Svastike

L’immagine è questa: il rimorchio di un camion con sopra una scritta fatta con vernice nera e pessima calligrafia: andate via zingari, segue una svastika.
Si tratta di una fotografia pubblicata sulla Nazione cronaca locale di Empoli. Accanto alla foto un breve articolo che parla dello sconcerto degli empolesi per questo episodio. Il camion si trovava lì per il tradizionale luna park cittadino. Giostrai che si trovavano lì per la fiera di paese.

Pago io il caffé per tutti e due. Oggi tocca a me.
Poi si sale sul furgone e riprendiamo il viaggio.

-Hai visto la foto della scritta?- Chiede Roma.
-Eh già…- rispondo io continuando a guardare la strada particolarmente transitata a quest’ora.
A Empoli non ci sono gruppi di nazisti organizzati e questa è una scritta che emerge dalla sempre più vasta e preoccupante e tutt’altro che neutra area del cretinismo giovanile.
-Che ne pensi?-
-Cretinismo giovanile- dico io.
-Sì… però…-
-Lo so, il cretinismo giovanile comincia a preoccupare anche me… Con il cretinismo giovanile vendi musica di merda prodotta dalla mafia con i soldi delle droghe vendute ai giovani che poi per sfogarsi diventano fascisti o fanno il verso ai fascisti (che poi è quasi la stessa cosa), stuprano la compagna di banco, poi s’indignano per i delinquenti stranieri ecc ecc… -continuo- il cretinismo giovanile non è come la pedofilia, o roba di questo genere, non è registrato come un problema sociale, sfuma beatamente nel disagio… e basta buttare tutto nel calderone della categoria adulta del disagio, vittime e carnefici… che si finisce per alzare le spalle.-
Sport nazionale l’alzata di spalle, insieme al calcio e all’indignazione generica.
-Il disagio c’entra…-
-Come no, lo so, voglio dire che non coincide… coloro che praticano cretinismo giovanile molesto, tipo bullismo, razzismo violenza e stupri, sono piuttosto agiati… Circondati di attenzioni, aspiranti veline, Smartphone e tutto il resto. Si tratta quasi sempre di piccoli borghesi esaltati o aspiranti tali. Che hanno introiettato il modello televisivo dell’imbecille onnipotente…
-Tipo?
-Tipo quello che si comporta come i beoti dei Reality, che ti aspetteresti che qualcuno chiamasse la neuro d’urgenza, invece finisce sotto la doccia con una in perizoma..
-Eh eh…
-E poi anche Hitler, a modo suo, soffriva di disagio giovanile…-
Non era mica vecchio Hitler quando si è buttato in politica. Era un ragazzo disagiato. Insomma se non proprio lui, le sue bande armate di sicuro.
Già, Hitler. Hitler e svastike.

Torniamo in modalità silenziosa. Una signora bionda di mezza età, con delle labbra che sembrano un canotto gonfiabile, sopra un enorme SUV, quasi brucia uno stop e ci taglia la strada. A stento la scansiamo e lei inveisce. Proprio così: inveisce.
Le deve sembrare inammissibile che un grosso, e costoso, SUV debba fermarsi allo stop per lasciare passare un piccolo e anonimo furgone. Davvero non si capisce chi le scriva le norme del codice stradale. Dei baluba comunisti di sicuro.
Non ci diamo nemmeno la pena di commentare a voce. Nessuno dei due. Solo scuotiamo la testa.

Svastike. Penso alle svastike e anche alla canzone “Svastiche” (che è notevole) e me la canticchio mentalmente.

Personalmente mi dispiace che la svastika sia ancora un simbolo nazista. Andrebbe riportato all’ovile.
Sì, questi rubano. Hanno sempre rubato. Soprattutto simboli. Fasci o nazi che siano, rubano. Anche perché se uno di loro fosse in grado di elaborare qualcosa di proprio non sarebbe fascista o nazista.

Hitler in un discorso se ne vantava di questa razzia simbolica. Diceva che il nazional socialismo era un movimento che non intendeva abolire il capitalismo (no, direi proprio di no) però la parola socialismo andava portata a casa, e anche il colore rosso e il nero ecc ecc.
Avete mai visto i filmati del riech a colori? Un tripudio di rosso, bianco, nero e oro. Molto oro pure.
Cosa sarebbe stato il nazismo senza la svastika?

Però la svastika è vecchia di migliaia di anni ed è un simbolo di rotazione solare, comune nell’induismo e nel buddismo, ma è praticamente universale, presente in tutte le culture antiche. E’ un peccato che l’abbiano fregata un manipolo di delinquenti con il pallino della politica.

La svastika dovrebbe essere un simbolo di pace e fratellanza.
Una volta ho visto su un libro di tatuaggi la foto di un vecchio hippie che si era tatuato centinaia di svastike su tutto il corpo. Svastike di ogni tipo.
Beh, lui diceva che la svastika è un simbolo che non sarà mai intaccato dall’uso distorto che per un brevissimo periodo di tempo è stato fatto dal nazismo.
Sarà. Ma quando la vedo mi viene a mente il nazismo e non Shiva.

Poi c’hanno marciato i nazi su questa storia. Non erano pochi quelli che tifavano per Hitler in India, visto come un eroe dell’arianesimo (e naturalmente un nemico della Gran Bretagna).

Ci sono anche svastiche “anti fasciste”. Come la svastica basca, che è tondeggiante e per la storia di quel popolo non può essere certo affiancata al nazismo.
Poi le svastike bruciano sopra le bandiere di Israele o quelle degli USA nelle adunanze d’odio dei paesi islamici…
Svastiche/ Le svastiche circondano il tuo muro fingendo di sapere quanto è vero. Canticchio tra me e me.

-A che pensi?
-Che mi piacerebbe che la croce celtica ritornasse ai morti irlandesi e la svastica ai religiosi indiani…-
Tutto qui.

Gianni :::Settembre 2012:::

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Cronaca dalla Stella doppia

Immagini psicoattive - modificate con GIMP

Ma sai…
“sperimentiamo” la vita come la storia di un inconscio da realizzare. Realizzarlo ci sbatte in faccia il terrore della morte -con tutto quello che consegue- perché ci fa varcare la soglia di ciò che mai avremmo pensato di poter realizzare.
L’irrealizzato è il prezzo pre-pagato della normalità.
Il disagio dorato prepagato della civiltà.
Qualcuno adotta la strategia della competizione in cui l’insoddisfazione è rimandata, ma incorporata.

Attraverso stati di sovreccitazione costruiamo configurazioni possibili e tramite queste possiamo accedere all’azione.
La sovreccitazione ci permette di scollegare temporaneamente la logica formale o subordinarla ad una “logica emotiva”. Quando non è controllato da noi stessi questo processo è profondamente pericoloso.

Esso è uno shock controllato, apre uno spazio di potenzialità, abbassa le barriere, aumenta la permeabilità di membrana. Il suo valore dipende da ciò che passa nello spazio e nel tempo in cui si produce.

La strada della nostra realizzazione è anche la strada della nostra sconfitta. Al pari di ogni strada reale ci avvicina o ci allontana da un luogo a seconda del verso in cui la si percorre (e della velocità, certo). La spada che salva è anche la spada che uccide. Dice il maestro Zen. Alcuni sono stati eccelsi nel raccontare la spada che uccide, ma hanno trascurato la spada che salva. Altri hanno fatto l’opposto.
Inutile dire che fra di loro non si sopportano.

La sovreccitazione se non è usata al fine di superare l’irrealizzato (e il sistema di dominio ne propone sempre una vasta gamma di pseudo-usi), vi si sovrappone degenerandolo in irrealizzabile. Gli effetti pratici consistono nella graduale paralisi della logica e il soggetto viene così sbattuto in una condizione di rancoroso risentimento. Questo per quanto riguarda la forma attiva. Invece in una rassegnata frustrazione per quanto riguarda la forma passiva.

La perdita della logica è ciò che serve al sistema di dominio. Esso agisce impacchettando delle sub-logiche funzionali all’interno di pacchetti intrattenimento.

La degenerazione della logica può attuarsi in maniera ottimale attraverso la fase di sovreccitazione (spesso prodotta da uno shock). Segue un sistema di attesa in cui la funzione di potenziamento deve compiersi e –rimane in ascolto-. Quasi un processo appeso.

Così, posto di fronte a stimoli banali che ricordino in qualche modo un possibile guadagno emotivo, il soggetto, inconsciamente, “riduce” la logica pur di lasciare aperta la strada ad un qualsiasi cambiamento, per quanto improbabile. Su un piano cosciente invece maledice questa sua attitudine e si irrigidisce.
Ne risulta diviso.

