppure per un minuto, trattato i palestinesi come esseri umani con pari diritti. Non ha mai visto la loro sofferenza come una comprensibile sofferenza umana e nazionale.
Anche il campo pacifista israeliano — se pure è mai esistito qualcosa del genere — è morto anche lui di una lunga agonia tra le sconvolgenti scene della Seconda Intifada e la menzogna della mancanza di una controparte (palestinese, ndt). Tutto ciò che è rimasto è stato un pugno di organizzazioni tanto determinate e impegnate quanto inefficaci nel contrastare le campagne di delegittimazione costruite contro di loro. Perciò Israele è rimasto con il suo atteggiamento di rifiuto.
Il dato di fatto più evidente del rifiuto della pace da parte di Israele è, ovviamente, il progetto di colonizzazione. Fin dalle sue origini, non c’è mai stato una più attendibile o più evidente prova inconfutabile delle reali intenzioni 8di Israele, ndt) di questa particolare iniziativa. In poche parole: chi costruisce gli insediamenti vuole consolidare l’occupazione, e chi vuole consolidare l’occupazione non vuole la pace.
Questa in sintesi è la questione.
Ammettendo che le decisioni di Israele siano razionali, è impossibile accettare che la costruzione delle colonie e l’aspirazione alla pace siano vicendevolmente. Ogni attività per la costruzione degli insediamenti dei coloni, ogni roulotte e ogni balcone trasmette rifiuto. Se Israele avesse voluto raggiungere la pace attraverso gli Accordi di Oslo, avrebbe almeno bloccato la costruzione di colonie di sua spontanea iniziativa. Il fatto che non sia avvenuto prova che gli accordi di Oslo sono stati un inganno, o nella migliore delle ipotesi la cronaca di un fallimento annunciato. Se Israele avesse voluto ottenere la pace a Taba, a Camp David, a Sharm el-Sheikh, a Washington o a Gerusalemme, la sua prima mossa avrebbe dovuto essere la fine di qualunque tipo di edificazione nei Territori (Occupati, ndt). Senza porre condizioni. Senza contropartita. Che Israele non lo abbia fatto è la prova che non vuole una pace giusta.
Ma le colonie sono state solo la pietra di paragone delle intenzioni di Israele. Il suo atteggiamento di rifiuto è molto più profondamente radicato nel suo DNA, nelle sue vene, nella sua ragione d’essere, nelle sue originarie convinzioni. Lì, a livello più profondo, risiede il concetto che questa terra è destinata solo agli Ebrei. Lì, a livello più profondo, è fondata la valenza di “am sgula” – “il prezioso popolo” di Dio – e “siamo gli eletti da Dio”. In pratica, ciò viene inteso con il significato che, in questo territorio, gli ebrei possono fare quello che agli altri è vietato. Questo è il punto di partenza, e non c’è modo di passare da questo concetto ad una pace giusta. Non c’è modo di arrivare ad una pace giusta quando il gioco consiste nella de– umanizzazione dei palestinesi. Non c’è modo di arrivare ad una giusta pace quando la demonizzazione dei palestinesi è inculcata quotidianamente nelle menti della gente. Quelli che sono convinti che ogni palestinese è una persona sospetta e che ogni palestinese vuole “gettare a mare gli ebrei”, non faranno mai la pace con i palestinesi. La maggioranza degli Israeliani è convinta della verità di queste affermazioni.
Nell’ultimo decennio, i due popoli sono stati separati gli uni dagli altri. Il giovane israeliano medio non incontrerà mai un suo coetaneo palestinese, se non durante il servizio militare (e solo se farà il servizio militare nei Territori (occupati, ndt)). Neanche il giovane palestinese medio incontra mai un suo coetaneo israeliano, se non il soldato che brontola e sbuffa ai checkpoint, o irrompe a casa sua nel bel mezzo della notte, o il colono che usurpa la sua terra o che incendia i suoi alberi.
Di conseguenza, l’unico incontro tra i due popoli avviene tra gli occupanti, che sono armati e violenti, e gli occupati, che sono disperati e anche loro tendenzialmente violenti. Sono passati i tempi in cui i palestinesi lavoravano in Israele e gli israeliani facevano la spesa in Palestina. E’ passato il tempo delle relazioni quasi normali e quasi paritarie che sono esistite per pochi decenni tra i due popoli che condividono lo stesso territorio. E’ molto facile, in questa situazione, incitare e infiammare i due popoli uno contro l’altro, spargere paure e instillare nuovo odio oltre a quello che già c’è. Anche questa è una sicura ricetta contro la pace.
