Licenze magiche

Empoli - Pza Farinata Degli Uberti - Foto Gianni Casalini 2007

Licenze magiche.
Ecco un’invenzione al passo coi tempi. Le licenze magiche.

Da quale esigenza nascono le licenze magiche? Può accadere che un -non famoso- scriva sul web delle cose che interessano ad un -famoso- o anche soltanto ad un -accreditato- (essendo chi non è famoso neppure accreditato…). Bene, può succedere che l’accreditato prenda delle idee dal -non famoso/non accreditato- e le riproponga paro paro in qualche articoletto suo, facendole cascare dall’alto come se niente fosse. Anzi diciamo che con la voracità di testi e immagini che c’è oggi in rete e fuori, esiste una vasta categoria di sciacalletti “intellettuali” che rubicchiano qua e là e ci campano anche con questa pratica.

Intendiamoci -le idee migliorano (Debord)- e non ha senso chiuderle in ghetti legislativi. Il problema di questa pletora di sciacalletti è che le idee le peggiorano pure e, soprattutto, non citano le fonti con cui colmano la loro pochezza.

I testi di questo blog come molti altri sono sotto licenza Creative Commons non commerciale, che mi sembra una ottima cosa. Chiaramente questo non può impedire a qualcuno di prendere un concetto su cui non ha riflettuto nemmeno un minuto e appiccicarlo in un discorso che non c’entra niente, o c’entra come pare a lui (o come pare al suo padrone), per poi scambiarlo addirittura con della pecunia.

Se non sei un gatekeeping in senso stretto non puoi far altro che farti razzolare ad uso e consumo altrui, rinunciando di fatto alla maternità o paternità delle idee o della loro elaborazione. Questo non è elegante.

Siccome non costerebbe niente agli autori di siffatta portata il citare la fonte delle “loro” intuizioni urge un piccolo rimedio anti “furbi”!
Qui si apre un dilemma: come difendere la libertà di circolazione delle idee con questa sacrosanta esigenza di difesa dall’esproprio del mondo degli -accreditati- o -famosi- in genere?

Oppure: Come porre un argine al fatto che non conta ciò che viene detto, ma solo chi lo dice?

Si potrebbe obiettare che un autore -accreditato- non può citare un -non accreditato- perché, così facendo, perderebbe prestigio. Può solo citare un -più accreditato-. Giusto. Così stanno le cose.
Allora per venire incontro all’autore accreditato, il cui credito appare oltremodo -fragile- suggerisco, a titolo di esempio, una formula di presentazione di un concetto preso da chi si trova sotto di lui nel ranking del riconoscimento mediale… Potrebbe scrivere –vagando sul web e curiosando tra i blogggg, si incontrano le idee più bizzarre scritte da individui eclettici che però scremate della loro eccedenza fantasiosa risultano non prive di interesse per una riflessione approfondita, come nel caso ecc ecc…-. Alla fine non ci vuole poi molto, dai.

Mi rendo conto che suggerimenti e parte propositiva non bastano. Ecco la risposta repressiva efficace: una licenza magica aggiuntiva. Una Magik License.

Cosa è? In poche parole è una licenza che viene posta -in aggiunta- alla licenza legale, ma che di legale non ha niente.

La licenza legale è una licenza pensata dall’emisfero razionale ed è importante nella difesa dei diritti dall’esproprio delle idee ecc ecc (fate un giro sul sito). Mentre la ML è partorita dall’emisfero emozionale e scatena forze oscure nei confronti di chi frega parte dell’ingegno altrui attribuendoselo tout court (ed impedendo così una migliore elaborazione delle idee).

Dove è il limite fra ciò che si prende e ciò che si intercetta dall’ambiente, dalle letture ecc? E’ semplice. Mi riferisco al caso per cui, ad esempio, io scrivo un post su quanto il ricordo del sesso orale influisca pesantemente sulla nostalgia delle storie amorose finite e arriva uno che scrive un articolo che ha come centro del discorso esattamente questo. Il discorso è centrale invece che marginale.
Ma se il tizio l’avesse pensato per conto proprio? Perfetto, la licenza, essendo magica, non agisce su chi è in buona fede. Due persone possono benissimo scrivere o dire cose simili in momenti vicini tra loro pur avendo avuto elaborazioni autonome. La licenza magica agisce su chi fa il furbo.

Come agisce? Portando sfiga.

Ne ho creata una di getto giusto per gettare il seme ed è quella che intendo utilizzare nelle mie opere. L’ho chiamata Creative Voodoo License.

Creative Voodoo Licence 1.0 : chiunque utilizzi concetti essenziali contenuti in questa opera attribuendoseli al fine di aumentare il proprio credito spettacolare e il proprio prestigio culturale, trascurando così di citare l’autore, sarà sopraffatto da dodici anni di assoluto insuccesso professionale.

Per tanto questo testo è rilasciato sotto licenza CC -attribuzione non commerciale & CVL 1.0. Sono stati compiuti tutti i rituali di magia caotica in grado di garantire validità a questa licenza. Fate voi.

Ci voleva.

[GC :::2013:::]

Aggiornamento: La licenza è stata aggiornata a CVL 2.0. Tale licenza porta fortuna professionale e prosperità a chi attua un comportamento virtuoso.