Del principio di ogni terapia è possibile un uso anti-terapeutico. Se qualcuno ha sintetizzato delle molecole antidepressive, qualcun altro (o forse lo stesso) ha sintetizzato delle molecole depressive, da usare sullo scenario di qualche conflitto.

Cronaca dalla stella doppia.

Gianni ::: 2011:::

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Tecnica del colpo di Stato

Psico immagini – Serie 4 – editor immagini GIMP

– Lenin non ha mai avuto molta simpatia per Trotzki, che fa ombra a tutti: la sua eloquenza è sospetta. Egli ha il pericoloso potere di muovere le masse, di scatenare i tumulti, è un creatore di scissioni, un inventore di eresie. E’ un uomo temibile e necessario. Lenin ha già notato da molto tempo che Trotzki ha il gusto dei paragoni storici: quando parla nei meetings e nelle assemblee, quando discute nelle riunioni del partito, egli non fa che riportarsi agli esempi della rivoluzione puritana di Cromwell, o a quelli della rivoluzione francese. Bisogna diffidare di un marxista che giudica e misura gli uomini e i fatti della rivoluzione bolscevica dagli uomini e dai fatti della rivoluzione francese. Lenin non può dimenticare che Trotzki, appena liberato dalla prigione di Kresty, dove era stato rinchiuso dopo le giornate di luglio, si reca al Soviet di Pietrogrado e pronuncia un discorso, nel quale proclama la necessità di instaurare il terrore giacobino. “La ghigliottina porta a Napoleone” gli gridano i menscevichi. “Io preferisco Napoleone a Kerensky” risponde Trotzki. Lenin non potrà mai dimenticare quella risposta. “Egli preferisce Napoleone a Lenin” dirà più tardi Dzwrjinmski. –

Si tratta di un passaggio preso a caso aprendo il libro: Tecnica del colpo di stato di Curzio Malaparte. Una di quelle letture che non affronterei se Hal non me le passasse come fossero fascicoli riservati che non devono cadere in mani nemiche.

In effetti la storia del libro è curiosa. Pubblicato nel ’31, fu proibito in Italia da Mussolini. Nel 1932 fu pubblicato in Germania e, come ci dice lo stesso Curzio Malaparte nella prefazione all’edizione del 1948, quando il libro fu ristampato in Italia: Durante le elezioni politiche tedesche dell’autunno 1932, i muri di tutte le città e di tutti i borghi della Germania apparvero tappezzati di grandi manifesti del Fronte Democratico Antinazista, nei quali, sotto il titolo: “come lo scrittore italiano Curzio Malaparte giudica Hitler e il nazismo”, erano stampate a caratteri di scatola le frasi più insolenti del capitolo su Hitler.

Curzio Malaparte è personaggio strano. Controverso. Fu, fra le altre cose, amico di Galeazzo Ciano che con buona probabilità gli evitò il peggio che il regime fascista gli avrebbe potuto riservare. Andò incontro comunque a non pochi problemi. Ebbe vita piuttosto avventurosa e fu anche partigiano a Firenze durante la guerra di liberazione.

Per farla breve, Malaparte, con questo libro, fece incazzare da Trotzki a Hitler, passando per Mussolini.

Il libro è bello da leggere.
E’ scritto come se la storia, che allora non era ancora diventata Storia, fosse un grande romanzo. Grande capacità narrativa.
I giudizi “a caldo” di Curzio Malaparte sono acuti e taglienti e se si considera la contemporaneità con gli eventi e con i personaggi di cui parla possono risuonare profetici.
D’accordo non tutti condivisibili, ma comunque di grande spessore.

Il limite del libro, per quanto mi riguarda, è che la tesi sulla teoria del colpo di stato avrebbe potuto essere scritta in cinquanta pagine. Malaparte è un narratore, non un teorico. Il che va bene, ma a volte un po’ cigola.

La tesi, che ora potrebbe (condizionale obbligatorio) sembrare scontata è la seguente. Per fare una “ rivoluzione” moderna (scritto nel ’30), che si pone il problema della presa del potere, bisogna fare un colpo di stato. Mentre gli apparati dello stato si attrezzavano per resistere alle barricate e ad una guerra di strada coloro che avrebbero preso il potere lo avrebbero fatto con un manipolo di uomini, fortemente motivati, determinati e ben addestrati. Una elite di combattenti in grado di prendere il controllo con la violenza dei centri nevralgici dello Stato.

Così quando il proletariato russo fece la sua rivoluzione buona parte dei centri nevralgici dello stato erano già stati espugnati da Trotzki e dai suoi uomini. Mentre il vecchio regime si preparava ad una guerra di polizia per evitare le mosse di Trotzki, come in Italia quelle di Mussolini, sarebbero bastati un paio di reparti speciali dell’esercito ben preparati e con una direzione strategica e tattica lucida (infatti Stalin non si farà prendere in castagna.)

Lo stato oggi non è quello del 1930. Le rivoluzioni sono fuori dall’orizzonte. E questo è un libro di Storia, e anche un po’ d’avventura -della tragica avventura d’Europa – da cui c’è anche da imparare.

Purtroppo l’idea di colpo di Stato è tutt’altro che tramontata. E, da allora, i colpi di Stato sono servita più che altro a portare al potere il Potere. Dall’America latina degli anni ’70 a tutto il resto del mondo extra europeo ecc ecc…

-E oggi?- Mi chiede Hal.
-In che senso oggi?- Dico io.
Oggi cosa è un colpo di Stato? Ci sono delle differenze?-
Domandona. Prendo tempo. Penso che risponderò -non lo so- come faccio spesso, poi però mi viene in mente una riflessione che avevo fatto qualche giorno prima e che calza a pennello… Ce la butto.
-L’unica cosa che mi viene in mente è che di “recente” ci sono stati dei cripto-colpi di Stato di cui la Storia non è in grado di parlarci.
-In che senso.
-Ok prendiamo il colpo di Stato di cui ci parla Curzio Malaparte, con tutte le differenze del caso, inizia dalla prima metà del novecento e arriva fino ad oggi… ma nella contemporaneità ci sono stati dei “Colpi di Stato” invisibili.
-Uhmm… delle restaurazioni…-
-Ok chiamale così, ma rappresentano degli “switch” simili ad un colpo di Stato… Quale era (ed è) lo scopo di un colpo di Stato “old style”?
-Quale è?
-Rovesciare il potere e DIRE, far presente al mondo, che il vecchio potere non c’è più. Tutto l’apparato simbolico dello Stato cambia fra prima e dopo un colpo di Stato. Viene stravolto. Che si tratti della Russia sovietica rispetto alla Russia zarista, o dell’Italia prima o dopo la marcia su Roma, o della Germania…
-Ok, quindi?
-Quindi le cose non stanno più così. Fra prima e dopo le proteste di piazza Tienanmen in Cina nell’1989 c’è stato un Colpo di Stato. Ma un colpo di Stato… interno in cui si afferma che niente è cambiato. Si dice “repressione”, ma non si è trattato solo di repressione, piuttosto della presa del potere da parte del Potere. Gli stessi simboli, le stesse bandiere… Lo stesso avviene con le elezioni USA 2001, con la vittoria truccata di Bush su Gore, dove avviene un vero e proprio colpo di Stato, un push democratico, in cui si afferma che le istituzioni sono le stesse di prima. Questo serpeggiante senso di disagio che talvolta prende la via del complottismo è dovuto proprio alla sensazione che le cose non stiano per niente come prima e tutti lo sappiamo benissimo.
Ma non se ne può parlare come si parlerebbe di un evento di cui si ha certezza. Perché proprio il Potere nega di prendere il potere con delle sospensioni della democrazia e con paralisi delle istituzioni democratiche. Con dei push morbidi (morbidi dentro, ma croccanti fuori, a giudicare dalla quantità di morte e di sofferenza che derivano da questi eventi).
-Ummh… Altri esempi?
-La Russia di Elsin, andato al potere nel 1991 a seguito di un golpe abortito, sciolse il parlamento russo nel 1993 e ordinò l’attacco dei reparti speciali dell’esercito alla Casa Bianca dove i parlamentari stavano asserragliati in difesa della costituzione. Un colpo di stato. Ma di cui nessuno ricorda niente. C’era il regime sovietico, poi ad un certo punto la democrazia. C’era Elsin prima del 1993, c’era Elsin dopo il 1993. C’era la democrazia prima, c’era la “democrazia” dopo. Già, e i carri armati erano lì a fare una parata? E poi…
-Quindi -mi interrompe- il motto del colpo di Stato contemporaneo sarebbe: lo spettacolo deve continuare!
Eh gia!– Sorrido. Ecco quale è il motto! Lo spettacolo deve continuare!

Maledetti toscani.