Così è sorto un nuovo desiderio di Israele, quello della separazione: “Loro se ne staranno là e noi qua (e anche là).” Proprio quando la maggioranza dei palestinesi – una constatazione che mi permetto di fare dopo decenni di corrispondenze dai Territori occupati – ancora desidera la coesistenza, anche se sempre meno, la maggioranza degli israeliani vuole il disimpegno e la separazione, ma senza pagarne il prezzo. La visione dei due Stati ha guadagnato una diffusa adesione, ma senza la minor intenzione di metterla in pratica. La maggioranza degli israeliani è favorevole, ma non ora e forse neppure qui. Sono stati abituati a credere che non ci sono partner per la pace – ossia una controparte palestinese – ma che ce n’è una israeliana.
Sfortunatamente, la verità è l’esatto contrario. I non partner palestinesi non hanno più la minima possibilità di dimostrare di essere delle controparti; i non partner israeliani sono convinti di esserlo. Così è iniziato un processo nel quale condizioni, ostacoli e difficoltà (posti, ndt) da Israele, sono andati aumentando, un’altra pietra miliare dell’atteggiamento di rifiuto israeliano. Prima viene la richiesta di cessare gli attacchi terroristici; poi quella di un cambiamento dei dirigenti (Yasser Arafat come un ostacolo (alla pace, ndt)); e poi lo scoglio diventa Hamas. Ora è il rifiuto da parte dei palestinesi di riconoscere Israele come Stato ebraico. Israele considera ogni suo passo – a partire dagli arresti di massa degli oppositori politici nei Territori (occupati, ndt)– come legittimi, mentre ogni mossa palestinese è “unilaterale”.
L’unico paese al mondo che non ha confini (definiti, ndt) non è assolutamente intenzionato a definire quale compromesso sui (propri, ndt) confini che è pronto ad accettare. Israele non ha interiorizzato il fatto che per i palestinesi i confini del 1967 sono la base di ogni compromesso, la linea rossa della giustizia (o di una giustizia relativa). Per gli israeliani, sono “confini suicidi”. Questa è la ragione per cui la salvaguardia dello status quo è diventato il vero obbiettivo di Israele, il principale scopo della sua politica, praticamente fondamentale e unico. Il problema è che l’attuale situazione non può durare per sempre. Storicamente, poche nazioni hanno accettato di vivere per sempre sotto occupazione senza resistere. E pure la comunità internazionale sarà un giorno disposta ad esprimere una ferma condanna di questo stato di cose, accompagnata da misure punitive. Ne consegue che l’obiettivo di Israele è irrealistico.
Slegata dalla realtà, la maggioranza degli israeliani continua nel proprio modo di vita quotidiano. Nella loro visione della situazione, il mondo è sempre contro di loro, e le zone occupate nel giardino di casa sono lontane dal loro campo di interesse. Chiunque osi criticare la politica di occupazione è etichettato come antisemita, ogni atto di resistenza è interpretato come una sfida esiziale. Ogni opposizione internazionale all’occupazione è letto come una “delegittimazione” di Israele e come una minaccia all’esistenza stessa del paese. I sette miliardi di abitanti del pianeta – la maggior parte dei quali sono contrari all’occupazione – sbagliano, e i sei milioni di ebrei israeliani – la maggior parte favorevole all’occupazione – sono nel giusto.
Questa è la realtà dal punto di vista dell’israeliano medio.
Si aggiunga a questo la repressione, l’occultamento e l’offuscamento [della realtà, ndt], ed ecco un’altra spiegazione dell’atteggiamento di rifiuto: perché ci si dovrebbe impegnare per la pace finché la vita in Israele è buona, la tranquillità prevale e la realtà è nascosta? L’unico modo che la Striscia di Gaza assediata ha per ricordare alla gente della sua esistenza è di sparare razzi, e la Cisgiordania torna a fare notizia nei giorni in cui vi scorre il sangue. Allo stesso modo, il punto di vista della comunità internazionale è presa in considerazione solo quando cerca di imporre il boicottaggio e le sanzioni, che a loro volta generano immediatamente una campagna di autocommiserazione costellata di ottuse – e a volte anche fuori luogo – accuse che fanno riferimento alla storia.
