Il film che non esiste?

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Interessante articolo su Repubblica di oggi: The Innocence of Muslims. Il film che non esiste. Di David Dupont.

A caldo devo dire che l’articolo contiene almeno un’inesattezza, che però ne rafforza la tesi. La pubblicazione su youtube è avvenuta prima dell’11 settembre ed è poi esplosa, in tutti i sensi, l’11 settembre grazie ad Al Jazeera (to’ chi si rivede!), che ha fatto una serie di servizi, non so se il 10 o proprio quel giorno. La TV del Qatar, lo staterello capofila delle petromonarchie del golfo che stanno “inglobando” il mondo arabo (e petrolifero) con il supporto USA… Supporto non significa amore incondizionato. Se guardate sul sito di Al Jazeera vedrete in bella evidenza a sinistra -LIVE BLOG SYRIA- il principale contenzioso del momento…
Presto per dire cosa c’è di vero in tutta questa storia. Certo è che: affinché le conseguenze ad una notizia siano vere, non importa che la notizia sia vera.

Con la religione è facile alzare il polverone. (Conbucio:)

Gianni

PS: Ho scritto qualche tempo fa un racconto (semiserio) che credo essere pertinente all’argomento… chi volesse dargli un’occhiata: La squadra saudita di beach volley femminile vince la medaglia d’oro, ma viene squalificata a causa del nudo integrale.

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Perché la CIA non mi paga?

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Mi è stato girato il link ad un articolo pubblicato su un blog di estrema sinistra. L’articolo in questione parlava della vicenda, arcinota, delle Pussy Riot. Solo che a differenza del coro -Free Pussy Riot- questo è un articolo contro le “fiche riottose”, come le chiama dall’inizio alla fine e contro i soliti supporter buonisti, diritto-umanisti della folkloristica sinistra europea che non capiscono un cazzo e si fanno abbindolare come allocchi dalla lunga mano del capitale.

Il blog è uno di quei blog gestiti da una certa area molto più a sinistra di quanto tu possa essere mai stato a sinistra, né tu possa mai diventare di sinistra e, né i tuoi parenti, né i tuoi amichetti borghesi servi del capitale ci arriverete mai ad essere così di sinistra… e sinceramente dato il tenore dei ragionamenti che girano sul blog, uno se ne fa anche una ragione di non essere “così” di sinistra.

Però a me non interessava tanto entrare in polemica con le argomentazioni dell’articolo, altrimenti mi sarei unito al qualche centinaio di commenti pro o contro che si trovano in coda.

Non mi interessa perché il tenore dell’articolo è quello, o ti piace o non ti ci trovi proprio. Niente di nuovo. Un must per l’area marxista-leninista.
Il tono non ammette repliche, è certezza assoluta, visione perfetta e lucida: tutto, ma proprio tutto orchestrato ad arte.
Merda!
Una trappola per fessi, per dirla alla Jean Paul Sartre.
La lunga mano dei servizi USA anche dietro le topine riottose.
Me lo sentivo un po’.

Beh è un ipotesi. Non vale la pena di fare polemica. Vai a sapere che non abbiano ragione loro con la loro estetica macho-revoluzionaria, giusto un tantino cazzo-centrica, e grafica bianco-rosso-nera e caschi con stelle e passamontagna ecc ecc.

Giusto per fornire alcune suggestioni (come si dice oggi), cito una parte dell’articolo dove giustamente ci mette al corrente che “le fiche riottose” …”Nelle loro “performance” ogni tanto suonano pure, ma non è quella la loro attività principale. Dopo aver messo in piedi alcune sceneggiate demenziali a sfondo pornografico, come infilarsi dei polli surgelati nella vagina in un supermercato di fronte agli allibiti clienti, oppure aver organizzato una mega orgia di gruppo in un museo, sono arrivate a mettere in piedi una sorta di rappresentazione musicale punk all’interno della principale chiesa russa, e cioè la cattedrale di Mosca. Queste solo le azioni principali, per non dire di tutte le altre pagliacciate, sempre a sfondo sessuale, praticate negli anni.”

Ora, io avevo preso la vicenda come un episodio sulla scia dei tanti della Russia post sovietica o neo-zarista (non si capisce bene)… tipo brogli elettorali, controllo totale dell’informazione, ristrutturazione dei servizi ad uso repressivo, giornalisti messi a tacere in vario modo e così via. Ma non mi ero documentato e avevo un’idea piuttosto vaga. Sì, daccordo -lasciate libere “le fiche riottose”-, perché non mi piace che nessuno finisca in galera almeno senza aver danneggiato cose, né ferito o ucciso animali o esseri umani.. ma non è che mi fossi fatto un’idea precisa su questo collettivo sconosciuto.
Invece dopo aver letto questo articolo mi piacciono proprio “le fiche riottose”!

Un pensiero mi è apparso chiaro in testa.
Era lì. Covava da tempo. Da quando cioè ho imparato a leggere i volantini politici… e tutte le volte ci casco a leggere i volantini di questa area, ed ammetto che esercitano su di me un fascino violento, perverso, morboso…
Insomma la domanda è questa: ma io sono un agente della CIA?
E se sì, perché non me l’hanno detto?
Ma, soprattutto, perché non mi pagano?
Chi cazzo c’è a fare le buste paga da quelle parti?

Facciamo un salto indietro: io sono stato pagato per fare parecchie cose in vita mia, tipo stendere pizze, lavare piatti, controllare bottiglie, guidare muletti, lavorare gelati, infilare sfere sinterizzate di ceramici avanzati in altoforno, controllare presse, avvitare filtri dell’olio, consegnare sacchi di carta per raccolta differenziata, consegnare sacchi di polietilene per raccolta differenziata, spazzare strade e marciapiedi, caricare ingombranti su furgoni, tagliare erba nei giardini pubblici, stralciare, potare, vendemmiare, analizzare vino, pulire vasche, cose che non mi ricordo e qualche volta anche per annoiarmi (sembra strano, ma è vero).
Ma non sono mai stato pagato per scrivere.
Chiaramente questa è un’ingiustizia cosmica che richiederebbe una mobilitazione internazionale.
Però è così e nessuno si mobilita, io per primo non lo faccio. Allora scrivo lo stesso e magari non mi viene peggio delle suddette attività citate nell’elenco di cui sopra.

Beh, non mi pagano per scrivere, ma nemmeno io pago qualcuno per pubblicarmi. Siamo pari, o quasi.
Il bello di avere un blog è che scrivi quello che ti pare quando ti pare.
E ti pare poco.

Detto questo non disprezzerei un giorno di ricavare da questa attività tipo… del denaro. Non dico di guadagnare quanto guadagna un idraulico. Ci mancherebbe, ma almeno quanto un operaio generico con contratto di merda in una cooperativa sociale. Oppure quanto un avventizio agricolo. Per dire.
Vabbé non so come si fa. Non ho mai capito a chi si devono chiedere i soldi per quello che si scrive. Dove è l’ufficio? A chi si chiedono? E perché?
Tutte domande che per ora resteranno senza risposta.
L’unica vera risposta che mi sono dato è questa: quando sarà il momento (vai a sapere di cosa parlavano di preciso i calendari maya) mi arriveranno dei soldi per quello che scrivo.
Io intanto scrivo.

Lo so, è una risposta un po’ mistica, e proprio grazie all’articolo del blog che parla delle “fiche riottose” ho messo a fuoco la faccenda e sono sceso coi piedi per terra. Adesso so che la CIA, visto che deve avere dei libri paga infiniti, potrebbe pagare anche me.
Tanto io ci casco sempre.

Davvero non ce la faccio a non cascarci.
Ve la ricordate l’opposizione iraniana che scendeva in piazza contro il regime? Io facevo il tifo per loro. Con la solita superficialità ero dalla parte degli studenti che manifestavano piuttosto che dalla parte delle motorette con sopra i guardiani della morale, che passavano fra la folla a tutta velocità e prendevano i manifestanti a bastonate. Era il 2009.

Se avessi scritto qualcosa avrei scritto qualcosa dalla loro parte. Piuttosto che dalla parte di un regime che ha ammazzato per impiccagione ragazze di 16 anni con l’accusa di aver offeso la morale perché parlavano con dei ragazzi in modo troppo disinvolto. Che ha fucilato, incarcerato e torturato oppositori, molti dei quali, fra l’altro, comunisti.
Invece sbagliavo.

Ecco come ne parla invece l’articolo che mi ha illuminato: “Stessa cosa in Iran nel 2009, dove le manifestazioni filo-occidentali trovarono la risposta di piazza di milioni di persone in difesa dell’indipendenza iraniana.”

Per inciso, anche il regime fascista, in questa forma mentis, potrebbe essere inquadrato in una forma di resistenza dell’indipendenza italiana.
Ma figuriamoci se non esiste, nel corredo dialettico dell’autore, una frase che annulla un pensiero così cupo. [Una volta, nel mezzo della città di Pisa, mi sono imbattuto in una scritta fascista: -25 Aprile, finisce l’Italia, inizia Italy.- e mi sono detto: anche se fosse vero meglio Italy, che la vostra Italia di merda.]
Non la voglio sapere. Tanto ormai ho imparato che lavoro per la CIA in automatico.
Io ho imparato. Adesso è bene che la CIA impari a pagarmi.