Gianni ::: settembre 2012 :::

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Rapporto all’intergalattica

sutradeloto29 -modificata con GIMP

Se cerchi di concentrarti in presenza di un animo farfalla questo ti disturberà.
E’ il tributo che si deve pagare allo smantellamento dell’agenzia per l’infanzia di sintesi.
E’ il nucleo centrale del lavoro di relazione ad interim.
E’ un paese pieno di infaticabili praticanti animi infantili che sfilano dentro pelle di serpente e cingono fallaci elmi di Scipio alla moda di Roma.
E’ una città oleosa come quando fuori piove.

Gli altri animali si sono arresi seduti su qualche tipo di poltrona sofà a pascolare il buon senso comune di un certo numero di adulti immaginari in qualche attività tipo ricreativa, che porta salute e benessere. Oppure latitano in Lituania, muovendosi nel buio come fantasmi tremanti di paura e rabbia cercando di evitare la corsa frenetica di furibondi elefanti asiatici sulla pista caucasica delle spezie della mente dentro un malinconico supermarket alla periferia di Genova est.

La merce, all’apparenza triviale, ha assunto la sua forma adamantina.
Giocattolo che profuma di giocattolo e gli umani che si convertono alla merce vedono sprofondare Barbie dai lunghi capelli biondi nelle insaziabili fregne sabbie mobili della pubblicità; teneri sfinteri rilassati pieni di meraviglia e umori fluidi luminosi, mentre Ken, il barbaro, il guerriero, il rabarbaro, l’immaturo, il coatto, il tenero fidanzato di gomma, passandosi lascivamente la mano tra le chiappe, si accarezza con l’indice e il medio un buco del culo sempre più gonfio, sporgente e pulsante e se la ride di gusto, ancora per poco, nel microonde.

Concentrarsi è qualcosa di essenziale, vuol dire scendere dalla superficie alla profondità. Un vizio speleologico accessibile ai pochi estratti a sorte alla lotteria delle 21 e trenta e pure un’elevazione. Tutto questo per l’animo infantile è merda che ha sbagliato verso. Ma non soltanto.
Si tratta di un cambiamento che fa suonare alla falsa coscienza allarmi e campanelli del cambiamento totale mentre avverte il pericolo delle trasformazioni al fosforo che incendiano la notte perduta di povere corse annoiate, nella polvere del tempo passato a nascondersi dentro un malinconico supermarket alla periferia di Genova sud.

Adesso se cambia qualcosa è perché la trasformazione è già rappresentata mille volte su mille pixel di cui si nutre costantemente la divinità precolombiana con testa di serpente succhiandosi il clitoride sacro che iddio le creò, per mezzo di un organo tubiforme situato al posto della cavità buccale e prodotto a sua volta da un tessuto del tutto speciale che ha reso grande il made in Italy.

Tutto quello che sa fare, anche se si veste di lunghi linguaggi grondanti lacrime e progresso, o porta l’elmo di Scipio tutto il santo giorno o cose di questo genere, tende alla restaurazione.
Ogni istante si misura con la santificazione della propria merda magica. Lanterna di logica glaciale al calcimonio. Mentre bambini farfalla, nello spettacolo delle quindici e trenta del quindici di Agosto dell’anno 2015, appaiono reazionari e privi di innocenza d’infanzia, ma l’espropriazione dell’innocenza, che pure ritorna in forma di adesione all’infanzia spettacolare accessibile del mondo sintetico come sfinge testa di morto gigante proprio sopra il collo al posto della propria testa umana, avviene nell’atto stesso del contorcersi.

Così l’adulto bambino aderisce ad un progetto taciturno in cui le carogne sono diventate carogne e non ci sono pazzi perché non ci sono più pezzi per comporli e perché nessuno è più sano di mente o santo o beato. E l’invidia nei confronti del prossimo viene premiata con un comodo pompino senza ingegno che lascia tutti insoddisfatti e rimborsati. (La direzione informa che, per le signore, è prevista l’opzione cunnilinguo che le lascerà altrettanto insoddisfatte e rimborsate e fornirà pure un simpatico omaggio.)

E’ pericoloso tentare di far riflettere l’adulto testuggine. Potrebbe scagliarsi contro di te con la forza che in certe tradizioni viene attribuita ai morti disturbati dal sonno.

Gli unici adulti che l’adulto testuggine riconosce come tali sono i propri genitori corallo, oppure coloro che simulano il volo macabro. Come gli uccelli frattalici della Papuasia che esibiscono un piumaggio da sogno ricolmo di colori acrilici spalmabili nel puzzo di piscio di una notte da metropoli addormentata.
O gli ippopotami di fuoco, che sono riusciti ad affermarsi socialmente grazie alle dimensioni del loro cazzo allo spiedo.
I genitori testa di ippopotamo non hanno voluto tutto questo, ma non hanno potuto agire diversamente, o non hanno voluto, perché anch’essi adulti-bambini farfalla o perché assenti del tutto. E nessuno adesso può più farlo.
E questo è molto triste

L’adulto-bambino chiede di essere sfruttato o di sfruttare diventando bambino-adulto.
Chiede di ruotare su se stesso di 180 gradi e odia la libertà.
L’adulto testuggine brucia ed emana eterna luce di lanterna alimentata dalla sborrata al napalm degli ippopotami dal grosso cazzo allo spiedo.
La mentalità al mentolo dell’adulto bambino puzza infinitamente di trielina e bacchettoni e sapone e copertone bruciato dentro un malinconico supermarket alla periferia di Genova sud.

Nel frattempo, la doppia morale ha girato un film porno con se stessa masturbandosi con ardore sul divano, davanti alla telecamera spenta, ed è riuscita a coinvolgere tutta la famiglia, anche se il protagonista indiscusso rimane per ora un freezer dal nome impronunciabile che riesce a fare delle cose davvero rivoltanti per lo stomaco di chiunque.

Così l’adulto testa di bambino farfalla vuole sapere subito chi comanda da queste parti e imitarlo prima di ascendere al cielo perché nella mente dell’adulto-bambino non c’è bellezza alcuna, ma soltanto la nauseante puzza di purezza e decorosi alibi che volteggiano alti nel cielo come l’uccello frattalico della Papuasia… il che permette di classificarlo come una vera e propria testa di cazzo cinta dal solito elmo di Scipio.

Chiaro?

Gianni :::2009 circa:::

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Nessuno

Nessuno se ne stava seduto su l’ultima panchina in fondo alla piazza del paese.
Nessuno ha un passato che indaga male e appare rischiarato solo da barlumi di luce. La panchina ha un passato di albero. Entrambi appaiono con un presente da arredo urbano. Anche la piazza e il paese hanno ricevuto un passato difficile da ricordare. Nessuno, a modo suo, sta lottando contro l’oblio, mentre il sole di autunno illumina tutta la piazza e tutto il paese. Gli alberi della piazza sono dei semplici pioppi che ondeggiano al vento lieve e hanno un destino di pioggia.

Gianni ::: 2008 :::

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La bufala che sconvolse il mondo

Il mondo ha una crisi di nervi. E io trovo sconvolgente che Angela Merkel, il premier di uno dei paesi più potenti del globo, a proposito di questo “film” su Maometto, abbia trovato delle “buone ragioni” per vietare il film.

D’accordo, ne ho già scritto di questa bufala, ma qui non si ripara. Non ci si fa a stare dietro a tutto questo teatro dell’assurdo.

E’ ovvio, signora Merkel, che lei non permetterà al film di essere proiettato nelle sale cinematografiche tedesche. Non esiste.
Quindi o lei lo produce o per forza non può permetterne la proiezione.
Impartire lezioni di razionalità e di logica a dei tedeschi? Si sta avvicinando la fine del mondo. E’ ovvio.
Che poi adesso si infittisca il partito di coloro che: tutta questa libertà è pericolosa… non è certo un bel segnale…
Mi sbaglio? C’è qualcuno che ha dichiarato di averlo visto tutto questo film?

D’accordo. Anche se esiste solo un trailer dei fanatici religiosi si possono incazzare lo stesso, ma io mi aspetterei che la -notizia- che -film non esiste- , se “l’occidente” fosse così preoccupato dalla faccenda e dalle sue conseguenze, come dice di essere, fosse spalmata ai quattro angoli del pianeta.
Perché, ad esempio, un paese come gli USA di mezzi di comunicazione ne controlla abbastanza e non fanno difetto nemmeno di capacità di penetrazione.

Niente, il fatto va ignorato. Cioè: non si dice che il film esiste, ma bisogna comportarsi come se esistesse. Giornalisti in primis.

Visto che tutti sanno che si tratta di una bufala, ma incredibilmente tutti si comportano come se non lo fosse, e se questo non rappresentasse un problema a nessun livello, mi sento autorizzato a prendere in considerazione le ipotesi più complottiste e assurde in circolazione. Quelle da intrigo internazionale.
L’avete voluto voi!