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , , | Comments Off on Licenze magiche

C’erano una volta le BR

Lungo il Fiume Elsa

C’erano una volta le BR
Dopo aver letto l’articolo: Brigate Rosse, tabù e mediocrità di Daniele Codeluppi ho espresso il mio dissenso su alcune questioni sollevate. Lo stesso Daniele, tramite fb, mi ha stimolato a buttar per scritto i motivi del dissenso. Ho scritto una specie di lettera (visto che era indirizzata a lui). Poi ho deciso di condividerla sul blog in forma di post- pertanto non ha senso leggere quanto segue senza prima aver letto l’articolo-. Non sono un esperto, né uno storico. Queste sono suggestioni e valutazioni personali. Avrei voluto sistemarle in forma più… strutturata, ma non ci sono riuscito. Segno che devono rimanere solo osservazioni. Forse serviranno a qualcuno, forse no. Io spero di sì.

Premessa necessaria. La storia politica di Prospero Gallinari e del brigatismo non mi appassionano. Non mi appassionava quando era vivo, non mi appassiona dopo la morte. Non dico di avere passioni migliori. Dico che questa non è la mia. La sua storia personale invece appartiene agli amici, agli affetti e ai conoscenti, come qualunque altra; non la conosco e non la giudico.

Non so se fa ancora parte della premessa, ma io non sono di Reggio Emilia e non so niente del rimosso politico cittadino. Un po’ me lo immagino per analogia alla condiziona in cui ho vissuto e vivo. Regione rossa. Partito-istituzione ecc.

Anche io ho militato nella FGCI, ma questo è avvenuto in tempi in cui l’internazionale faceva addirittura più nostalgia di adesso, essendo nato due anni prima che Prospero Gallinari entrasse nelle BR.

Cosa penso della lotta armata? Per me quello che diceva Pasolini negli anni ’70 rimane a tutt’oggi un giudizio lucido su quell’esperienza: in Italia non ci sarà la rivoluzione proletaria non perché mancano le avanguardie rivoluzionarie, ma perché gli operai non la vogliono (cit. a memoria). Credo che la lotta armata – e la reazione che ne è conseguita- in Italia sia stata la tomba di ogni reale movimento di dissenso. Sono convinto che quello che allora si chiamava “il sistema” abbia saputo capitalizzarla meglio di qualunque altra cosa, per lasciare alla generazione che si è affacciata alla vita sociale immediatamente dopo quegli anni la certezza di un deserto. Io di quella lotta non condivido niente, né per storia, né per indole e nemmeno per riflessione.

Il funerale. Che ci sarebbe stato un gavettone di indignazione istituzionale dopo il funerale era evidente. Che molti dei discorsi avrebbero avuto toni e contenuti superficiali e isterici pure… Su questo non si può cadere dalle nuvole. Interessante, dal mio punto di vista, è osservare che buona parte dell’indignazione giornalistica che ho intercettato conteneva sotto traccia, non tanto il presunto passaggio di testimone tra una generazione di brigatisti e un’altra -che sappiamo tutti essere una cazzata-, ma lo stupore nel vedere che una scelta estrema come quella della lotta armata riceve, dopo tutti questi anni, sia pure in forma ormai mitica ed evocativa, flussi emotivi e passionali.

Mi sarei aspettato che qualcuno di questi indignati commentatori avesse fatto notare che le BR hanno perso, ma lo Stato non ha vinto. Nel senso che la realizzazione di un ordine e di una giustizia sociale non è stato realizzato dai vincitori; è rimasto un trofeo celibe, è affogato nella retorica e… adesso di nuovo ci troviamo di fronte a spaccature drammatiche nella società che appaiono solo più domabili a causa della frammentazione dei soggetti sociali.

Quello che fa paura è la narrazione. Che la storia di un ragazzo del popolo, un contadino, sacrifichi la sua vita (e anche quella degli altri, intendiamoci) per un’istanza violenta di liberazione non è ancora paragonabile alle guerre puniche o delle insorgenze contro-risorgimentali. Il fatto che qualcuno lo possa ritenere un combattente di una guerra che non è ancora conclusa ha fatto allentare l’intestino a parecchi.

Il potere economico e militare senza nessun contro-campo consistente si sente esonerato da ogni realizzazione, da ogni passo, anche parziale, provvisorio o formale, nella direzione dell’uguaglianza e della giustizia. Quindi teme ogni segnale che denoti crepe in questo esonero. Anche se si tratta solo di crepe simboliche.

Scrivi: “Nel comunicato di Aq16 di lunedì 14 si esprimeva cordoglio per la morte di una persona che piaccia o meno è stato un protagonista della storia d’Italia e che ha mostrato durante tutto il suo trascorso politico coerenza e fermezza, qualità che nella classe politica italiana non se ne vede da un bel pezzo.”

Coerenza e fermezza ne ha avuta tanta anche Pino Rauti, ma c’è un motivo valido per cui non stiamo parlando del suo funerale e dei saluti romani.
Tutto il tuo discorso verte sullo storicizzare. Le passioni del novecento non si sono spente nella storia degli ultimi anni e io penso che questo non avvenga in un arco breve di tempo, ma è un processo graduale attraversato comunque da molteplici rimandi all’attualità, collegamenti, capovolgimenti… -sono ancora nell’agenda politica del paese questioni risorgimentali!-

“Comunque tornando sul giudizio politico, penso che è monco se lo si dà a determinate azioni estrapolandole dal contesto perché questo meccanismo è la base di tutti i revisionismi storici. Come chiedere se tagliare la testa a Maria Antonietta fu un atto giusto o meno, senza comprendere il momento storico in cui si dette quella determinata azione.”