Comunque aspettando questo momento pecuniario remunerativo ho scovato la differenza fondamentale fra il modo di leggere la realtà dell’autore del blog ed il mio (perché ce l’ha eccome una lettura della realtà).
L’ho trovato nella frase successiva al passaggio che ho citato prima.
Potrebbe sembrare una frase fatta messa lì, ma non lo è: “Il più delle volte, invece, la messa in scena va a buon fine. E allora bisogna inquadrare la vicenda nel gioco geopolitico attorno alla quale si snoda.”

Ci sono due modi talvolta contrastanti di valutare la realtà e l’ingiustizia. Io li chiamo: geopolitico e biopolitico. Non credo di riferirmi in modo preciso alla definizione di Foucault, di cui so troppo poco. Ma di sicuro c’ha qualcosa in comune.

Voglio dire questo: che se io devo vivere sotto un regime oppressivo, che non mi permette di vivere, che mi spia, mi controlla, mi prende a bastonate, mi imprigiona per le mie scelte, per i miei orientamenti sessuali, per potersi garantire il proprio potere, può essere che passi in secondo piano la posizione resistente (ma siamo sicuri poi?) di questo regime di fronte all’imperialismo americano.
C’è chi la vede in un modo, chi in un altro.
Io mi considero di più uno che valuta la biopolitica prima della geopolitica.
Talvolta le cose creano contraddizioni, è vero. Alcune di queste contraddizioni sono anche dolorose. Ad esempio la vicenda del conflitto palestinese. Passata la stagione dell’intifada e dentro la deriva affaristica da una parte e jiadista dall’altra la società palestinese ha perso molto dell’appoggio internazionale.

Per il geopolitico assoluto questo è dovuto solo alla potenza della propaganda imperialista e sionista. Le persone sono stupide, a parte quelle militanti, e sono sottoposte solo a stupide pulsioni.
L’ambiguità fra guerra santa-antioccidentalismo da una parte e lotta di liberazione nazionale dall’altra non c’entra niente. T’hanno acceso i fumogeni nel capo se non riesci ad essere così “coinvolto” in quanto occidentale e laico. Se sei contrario alla politica israeliana perché viola ogni forma di diritto internazionale e di diritto umano, ma continui a pensare che la condizione della donna palestinese non è direttamente legata all’occupazione israeliana, sei un banale diritto-umanista folklorista.

Nel pensiero geopolitico non c’è niente da capire. Tutto ben definito. Tutto già capito, tutti sullo stesso piano: Chavez, il regime iraniano, Putin, i palestinesi… e dall’altra i cattivi coi carri armati di un altro colore. Che bello. Nessuna contraddizione mai. Niente da comprendere. Gli allocchi ci cascano e stop.
Il calore rassicurante di una fede.

Gianni Casalini ::: Settembre 2012 :::

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Del voto

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C’è qualcosa nell’utilizzo degli strumenti della rete che ci spinge sempre più ad esprimere giudizi sul gradimento di immagini e frasi ad effetto che ci passano davanti in un flusso continuo. Viene meno l’esercizio di esplicitare il senso per cui una cosa ci piace oppure no. Ci si appiattisce nel giudizio del consumatore che ha come possibilità di esprimersi solo attraverso l’acquisto e il non acquisto. Vale/non vale. Pago/non pago.
Così la trappola del mi piace/non mi piace è presa come modello esaustivo della realtà, soprattutto a causa della velocità con cui un nostro gesto, un click, entra in “sistema” e genera feedback, dentro un gruppo più o meno pre-scelto.

Il discorso dei social network merita delle note a parte. Intanto mi sento di affermare che dovrebbero essere inseriti dei nuovi tasti per migliorarne la funzione: intanto il tasto “Lo so già, evita di ripetermelo, per l’ennesima volta. Grazie”, oppure il tasto “In un certo senso mi piace” a cui dovrebbe seguire la spiegazione del senso in cui mi piace o non mi piace.

Ad esempio mi è stata postata su fb una citazione su cui sono d’accordo solo se spiego il senso per cui lo sono. Si tratta di una frase di Mark Twain che dice: se votare facesse qualche differenza non ce lo farebbero fare. Frase stupenda e penso sia veramente attribuibile a Twain, anche se non sono riuscito da una breve ricerca a sincerarmi dell’autenticità.
Sono d’accordo con Twain, ma non posso esprimere il giudizio con il pulsante “mi piace” perché questo implicherebbe che io stia dicendo che –non votare fa qualche differenza-. Cosa su cui sono in disaccordo.
Se votare non serve, anche non votare non serve. Direi piuttosto che votare non serve a ciò per cui dovrebbe servire. Il che non è poco, ma non è tutto.
Appurato che il disincanto rispetto al voto e alla democrazia delegata è legittimo, non vedo alcun motivo per ribaltarlo nell’incanto per il contrario. Cioè per il feticismo del non voto.

Su questo meccanismo dell’azionare la leva del disincanto per produrre degli svuotamenti istituzionali, il sistema di dominio ha agito a più riprese. Talvolta è servito allontanare le masse dalla macchina elettorale e talvolta, invece, è servito mandare le masse a votare per sommergere col suffragio decisioni già prese. IMHO: Non esiste una scelta strategica fra il voto e non voto presa a priori dal sistema di dominio.

Se votare non serve e anche non votare non serve ci troviamo nelle condizioni simili a quelle di un koan zen: una di quelle domande che il maestro pone all’allievo nel buddismo zen e che non ammettono alcuna risposta logica.
Questo, al pari dell’allievo zen, dovrebbe spingerci al superamento dello schema di riferimento entro cui la domanda è posta.

Per me vale la metafora dell’autobus.
Prendiamo una comunità umana e paragoniamola ad un gruppo di persone che devono prendere un autobus per fare un viaggio. Ognuno avrà un suo interesse opportunistico nello scegliere una meta e una direzione rispetto ad un’altra. Così come le fermate e le tappe intermedie.
Poniamo che tramite una discussione sugli obbiettivi del viaggio tutti i viaggiatori, o quasi, riescano a decidere dove l’autobus deve andare. Poniamo poi che tutti i viaggiatori o quasi riescono a decidere chi è il conducente che guiderà l’autobus (il tempo necessario a raggiungere la destinazione); in quanto occorrono delle capacità nel guidare un autobus che non tutti possiedono…
Se questi passeggeri nel decidere dove e come e con chi andare dal luogo dove si trovano ad un altro riescono a superare lo spirito di fazione e gli interessi particolari, ad esempio isolando chi mette le proprie variabili opportunistiche individuali al di sopra della dialettica, essi sono stati eccellenti nell’esercizio della democrazia.
Se il conducente al primo bivio dirige, con una qualsiasi scusa, l’autobus dalla parte opposta a quella decisa, i viaggiatori fanno bene a intimargli in malo modo di accostare, lasciare il posto di conducente e riprendere immediatamente il posto di passeggero.
Se c’è da fare il pieno ci si fruga in tasca tutti e così via…
Il problema è che chi decide la destinazione non è sull’autobus. Caso mai ci sono i suoi scagnozzi.

In altre parole, io sono convinto che la direzione e la destinazione siano decisi da una oligarchia e fatti accettare con metodi “democratici” e che il conducente non ha la minima intenzione di farsi disturbare dai passeggeri.

La situazione reale –sempre dentro la metafora- è la seguente: una volta deciso il conducente esso viene affiancato da un individuo molto ben vestito che gli fornisce una busta chiusa contenente direzione e destinazione esatte decise da altri, altrove.
Se non lo fa verrà sostituito o peggio.
In breve l’abilità principale degli aspiranti conducenti diventa quella di convincere i passeggeri che si tratta soltanto di una deviazione momentanea, inevitabile, causa di forza maggiore.
In un secondo tempo anche i passeggeri diventano bravi a desiderare di andare solo dove il conducente è tenuto a portarli.
Ora, che i passeggeri, mentre riescono a portare a nudo l’inganno, ad organizzarsi e attuare delle contromosse, scelgano un conducente che rispetti i limiti di velocità e si ferma continuamente alle soste piuttosto di uno che pigia come un pazzo sull’acceleratore mi parrebbe logico. Scusate il termine.
Poi c’è chi dice che prima l’autobus finirà in un burrone prima i passeggeri capiranno l’inganno. Mah, sarà. Mi sembra una posizione buona per chi è fuori dall’autobus. Io non me la posso permettere. Altra cosa è credere di cambiare le cose col voto. Questo, Dio mio, no!

Democrazia è una bella parola ed il potere non ha nessuna intenzione di sostituirla con un’altra. Anzi, dopo averla ridotta ad uno zombie ammaestrato stanno cercando di spalmarla ovunque una qualche forma di democrazia edulcorata. Quella adatta al post-colonialismo. Quella che siccome c’è già non c’è più bisogno che la chiedi. Quella per cui il mondo civile e moderato dietro una mascherona di politically correct, si presenta come un enorme: prega-prega, vota-vota, consuma-consuma.
La democrazia delle scelte già prese viene estesa su scala mondiale.

Quindi: io sono d’accordo con la frase di Mark Twain perché mi sa che è davvero di Mark Twain, o almeno di uno molto bravo a fargli il verso. Non con tutti i rifiuti del voto o dell’esercizio democratico delegato, in cui, ad esempio, Mussolini e altri sono stati degli eccellenti teorici e pratici ed a cui viene contrapposto nell’immediato solo l’esercizio di un potere dispotico, posso trovarmi a mio agio.
Visto che mentre cercavo di capire quanto fosse vera la frase Twain ho trovato altre citazioni sul voto ne riporto una per chiudere il post.