Notizia bomba. Difficilmente verificabile da me: L’attacco al consolato USA a Bengasi non è mai avvenuto. Dichiara un giornalista freelance inglese.
Certo sarebbe grossa.

Mi sono detto: impossibile, una cosa del genere sarebbe facilmente verificabile e questo è un mitomane o uno che cerca un po’ di notorietà.
Poi ho messo in moto la fantasia e mi sono detto: facilmente verificabile?
Da chi? Dagli stessi che non sono interessati nemmeno a ciò che è già verificato?

Poi visto che ho già chiesto di ricevere uno stipendio dalla CIA mi sono messo nei panni di un dirigente di alto livello dei servizi che vuole costruire un evento fasullo, provocato da un film fasullo, per innescare una reazione a catena (giusto per far capire che i loro soldi sarebbero spesi bene).

Il punto è questo, una volta curata la produzione di una baggianata di filmato amatoriale fatto girare nel garage di qualcuno da un regista di film porno di serie B e rimaneggiato al PC da qualcuno, faccio uscire la notizia del film ecc ecc. Il trailer viene pubblicato su youtube e rimpallato per mezzo mondo. Niente. Ancora non succede niente di grosso.
Ci pensa Al Jazeera: notizia sparata sulle masse islamiche. Imam integralisti-fondamentalisti-jiadisti pronti a bruciar benzina prendono la palla al balzo.
Giornalisti occidentali sul libro paga dei servizi (invidia) continuano a lanciare la notizia.
Tutti sono sicuri di sapere con chi e con che cosa hanno a che fare.

La cosa però continuerebbe a lasciare abbastanza il tempo che trova finché non ci scappa il morto e il morto deve essere americano.
Ciò succede in Libia.
Un diplomatico USA va benissimo.

Per un servizio segreto la cosa migliore sarebbe diffondere la notizia di un tizio che in realtà è un nome di fantasia. Far parlare di lui persone che “lo conoscono” e ne attestano l’esistenza. Sempre attraverso i media.
Bisogna prendere una città dove un consolato proprio non esiste, altrimenti sarebbe più difficile. Questo va fatto in un luogo con una forte presenza dei propri servizi di intelligence.

Quindi provocare l’assalto ad un edificio. In una città dove attraverso infiltrati è piuttosto semplice provocare degli scontri e far scambiare ad una folla di indignati religiosi un luogo qualsiasi frequentato da occidentali per un consolato.

Questo è necessario. Sarebbe complesso invece produrre la notizia in una città dove esiste realmente un’ambasciata o un consolato. Come sarebbe difficile parlare di qualcuno che esiste veramente perché ciò metterebbe in moto una rete di relazioni reali.
Chi non esiste invece è sempre conosciuto da qualcun’altro.

Una volta innescato il meccanismo, la parte più debole, cioè il movente della reazione a catena, può anche saltar fuori. Tanto ormai non è più l’oggetto della notizia ad alimentare le reazioni e prima che ciò accada deve passare almeno qualche giorno.

Beh cosa manca? Il movente.
Giusto il movente. Mi faccio un giro fra le varie ipotesi complottiste e ne tiro fuori una fra le più accreditate. Accendere un fumogeno per coprire un eventuale azione militare nei confronti dell’Iran o un intervento nell’area. Da parte di Israele naturalmente.

Gli ingredienti per una spy story internazionale ci sono tutti. Basta metterci l’agente buono che salva il mondo, una strafiga che salva il mondo pure lei e che potrebbe essere anche l’agente buono o quello cattivo che però non è poi così cattivo, magari lui americano e lei araba che fa audience. Insomma una bella storia d’amore che fa saltare tutto il giochetto. Esplosioni, scene d’azione, baci appassionati e tanta tanta suspance.

Ecco, se qualcuno ci tirasse fuori un film potrebbe almeno offrirmi un caffè quando mi incontra.

Gianni Casalini ::: settembre 2012 :::

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Baricco 1995 – Amori sul pianeta Fininvest

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E’ un libro. Si chiama Barnum – Cronache dal Grande Show, era, e credo sia ancora, edito da Feltrinelli in Universale Economica. Si tratta di una raccolta di scritti che Alessandro Baricco firmava settimanalmente sulla Stampa, curata da lui stesso. L’arco temporale è quello che va dal 1993 al 1995. Quindi un sacco di tempo fa. Una delle tante preistorie che ci ricordiamo appena d’avere vissuto, in un mondo in cui la memoria non è più una virtù.

Del nome del libro dice Baricco nella prefazione: Barnum come quello del circo. Perché tutto quel che vedevo, intorno, mi sembrava un grande spettacolo di clown, domatori e acrobati: e mi piaceva l’idea di provare a raccontarlo, un po’ alla volta, così come veniva.

Gli argomenti di questi scritti spaziano intorno a quelli che erano i personaggi del circo di allora. Da Jovanotti alla Lega Nord, a Philip Glass, passando per Wim Venders e Topolino. C’è tanta televisione raccontata da Baricco in questo libro (trasmissioni sportive, fiction, programmi di intrattenimento) e non poteva essere diversamente.
Erano gli anni in cui il clown agghiacciante della politica italiana scendeva in campo.

Alcuni articoli, per quanto interessanti, mi risultano datati. Erano probabilmente più adatti ad un consumo immediato e col tempo hanno perso il loro smalto originale. Altri, secondo me, non solo hanno resistito bene agli anni, ma proprio per aver descritto alcune aberrazioni del grande Show quando erano ancora “larvali”, e dominate da una spregiudicatezza, una ferocia e un appetito insaziabili, acquistano un valore inestimabile.
Si tratta di documenti scritti prima della grande assuefazione da campo di concentrazione a cui negli ultimi 20 anni circa siamo stati “gentilmente” sottoposti.

Amori sul pianeta Fininvest è uno di questi.
Si tratta di un capolavoro assoluto.
Ancora il Reality, non c’aveva rubato quel poco di vera realtà superstite.
Siamo in un prima, che non più ormai un prima o poi.
E’ come tornare a quando alcune cose ci colpivano ancora. Una adolescenza già matura.
E’ un articolo terapeutico che favorisce cioè il recupero sensoriale e fa riavvolgere il nastro della riflessione per sottoporlo ad un check necessario.
Amori sul pianeta Fininvest dovrebbe finire nelle antologie scolastiche e andrebbe fatto imparare a memoria agli studenti, come si faceva un tempo con le poesie del Pascoli. E chi non lo sa a memoria niente promozione. Hai voglia a portare i crediti presi facendo finta di fare volontariato. Niente promozione. Niente acceleratore grafico di ultima generazione. Niente gel sui capelli a cresta, niente allenamenti, niente danza. Niente.
O mandare a memoria o soffrire, cari cocchi e care cocche!
Ecco perché non mi hanno offerto quel posto come ministro dell’istruzione. Adesso lo sapete.

[Sto comunque aspettando fiducioso che sia istituito un processo tipo Norimberga per tutti coloro che hanno partecipato a vario titolo a questo genocidio di massa dell’intelligenza avvenuto nel corso degli ultimi cinquanta anni tramite il mezzo televisivo.]

Del libro fisico, quello in carta, inchiostro e colla, devo dire che è uno di quei libri non tuoi che sono rimasti in casa tua e che ogni tanto ti invitano a dargli un’occhiata come se avessero ancora qualche segreto da rivelarti. In effetti dentro, a parte l’articolo che vi propongo, c’ho trovato alcune perle davvero preziose…

Parlare di questo libro vuole essere anche un saluto garbato alla persona che lo ha lasciato in casa, con cui ho percorso quegli anni ed a cui lo restituirò.

Buona lettura. ::: Gianni ::: settembre 2012 :::

~*~

Amori sul pianeta Fininvest.

Ci sono cose più importanti per cui sdegnarsi , lo so.
Ma a me indigna Stranamore. E i suoi dieci milioni di telespettatori. Sono arrivato con un certo sforzo a farmi una ragione e a sopportare con serena indifferenza il successo di Fiorello. Ma Stranamore, no. Quello grida vendetta.