Vero. Ma chiedere se tagliare la testa a Maria Antonietta fu un atto giusto o meno adesso è una domanda differente dalla stessa domanda posta nel 1820.

“Erano anni in cui nel mondo la strada per il cambiamento sociale passava anche per la canna di un fucile, soffermarci solo sul fatto che i brigatisti hanno ucciso tante persone non serve a capire la storia, ci si ferma sull’espressione di un fenomeno senza capirlo. “

Vero. Ma poi dici: “Tutto il resto è storia: l’escalation omicida, i processi, gli ergastoli, la marcia dei quarantamila, una generazione di comunisti rivoluzionari sconfitti, l’inquisizione per tutto il movimento dell’opposizione sociale, l’inizio della contrazione del contropotere sindacale, il contesto mondiale in piena guerra fredda.”

Sì, ma allora vogliamo storicizzare oppure no? Consideriamo Prospero Gallinari (riposi in pace) un rivoluzionario sconfitto perché si definiva tale… oppure uno dei tanti che ha preso una cantonata scambiando l’Italia degli anni ’70 con Cuba del 1959? Nemmeno la storia è neutra. E più le ferite sono aperte meno lo è.

“Come è storia degli anni ’70 anche il salario medio degli operai che in dieci anni si raddoppia, lo statuto dei lavoratori, le lotte e le conquiste femministe e il diritto all’aborto, l’istruzione gratuita di massa, il welfare, la produzione culturale italiana nel suo maggior apice. Non è facile parlare degli anni ’70 perché sono molte storie, un periodo densissimo e ricchissimo.”

Concordo in pieno.

Poi aggiungi: “Ridurlo alla misera definizione di “anni di piombo” è stupido e fa il gioco di chi della storia d’Italia e dei movimenti preferisce che non si sappia niente, producendo di fatto una generazione di italiani senza futuro e senza memoria storica, con la convinzione che in Italia in un periodo storico indefinito c’erano dei “terroristi” venuti da chissà quale incubo che uccidevano a caso delle brave persone.”

Io qui non sono daccordo, non perché penso che -c’erano dei terroristi venuti da chissà quale incubo…- ma perché ritengo che la lotta armata sia stato il modo con cui il sistema di dominio ha fatto una colata di terrore e l’ha chiamata -pace-. Non ho elementi per dire se lo avrebbe potuto fare lo stesso e con la stessa agilità. Mi attengo a quello che so della storia e quello che ricordo dell’esperienza.

“Anche perché se proprio vogliamo parlare seriamente di morti ammazzati vale la pena ricordare che la storia italiana gronda sangue, un mare in cui le BR sono solo un puntino. Pochi esempi a memoria: il risorgimento, l’uccisione dei soldati dell’esercito borbonico…”

Questa relativizzazione di un fatto storico recente con altri più remoti, quando sono ancora vivi i parenti delle vittime della lotta armata, secondo me, ha poco senso…

Insomma volevo dire questo: che un fatto storico per quanto riguarda la lotta armata è anche un fatto politico. Che il potere tenda ad accomunare nella “violenza” qualsiasi esperienza del dissenso e lo faccia con scopi preventivi è evidente. Ma non si può solo invocare la storia. Perché la storia non è esaurita in quegli anni e piuttosto che appianare la questione continua a chiedere se Prospero Gallinari e chi ha fatto la sua scelta ha avuto ragione, ma è stato sconfitto, oppure avevano ragione i tanti che hanno preferito strade diverse da quella.

Mi ha fatto piacere leggere un articolo che non fosse costruito con slogan e frasi di circostanza. Ho dovuto scrivere di fretta ed è venuta una cosa un po’ di getto… spero che quello che ho scritto sia di qualche utilità.

Ciao
Gianni

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , , , , , , | Comments Off on C’erano una volta le BR

Memoria

Fiume Elsa

La memoria è qualcosa di dinamico, di vivo…
da -Valzer con Bachir

In memoria di Angelo Casalini, ebreo nel destino.
In memoria di tutti i deportati.

Memoria
Come ogni anno si ripresentano le questioni aperte della giornata della memoria. Come ogni anno mi chiedo in cosa possa tradursi un’overdose mediatica di immagini di sofferenza e testimonianze terribili. Che effetti abbia. Se davvero spinga qualcuno alla riflessione o si disperda nella -banalità del dolore-. Film sull’olocausto e incontri e celebrazioni… cosa significano per chi non è stato toccato nella propria storia familiare da questi avvenimenti? Davvero per il sedicenne di oggi sono molto diversi dalla disfatta di Caporetto o dalle guerre puniche? In fondo cosa viene chiesto al sedicenne di oggi se non una banale -adesione al dolore-.

Come ogni anno sono preso dalla tentazione di non dire nulla e passare oltre. Come ogni anno mi chiedo se l’indigeribilità dell’emozione serva a qualcosa se non arriva ad attivare i meccanismi della riflessione. Come ogni anno mi sorge il sospetto che in un mondo che si vuole a misura di crudeltà, inganno e mediocrità, lo spettacolo del dolore gratuito inferto a qualcun’altro non stimoli l’identificazione coi carnefici da parte delle fasce giovanili, più disgregate e frustrate della società. Quelle che non si sottopongono ad una accettazione immediata della cerimonia istituzionale soltanto per sostituirla con modelli beceri e violenti.