L’unica consolazione, di fronte a certi duelli elettorali fra due candidati, è che almeno uno dei due perderà.
Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987

Gianni ::: 9 Settembre 2012 :::

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Freud, Jung e noi.

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Anno 1909. Viaggio sul transatlantico George Washington partito dal porto di Brema il 20 di Agosto e diretto a New York. Freud dice a Jung e Ferenczi, con malcelata soddisfazione: «Non sanno che portiamo loro la peste!»
…stanno andando a portare la peste negli USA.
La scoperta dell’inconscio è la peste.

Visto che siamo in mare su un transatlantico che non è il Titanic, ma gli anni sono più o meno quelli, vale la pena di azzardare la metafora dell’iceberg.

-Tutte le volte che pensi all’inconscio cosa pensi?
Io penso ad un iceberg. Quando ero più giovane invece pensavo a due stanze separate.
La coscienza e l’inconscio non sono né due stanze separate con una porta più o meno socchiusa, e nemmeno un iceberg, ma l’iceberg mi piace di più.

Una montagna di ghiaccio, che galleggia nel mare (nel mare dell’inconscio collettivo, nel campo unificato… Dio mio, dove galleggia?) e di cui solo una piccola parte emerge sopra la superficie.
Amico Freud e amico Jung, magari vi avrebbe fatto cagare a tutti e due questa metafora, però a me piace.

La luna di miele intellettuale fra Freud e Jung durerà poco. I due avrebbero divorziato, intellettualmente sempre, e preso due strade diverse e divergenti già nel 1913. Ma… su quella nave erano una coppia di cervelli che stava portando la peste nel cuore della bestia e doveva esserci una certa frenesia per un’impresa del genere (gli USA hanno il più alto PIL del mondo dalla fine dell’800 giusto per capire di che si sta parlando).

Jung parlerà poi di inconscio collettivo e di robe che Freud non vorrà nemmeno sentir nominare.
Eppure a me l’idea di un inconscio collettivo piace.
Mettiamo che si possa parlare di inconscio collettivo e di inconscio individuale e premettiamo che lo sto facendo un tanto al chilo.
Messo e premesso tutto questo, direi che associo quella roba chiamata inconscio collettivo con le esigenze di liberazione e quella roba più o meno chiamata inconscio individuale, a delle esigenze di realizzazione. [1]

Allora deve essere successo che gli USA, che assorbono, e digeriscono, e mantengono tutto ciò che funziona o potrebbe funzionare, che è riproducibile o efficiente o che sviluppa potenza, hanno inglobato il virus della psicanalisi, e, grazie ad un minuscolo crack, hanno invertito l’istanza di liberazione collettiva con quella di realizzazione individuale.
Così noi contemporanei cerchiamo di liberare l’inconscio individuale e di realizzare quello collettivo. Fregatura.
Detto per inciso l’inconscio di certa gente non è bello a vedersi e sarebbe meglio che non lo liberassero proprio.

Freud diceva che lui era il terzo di una serie di tre ferite narcisistiche che avevano colpito l’uomo occidentale e da cui ancora non si era troppo riavuto.
Le prime due erano Copernico e Darwin, la terza ferita, appunto, lui; Sigmund Freud.
Ok, il primo aveva tolto la terra dal centro dell’universo e l’aveva messa dove, con buona probabilità, era sempre stata. Il secondo aveva tolto l’uomo dal centro del “creato”, facendo vacillare il creato stesso.
Come se non bastasse dopo che avevamo scoperto che non eravamo più al centro dell’universo e non eravamo una creatura eletta, arriva Freud il guastafeste e ci dice che non siamo nemmeno ciò che crediamo di essere e la nostra volontà è mossa da forze oscure di cui siamo padroni solo in minima parte.
Una batosta.

Come è finita poi quella storia? La psicanalisi ha ammorbato il produttivismo capitalista puritano made in USA?
Mah, quasi quasi il contrario. O almeno la cosa è stata reciproca.
Gli USA si sono rivelati immuni, oppure indifferenti, ad ogni ferita narcisistica; sarà per i grattacieli, sarà per il baseball, vai a sapere. Altra storia nella cara vecchia Europa [2].

Il lato positivo di tutte queste cicatrici sarebbe potuto essere lo sviluppo di una certa dose di umiltà e la diminuzione di motivi per accendere roghi.
Macché, nella vecchia Europa ci sarà una rivolta della volontà, che di lì a poco esploderà in tutte le forme più degenerate.
Di lì a poco i roghi saranno industrializzati nella forma dei lager. Il colpo di coda della nevrosi?

Oggi non dovrebbe avere un gran senso fare il tifo per l’uno o l’altro dei due grandi scienziati. Forse è esercizio da seguaci. Non so. Non ne so abbastanza. Non mi interessa questo piano.
Poi come molte grandi coppie è probabile che sia stato necessario un cammino in comune e una divergenza.
A me piace pensarli felici a bordo della George Washington mentre vanno a portare la peste in America, ancora ignari di tutto il resto.

E noi?
Freud ha detto, riferendosi ai civilizzati, che per un po’ di civiltà abbiamo rinunciato alla felicità. Come dargli torto?
La mia tesi è che siamo stati così bravi a rinunciare alla felicità che adesso il sistema di dominio si sente abilitato a toglierci anche quel poco di civiltà che ci siamo conquistati.

Benvenuti a bordo.

Gianni ::: 2011 :::

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Ignudi fra i nudisti.

ignudi tra i nudisti

ignudi

Croazia. Costa Istriana. Koversada: camping naturista. Agosto 2012.

Una piccola isola ricoperta di pini e collegata da un pontile al resto del campeggio. Poco più di un centinaio di metri dalla costa.
Tutto intorno acqua cristallina, trasparente come vetro azzurro.
Un paradiso di sassi e scogli che scivola nel mare.
Uno schiamazzio di bambini germanici, magrissimi, biondissimi e nudissimi che sciamano intorno a genitori altrettanto germanici e nudi, decisamente meno magri, intenti nelle loro letture estive (a giudicare dalle copertine non deve trattarsi di Goethe).

C’è tutto in Istria. Tranne la spiaggia. La sabbia non si è fermata da questa parte dell’adriatico.
Con qualche bracciata me ne torno verso il telo steso su una riva composta da sassi sufficientemente fini e levigati da potersi dire quasi comodi. La cosa più simile ad una spiaggia. La più affollata.

Lei invece nuota tranquilla verso l’altra riva, una bracciata dietro l’altra seguendo una rotta in diagonale verso il pontile sulla terra ferma.
Il mare è piatto come un lago da questa parte dell’isola e lei nuota molto bene.
Io non nuoto così bene e non sono predisposto ai rischi inutili.
Non mi piacciono le sfide ad eccezione di alcuni tipi di sfide, che non hanno niente a che vedere con gli elementi naturali. Ritengo la natura sempre più forte e imprevedibile di me, visto come individualità. La rispetto e la temo. Ecco.
Poi mi sembra che non siamo al sicuro nemmeno nel nostro elemento figuriamoci in un altro.
Per quanto mi riguarda i costruttori di deltaplani e quelli di corde da bungy jumping avrebbero chiuso bottega da un pezzo…
Ho sempre preferito una ragionevole produzione di endorfine agli schock da adrenalina e chi pensa di me che sono più adatto al sesso di gruppo piuttosto che alle traversate in solitario mi ha intuito bene.
Va detto, per amor del vero, che il mio tempo libero è impegnato più in fruttuose letture, piacevoli camminate e acute osservazioni che nelle orge. Non è giusto lo so, ma è così.

Comunque non è la sfida che anima il susseguirsi delle bracciate che quasi l’hanno portata dall’altra parte. Procede rilassata verso riva. Meno male.
Non ho mai conosciuto una persona che amasse la sfida agli elementi naturali e che fosse anche intelligente. Ci saranno pure. Io però non ne ho mai conosciute e sono contento che lei non appartenga a questa categoria.
Ecco sale dalla scaletta e mentre si gira i capelli per strizzarli con un gesto che mi è familiare, finalmente la vedo camminare verso il ponte.
Il sole mi ha quasi asciutto completamente -poter rinunciare alla fastidiosa sensazione del costume che rimane bagnato mentre tutto il corpo è asciutto è cosa che vale, da sola, una levata di scudi a favore del nudismo-.
Mi metto allora con calma a scrivere le mie NOTE NUDE sul taccuino.

Nota. Gli eroi qui sono l’anziano e l’anziana che mostrano la naturale decadenza del corpo. Il corpo anziano nudo non è impressionante come culturalmente siamo portati a pensare.
La nudità è fin troppo naturale.

Qualcuno potrebbe trovare questo poco intrigante.
In un certo senso ha ragione.
Ad esempio i culi nudi si assomigliano molto di più dei culi vestiti. La differenza tra un culo sodo e slanciato e uno ampio o cadente è maggiore da vestiti. Il nudismo è una forma di comunismo dei corpi o almeno una democrazia molto spinta.

Nota. Per una questione di pudore adolescenziale le ragazze ed i ragazzi dai 12 ai 18 anni circa portano quasi tutti il costume. Pudore?
Si tratta di un margine.
Sottolineano che adesso c’è qualcosa da vedere e che quindi vale la pena nascondere.
Rispetto alla nudità innocente e quindi gratuita dei bambini il corpo ha acquisito adesso altra forma, non così gratuita e quindi desiderabile. Desiderabile e quindi non così gratuita.
Per contro le persone più anziane sono quelle che passano la maggior parte del tempo nude. Mostrando così che c’è ancora qualcosa che potrebbe essere coperto, ma non lo è?