La prima volta che mi è arrivato addosso c’era, seduto sul sofalone blu, un bell’imbusto tipo GO del Mediterranée: coda di cavallo (cfr. Fiorello, sono le sinergie del cretinismo televisivo), faccia grigliata da ore di raggi Uva, eleganza da cenone di Ferragosto ai Lidi di Comacchio. Alla sua sinistra, piacente signorina bionda, bellezza tipo Italia 1 (sinergie), alla sua destra piacente signorina bruna, sempre modello Italia 1. Per al cronaca il GO le aveva mollate tutte e due, di recente e senza spiegazioni (sentendolo parlare si poteva anche intuire il perché). Il lieto convegno era stato organizzato da Castagna per dirimere la faccenda e indurre il maschio a scegliere o la bionda o la bruna. Suspance. Poi il maschio dice che in fondo la bionda era un sentimento più profondo (profondo?) e la bruna invece un divertimento passeggero. La bionda si commuove e si stringe al suo uomo ritrovato. La bruna si alza e scantona accompagnata da Castagna che mette su faccia e voce da funerale, le dice che in fondo sono cose che succedono, su, si asciughi quella lacrima, ci saranno altre storie d’amore. Applausi. Applausi? Come applausi? Cosa c’è da applaudire?
Il tempo di qualche amabile pubblicità e arriva una che davanti alle telecamere, davanti a milioni di italiani sprofondati in poltrona, pigiama e pantofole, convoca il fidanzato e gli comunica con un gran sorriso che aspetta un figlio. Lui, il fidanzato, proprio tanto fidanzato non dev’esserlo perché diventa verde e mugugna qualcosa tipo: Va be’, vedremo. Come sarebbe a dire: Va be’ vedremo? (questo è Castagna, conciliante), vedremo vedremo (il fidanzato, sempre più verde), lei sempre lì col suo bel sorriso stampato in faccia. Applausi. Applausi?

Domenica mi son messo di buzzo buono e con grande dignità ho visto tal Giuseppe cercare di recuperare una ex fidanzata con l’apparecchio (non quello che vola, quello per i denti), senza peraltro riuscirci. Poi c’era uno che si chiamava Vito e aveva una fidanzata ma i genitori non ne volevano sapere (il ragazzo deve studiare, poi magari dopo la laurea se ne riparlerà, to’ chi si rivede: il Medioevo). Poi c’era uno che era molto timido e allora non riusciva mai a legare con le ragazze e così e così ha pensato di dirlo alla televisione davanti ai soliti dieci milioni di voyeur(geniale, un ossimoro vivente). Poi c’era una commovente signorina di Busto Arsizio che aspettava un bambino dal fidanzato marocchino, ma il fidanzato era in Marocco,inchiodato lì da lungaggini burocratiche varie: Castagna piglia su il telefono, fa finta di importunare qualche autorità, poi taglia corto, si aprono le quinte e arriva il fidanzato, lacrime e baci, grande commozione nei tinelli di mezza Italia. Ho svicolato mentre una brunetta mi spiegava che il suo ex fidanzato era un geloso pazzo, però tutto sommato adesso che lo aveva mollato un po’ le mancava e allora le sarebbe piaciuto che…

Ora: io non so se quelli sono veri o li pagano, o magari sono veri e li pagano. Ma quel che so è che ce li vendono per veri. Voglio dire che stanno lì a raccontare di un mondo in cui uno, uno qualsiasi, uno normale, a un certo punto deve dire a una che la ama e trova assolutamente normale, anzi bello, anzi poetico, anzi geniale, farlo davanti a dieci milioni di italiani. A me, un mondo così, fa una tristezza bestiale. Non voglio che esista, non voglio che la genti pensi che esiste, mi indigna pensare che qualcuno voglia farci credere che esiste. Non so come spiegarlo, ma se tutto diventa show, se anche le pieghe più private della vita passano dall’altra parte, nel video, e nemmeno confezionate come storie, ma vendute come vita vera, da questa parte si fabbrica il vuoto pneumatico, si scolano i cervelli, si svuotano le parole, si gonfiano gli istanti. La velocità con cui quello che accade in quello schermo diventa modello è feroce: dieci milioni di persone a bersi quel modo di amarsi, lasciarsi, riprendersi, sono troppe, sono oltre il livello di guardia; magari non tutti, ma molti finiranno per pensare che tutta quella robaccia è normale.

Be’: volevo dire che non è normale. Servirà a niente, ma volevo ricordare che quelli sono marziani, che sono di gomma, hanno le pire dentro la schiena, e non c’entrano niente con noi. Ai dieci milioni di ipnotizzati da quell’orrore, confermo che stanno vedendo un programma di fantascienza. Avventure dal pianeta Fininvest. La vita vera, almeno provvisoriamente, è ancora un’altra cosa.

Alessandro Baricco – Cronache dal Grande Show; Universale Economica Feltrinelli (1995)

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Imagine no religion

sutradeloto.noblogs.org

Tutto questo parlar di religione. Tutti che parlano di religione e tutto questo menar di religioni. Tutto questo lodare religioni e fraintendere testi religiosi e condannare religioni e dialogar di religioni e guerreggiar di religioni e…
E io che di religione non ho ancora detto niente.

Un motivo c’è e l’ho scritto e riscritto e lo ribadisco:
Sotto lo stendardo della tradizione si agita il vessillo del padrone.
Lo scontro di civiltà, prodotto e alimentato come scontro di religione, è, dal mio punto di vista, una manovra biopolitica ragionata, indotta, manovrata e orchestrata dalle strutture al servizio del capitale internazionale per coprire le manovre del capitalismo globalizzato.
[vedi anche Il caso 11/09 – L’inchiesta impossibile].

Però mi son detto -Mi prendo una pausa e voglio dire qualcosa anch’io di religione e religioni ecc ecc. Che sennò sembra proprio che non dica niente perché niente ho da dire. E le cose non stanno così.-

Ci pensavo ieri appena mi sono svegliato che tutto questo isolare la religione islamica da tutto il resto è piuttosto grottesco.

Beh, il principio è il seguente: per indurre uno scontro di religione (e di civiltà) occorrono religioni molto simili tra loro, ma con elementi differenti di stilizzazione e sviluppo sociale all’interno delle comunità di riferimento.

In altre parole: la differenza fra ebraismo, cristianesimo e islam è una differenza che permette ancora un conflitto. Difficile sarebbe che una società sviluppata dal cristianesimo entrasse in conflitto con il taoismo. Al limite proprio non si capirebbero.
Per spaccarsi la faccia invece bisogna essere più simili di quanto non si è abituati a pensare.

Ma guardiamo il calendario. Siamo nel 5773 del calendario ebraico, nel 2012 dell’era cristiana, nel 1433 del calendario islamico.

E’ evidente che essendo ognuna di queste religioni in qualche modo “emanazione” di quelle che l’hanno preceduta, si possono anche vedere come tre età differenti di uno stesso concetto, cioè il monoteismo.
Infatti si parla di religioni abramitiche ecc ecc (Lo so che molti di fronte a questo discorso schiumano dalla bocca, ma sono problemi loro).

Il paragone che faccio io è con un individuo (maschio o femmina non importa) che passa attraverso età differenti della vita ed entra in contrasto con chi vive età già trascorse o ancora da venire.

Nel caso dell’islam, che è estremamente giovane, esso vuole vivere la sua età, l’età del “so tutto io” e il suo medioevo bello carico di certezze assolute e grondante di sangue. Oppure di un individuo che si trova in piena crisi d’ansia di mezza età come il cristianesimo o che dà forti accenni di demenza senile come l’ebraismo.

Mentre sto prendendo il caffé al bar, butto un’occhiata sulle solite due pagine di massacri religiosi e manifestazioni contro Satana e gita del Papa in Libano ecc ecc e mi soffermo sulla dichiarazione dello sceicco Hassan Nasrallah che sulla scia del premier turco Erdogan, il quale ha reso noto che proporrà all’assemblea delle Nazioni Unite di considerare l’islamofobia un reato contro l’umanità, afferma che potrebbe essere riconosciuto come reato contro l’umanità ciò che offende alla sacralità delle tre religioni abramitiche. Almeno a quanto dice il giornale.

Ora, caro Nasrallah, se il giornale non spara cazzate (cosa tutt’altro che scontata di questi tempi), non posso fare a meno di notare che lei si preoccupa esclusivamente delle religioni abramitiche e che questa proposta casca precisa dentro quello che stavo sostenendo a proposito della triade ebraismo-cristianesimo-islam.

Chiaramente lei non si preoccupa di tutte le altre religioni che sono composte da… pagani e non hanno come protagonista principale della loro storia un Dio, permaloso, sanguinario e vendicativo. Ma sorvoliamo.

Ora. l’occidente, che non è un blocco unico come gente come lei crede e vuol far credere, ha fatto, sì, molti errori nella sua storia, ma una cosa di sicuro l’ha fatta bene: ha prodotto l’illuminismo.
Cosa che a lei ed a chi sostiene la sua visione del mondo manca e curiosamente manca anche a molti di quelli che sono contro di lei e la sua visione del mondo. Quelli che lei chiama islamofobici e che sono anche omofobi e altre cose su cui lei andrebbe perfettamente d’accordo.
Similia similibus sulvuntur dicevano i latini. Frase cardine della chimica. La più araba delle scienze…

Se l’offendere qualcosa che può essere definita “sacra”, (parola derivante dal sanscrito e che letteralmente significa lontana) diviene reato stiamo tornati al medioevo.