Come ogni anno viene riproposta la questione del presente dentro la memoria e, con toni diversi -talvolta non condivisibili- sorge la domanda se la memoria dello sterminio del popolo ebraico non sia tuttora un business per lo stato di Israele. [-La vita è bella- è un film bellissimo. L’Oscar se l’è meritato, ma quel carro armato americano e non sovietico che arriva a liberare Auschwitz lascia un po’ storditi… ]

Come ogni anno ci si chiede perché dalla memoria del sistema mediale siano scomparsi gli altri sterminati: gli omosessuali, i malati di mente, gli oppositori politici, gli slavi, gli zingari, i testimoni di Geova.. Che, tutti insieme rappresentano un po’ di più della metà del totale delle vittime, con una presenza trasversale per nazionalità, etnia, idee politiche, orientamenti sessuali e religione. A costoro non tocca nemmeno la memoria permettendo così la divisione delle vittime di nuovo in vittime di primo e secondo ordine ad uso degli equilibri contemporanei. Anno dopo anno vedo disinnescare il valore e la portata universale di questa ricorrenza. Vedo un’esperienza collettiva allontanarsi sempre più nella categoria del sublime – del terribile, ma distante-.

Come ogni anno emerge il sospetto, che anno dopo anno diventa inquietante certezza, di essere in una morsa revisionista che si esprime da un lato nel negazionismo patetico dei neonazisti e dall’altro lato nella negazione di universalità del termine -sterminio- da parte del dominio spettacolare.

Come ogni anno la giornata della memoria ripropone la questione (questa davvero contemporanea) della guerra delle narrazioni che si collega immediatamente al conflitto israelo-palestinese e rimanda subito al controllo dell’area geografica del petrolio. Consiglio, a proposito della “guerra delle narrazioni”, la lettura di questa intervista.

Come ogni anno c’è un fenomeno che se ne esce con qualche dichiarazione sulle scarse responsabilità del duce rispetto alla questione razziale. -Il canovaccio è sempre lo stesso… era un bravo ragazzo, ma le cattive compagnie…- Quest’anno si è espresso il fenomeno italico per antonomasia: “Mussolini fece tante cose buone […] il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”(Silvio Berlusconi).

La dichiarazione ha, ovviamente, sollevato il solito polverone e così, mentre tutti, nel web e fuori, rimpallavano questa frase geniale -invero piuttosto frequente e logora negli ambienti di destra-… la dichiarazione che avrebbe meritato maggiore attenzione sarebbe stata questa: “L’Olocausto dei gay non c’è mai stato. C’è stata invece, questo sì, una persecuzione dei gay. Ma per essere chiari di Olocausto ce n’è stato uno solo, ed è stato quello del popolo ebraico, anche dal punto di vista legislativo, normativo; tutti elementi che hanno costituito l’unicità di questo terribile dramma storico” (Carlo Giovanardi, già ministro del governo Berlusconi).

Unicità
. Ecco una parola terribile. Finalmente è emersa. Ringrazio Giovanardi per aver espresso candidamente ciò che questa operazione memoria trasuda da ormai troppo tempo e che si prende gioco -grazie al meccanismo dei montaggi e delle esclusioni- anche della memoria reale dei deportati: tenuti a fare da accompagnamento alla narrazione approvata dalla politica. E’ fuori discussione l’importanza della finzione nel sistema della memoria (Baricco 1995 – Roth, Spielberg e l’Olocausto), ma inquieta che si giochi con il lato costruttivo della memoria al punto di sostituire la storia con l’emozione traumatica fine a se stessa.

Così insieme al revisionismo negazionista ce ne possiamo mettere un altro a minore intensità -ma di estrema potenza- che è il revisionismo unicista. Un revisionismo soffice, dinamico, privo di elementi rigidi, adattabile alle esigenze del momento. Scarsamente circoscrivibile e attaccabile. Un revisionismo -affaristico- a tutti gli effetti, anziché ideologico.

E come ogni anno rimango con l’amaro in bocca per tutti coloro a cui è stata negata giustizia e verità. Per gli apparati fascisti che sono rimasti al loro posto in Italia. Per quella parte di servitori dello Stato che è potuta morire di vecchiaia.

Come ogni anno mi rimane la domanda su come mai non si possa mai vedere un servizio che spiega come l’IBM è diventata quello che conosciamo grazie al commercio di sistemi archivistici meccanizzati per la gestione dei campi di sterminio. Mi rimane la domanda sul perché non si ponga mai l’attenzione sul motivo reale che portò alla deportazione di milioni di persone, e cioè il bisogno di manodopera a costo nullo da parte della macchina produttiva tedesca [gli internati erano chiamati truck: pezzi, unità di produzione].

La risposta, per ora, soffia nel vento…

[GC :::2013:::]

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , , , , , , , , | Comments Off on Memoria

Cumshot 2

Fiume Elsa
Cumshot 2

Che l’esercizio tribale del potere sia migliore o più rivoluzionario dell’esercizio istituzionale del potere a me non risulta.

Chi era molto preoccupato dalle rivoluzioni di popolo si è impegnato in superficie nell’impedire le rivoluzioni e in profondità per eliminare il popolo.

Semplificare. Chi produce materiale per banalizzare la mente delle persone trova sempre qualcuno che gli stacca un assegno!

Non saranno i mediocri ad insorgere contro un mondo a misura di mediocre.

Alcuni fascisti si individuano perché hanno argomenti da fascisti, altri perché hanno modi da fascisti.