Episodio. Una ragazza con un bel corpo e un altrettanto bel fondoschiena mi passa davanti in bici e prosegue nella mia stessa direzione. E’ quasi nuda. Indossa cioè un perizoma sottilissimo, che sembra fatto con due pezzi di spago nero e invece probabilmente è assai costoso.

Una volta qualcuno mi chiese di fare un esempio di “cornice interna” e io risposi: il perizoma. La mutandina culto che da qualche decennio attira l’occhio curioso o predatore.
Qui ho la prova che sapevo quello che stavo dicendo. In un luogo dove la convenzione è stare nudi anziché vestiti il perizoma continua indisturbato ad esercitare il suo fascino ed a riscuotere successi e continua ad avere una funzione stimolante.
Infatti esso non è meno di un vestito e più del nudo. Esce dalla scala. Non c’è più linearità tra i cm quadrati che copre e la stimolazione erotica che fornisce tramite l’immagine.
E’ la percentuale di tessuto che dà sostanza al nudo. Ed è la parte lasciata nuda che erotizza ciò che la mutanda copre.
Mi torna in mente l’antico adagio: la politica è come il perizoma. Ciò che mostra è interessante, ciò che nasconde è vitale. Da qualche parte l’ho già scritto. Ma tanto vale.

Nota . Almeno il 70% dei campeggiatori è tedesco o austriaco. Ma soprattutto tedesco. Il secondo gruppo linguistico per consistenza numerica è quello italiano. Seguono poi, ma distanziati, sloveni, slovacchi, cechi, olandesi ecc…

La differenza tra italiani e tedeschi è maggiore da nudi che da vestiti. Quindi non è una questione di tessuto. Nemmeno si tratta di differenze fisiche evidenti. Ciò che cambia è il modo con cui i tedeschi e gli italiani rappresentano se stessi nel mondo.

Con una punta di insolito orgoglio patrio posso affermare che quello che trasmettono gli italiani è l’ostentazione della nudità come un piacere. Nei tedeschi prevale il dovere… forse verso antiche divinità naturali tuttora attive nel subconscio. Vale la pena di approfondire.

Giungo alla conclusione che si tratta di due pulsioni pagane a confronto. Quella germanica che venera la forza della natura e in cui uomo e donna nella loro nudità si ergono, elementi fra gli elementi, nel mezzo delle tempeste grazie ad una volontà dura come roccia, e quella dionisiaca delle italiche genti che erige enormi cazzi magici in pietra sopra la fica-terra invocando la fecondazione della pioggia-sborrata-universale-del-cielo e ballando fino allo sfinimento mentre si accoppia col culo sudato, come se non ci fosse un domani né un perché, né mai potesse essercene uno.

Mi torna in mente l’espressione usata da Umberto Eco ne -Il pendolo di Foucault-, per descrivere una giovane ragazza tedesca che nonostante i balli ossessivi di un rito sciamanico in Brasile non riusciva ad entrare in trance. Tutti tranne lei ci riuscivano. “Povera teutonica ammalata di clavicembali ben temperati.”

Il mio patriottismo finisce qui in quanto valuto l’italica capacità di mandare tutto in vacca e considero necessaria una predominanza etnica teutonica in una situazione del genere, con tanto di clavicembali ben temperati.
Ne converrete che è terribilmente più semplice essere italiani quando si è in pochi.

Per contro senza una componente italiana un campeggio naturista assomiglierebbe, suo malgrado, ad un campo di miglioramento della razza.

Un altro episodio. Una ragazza biondina, non troppo alta, fisichino asciutto, tette minuscole e culetto ritto cammina a testa alta ancheggiando con cura e parla a voce talmente alta che, comunque, ti volterai a guardarla. Ha il pube depilato e la fessura piuttosto alta. (La depilazione dei peli pubici sembra piuttosto in voga fra le naturiste, forse perché l’altezza della fessura è una delle variabili più evidenti nel sesso femminile.)
Dietro di lei cammina quello che dovrebbe essere il suo partner. Sicuramente più giovane. In costume, quasi a voler sottolineare una forma di sottomissione alla sua divinità femminile.
Lei lo gestisce con il movimento della coda.
E’ italiana.

Le italiane le riconosci dal passo. Ancheggiano in maniera più o meno evidente. Sempre o quasi. A volte armonico a volte volgare. Le tedesche invece non ancheggiano mai, o forse lo fanno solo in precisi momenti dedicati alla seduzione. Quindi le tedesche ancheggiano poco in vita loro, come le inglesi cucinano poco. Non so.

Secondo episodio. Fuori dalla tenda vicino alla nostra una coppia di quarantenni che ha appena fatto la doccia si asciuga e poi lei, una mora integrale, in piedi nuda con posa ostentatamente maliziosa si fa spalmare la crema sul corpo dall’old boy le cui mani si soffermano avide sul didietro offertogli con falsa indifferenza.
Sono italiani.

Terzo episodio. Davanti a noi una coppia di coniugi piuttosto anziani. Lei gli sta spalmando una crema solare sul viso e lo fa con la cura con cui si dovevano preparare i guerrieri alla battaglia nell’antichità.
Lui ha una corporatura grossa, ma non è grasso. Lei invece piuttosto magra. La vecchiaia di solito riserva il contrario ai due sessi. Ma la natura, bontà sua, ama la varietà.
Lui ha una faccia dura e cupa e l’espressione, non ci posso fare niente, mi ricorda i criminali nazisti intervistati nei filmati degli anni sessanta. Vorrei scacciare questo pensiero. Magari né lui, né sua moglie col nazismo c’entrano niente ed entrambi hanno fatto tutta la vita i fruttivendoli in una qualche noiosa cittadina della provincia tedesca, prima di andare in pensione… ma, anche scacciando simili fantasmi, rimango dell’idea che senza la componente cazzona e puttanesca degli italiani staremmo complottando per l’invasione della Polonia nudi.

Gianni Casalini ::: Agosto 2012 :::

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Volare, ovvero la democrazia.

Viaggio lungo il fiume Elsa

Viaggio lungo il fiume Elsa

Ma sai… se dico a qualcuno: “Tu puoi volare!” non sto dicendo una bugia, perché almeno uno dei significati della parola volare può essere soddisfatto. E’ sufficiente che tu monti sopra un aereo e che quello decolli.

Parlerei di magia se dicessi: “Tu puoi volare come un uccello”, cioè specificando che mi riferisco al significato più immediato della parola volare. Quello centrale. Quello che per primo produce un immagine sullo schermo della tua mente. In quel senso un gabbiano può volare e un essere umano no.

Una parola è un dado a molte facce ed è sufficiente che se ne veda una per affermare che il dado esiste.

Orwell immaginò un linguaggio asservito al potere tramite una continua semplificazione e contrazione dei  termini del vocabolario. Questo è sicuramente l’esercizio preferito di un potere dispotico centralizzato. Il togliere.

Eppure la maggior parte del controllo che un sistema oligarchico svolge tramite il vocabolario avviene tramite l’esercizio dell’aggiungere.

Aggiungendo significati alla periferia di una parola si può non mentire senza preoccuparsi del fatto che il significato centrale della parola venga normalmente disatteso.

Così la democrazia.

Gianni

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La squadra saudita di beach volley femminile vince la medaglia d’oro, ma viene squalificata a causa del nudo integrale

Lungo il fiume Elsa

Lungo il fiume

Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso.
G. Debord

Mio padre possedeva un cammello. Io possiedo un’automobile. Mio figlio possiederà un aereo. Suo figlio possiederà un cammello.
Proverbio dell’Arabia Saudita

In esclusiva per sutradeloto un’intervista al prof. Penny Moore coordinatore del team che ha realizzato la ormai celebre Reality Juicer Machine. Una macchina virtuale in grado di estrarre immagini di realtà dal flusso generale delle informazioni eliminando le ridondanze e le sovrastrutture inserite come coperture e manipolazioni degli eventi realmente importanti.

Per prima cosa una domanda scontata. Cosa è e come funziona la RJM?

La RJM è una macchina virtuale, quindi si tratta di una macchina che non esiste materialmente, ma lavora grazie ad un elaboratore. Il principio della RJM è molto semplice, la struttura e gli algoritmi che ne permettono la realizzazione e il funzionamento sono invece tutt’altro che banali. Su di essi il team ha deciso di mantenere il più assoluto segreto.
Il principio della RJM è il seguente: essa capta la totalità dei flussi informazionali presenti nei vari media e attraverso una matematica molto accurata estrae quelli che sono gli ”eventi nudi”.
Con“eventi nudi” indichiamo quegli eventi che sono stati preventivamente manipolati prima di venire presentati al grande pubblico, cioè “vestiti”. Su di essi vengono applicati un certo numero di filtri. Un evento può essere parzialmente nascosto, mostrato amplificando alcune caratteristiche, esaltando il particolare al posto del concetto generale, minimizzato, compresso, dilatato, trasformato e così via. L’elenco sarebbe infinito.
In generale il concetto generale di manipolazione si basa sull’-effetto specchio- che si riassume nel semplice fatto che ogni evento viene riconosciuto solo come riflesso nella mente individuale. Il modo in cui viene riflesso –è- l’evento.
La mente individuale è uno specchio addestrato al riconoscimento.
Ciò che riguarda questo training sociale è un discorso che va ben oltre lo scopo e la durata di questa intervista, per quanto ci riguarda è sufficiente dire che ognuno vede ciò che -vuole- vedere.
In questo -volere- passa un mondo.
Ma lo scopo della RJM non è tanto quello di denunciare, per l’ennesima volta, la manipolazione effettuata dal potere nei confronti dell’informazione. Essa fornisce output in cui vengono tolti i vestiti alle notizie di eventi, per così dire.
È una macchina per mettere a nudo.