“Noi” ad occidente di cazzate ne facciamo tante, ma il medioevo lo avremmo già passato, anche se c’è chi preme continuamente nel riproporcelo.

Anche io potrei chiedere all’ONU di considerare reato la professione della fede, intendo di tutte e tre le principali religioni abramitiche. In quanto offendono l’essere umano, gli incutono timore reverenziale verso entità astratte più forti di lui. Ricorrono al terrore. Offendono la libertà personale. Offendono le donne considerandole inferiori. Offendono la sessualità considerandola subordinata ad una pura necessità riproduttiva. Impongono la verginità spacciandola come un dovere e una virtù. L’astinenza come un valore. Propongono strutture sociali che praticano l’oppressione e il controllo sugli individui. Bloccano il libero sviluppo delle capacità umane e la gioia che da esse deriva. Mortificano il corpo. Appoggiano ogni forma di limitazione della dignità. Umiliano l’intelligenza. Offendono ciò che delle persone intelligenti possono avere di più sacro: la vita.
Da sempre.

Liberissimo di considerare la cosa da un altro punto di vista signor sceicco, ma è per mantenere viva questa libertà e pluralità di punti di vista che proposte come la sua non devono minimamente essere accolte da una società che ha ancora a cuore un barlume di civiltà.

Lei fa parte del gioco signor sceicco, del gioco in cui masse di diseredati piuttosto che alzare la testa per conquistare il proprio futuro vengono mandati a protestare contro Satana. Lei fa parte di quello che chiama “il Grande Satana” al pari di G. Bush o dei telepredicatori USA.

Su una cosa devo concordare con la tesi di una deformazione mediatica: l’islam non è una religione più sessista del cristianesimo o dell’ebraismo.
Tutte e tre lo sono, la differenza è che nella società secolarizzate diminuisce il numero di individui che prendono sul serio la religione e che quindi ne seguono i dettami. E quindi le società risultano più libere e desiderabili.

Ora qualcuno mi dirà: va bene, ma te scrivi su un blog che hai chiamato -sutradeloto- è chiaro che sei buddista e che tifi per un’altra squadra.
No. A me fa schifo il campionato.
Io non sono buddista, sono Gianni. C’è una bella differenza.

Ho messo questo nome al blog perché stavo leggendo (con piacere) il Sutra del Loto mentre decidevo il nome per il blog.
Per fortuna i buddisti non hanno abitudine di minacciare e usare la violenza per “difendere” la loro dottrina, la loro filosofia o quello che è. E questo è un punto a loro favore.
Se avessi usato una parola che rimanda al Corano o alla Torah o ai Vangeli, figuriamoci se non sarei stato considerato blasfemo da qualcuno.

Sono nato in una società cattolica, sono stato battezzato, ma non me ne ricordo quindi non vale, da una famiglia non praticante ecc ecc. Insomma sono stato fortunato perché sono nato in una religione -il cristianesimo cattolico- che è talmente poca cosa per esser presa sul serio e abbastanza rassegnata alla secolarizzazione da non poterti più eliminare fisicamente.

Ho letto brani tratti dai testi religiosi o che parlavano di religione, di svariate religioni, ed i testi che ho sempre trovato più vibranti di stimoli e intelligenza, è vero, sono stati quelli buddisti.
Sarà che mi ci sono approcciato volentieri per l’assenza di una figura un attimino ingombrante come Dio, fra i propri personaggi.
Non posso fare a meno di esprimere ammirazione e curiosità per la figura di un principe nepalese che ha fondato una tradizione, ma nel cui nome non è MAI stata dichiarata alcuna guerra.

Detto questo non sono buddista. Perché essere buddisti significa dividere il mondo in buddisti e non buddisti.
Se ci sono degli strumenti che il buddismo ti ha messo a disposizione usali. Poi libero di essere quello che vuoi, ma prima devi essere te stesso con tutte le tue forze.
Poi… anche nel buddismo si è sforato nel pantano della fede.

La fede. Cosa significa avere fede?
Hai fede in un frigorifero?
Se hai fede in Dio o con qualche prodotto derivato, vuol dire che di lui non hai nessuna esperienza, punto e basta. Ti sei incaponito in un falso concetto e adesso ti autoipnotizzi con la fede. Tutto qui.

Non che io sia ateo. Essere ateo significa essersi posti la domanda dell’esistenza di Dio e aver risposto negativamente. La cosa più sensata sull’ateismo che sia mai stata detta è la famosa frase di Luis Buñuel: “Grazie a Dio sono Ateo.”
Si è atei per grazia divina.

Io non sono ateo. La domanda se Dio esiste è una falsa domanda. La rifiuto. Per milioni di anni l’uomo non se la è posta, poi ha dovuto porsela e infine tornerà a non porsela.

La domanda esatta è: di cosa si parla quando si parla di Dio.
Ma figuriamoci se una domanda del genere può essere posta alle masse dei credenti.
Ma se alle masse ipnotizzate dalla religione ci si deve rivolgere solo in forma triviale evitiamo di farlo e basta… e facciamogli fare altro… del giardinaggio, volo ultraleggero, free climbing, origami…

La società che io desidero è una società finalmente SENZA RELIGIONI.

E’ vero ci sono stati molti pensatori, nel corso della storia, che sono nati dentro una società non secolarizzata e che hanno espresso cose intelligenti all’interno di tradizioni religiose e utilizzato il linguaggio della religione che era l’unico, o quasi, a loro disposizione. Sono convinto che vadano letti e conosciuti, compresi, utilizzati.

Sono anche convinto che le religioni non siano tutte uguali e che quelle abramitiche siano fra le più colluse nei confronti della barbarie, della violenza e dell’intolleranza rispetto ad altre oggettivamente più evolute. Ma nella mia visione la società, se vorrà essere giusta, sarà una società senza religioni.

In una società senza religioni può avere un senso essere cristiani, mussulmani, ebrei, buddisti ecc. Ma un senso completamente diverso da quello attuale. Significa avere le proprie radici in una tradizione e saperle migliorare, renderle al mondo degli umani e dell’esperienza.

Una società finalmente senza religioni, per essere una società giusta sarà anche una società di individui religiosi. Cioè di individui che ricercano quegli aspetti che le religioni hanno monopolizzato e quasi sempre usurpato.

Quando dico una società senza religioni intendo una società priva anche delle religioni secolarizzate come il materialismo, che sono forme semplificate di metafisica religiosa e prestano bene il fianco a forme di autocompiacimento per individui che non sono atei (come vorrebbero credere), ma che si sentono solo superiori a Dio.

Questa è la visione. Una visione si sostiene tramite degli obiettivi. Su questo piano io sono laico.
In pratica sostengo laicamente la libertà di religione e pratico esistenzialmente la libertà dalla religione.

Every day is a no-religion Day!

Gianni ::: settembre 2012 :::

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Alcuni fatti particolari

Il giardino - sutradeloto.noblogs.org

Fa piacere trovare vecchi appunti dimenticati.

L’aristocrazia inglese chiude le terre a comune, mettendo in “mobilità” una gran massa di contadini che si riversa nelle città e viene riassorbita dall’industria. Nasce quello che sarà chiamato il proletariato.

Il proletariato prende coscienza di essere la classe produttrice del mondo in cui vive, ma che ancora non consuma.
Nasce il mondo della metropoli e uno spettro si aggira per l’Europa.

Il processo di produzione diventa sempre più frammentato e specializzato. Per ogni operaio un solo gesto ripetuto per tutto il tempo di lavoro inserito in una catena che permette l’abbattimento dei costi di produzione. Nasce il fordismo.

Quasi contemporaneamente (con l’intermezzo di un paio di guerre mondiali) l’operaio produttore viene promosso a consumatore. Perché sennò i conti non tornano.

La classe lavoratrice, che non è più proletariato (cosa evidente a chiunque tranne che ai militanti), non solo è consapevole di produrre il proprio mondo, ma lo consuma anche e con grande solerzia.
E più velocemente lo produce e lo consuma, meno ne è padrona. Ma su questo fatto particolare riesce a dormirci sopra rispetto a quando aveva solo fame e miseria.
Nasce quello che sarà chiamato lo spettacolo.

Ristrutturazione. E’ come se si ripetesse l’inizio in condizioni diverse. Come se osservassimo la testina di un vecchio giradischi passare nel punto più vicino a quello precedente lungo il raggio, procedendo dalla periferia al centro ad ogni giro.
Alla periferia del mondo industrialmente sviluppato si creano grosse masse in attesa di essere inserite in questo meccanismo di produzione.
La produzione industriale produce una contrazione demografica al centro e una esplosione alla periferia.