Qualche battuta sul lato oscuro della realtà può servire a non rimanere nel buio pesto.

“Chi ama i cani teme il branco.” D. Pennac

[GC :::2013:::]

Posted in Generale, Info, Script | Tagged , , , , , , | Comments Off on Cumshot 2

Reti

Ponte a Elsa

Reti
Usare la rete per comunicare presenta molti lati positivi, al di là della semplice comodità. Molte visioni hanno accesso ad un fuori e altrimenti non avrebbero avuto questa possibilità. E’ semplice… Certo il fuori assomiglia più ad un cimitero che altro. Ma questo, a mio avviso, non è un problema di fondamentalità della rete. Questo è il riflesso della crisi delle reti comunicative fra persone vive e della amplificazione che trovano le reti a discorso morente rispetto a quelle a discorso vivente (per usare termini cari al costruttivismo). Non si può esprimere un giudizio negativo solo per il fatto che la massa utilizza lo strumento per liberare la propria pochezza -spesso credendo di fare altro-. Le potenzialità del mezzo sono certamente controllate dal partito oligarchico, ma non possono essere eliminate. Quando il sistema di dominio si trova di fronte ad un potenziale pericolo invita i bambini a fare casino. Stimola una confusione priva di verso. Ma ciò è reso possibile all’interno della rete perché sta già avvenendo con successo al di fuori di essa. Nel bailame molti si perdono e viene, all’apparenza, premiato lo spostamento sul lato idiota della forza -la moneta di quel premio non suona però vera-. Nel bailame una visione chiara non si struttura, non si propaga e non emerge per produrre attrattori.
Questo non è kaos.

[GC :::2013:::]

Posted in Info, Script | Tagged , , , , , , , | Comments Off on Reti

Cumshot

Nuvole

Cumshot

In un mondo dominato dalle allergie si parla sempre troppo poco dell’allergia all’intelligenza.

Ci deve essere un motivo oscuro che spinge le persone peggiori a far proprie le idee migliori…. Non ci si può nemmeno consolare pensando che ciò sia reversibile.

Ci sono due momenti problematici per quanto riguarda il cambiare veramente le cose. Il primo è quando nessuno vuole farlo. Il secondo è quando lo vogliono fare tutti.

Sultanocrazia
: modello sociale per cui nella vita quotidiana dei ricchi tutto risulta semplice e in quella dei non-ricchi tutto risulta complicato.

Quando il clima è quello dello smantellamento generale dei diritti e delle sicurezze sociali coloro che vengono momentaneamente graziati si affollano intorno al potere smaniosi di servirlo.

Intelligenza e genere sessuale. Postulato
. Chiunque ritenga che l’appartenere ad uno dei due generi sessuali biologicamente determinati conferisca valore al proprio discorso è da considerarsi imbecille.

Corollario. Ci sono persone che pur non rientrando nel caso del postulato precedente sono lo stesso imbecilli.

Gli anni ’80 e noi. Se non ti approfitti degli altri è perché non sei in grado di farlo.

Vivere è anche “sciupare” -c’è chi si fa prendere la mano-.

Alcuni sono minimalisti, nel senso che non sanno minimamente quello che dicono.

Il pensiero unico è stato quasi interamente sostituito dal desiderio unico.

Non si può godere del tutto insieme o contro qualcuno. Ma si può far godere qualcuno per esercitare un potere su di lui oppure no. Come tutte le cose.

Il tuo spazio vitale può essere occupato con maggiore facilità da chi hai vicino rispetto a chi ti sta lontano.

Le persone che parteggiano per l’ingiustizia diminuiscono esponenzialmente quando viene fatto loro capire che potrebbe esserci anche un prezzo da pagare.

[GC :::2013:::]

Posted in Info, Script | Tagged , , , , , , , , , , , , , , , , , | Comments Off on Cumshot

Perché andrò a votare

Ponte a Elsa

Trovo intrigante la campagna elettorale come i tanti discorsi sulla natura delle donne. – Luisa Caldon

Non c’è mai stata un’offerta di dissenso così ampia. C’è dissenso per tutti i gusti alle elezioni del 24 febbraio 2013. Al centro, a destra come a sinistra. Mai il dissenso era stato così istituzionale e trasversale. Fino a poco tempo fa erano gli elettori di sinistra gli unici chiamati a votare per ciò che non volevano. Mentre gli elettori di destra, liberalfascista o cattofascista che fosse, in questo paese hanno sempre votato per ciò che volevano. Una società clientelare, disonesta, iniqua, bigotta e falsa: questo è sempre stato il progetto condiviso da buona parte degli italiani -non prodotto dalla classe politica come vorrebbero far credere i populismi attuali-.

C’è sempre stata una profonda asimmetria nella volontà. Se sei di sinistra (istituzionale o no) ti devi accontentare di ciò che non vuoi. Sei di destra? Per te vale il desiderio e la volontà. Questo spiega in gran parte il fascino della destra estrema sui giovanissimi.
-Non ti sei stancato di essere perdente, dai vieni con noi!- Così ha sempre recitato la sirena di destra. Smetti di fare lo sfigato… oppure chiuditi nel guscio della tua sfiga -oppure gioca a fare il rivoluzionario bolscevico-.

Adesso accade una cosa apparentemente nuova. Tutti si sentono oppressi da qualche cosa che non riescono a capire appieno e attaccano parti del sistema politico o economico invocando un qualche tipo di rinnovamento. Funziona dentro e fuori i partiti; è il trend del momento su tutti i fronti.