A tal proposito lei ha affermato in una recente intervista al settimanale in lingua finlandese Delta Geminorum:“denunciare acriticamente la manipolazione e il controllo è diventato lo sport inutile e controproducente per la controcultura di mezzo mondo…”, eppure se ho ben capito la RJM nasce proprio dall’esigenza di annientare questo controllo globale.

Denunciare la disinformazione è stato necessario nel corso della storia ed è sempre più importante essere efficaci nel farlo, ma sembra ormai un tormentone estivo utilizzato a causa della sua semplicità d’uso.
Se non si va avanti si va indietro. Niente resta fermo. Questo è un principio conosciuto e rispettato dal potere e ostinatamente ignorato dalla pigrizia mentale di chi lo critica.

Avremo modo in futuro di ritornare sui principi della RJM, ma intanto ci può dire in cosa consiste questo“nudo”?

La metafora del nudo è significativa. Ciò che in un corpo umano la morale chiede di nascondere nel nome della decenza sono gli elementi “connettivi” del corpo stesso. In quasi tutte le culture si chiede di coprire le parti implicate nell’unione sessuale. Ma la pelle stessa è elemento connettivo e la morale può chiedere la totale copertura del corpo. Ogni parte esterna del corpo umano è connettiva quindi è tramite l’elaborazione di una convenzione che viene stabilito cosa considerare connettivo e cosa no.
Allo stesso modo un fatto prima di essere presentato in forma di notizia viene ampiamente vestito; vengono cioè coperti gli elementi connettivi.
La metafora finisce qui, in quanto il potere deve ostentare di coprire i corpi per essere tale. La copertura è un atto di sottomissione ad una norma imposta o ad una abitudine. Nel caso della così detta informazione viene spacciato per nudo ciò che è in realtà vestito. Quella che viene presentata al pubblico è una accattivante pseudo-nudità.

Ma un fatto non potrebbe essere assolutamente negato o nascosto?

A volte non è possibile. Anzi oggi è quasi sempre impossibile. Inoltre dal punto di vista del sistema di dominio non è mai auspicabile. Ogni cosa deve essere già saputa e interpretata in una miriade di modi inutili, forvianti, infantili. Così anche quando emergesse una “visione illuminante” dell’evidenza del fatto verrebbe subito sterminata in una matrice di idiozie.
Il principio che permette l’output di eventi nudi nella RJM è implementato grazie all’evidenza che un certo “grado di significatività” richiede una grande quantità di “manipolazione”.
E’ proprio seguendo i“vestiti” che gli algoritmi psicolinguistici rintracciano proprio ciò che deve essere messo a nudo.
In un certo senso sfruttano l’impegno dell’avversario.

Però il sistema di dominio potrebbe anche vestire notizie di eventi inutili al fine di farli sembrare significativi. Cosa ne pensa?

Certo ed è quello che succede. Ma la RJM esclude con una certa facilità i bluff.

Posso chiederle come fa?

Un bluff è possibile come evento isolato e non come elemento di una catena di cause/effetti estesa nello spazio e nel tempo… C’è un motivo per cui “le bugie hanno le gambe corte”, per usare un vostro modo di dire.

Può farci un esempio su quello che è uscito applicando la RJM al flusso di informazioni nella settimana che va dal 27 luglio al 12 agosto 2012, quindi durante la trentesima olimpiade, svolta a Londra, Regno Unito?

Certo. Ma per prima cosa è doveroso spiegare che l’output della RJM è gestito da due moduli differenti. Il primo è stato chiamato Eraclito e, al pari dell’antico filosofo greco, fornisce delle frasi simili ad oracoli, oscure e all’apparenza bizzarre. Esse hanno un contenuto di informazione troppo elevato e questo le fa sembrare dei veri e propri non-sense. Il secondo modulo è chiamato Tiresia e interrogandolo a proposito delle frasi oracolari fornisce la spiegazione logica della catena di eventi. Così alcune notizie nascoste nel flusso manipolatorio del mainstream emergono come macchie d’olio sulla superficie dell’acqua.
In questo caso il responso del modulo Eraclito della RJM è stato: la squadra saudita di beach volley femminile vince la medaglia d’oro, ma viene squalificata a causa del nudo integrale.

La frase è davvero bizzarra. Non esiste, né può esistere, nessuna squadra saudita di beach volley femminile. Almeno che le atlete non gareggino completamente coperte dalla testa ai piedi, e forse nemmeno in quel caso. Inoltre è la prima volta che la rappresentanza olimpica dell’Arabia Saudita comprende delle donne. Così il Qatar. Sebbene queste abbiano potuto gareggiare nelle loro discipline secondo una vestizione imposta dalle rispettive federazioni e ritenuta in accordo con la tradizione.
Il braccio di ferro fra la federazione olimpica e la federazione saudita sulla possibilità o meno di gareggiare con il velo per la judoka Wojdan Shaherkani ha tenuto banco più di molti fatti sportivi. Infine è stato trovato un compromesso salutato da tutti i media occidentali come un grande passo avanti nel cammino verso l’emancipazione femminile di quei paesi… oltre che come un successo per il comitato olimpico.

Quello che emerge dallo svolgimento logico della frase è però oltremodo interessante. Prima di tutto nel nome del politically correct è stata fatta passare come una vittoria per le donne lo sdoganamento di un sistema di controllo morale che in altre condizioni potrebbe essere usato (e lo è stato) per campagne di pubblico disprezzo o pretesto per attacchi militari.

Pochi sanno in occidente che normalmente vengono gareggiate delle olimpiadi islamiche per quei paesi che ritengono indecoroso l’atteggiamento delle donne occidentali e occidentalizzate e in cui le donne gareggiano interamente coperte. In pratica con le stesse condizioni di costume imposte alle atlete portate ai giochi olimpici dalle delegazioni delle petromonarchie del golfo.
Forse è superfluo aggiungere che i giochi islamici non hanno mai interessato veramente nessuno nemmeno nei paesi islamici.

Ma questo ragionamento non va contro la libera scelta di ognuno?

Una atleta delle petromonarchie non può scegliere liberamente come gareggiare.

In realtà tutto questo nasconde una operazione di marketing che coinvolge sia oriente che occidente, ovvero quella alleanza giuridico-militar-petrolifera che ha caratteristiche di Impero.
In Arabia Saudita si stanno mettendo a punto dei ghetti femminili dove poter mettere in produzione le donne [1]. Dei bantustan di genere che anch’essi fanno parte della attuale sperimentazione globale che prevede la riduzione del pianeta in una lager-zone. Il principio è quello di un lager diffuso in cui il controllo è attuato secondo le differenze culturali degli individui che ne fanno parte. Delle modalità di controllo locali per un controllo globale. In un certo senso un controllo “glocal”.
Anche questo argomento sarebbe davvero vasto e punto l’attenzione su almeno un punto. La lager-zone prevede quindi una molteplicità di sistemi di controllo, principalmente però tende a sfruttare la competizione interna fra gli individui di un gruppo.

La leadership intellettuale dell’attuale processo imperiale è anglosassone e gli anglosassoni ben sanno che ridurre qualcuno al completo controllo significa non avere più nessuno da controllare. Questo è oltremodo pericoloso. Stanno facendo scuola fra i loro principali alleati. Le caratteristiche del controllo contemporaneo prevedono la creazione di uno stato di autocontrollo permanente tramite l’istituzione di gerarchie interne in ogni gruppo controllato. Tutti controllano tutti. In questa guerra si cade solo sotto fuoco amico.
L’espropriazione delle risorse collettive è una realtà materiale e immateriale; affinchè le lotterie continuino a guadagnare qualcuno deve vincere il primo premio.
Così la privatizzazione della libertà al posto della privazione assoluta è un comune denominatore che lega realtà all’apparenza distanti e incomparabili come la società USA e l’Arabia Saudita. Ciò che si è promesso per tutti diviene possibile solo per delle ristrette elite. Non c’è abbastanza libertà per tutti, non ci sono abbastanza risorse per tutti e non c’è abbastanza realtà per tutti. Ma tutti, in teoria, devono poter raggiungere lo stato di “privilegiato” e qualcuno lo deve raggiungere persino in pratica. E’ un controllo attuato sul ranking.
L’occidente ha ancora molta libertà da privatizzare.
Il terrore islamico serve per questo processo. Ciò che si lascia cadere sul terreno delle conquiste è oscurato dal ritratto del feroce saladino. Ciò che si considerava un diritto viene percepito come un privilegio.
Per l’islam è ancora più facile. Dall’altra parte c’è il demonio. Il temuto e desiderato demonio.
Si tratta delle due facce di uno stesso processo.