Prima parte della seconda parte.
Le nuove masse in “mobilità” in quello che si chiamava il terzo mondo non sono sufficientemente “al passo coi tempi”. Non sono abbastanza tecnologizzate, “culturalizzate”, efficentizzate ecc…
Quindi solo alcune produzioni vengono spostate alla periferia: quelle più inquinanti e meno complesse.

Seconda parte della seconda parte.
Diffusione dell’istruzione di massa anche in quelle parti di mondo che prima erano solo miseria e folklore.
Possibilità di spostare la produzione verso la periferia che cessa di essere la periferia.
Probabilmente siamo in quella che è chiamata globalizzazione.
Nascono i paesi in via di sviluppo?

Nel frattempo, in quello che una volta era il centro scompare la produzione di gran parte della realtà materiale. Si diffonde la favola del mantenimento della produzione immateriale… (e non si capisce in virtù di cosa. Come se fuori dall’occidente non ci fossero dei bravissimi designer, programmatori, pubblicitari, assaggiatori di vini ecc.)

Un pezzo alla volta la produzione viene alienata. Ma non il consumo.
Quindi la realtà abitabile dal consumatore, castrato dalla produzione, diviene a sua volta una realtà doppiamente alienata e anche… schizofrenica. E’ prodotta altrove. Non è modificabile. E’ una scatola chiusa. Non è migliorabile.

[Sia detto per inciso: la ragazza che lavora nella fabbrica di memorie esterne in uno stabilimento dell’est asiatico spesso non sa nemmeno cosa è che sta producendo. Quindi è presente una doppia alienazione.]

Il mondo della quantità è sempre più potente, ma là dove aveva trasformato il tessuto sociale, l’ex primo mondo, non se ne produce più nemmeno un briciolo. Non si avvita più nemmeno un bullone. E qualora, straordinariamente, lo si faccia è per grazia ricevuta.

Siamo ritornati ai contadini dell’inizio (e infatti si diffonde una frenetica nostalgia del mondo rurale), che vedevano il mondo che abitavano come magico/metafisico. Cioè prodotto da un Dio onnipotente che riassume tutte le forze di una natura onnipotente.

Soltanto che il nostro mondo non è il mondo della produzione primaria e il nostro tempo non è più il tempo ciclico precedente la storia. Quindi non è prodotto da un Dio naturale, ma da una oscura divinità sociale.

E’ un tempo pseudo-ciclico.
I cicli delle mode e delle possibilità di configurarsi secondo certe direttive si alternano nella nostra vita.
Hanno sostituito i cicli naturali delle stagioni.
E’ la creatività che è andata al potere, ma non con noi. Contro di noi.

Le idee sono in grado di migliorare, ma anche di peggiorare e la fabbrica di quelli che si impegnano per peggiorarle lavora senza sosta su tre turni.
Cerchiamo di non dar loro una mano.

Non c’è più uno spettro che si aggira per l’Europa, in compenso il mondo è pieno di zombi.

Quindi prendi i pezzi che ti servono per metterli a disposizione di tutti nella tua storia e cerca di migliorarli.
Noi ci proviamo, con i nostri mezzi e secondo le nostre capacità.
Scrivere per capire la realtà, quando potremmo benissimo fare il tifo per qualcuno che l’ha capita al posto nostro.
Sussurrare il valore delle idee in un mondo che canta inni triviali alla banalità, e serenate alla pochezza senza vergogna alcuna.

Non aspettarti applausi, ma scrivi lo stesso.
Senza paura.

Gianni :::forse 2010:::

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Il caso 11/09 – L’inchiesta impossibile

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Il dialogo in casa di Farach, passò dalle incomparabili virtù del governatore a quelle di suo fratello l’emiro; più tardi, nel giardino, parlarono di rose. Abulcasim, che non le aveva neppure guardate, giurò che non c’erano rose come quelle che ornano le ville andaluse. Ma Farach non si lasciò corrompere; osservò che il dotto Ibn Qutaiba descrive una straordinaria varietà della rosa perpetua, che nasce nei giardini dell’Indostan e i cui petali, d’un rosso acceso, recano caratteri che dicono: “Non c’è altro dio che Allah, e Maometto è il suo profeta.” Aggiunse che Abulcasim probabilmente aveva visto quelle rose. Abulcasim lo guardò allarmato. Se rispondeva di sì, tutti lo avrebbero giudicato, a ragione, il peggiore degli impostori; se rispondeva di no, l’avrebbero detto un infedele. Optò per mormorare che il Signore possiede le chiavi delle cose occulte e che non c’è sulla terra cosa fresca o appassita che non sia registrata nel suo libro. Queste parole si trovano in una delle prime azore; le accolse un mormorio reverente. Orgoglioso di quella vittoria dialettica, Abulcasim si apprestava a dire che il Signore è perfetto nelle sue opere e inscrutabile. In quel momento Averroé dichiarò, prefigurando le remote ragioni di un ancora problematico Hume:
“Mi costa meno ammettere un errore nel dotto Ibn Qutaiba, o nei copisti, che ammettere che la terra dia rose che recano sui petali la professione della fede.”

Da La ricerca di Averroé – L’aleph; Jorge Luis Borges

14 settembre 2012 – Stavo cercando, da tempo, di scrivere una piccola inchiesta personale sui fatti dell’11/09/2001, ma non ci sono ancora riuscito.
Volevo scriverla partendo solo da fatti noti a chiunque e non tanto con la pretesa di aver scoperto nel filmato X o nel discorso Y un elemento sfuggito a tutti e che spiega tutto.

Ho messo da parte una cospicua quantità di appunti, ma quando sto per metterla insieme ecco che qualcosa mi “sposta” e mi fa perdere l’equilibrio. Un fatto, una notizia, un nuovo elemento di un mosaico che tutti dichiarano di vedere nella sua completezza d’insieme e di cui nessuno mi convince davvero, mi porta fuori dall’idea iniziale di struttura che avevo in testa.

Ho finito per concentrarmi su questo “spostamento” che sbilancia il baricentro della struttura che sto cercando di formare.

Intanto ormai si può parlare di 11/09 al plurale. Ce ne sono almeno tre che risultano in qualche strano modo collegati tra loro.

L’11/09/1973 i militari golpisti, sostenuti dal governo americano, rovesciarono il governo democraticamente eletto di Salvador Allende per sostituirlo con una feroce dittatura militare capeggiata dal generale Augusto Pinochet.

L’11/09/2001 una serie di attacchi terroristici nel cuore degli USA sconvolse il mondo. Attacchi su cui fin da subito e poi col tempo sono lievitati dubbi di ogni sorta, ma che non hanno mai scalfito la versione ufficiale. Apparve subito chiaro che la verità, da allora, si sarebbe misurata con le conseguenze di un evento e non con la realtà dell’evento.

L’11/09/2012 un fake colossale, un film inesistente sulla vita di Maometto, il profeta dell’Islam, ha incendiato la sensibilità degli islamisti e degli islamici (e anche degli anti islamici a giudicare da alcuni siti) di tutto il mondo.
Il dato più interessante qui è che -il mandante- non si è preoccupato neanche troppo di costruire l’evento, ma di costruire la notizia dell’evento e di innescare le conseguenze, dopodiché non importa a nessuno se il film esiste realmente oppure no. Ormai è come se esistesse. Punto e basta.

E’ come se si procedesse da un evento con un grado di realtà maggiore (11/09/1973) e passando dai fatti del 11/09/2001 fino ad arrivare ad uno con un grado di realtà praticamente nullo (11/09/2012).
Dopo, se hanno ragione i Maya, non ce ne dovrebbero essere altri.

Altro indizio: il baricentro dei fatti sono sempre gli USA, ma le conseguenze si proiettano sull’esterno con implicazioni sociali e geopolitiche enormi.

Nel caso del golpe cileno del ’73 è ben delineato un interno e un esterno. Ciò che accadde in Cile fu distante da ciò che accadde negli usa.
Kissinger, ministro degli esteri del governo Nixon, disse all’allora capo della CIA Helms: «Noi non permetteremo che il Cile diventi una fogna». Ed Helms rispose: «Io sto con voi».
Però mentre gli USA fornirono un ministro dell’economia, formato ideologicamente alla scuola neoliberista di Chicago, al Cile golpista, si guardarono bene dall’adottare al proprio interno quelle stesse teorie che imponevano ai cileni. I Chicago boys erano principalmente un prodotto da esportazione [come ci mostra con dovizia di particolari e accurata documentazione di fonti Naomi Klein in Shock Economy.]

Nel caso dell’11/09/2001 l’evento si pone come uno scarico di energia con due vettori, uno verso l’interno (l’occidente), l’altro verso il mondo islamico. E’ un evento bidirezionale.
Probabile che l’11/09/2012 sia uno “strascico” creato ad oc di quello precedente e che ne conservi questa caratteristica.