Tralasciando i tanti aspetti grotteschi della faccenda…

Perché andrò a votare.
Le tentazione di non andare è stata forte come per chiunque non abbia dei pezzi di braciola sugli occhi.
L’imput contrario mi è arrivato da fb e da due fronti opposti. Da una parte una discussione presa con alcuni anarchici sul non voto. In risposta alla mia osservazione (espressa anche in questo post) che una buona parte della popolazione che ha idee e spirito libertario va a votare solo per arginare il fiume in piena che vuole usare gli spazi della politica per accelerare le regressioni sociali – e questa onda in piena non si trova nei libri, ma nella rude realtà..  – mi vedo rispondere con un testo del 1915. Me lo sono letto. Interessante. Un testo che propugna l’astensionismo rivoluzionario (e che, fra l’altro, prende le distanze da mazziniani di sinistra e cattolici integralisti, anch’essi astensionisti). Arrivo al paragrafo titolato “Che fare” (toh!) e la risposta è semplice: rivoluzione. Bene. A parte che parecchie delle parole d’ordine rivoluzionarie dell’epoca sono finite nel programma e nella mistica fascista a partire dal 1919. A parte questo. Mi sono detto… vuoi vedere che la rivoluzione anarchica nel 2013 in Italia non scoppia. Poi uno si può sempre sbagliare. Intendiamoci, a me potrebbe pure andar bene è che c’è da convincere il resto del mondo a tornare al 1915. Mica è facile.

L’altro è una discussione con dei cattolici integralisti antiabortisti ecc ecc. Da questa campana mi sono reso conto che, mentre chi crede nell’emancipazione della società disperde la sua mente, questi scavano sotto come le nutrie.

Sono entrati nei principali partiti disinnescando il laicismo col tanfo democristiano -vedi PD-. Sono tanti e lavorano come formiche (con le spalline al calduccio come sempre) per riportare la società dove vogliono loro o per non farla avanzare di un briciolo.

Forse non è mai stato così forte il fetore da cui ci si deve tappare il naso per entrare nelle urne, come adesso che il dissenso è diventato di moda. Rispetto chi non si vuole sottoporre a questa prova. Io invece vado a votare perché non credo che ci troviamo sul margine di un momento storico che annuncia salti in avanti, ma soltanto pericolosi salti indietro. Perché non voglio lasciare vuota nemmeno una casella -sapendo bene che l’azione è altrove- in quanto non ci troviamo di fronte ad uno scenario né rivoluzionario, né riformista -nel senso storico-, ingenerato dalle condizioni di crisi, ma di fronte a pericolose e violentissime spinte reazionarie (anche dal basso) che hanno bisogno di sabotare il sistema normativo per diventare operative.

[GC :::2013:::]

Posted in Info, Script | Tagged , , , , | Comments Off on Perché andrò a votare

Il sistema non si usura

Ponte a Elsa

“Qui appunto appare l’identità della macchina sociale con la macchina desiderante: essa non ha come limite l’usura, ma il colpo a vuoto; non funziona che stridendo, guastandosi, scoppiando a piccole esplosioni -i disfunzionamenti fanno parte del suo stesso funzionamento, e non è questo l’aspetto più trascurabile del sistema della crudeltà. Mai una discordanza o un disfunzionamento hanno annunciato la morte d’una macchina sociale, che al contrario ha l’abitudine di nutrirsi delle contraddizioni che solleva, delle crisi che suscita, delle angosce che ingenera, e d’infernali operazioni che la rinvigoriscono: il capitalismo l’ha imparato, e ha cessato di dubitare di sé, mentre anche i socialisti rinunciavano a credere nella possibilità della sua morte naturale per usura. Nessuno è mai morto di contraddizioni. E più si guasta, più si schizofrenizza, meglio funziona, all’americana.”

Gilles Deleuza e Félix Guattari -L’anti-Edipo, Capitalismo e schizofrenia; Biblioteca Einaudi. p.168

Posted in Info, Script | Tagged , , , , , , , | Comments Off on Il sistema non si usura

Meteoconomia

Ponte a Elsa

“Cosa hanno in comune tutti questi meccanismi semplici o complessi? Tanto per cominciare ciascuno di essi coinvolge parti in movimento, tali parti interagiscono fra di loro in modo da convertire un tipo di movimento in un altro… “
Cosa è un meccanismo?

Il problema della rivoluzione industriale è che continua ad avvenire…
La nostra parte di mondo è entrata in contatto con quello che era il terzo mondo tramite il commercio globale. I paesi tecnologicamente avanzati sono stati cortocircuitati con quelli arretrati. Le conseguenze appaiono nefaste, ma le prospettive di un ribaltamento del discorso sono entusiasmanti.

Il passaggio di merci prodotte, in condizioni di prima industrializzazione tecnologicamente potenziata, dai colossi della manodopera low cost & low rights (come Cina e India per capirsi) verso i paesi in cui i lavoratori avevano raggiunto migliori condizioni salariali e maggiori diritti (occidente) produce la contrazione dei diritti e dei salari in quello che era considerato il primo mondo e la contemporanea giustificazione delle condizione di sfruttamento nel resto del mondo.
E’ automatico. E’ una procedura. E’ un meccanismo.