D’accordo. Mettiamo pure che la questione sia di qualche interesse, ma non crede che la RJM abbia estratto un fatto curioso, ma meno significativo di altri? Ad esempio è di questi giorni un susseguirsi di notizie che parlano di stragi nella guerra civile in Siria. Tanto per rimanere in zona. Perché una notizia “di costume”, piuttosto che una di guerra?

E’ lecito dubitare del ranking fornito dalla RJM, ma non occorre scomodare il funzionamento di nessun modulo per rispondere a questa domanda, è sufficiente accennare la logica con cui opera la macchina.
La RJM, in un certo senso, si chiede quale notizia “gira” intorno alle altre; quale ha un coefficiente maggiore come “centro” e quali un coefficiente maggiore come “satellite”. Oppure quale notizia ha più collegamenti possibili. Dalla guerra in Siria non è possibile risalire alle olimpiadi di Londra e alla sofisticata operazione di marketing sociale che c’è passata dentro. Dalla delegazione femminile delle petro-monarchie alle olimpiadi è invece possibile risalire alla guerra in Siria.
Inoltre la questione del controllo di genere in tutta l’area islamica è cruciale per incanalare i fermenti sociali in derive reazionarie.

In che modo è possibile questo collegamento?

Confrontando la notizia con le altre correlate secondo un criterio di consistenza di relazione. Ad esempio, oltre a quanto già detto, faccio menzione che in questi giorni è stata proposta la modifica della costituzione tunisina promossa dal partito Ennahda , un partito finanziato (come molti altri partiti popolar-islamisti) dalle petro-monarchie del golfo.
La nuova costituzione tunisina, se approvata introdurrà un concetto importante per il controllo nell’area islamica del pianeta (e non soltanto in quella), cioè il criterio di “complementarietà”.
La nuova proposta costituzionale afferma che la donna non è uguale all’uomo, ma è complementare ad esso…
Quindi non avrà uguali diritti e uguali doveri. Ma, per esempio seguendo un principio di “complementarietà”, all’uomo potrebbero toccare i diritti e alla donna i doveri… Oppure dei diritti “complementari”.
Intendiamoci il principio di complementarietà in natura è importante, ma è una forzatura inammissibile prendere un principio di natura e dopo averlo opportunamente semplificato e travisato in maniera funzionale, farlo passare come principio di diritto… E’ qualcosa che conosciamo già, ad esempio le pretese di porre un surrogato dell’evoluzionismo darwinista come base del diritto internazionale da parte del nazismo o del fascismo. Meccanismo, peraltro, invocato implicitamente da tutti i sistemi con ambizioni imperiali.
Inoltre è un principio “soft”… ragionato. Non prevede la negazione becera del diritto delle donne, ma la cornice di un dominio e di un controllo generale, in cui il dominio si produce di fatto. Non è in gioco un solo genere o una sola nazione, etnia o religione. Questo è un troian che viene lanciato globalmente. Con scopi globali.

E l’occidente?

Occidente e oriente sono un dualismo vuoto da tanto tempo ormai…
Comunque se la domanda voleva essere “quale sarà la reazione dell’occidente?” non so cosa rispondere. Credo che farà un po’ di confusione litigiosa e poi passerà oltre. Come sempre.
In realtà si tratta di un falso problema. Chi ha capito il responso della RJM capisce bene che si tratta di un falso problema.
Il contrasto tra islam e occidente esiste sotto un certo livello. Sopra non c’è niente del genere.
E’ da oramai un quarto di secolo che l’economia è completamente globalizzata e come non esiste un centro preciso nella produzione e accumulo del capitale non esiste un mandante unico in nessun fatto le cui ripercussioni siano globali. Piuttosto ha senso parlare di partecipazione azionaria all’evento. Per esempio la distruzione delle tre torri al WTC di New York l’11/9/2001 è apparso fin da subito un affaire coopartecipato fra potentati petroliferi, in particolare USA-Arabia Saudita; un affair della Petro-Dollar foundation per così dire. La scarsità di informazioni non manipolate disponibili e di modelli adeguati a trattarle ha permesso solo il proliferare di variopinte teorie complottiste. Molte delle quali opportunamente messe in circolazione dai servizi. Altre nate dalla buona fede e dalla fantasia di un pubblico sbalordito, ma inadatto all’utilizzo di qualsiasi logica formale, e quindi foraggiate in un secondo tempo dall’industria della manipolazione. Nella disinformazione c’è molto volontariato, purtroppo.
In ogni fatto si potrebbe trovare, a poterlo cercare, un “consiglio di amministrazione” che “amministra” il “capitale” investito da un certo numero di soggetti che hanno interessi co-direzionali affinché il fatto accada.

Quanto sta dicendo non viaggia nel solco ormai consolidato, da parte di una certa editoria USA, del complotto Saudita?

Le teorie complottiste sono tutte uguali. Basta cambiare il soggetto. Di solito sono gli ebrei, ma ci sono anche i marziani, i super massoni, i neo-templari e ultimi ma non ultimi i sauditi che starebbero conquistando gli USA. E’ possibile pure accostarli creativamente… gli ebrei con i sauditi contro i marziani ecc…
La massa degli americani e degli occidentali in genere continua a pensare a Gozzilla che attacca New York. Arriva fin lì.
In un certo senso l’attacco al WTC è stato implementato su questa traccia narrativa. Proprio per essere più digeribile al di qua e al di là del muro culturale che divide islam e occidente.
La realtà è ben altra cosa. La realtà è che dal momento che la società si rende conto di dipendere dal petrolio, il petrolio, di fatto dipende da essa.
Così chi lo vende. Così chi lo estrae.

Di conseguenza dietro a questa penetrazione delle petromonarchie in occidente ci sarebbe una joint venture britannico-saudita?

Sarebbe insolito se nel “consiglio di amministrazione” di un evento non ci fossero dei britannici. Tanto più se un evento avviene su suolo britannico. Poi fra monarchie…
Scherzi a parte, non c’entra molto la nazionalità. Oggi i mussulmani sono un miliardo e mezzo di “proletari” da gestire e il capitale li deve gestire a proprio assoluto vantaggio.
Il capitalismo globale prevede che delle elites globali parlino con delle elites locali e il sistema delle monarchie del golfo è il preferito da parte del capitalismo.
Assolutamente simbiotico. Fedele.
Un buon modello. Repressivo nella politica e che nella cultura prevede un’ampia libertà di scelta solo nei consumi (le donne Saudite sono le maggiori consumatrici di biancheria intima francese dopo le francesi). Un modello almeno in parte esportabile negli altri paesi islamici. Soprattutto nel magrebh.
Di fatto il tentativo è di far passare tutta la zona araba sotto il controllo delle petromonarchie del golfo. Un feudo.
Libertà è soltanto fare shopping. Questo è il motto occulto del neoliberismo. Chi lo adotta è un moderato, un alleato.
Un modello prodotto per la periferia dell’impero può rientrare al centro in un secondo tempo. Con le opportune modifiche.
Non è una novità nemmeno questa. C’è stato un filo rosso che ha unito l’assedio al Palacio della Moneda l’11/9/1973, in cui furono uccisi il presidente cileno Salvador Allende e i suoi collaboratori, dai militari golpisti appoggiati dalla CIA e l’attacco al WTC l’11/9/2001. Non si tratta della semplice coincidenza di una data ma della fine di un dentro e di un fuori…
In altri termini è giusto dire che il criterio del neoliberismo è piuttosto quello di mantenere valide delle variabili globali, decise sopra ogni criterio democratico, che siano gerarchicamente superiori, ma “complementari” colle variabili locali, che sono quelle che permettono il controllo sulla vita del demos. Quindi il principio assoluto di profitto è valido ovunque, ma in ogni ambito sociale esso è collegato a diversi momenti del controllo.
In ambito locale è promossa ogni forma di deriva arcaica e feudale. Dal controllo mafioso, a quello statale-religioso, fino alle burocrazie post-sovietiche, in una moltitudine di varianti.

Adesso non si corre il rischio di sopravvalutare l’operato, qualunque sia, di queste entità?

Tiresia svolge bene il compito di “riequilibrare” i livelli di valutazione. E’ come se ogni notizia fosse distribuita al pubblico dopo essere stata modulata su più canali di un mixer e la RJM riuscisse a riportare i livelli al loro equilibrio “naturale”.
Ci sono invece alcune agenzie che lavorano intorno ai livelli di soglia critica nella percezione delle masse che si occupano di sopravvalutare o sottovalutare una notizia per rendere invisibile o sfocato un evento. Sopravvalutare la notizia di un evento importante o un soggetto significativo è uno dei metodi più usati per poi cancellarlo dalla memoria a medio termine del ricevente. Tecnicamente chiamiamo questo sistema: amnesia da overflow. Si basa su un aumento di intensità in termini di esposizione, in un tempo limitato, da parte del target ad una notizia o ad un blocco di notizie correlate fra loro, seguito da una scomparsa della notizia in un tempo successivo.
Questo semplice metodo consente la cancellazione o almeno il congelamento della notizia nella memoria a medio e lungo termine.
Inoltre il susseguirsi di notizie trattate con questo metodo lo rafforza anziché indebolirlo. Non siamo abituati a portare alla coscienza il fatto che per nascondere qualcosa se ne possa parlare. Inoltre viene stimolato
l’utilizzo di una memoria a breve o brevissimo termine per ogni notizia taggata come “pubblica”.
Il sistema di dominio lavora incessantemente sulla percezione di pubblico e di privato. Si può dire che tramite la gestione di questi domini si attui la quasi totalità del controllo…

A tal proposito circolano da tempo notizie a proposito dell’esistenza di una agenzia occulta in grado di gestire il controllo su scala planetaria chiamata Network & Ranking, e secondo alcuni il vostro team sarebbe nato proprio con lo scopo di attaccare l’operato di questa agenzia. Cosa può dirci a proposito?