Questa è dunque la cupa immagine [della situazione]. Non ci si trova neanche un raggio di speranza. Il cambiamento non avverrà dall’interno, dalla società israeliana, finché questa società continuerà a comportarsi in questo modo. I palestinesi hanno fatto più di un errore, ma i loro errori sono marginali. Fondamentalmente la giustizia è dalla loro parte, e un fondamentale atteggiamento di rifiuto è appannaggio degli israeliani. Gli israeliani vogliono l’occupazione, non la pace.
Spero solo di sbagliarmi.
Editoriale di Haaretz del 4 luglio 2014, traduzione di Amedeo Rossi
Lo ribadisco in questi momenti drammatici. Se consideri il conflitto Israele-Palestina un conflitto di religione sei caduto nella trappola della propaganda sionista (o islamista che tanto è la stessa). Se sei convinto che ebrei=>sionisti (ma anche sionisti=>ebrei) sei caduto nella solita trappola e probabilmente sei poco informato. Se ti servi del conflitto Israele-Palestina per vomitare il tuo antisemitismo sei un fascista di merda che forse non sa nemmeno di esserlo. Per tutti gli altri casi sfumati sei uno che non legge mai un libro, né approfondisce niente e spara giudizi invertendo il segno dei messaggi televisivi; cioè sei un ripetitore televisivo che si crede un ribelle. Se invece credi di essere utile a qualcuno lanciando da Empoli ultimatum ad Israele, nonostante ci sia chi si potrebbe spingere a considerarti un egocentrico patologico, è avvalorata tuttavia l’ipotesi che tu sia un emerito imbecille. C’è gente che muore davvero… anche se li vedete in TV sono morti veri. E ci sono questioni serie nel mondo. Non ho niente contro chi parla di calcio, invece mi sta sul cazzo chi deve prendere posizione su questioni importanti con la stessa boria infantile con cui si affronta un discorso sulla campagna acquisti al bar. Andate a parlare della vostra squadra del cuore al bar, piuttosto che usare i palestinesi come sfogo dei vostri problemi, sarete più utili al popolo palestinese e al loro destino.
Sta circolando sui social network una dichiarazione (che in realtà è una citazione) distorta di questa gnocca qua accanto che, per inciso, è deputata di un partito di estrema destra israeliano. La versione diffusa della traduzione in cui la parlamentare inviterebbe ad “uccidere tutte le madri palestinesi” è talmente… “rozza” da far pensare ad un false flag messo in giro da le stesse agenzie sioniste. La tecnica è semplice: si sfrutta la viralità di cui godono le info super-sensazionali sui SN. Si aspetta che si alzi un vespaio e poi una volta gonfiata la notizia si lascia che si sgonfi da sola, oppure basta uno spillo e bumm…
Certo non sono sicuro che sia un atto di guerra mediatica e non piuttosto una gonfiatura autoinnescata o, peggio, una distorsione della propaganda araba (di solito eccellente negli autogol)… ma conoscendo i miei polli non li sottovaluto.
Ho sempre nutrito il sospetto che alcune false immagini di morti e feriti palestinesi siano state divulgate volutamente e con lo stesso metodo per fornire argomenti DALLA propaganda sionista ALLA propaganda sionista. Una volta gonfiata la notizia si sgonfia lasciando l’impressione diffusa che tutto quello che proviene dall’informazione indipendente che mostra l’aggressione israeliana sia una bufala o comunque sospetta di manipolazione.
Questo caso è esemplare perché la dichiarazione falsa è “solo” una “sparata isterica”, mentre quella vera è ancora più agghiacciante, inaccettabile e veicola una distorsione della storia e della realtà.
Un invito a tutti/e coloro che GIUSTAMENTE si stanno adoperando per far circolare notizie/informazioni/immagini del massacro israeliano a diffidare delle notizie super-emozionali ed a controllarle quando possibile. Questa è una guerra (anche) di propaganda, facciamo attenzione.
Restiamo umani e anche svegli.