La perdita di potere d’acquisto e la mancanza di liquidità per le masse nei paesi avanzati aumenta nel breve e medio periodo la richiesta di merci a basso prezzo. Così aumenta l’importazione di merci e servizi prodotti in zone low cost & low rights. Sugli effetti della delocalizzazione non può intervenire il legislatore -non può creare lavoro che non esiste- e agendo sulla sola legislazione del lavoro si ottiene spesso l’effetto contrario: si rischia di togliere anche la possibilità di lavoro precario a chi ha solo quello.

Mentre ciò avviene i capitali viaggiano in forme sempre più stravaganti ed estranee al valore e le strutture giuridiche che hanno lo scopo di convertire ciò che non ha valore in qualche forma di valore reale sono sempre più presidiate dal potere finanziario e militare.

Il mondo viene prodotto in aree geografiche lontane, ma da noi non si può, più di tanto, contrarre i consumi -la contrazione dei consumi è l’unico vero tabù economico e sociale dalle nostre parti-. Si ha una continua condizione di indebitamento, che viene fatto sostenere dai privati cittadini, ma anche dal pubblico – e poi spalmato sulle fasce più deboli-.

La merce ed i servizi che vengono a costare sempre meno al produttore (sennò non delocalizzerebbe), non diminuiscono nemmeno il loro costo sul mercato perché lo Stato in cerca di liquidità aumenta la tassazione su tutto questo mondo di “soli venditori”.

Il conto non viene mai presentato ai beneficiari di questo meccanismo…

Allora una riflessione si dovrebbe porre a chi crede di fare politica per cambiare le cose è questa: come si inceppano i meccanismi? (Procedure)
Non credo si possa ribaltare un sistema per il fatto che si desidererebbe farlo. Ma un sistema è costituito di meccanismi; se fossimo realmente in grado di incepparli ad una velocità maggiore di quella con cui esso si ristruttura potremmo, se non proprio annientarlo, riportare le lancette dell’orologio ad un mondo dove ancora è possibile una qualche forma di coesione sociale.

Inceppare meccanismi è un lavoro delicato. Si rischia di propagare l’errore piuttosto che avvicinarsi all’obiettivo. Richiede analisi, ma anche prudenza. Talvolta è meglio agire con estrema discrezione. Man mano che ci si avvicina ad un meccanismo significativo il sistema diventa incredibilmente elusivo o particolarmente rigido, oppure eccessivamente elastico.

Sarà opportuno trattare parti intere del sistema come “scatole nere”, nel caso non si sia in grado di indagare a dovere il funzionamento intimo. Ciò non di meno è assolutamente necessario capire bene come sono collegate queste scatole nere al resto del sistema e cosa accadrebbe scollegandole. Talvolta i meccanismi interni delle singole parti vengono presentati alle masse come se fossero i criteri generali di funzionamento del sistema. Col semplice scopo di indurre confusione. Il tecnicismo viene utilizzato per far passare l’idea che questo è l’unico meccanismo possibile. E’ bene rifuggire questo modello ipnotico.

Un esempio è tutto questo parlare di economia…
Un certo rispetto per la logica vorrebbe che, se le leggi dell’economia giustificassero ciò che sta succedendo sul pianeta sarebbe necessario cambiare l’economia con le sue leggi e la società che la produce e che ne è prodotta. Questo ovvio passaggio avverrebbe senza sforzo qualora si considerasse le leggi economiche come entità prodotte dagli uomini e non alla stregua di leggi fisiche. Vengono invece trattate come tali e inculcate in questo esatto modo.

Il termine di confusione psicologico, estremamente sponsorizzato, è la meteorologia. Il sistema del mediale nell’inconscio di massa sta sovrapponendo i termini meteorologia ed economia per creare un’entità psicologica denominabile meteoconomia.

Grazie alla meteoconomia vengono interrotte le linee di causa effetto e la crisi diventa una perturbazione di cui si aspetta la fine invocando l’anticiclone. Ogni evento stagionale viene esaltato candidamente dalla TV e dalle sue consorelle con questo preciso scopo: rafforzare un modello di lettura della realtà. La siccità passerà quando arriverà la pioggia. L’emergenza neve passerà col sole…

L’attesa. Attendere. Non ora, non fra sei mesi… Ma poi. Dopo…
Il dopo è ciò che rimane alle masse. Per l’elites c’è l’adesso.
Un proverbio africano dice: il paradiso è di chi sa attendere. Profondamente vero. Ma, aggiungo, il paradiso è di chi attende la propria attesa, non di chi attende i comodi altrui. Quello è l’inferno.

[GC :::2013:::]

Vedi anche: Il baratro dell’economia liquida – Intervista a Christian Marazzi

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , , , | Comments Off on Meteoconomia

La guerra in Mali

Ponte a Elsa

La guerra in Mali
Volevo capirne di più… in Italia esistono due mondi separati. Quello abitato da coloro che ascoltano le rassegne stampa radiofoniche o cercano su internet un po’ di informazione, magari internazionale, e quello abitato da coloro che guardano i telegiornali e leggono i giornali italiani.
Di solito passo più tempo nel primo che nel secondo.

Ad esempio la guerra nel Mali. La Francia è in guerra. La notizia è quasi assente dai media italiani che parlano di bisticci tra figurine della politica. Se non fosse stato per il rapimento in Algeria ad opera di un gruppo Jihadista non si sarebbe nemmeno sfiorata la notizia.

Ascoltando una rassegna stampa a radio 3 nei giorni scorsi vengo messo al corrente dei titoli dei giornali francesi. Si riassumono in: -La Francia è stata lasciata sola-. In guerra, sola.