Niente.
… anzi una cosa sì… ecco, se il capitale tende al monopolio e si nasconde dietro una molteplicità di espressioni non è strano che anche l’industria del controllo faccia altrettanto.

Appare come una implicita ammissione?

Oppure uno spunto alla riflessione.

Bene. Torniamo al responso della RJM. Non ho ancora chiaro quale sarebbe la portata di una notizia del genere e quali siano le reali implicazioni nella politica araba da parte delle petromonarchie. Questo può illustrarcelo?

Volentieri. Prima di tutto chiariamo una cosa però. La RJM non potrebbe registrare in nessun caso il “valore assoluto” di una notizia. Questo è impossibile. Per qualcuno il valore positivo o negativo altissimo di un evento è legato a cose avvenute in una sfera strettamente privata. Anzi di solito è questo che accade. Oppure ad eventi del tutto marginali.
Il valore delle notizie viene stimato dalla RJM in relazione alla distorsione che ne viene fatta e, appunto alle correlazioni possibili. In base a ciò che nascondono in relazione a ciò che mostrano.
Se Eraclito ci ha detto che la nazionale Saudita di beach volley femminile ha vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi, ma è stata squalificata per nudo integrale è per mostrarci ciò che non può in nessun caso avvenire. Una catena di eventi con gradi diversi di “impossibilità”.
La frase oracolare ci indica la necessità di un’ingegneria inversa su questo evento e su quelli correlati.
Siamo costretti a smontare la notizia al contrario partendo dall’impossibilità del nudo integrale (chiaramente per qualsiasi nazionale di beach volley) fino all’impossibilità della presenza di una nazionale di beach volley Saudita. Ma ecco che mentalmente dobbiamo attuare un ripescaggio. Per quanto improbabile sarebbe comunque possibile una nazionale di beach volley femminile dell’Arabia Saudita, sono state gettate delle basi di compatibilità. Ma quelle basi stanno in una “complementarietà” fra due modelli di pensiero, quello illuminista e quello religioso oscurantista che vengono così posti sullo stesso piano.
Nel nome della tolleranza, si dice, ma di fatto si tratta di un accordo fra chi mangia allo stesso tavolo.
In parole povere un modello giudicato in precedenza oppressivo è stato sdoganato come accettabile.

Ma facciamo un salto indietro.
La questione della complementarietà la si coglie ovunque.
La testa di questa complementarietà sta nei Petro-Dollari. Oppure nell’oil-dollar-pound sistem.
Il dollaro è una moneta che ha su una faccia stampata l’aquila americana e sull’altra la quotazione in frazioni del barile di greggio.
Quando si afferma che nel 1971 fu abolito il gold standard da parte del governo degli Stati Uniti si dice una mezza verità. In realtà quella che fu abolita è la correlazione monetaria diretta o indiretta con l’oro. L’oro è una merce arcaica, adatta alla rappresentazione del valore in una società statica che è riuscita ad essere anche l’unica universalmente accettata in piena società industriale.
Questo arcaismo venne adeguato al semplice quanto evidente fatto che l’unica merce davvero generale e adatta alla comparazione monetaria in una società in cui vigono le moderne condizioni di produzione e consumo è l’energia che una società brucia per andare avanti.
Quindi non più una merce fatta per durare nel tempo, ma una merce che viene consumata dalle macchine nel tempo e che consuma il tempo degli umani nelle macchine…
In pratica nel 1971 si passò dal gold-standard all’oil-standard.
Quando il presidente degli Stati Uniti, Nixon, proclamò a gran voce che il valore del dollaro non stava nell’oro, ma nell’economia e nella società americana palesò questa parziale verità. Il valore del dollaro non stava nell’oro, ma nel fatto che il petrolio si dovesse pagare in dollari.
Perché fosse solido un equilibrio del genere si rese necessario che da una parte ci fosse il deposito della merce (le falde petrolifere) e dall’altra parte la moneta e una potenza militare indiscutibile. Ciò sostanzialmente non è cambiato.

Su un piano meno materiale, ma a pari merito sta la complementarietà del sistema di sfruttamento. In un sistema in cui vige lo sfruttamento occorre che sfruttati e sfruttatori siano considerati “complementari”. Non uguali.
Altrimenti sfruttati e sfruttatori dovrebbero riequilibrare vantaggi e svantaggi di un modello. Cosa su cui gli sfruttatori esprimono sempre un acceso disaccordo.

Non si tratta soltanto della questione del velo islamico e non è una questione che riguarda solo quei paesi. In un sistema globalizzato niente è isolato dal resto e questo lo sappiamo tutti. Quello che c’è da sapere è che molte mosse vengono spese simultaneamente in due campi apparentemente contrapposti o… complementari… appunto.
Anche nei paesi occidentali viene proposto continuamente dalla propaganda lo scambio fra la condizione di uguaglianza come soggetti di diritto e le altre condizioni “complementari”.
Demolire “libertà, fratellanza, uguaglianza” e sostituirle con “lavoro, famiglia, patria, religione…”
Per quanto riguarda le implicazioni nella politica araba consideri che durante e dopo le “rivoluzioni” del maghreb spinte realmente dal popolo sono stati investiti dalle petromonarchie ingenti capitali in quelle zone. Ad esempio la Tunisia ha ricevuto un prestito dal Qatar tale da poter affermare che la Tunisia è di fatto proprietà del Qatar; uno dei paesi più piccoli, più ricchi e inquinati del mondo. Una monarchia assoluta priva di ogni forma di democrazia, ma in grado di influenzare l’opinione pubblica mondiale grazie alla modernissima TV satellitare Al-Jazira e capace di investire massicciamente nelle rivoluzioni “democratiche” degli stati del nord africa. Per dare potere al popolo?

Quelle aree erano destinate ad esplodere e tanto valeva preparare per loro una qualche pseudo democrazia made in U-SAudi e farli gentilmente scivolare dalla padella nella brace.
Piatto troppo ricco per lasciarlo a burocrazie locali e elites tribali, peraltro del tutto odiate dalla gente.
Gas dotti, pipeline petrolifere, pozzi. Questo passa sotto amministrazioni direttamente controllate dalla faccia petrolifera del capitale. Sotto diretta supervisione di quella militare.
Inoltre queste monarchie hanno cifre enormi da reinvestire in commissioni e lo fanno realizzando moderne moschee in buona parte del mondo e soprattutto nei paesi “post rivoluzionari”. E con la stessa facilità foraggiano i partiti islamisti che si trovano a disposizione cifre enormi da reinvestire in strutture di base, ospedali, centri di assistenza e quant’altro. Pezzi di una futura società islamica per la gente povera, arretrata e non di rado disgustata dalla corruzione dei leader così detti “laici”. Una invincibile arma di propaganda.

Questo momento è stato preparato con decenni di propaganda politico-religiosa per via satellitare da parte di telepredicatori islamici in tutto e per tutto simili ai telepredicatori che infestano le TV USA. A parte l’evidente similitudine nello stile, chi è che possiede canali satellitari? O meglio chi possiede satelliti?
In gran parte dei paesi arabi il velo è stato reintrodotto dalla TV con il consenso partecipato delle donne. E’ stato un gesto volontario. Anche in questo non possiamo negare che tutto il mondo sia paese…
Ma questo è stato un terreno di scontro simbolico importante. Di fatto si è preparato il passaggio verso la ridistribuzione dei feudi nell’impero.

Ma ci fu una crisi petrolifera dal 1971 al 1973 dovuta proprio al potere che avevano acquisito i paesi produttori di petrolio.

In realtà è stata una crisi virtuale. La quantità di petrolio estratta in piena crisi è rimasta immutata e la sola notizia è servita ad aumentare il prezzo del greggio e la domanda.

E in Siria?
Ci sono interessi contrastanti. Ma il finale non sarà diverso dagli altri.

In sintesi la RJM avrebbe esposto che la questione del velo non è una questione di costume, ma racchiude elementi di ben altra portata.

La questione del velo è in certe società l’indicatore di un controllo sociale e della diffusione capillare del modello conflittuale islam-occidente, un modello diffuso appoggiato, equipaggiato, armato, urlato e anche negato da tutti gli apparati che gestiscono l’immagine e la propaganda per l’impero. Ma in questo caso ciò che nasconde è soprattutto uno sconfinamento da parte di elementi arcaici al fine di indebolire dei principi illuministi concordato fra le componenti arabo-petrolifere e quelle produttive occidentali del sistema di dominio imperiale. Anch’esso è strutturato in modo ambivalente.
Ad occidente la propaganda può parlare di “vittoria”, ma altrettanto può fare la propaganda di un paese dove una donna non può prendere la patente e nemmeno uscire di casa se non accompagnata da un familiare uomo, pena le bastonate. Adesso la sharia non è più emarginata dallo spettacolo.

Quindi ci sarebbe uno scontro tra occidente e islam per quanto riguarda la visione del mondo….

C’è il bisogno, da parte del potere di smantellare l’illuminismo in qualsiasi forma si possa manifestare e sostituirlo con dei simulacri innocui. Questo ovunque.
Il capitale non ha più bisogno di mostrare un volto illuminista. E’ la fine di un’illusione.