Una guerra strana. La versione ufficiale è che la Francia è in guerra per difendere il governo democratico del Mali, che si trova sotto attacco dei guerriglieri islamisti del nord e che stanno conquistando anche il resto del paese. La versione ufficiale presenta almeno qualche incongruenza dal momento che il governo del Mali è un governo golpista.

Certo di fronte ai tagliagole islamisti appare democratico chiunque. (Questo è innegabile… piacerebbe però che chi scrive su blog più blasonati e influenti di questo tenesse di conto di questa relatività.)
Questo è il miracolo dell’islamismo e della sua estrema utilità e versatilità: farebbe apparire democratico anche Mussolini.
-Poi, siccome a volte l’islamismo serve per rovesciare qualche rompiscatole poco favorevole alle politiche imperiali, succede che si fa finta che non ci siano gli islamisti a rovesciarli, ma dei fronti eterogenei. Come nel caso della Libia o della Siria.-

L’islamismo è prima di tutto un capolavoro della destra neo-liberista perché che esso sia al potere o all’opposizione, che sia ufficiale o in clandestinità monopolizza il desiderio di rivalsa delle masse nel mondo islamico e le allontana dall’opportunità di una reale emancipazione.
Io lo chiamo modello Iran (sì, il nemico storico degli USA). In Iran la rivoluzione l’hanno fatta le forze laiche di sinistra, ma il partito islamista di Khomeini ha rappresentato il male minore per gli USA.
Là dove l’islamismo non è direttamente alleato con le potenze imperiali rappresenta comunque un blocco per le masse. [L’ho già detto ma ogni tanto mi piace ripeterlo in altro modo.]

Quindi per me non esiste islamismo buono (quello anti-americano per intendersi) e cattivo (quello cripto filo-americano).

Dicevo la guerra della Francia in Mali. Mi sono posto delle domande.
Ho cercato su Internet ed ho trovato questi articoli interessanti: Mali. La stampa sotto chiave, il panico tra la popolazione: è il Colonialismo 2.0
di Andrea Camboni (osservatorioiraq.it)

::: Dietro la retorica della guerra al terrorismo, le democrazie occidentali contendono alla Cina il primato economico sulla regione, assicurandosi l’accesso alle risorse strategicamente fondamentali a forza di interventi militari sotto il cappello dell’Onu.

Consiglio anche questo articolo: Mali. Se la ‘guerra al terrorismo’ si combatte nel cuore del Sahara.
di Ludovico Carlino

::: L’intervento armato in Mali è giunto prima del previsto. Dopo il fallimento dei tentativi di mediazione con i ribelli che controllano il nord del paese e dopo la nuova avanzata verso sud dei militanti jihadisti, la Francia ha iniziato lo scorso venerdì una campagna di “anti-terrorismo” diretta a “ristabilire l’ordine”. Un intervento che rischia tuttavia di destabilizzare ulteriormente il Sahel, e che manca di un’adeguata pianificazione.

E questo: La guerra in Mali e l’uranio del Niger
di Stéphane Lhomme
– traduzione a cura di Stefano Nanni

::: Stéphane Lhomme, direttore dell’Observatoire du nucléaire, affronta il tema degli interessi economici e strategici in ballo nella regione saheliana e mette in relazione lo sfruttamento delle riserve di uranio nigerine con il recente attacco delle truppe francesi nel nord del Mali, sottolineando “l’utilità del pericolo islamista” alla politica egemonica attuata da Parigi nelle ex colonie.

Valgono una lettura. Però c’è qualcosa che non mi quadra… Gli articoli sono presi da un solo sito e sebbene siano condivisibili sotto molti aspetti non mi soddisfano nell’impostazione generale. Se le cose stessero come emerge da queste analisi significherebbe che la Cina sta armando i Jihadisti per conquistare spazio in Africa.
A parte che normalmente è il fronte del petrodollaro che fornisce armi e finanziamenti agli islamisti, per mezzo delle petromonarchie. Ma questa unione fra francesi e americani in Africa mi risulta sospetta. In Algeria gli USA finanziavano gli islamisti e usavano le basi di addestramento per addestrare i guerriglieri da spostare in Afghanistan. La Francia è alleata del regime. E’ vero che in Libia però hanno fatto comunella tutti quanti e si sono spartiti la torta…

Il sospetto viene amplificato dal fatto che la Gran Bretagna, di solito piuttosto schierata sul piano militare ha fornito alla Francia due aerei cargo, che però erano rotti, quindi non sono potuti partire! Gli USA niente. Un po’ poco se si considera quanto investono questi due governi in azioni belliche.

Con le poche informazioni che ho raccolto mi sarei immaginato che in Africa fosse in corso una guerra economico-militare fra USA e Europa. Tra Eurasia e Oceania, per dirla in termini Orwelliani e che la lettura che vede l’occidente colonialista come una entità compatta che difende congiuntamente degli interessi di sfruttamento fosse un attimino da rivedere. Magari con l’utilizzo di griglie di lettura più aggiornate.

Ah, una cosa l’ho capita. Il sottosuolo del Mali è ricco di tutto.

[GC :::2013:::]

Vedi anche: La guerra in Mali, Sankara e l’uccisione della felicità Un articolo schierato a favore dell’intervento francese.

Malì: una sfida di civiltà da rifiutare. di Antonio Negri

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , , , , , , , , , , , | Comments Off on La guerra in Mali