Questa volta devo fare una domanda diretta a lei prof. Moore. Lei si auspica l’esclusione dei paesi che non hanno identiche regole fra atleti e atlete dall’olimpiade?

E’ per scongiurare questa ipotesi che è stata messa su la farsa di cui abbiamo parlato finora. Comunque io mi auguro soprattutto che la società si svincoli del tutto dalla dipendenza energetica da combustibili fossili e che le persone riprendano il controllo reale della propria vita. In breve io auspico la completa e totale distruzione dell’impero e delle sue funzioni operative in qualsiasi forma si manifestino. Tradizionali o tecnomoderniste che siano.

Perché le femministe non hanno sollevato un caso che dall’output della RJM sembra tanto chiaro?

Forse è successo ma, dati gli interessi in gioco hanno oscurato le voci del dissenso e promosso le altre… Forse è chiaro solo per la RJM.
Non so, dovrebbe chiederlo a loro.

Un racconto di ::: Gianni Casalini ::: Agosto 2012

[1] Si confronti il tono dell’articolo di Repubblica: Arabia, sì alle carriere femminili. Ma in una città per sole donne e quello del fatto quotidiano: Un ghetto al quadrato per le donne saudite. Di Roberta Zunini.

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Come un romanzo

Tratto da -Come un romanzo- di Daniel Pennac

sutradeloto.noblogs.org

Viaggio lungo l’Elsa

Che dei libri possano sconvolgere a tal punto la nostra coscienza e lasciare che il mondo vada a rotoli ha di che toglierci la parola.
Silenzio dunque…
Salvo, naturalmente, per i parolai del potere culturale.
Ah! Le chiacchiere da salotto, dove poiché nessuno ha niente da dire, la lettura passa al rango di possibile argomento di conversazione. Il romanzo ridotto a strategia di comunicazione! Tante urla silenziose, tanta ostinata gratuità perché il primo cretino possa rimorchiare la smorfiosa di turno: “Come, non ha letto il Viaggio di Céline?”
Si uccide per molto meno.
p. 69

Tuttavia, pur non essendo un atto di comunicazione immediata, la lettura è, alla fine, l’oggetto dei una condivisione. Ma una condivisione lungamente differita, e tenacemente selettiva.
p. 70

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Il druido

sutradeloto.noblogs.org

Camminando lungo il fiume Elsa

Un druido, vestito soltanto con un’ampia tonaca di lana grigia e il cui volto era in gran parte nascosto da una folta chioma bianca e lunga barba appena un pò più grigia, se ne stava ricurvo e assorbito interamente nello scolpire segni su una pietra alta, larga e alla apparenza molto molto pesante. Ogni tanto si fermava e, fra sé, ridacchiava.
Entrò nella capanna un giovane dai lunghi capelli chiari col corpo interamente coperto di pelli conciate e lo salutò. Il druido rispose al saluto distrattamente senza mai veramente interrompere l’insolita occupazione, tanto sembrava rapito dal divertimento.
Il giovane per un po’ lo osservò senza proferire parola, piuttosto cercando di capire cosa stesse davvero facendo quell’uomo.
Osservava i segni e non ne capiva il significato. Assomigliavano a disegni, ma non riusciva a scorgervi né animali, né uomini, né il sole e nemmeno la luna. Niente di quello che conosceva fra i tratti che un uomo può tracciare sulla pietra, sembrava essere lì rappresentato.
Dopo aver prestato attenzione in silenzio il giovane si fece coraggio e pose rispettosamente la domanda che stava trattenendo all’anziano saggio.
-Maestro per favore illustrami in cosa consiste il tuo misterioso lavoro?-
Il druido si voltò e lo fissò con sguardo penetrante per un interminabile istante, poi il volto rugoso si illuminò di un sorriso che appena si scorgeva sotto il folto pelo.
-Mi diverto. Faccio finta di aver inventato la scrittura.-
Il giovane ancora più perplesso esitò un istante e poi chiese di nuovo:
-Perdona la mia ignoranza maestro… ma cosa è la scrittura?-
Il druido si voltò di nuovo e riprese a picchiare sulla grossa pietra con perizia delle linee che ne tagliavano altre, alcune in senso orizzontale e una più lunga in senso verticale.
-Beh, la scrittura è qualcosa che ancora non esiste. Ma che, prima o poi, qualcuno si darà la pena di inventare… si tratta di usare dei simboli che rappresentano le parole che noi pronunciamo, così se non stai ascoltando quello che qualcuno dice basta che venga scritto e tu leggendolo in un tempo successivo saprai all’incirca cosa stava dicendo quell’uomo. E’ una cosa… -prendendosi una pausa per dare enfasi al discorso- …è una cosa che una volta inventata non te ne liberi più.
Il giovane si grattò la testa e queste parole lo confusero anziché rendergli più chiaro il senso del lavoro svolto dall’anziano maestro.
-… e cosa significa “leggi”?
Leggere è il contrario di scrivere che è quello che io sto facendo… Fra molte lune, in altre ere, lontane, innumerevoli come tutti i grani del letto del fiume, anche quando la nostra lingua sarà scomparsa dimenticata da chiunque e nessuno più ne potrà ricordare il suono e imitare il canto, ci sarà chi tenterà di leggere quello che è stato scritto… Così come noi leggiamo il movimento del Sole e delle Stelle oppure il volo degli Uccelli…
-Ti prego maestro chiarisci in me questo dubbio: potrebbe non interessare a loro… fra molte ere, innumerevoli come i grani di sabbia del letto del fiume… quello che è stato scritto?-.
-No, impossibile, allo stesso modo con cui noi siamo attratti dai segni del cielo e della terra, una cosa scritta troverà sempre chi cerca di leggerla… soprattutto se ciò è molto difficile da fare.
Poi rivolgendosi al ragazzo con soddisfazione indicò un cerchio con un punto centrale che aveva appena terminato di scolpire.
-Guarda che bel segno!
-E cosa significa?-.
-Niente! E’ solo un segno, mi andava di farlo. Adesso ne invento un altro e così via…
E ridacchiando si mise di nuovo al lavoro.
-Maestro…  se ho ben capito cosa è questa scrittura… allora tu… non stai scrivendo.- esitò un attimo prima di terminare la frase.
-Esatto. Vedi che sei sveglio!-.
-E perché non inventi davvero la scrittura… se è così… importante?-.
Il druido si rimise in posizione eretta, senza voltarsi, e sembrò assorto per un certo tempo nella domanda del ragazzo. Poi riprese la sua posizione di lavoro curvo sulla pietra e quasi bofonchiando rispose: -ma no! Mi diverto troppo così… inventare una scrittura è un lavoro complicato.- e scosse la testa.
I due uomini rimasero in silenzio; si udiva solo il ticchettio dello scalpello quando il druido si interruppe per avvicinare la torcia vicino alla pietra in modo da vedere meglio il risultato del suo lavoro.
I suoi occhi erano stanchi e non vedevano bene come quelli del giovane che sembrava più turbato di quanto lo fosse all’inizio del dialogo e, prima che il druido fosse assorbito di nuovo nella sua occupazione, gli rivolse con prontezza e una certa urgenza la parola.
-Maestro… tu sai fare cose molto molto complicate. Tutta la comunità aspetta con trepidazione i tuoi riti. Anche gli Dei e il Cielo e la Terra e gli Astri nel Firmamento ascoltano le tue parole…-.
Il druido non gli lasciò finire la frase e fece un movimento veloce della mano dall’alto verso il basso, con un gesto che intendeva tagliare corto.
-Macché, io faccio dei segni, ci metto un po’ di enfasi… vedi -e si voltò agitando le braccia in un movimento circolare molto ampio- e quelli ci vedono delle cose e quelle cose cominciano a diventare vere. Tutto qui.
Il ragazzo adesso era davvero scosso e con un filo di voce chiese: -…e come funziona?-.
Il druido alzo le spalle e poi sospirò.
– Ma vai a sapere. Sa forse il contadino perché cresce la pianta? Sa forse il cacciatore perché vola l’uccello? Queste sono cose che lasciamo a quelli che inventeranno la scrittura… noi abbiamo altro da fare.-
Tornò a scolpire segni con più foga di prima.
Al ragazzo parve di capire dove il maestro volesse arrivare e questa volta gli si rivolse con voce sicura ed ebbe la strana sensazione di sentirsi… adulto.
-Non credi però che ad un certo punto si accorgeranno che quei segni non significano niente e smetteranno di… “leggerli”. – Sottolineò con il tono della voce la parola finale.
Il druido si voltò lentamente e guardò con soddisfazione il ragazzo; i suoi occhi adesso erano allegri come quelli di un bambino e sembrava che l’azzurro ne uscisse fuori con una luce che un tempo era stata di ogni istante e che l’età riservava solo ai momenti particolari.
Poi rispose con profonda calma: -No, al contrario, troveranno che significano qualcosa e ci leggeranno pure un discorso… e chissà che non sia pure un bel discorso…
…Magari il più bel discorso che io abbia mai fatto.
E rise di gusto.

Gianni Casalini, 2009

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Speculazione

Venere

Tuttavia la realizzazione di elevati profitti in borsa si ottiene di regola soltanto con esorbitanti oscillazioni dei corsi e il dominio del puro elemento speculativo.
G. Simmel – Filosofia del denaro (1900)

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