Mi sono stancato di cercare una struttura che non arriva.
Tanto vale buttare tutto lì, come se si trattasse di ideogrammi di una poesia cinese.
Non voglio però trasformare una poesia cinese in un vassoio di suggestioni per aperitivi intellettuali.

Sono partito da una tesi che è la seguente e che deve essere tenuta in conto da chi legge:
Con la fine dell’ordine mondiale precedente, che aveva avuto l’ultimo strascico nel mondo a blocchi, c’è stata la necessità di incanalare l’energia di una ipotetica lotta di classe globalizzata -dalle conseguenze dirompenti e imprevedibili- in passioni arcaiche e disgreganti dalle conseguenze violente, ma tecnicamente prevedibili e controllabili. In pratica innocue per il capitalismo.

Dagli anni ’90 del secolo scorso si è deciso di sponsorizzare il conflitto di civiltà, sviluppato secondo le linee di sangue, di religione e di territorio, per allontanare il vecchio spettro della lotta di classe o di popolo da ogni angolo del pianeta.
Andava ricreato un antagonismo che paralizzasse la massa, ma che fosse privo della pericolosità intrinseca di quello: blocco-capitalista / blocco-comunista. L’islam andava benissimo.
Se il doversi paragonare ad un sistema socialista aveva costretto il capitalismo ad accettare una certa dose di teorie keynesiane e l’occidente a dotarsi di uno stato sociale, l’antagonismo con l’islam, nelle sue versioni più triviali e arretrate, libera da tutto questo e permette di procedere nello smantellamento di qualsiasi stato sociale sotto la bandiera di una generica difesa di civiltà.
Non ultimo permette la reintroduzione di elementi irrazionali, medioevali e anti-illuministi nel cuore stesso dell’occidente.

Le masse islamiche erano già negli anni ’90 una bomba ad orologeria per le condizioni sociali, demografiche e anagrafiche in cui si trovavano.
Fino ad allora gli USA avevano indistintamente appoggiato regimi “democratici”, modernisti, monarchie assolute, jihadisti, estremisti e chiunque, da quelle parti, tornasse bene in chiave anticomunista e filoamericana.

Le sperimentazioni avvengono in varie parti del pianeta. Significativa, per efficacia e ferocia, fu quella nei Balcani che, anche simbolicamente, prepara l’11/09/2001.

In altre parole dal 2001 la società diventa la società del terrore e tutti i potenziali terroristi o vicini ad una ipotetica linea del terrore vengono mobilitati, seguiti a distanza, controllati, instradati, ma stimolati a produrre una psicologia del terrore dal basso che il potere gestisce dall’alto.

Fine della tesi.

Il flusso delle informazioni neutralizza le informazioni stesse per il semplice fatto che “sono troppe”.

Conoscete la “sindrome Genovese”, nota anche come “effetto spettatore”?
Prende il nome da un fatto di cronaca terribile che negli USA fece scalpore a metà degli anni ’60. Una ragazza di origine italiana, Kitty Genovese, fu inseguita da un assalitore che la violentò e l’uccise. La cosa “inspiegabile” è che questo avvenne a più riprese, con un enorme numero di spettatori e in condizioni che avrebbero permesso la salvezza della ragazza con estrema facilità in qualsiasi momento.

Un sociologo, anche lui italo americano, Robert Cialdini, spiegò in un suo libro (Le armi della persuasione – purtroppo non ce l’ho sotto mano) questo episodio col fatto che quando il numero di testimoni ad un evento è troppo alto, si annullano, diventano massa e sono incapaci di agire individualmente. In altre parole ognuno pensa che qualcun altro abbia già agito o debba agire al posto suo.
Cialdini chiamò questo effetto: sindrome Genovese.

Ecco, le notizie sono soggette ad una sorta di effetto Genovese. Messe tutte sullo stesso piano diventano massa e perdono il loro valore individuale. Nel caso delle notizie, sono quelle meno significative che incistano quelle significative.

All’inizio mi sono lanciato in un banale esercizio di selezione dell’informazione che consiglio a chiunque: prendiamo un film documentario come va di moda da un pezzo tipo Farenheit 9/11 di Michael Moore. Moore mette insieme un certo numero di notizie e le monta secondo uno schema. Isolarle come se fossero tagliate con le forbici e poi chiedermi: se fossi un ispettore privato (tipo Marlow per intendersi) che deve raccogliere degli indizi sul caso quali riterrei significativi?

Ce ne sono due nel film che caverei fuori dal resto.
Uno è quello in cui si parla delle “scommesse” sul crollo dei titoli. Cioè della gran massa di denaro che viene investito in un ipotetico crollo dei titoli in borsa prima dell’11/09/2001.
[Per chi non lo sapesse, ma credo ormai siano in pochi, è possibile investire denaro nella perdita di un titolo azionario attraverso dei titoli derivati che hanno un nome del cazzo e che ora non mi ricordo, come se si fosse al casinò.]

Il secondo indizio è quello per cui, dopo che i servizi hanno già attribuito la responsabilità dell’attentato più grave su suolo americano dalla nascita degli Stati Uniti d’America a oggi ad un tale Osama Bin Laden, la famiglia Laden, già curiosamente invischiata col presidente Bush, lascia gli Stati Uniti con passaporto diplomatico.
D’accordo, Osama sarà stato la pecora nera della famiglia, per così dire, ma è strano forte.

[La notizia bomba del film è invece quella con cui, giustamente, inizia, e cioè: golpe in the USA. Che avrebbe potuto benissimo essere il titolo, ma avrebbe richiesto un’altra esposizione dei fatti. Si riferisce al fatto che il primo mandato di Bush junior è stato conquistato con fortissimi dubbi di brogli elettorali e col rifiuto bipartisan di richiesta di impeachment. Comunque il film l’ha fatto Moore e non io. Per quanto mi riguarda questa notizia è la più rilevante, ma è precedente al 09/11. Per il momento esce dall’inchiesta.]

Io stavo raccogliendo indizi di questo tipo, quasi per gioco, sull’11/09/2001, ma adesso appare quasi più “intrigante” la situazione che si è venuta a creare dopo l’11/09/2012 e le relazioni che esistono tra i due eventi.

La vicenda è arci nota e riguarda gli ultimi giorni. Su youtube viene pubblicato un video di quattordici minuti che vuole essere il trailer di un film chiamato l’innocenza dei mussulmani e che tratterebbe della vita del profeta. Nessuno l’ha visto, ma Al Jazeera, la televisione dell’emiro del Qatar, lo fa arrivare sulle parabole di milioni di mussulmani. Tripoli, attacco all’ambasciata USA. Morti. Ucciso fra l’altro l’ambasciatore USA. Fatto grave. Bordello globale.
Nei giorni successivi manifestazioni e scontri ovunque.

La stranezza è che fin da subito fanno capolino qua e là dubbi a proposito dell’esistenza del film stesso. Ma non importa, ormai il meccanismo è azionato. E’ un susseguirsi di dichiarazioni, articoli e scuse a proposito di un film che nessuno ha visto. Un tafferuglio di piazza e mediatico intorno a quella che con buona probabilità è una bufala.
Ieri appare questo articolo su repubblica online ripreso dalla stampa internazionale: il film che non esiste. Ho scritto un commento telegrafico a questa articolo.

Oggi articoli ed editoriali che parlano della vicenda usano la parola “video” al posto della parola “film”. Ma non importa, il fatto che ‘sto film non esista (dal momento che l’attrice principale ha girato tre giorni è ovvio che il film non esiste e che è stato girato solo il trailer) non costituisce un fatto rilevante e se non lo costituisce per la stampa occidentale figuriamoci per dei fanatici religiosi.

Oggi su repubblica online ho letto un editoriale di Barbara Spinelli intitolato Tra libertà e responsabilità.
L’articolo è imperniato sullo stupore dell’occidente di fronte alle risposte violente del mondo islamico. Non so. A me non stupiscono. Caso mai non mi piacciono, ma stupire è un’altra cosa. Dopo l’11/09/2001 qualsiasi cosa tocchi l’islam è una scintilla per incendiare quelle masse e dirigerle dove alcuni vogliono lo scontro. Mi stupirebbe se avessi pensato che un film sul profeta Maometto non avrebbe fatto incazzare nessuno. Invece, se mai mi fosse giunta notizia che Hollywood stesse preparando un film del genere, avrei semplicemente pensato ecco una cosa che provocherà un macello. Mi sarei stupito casomai del contrario.
C’è un motivo valido per cui non mi è mai giunta tale notizia, cioè il film non esiste.

Dice poi una cosa interessante Barbara Spinelli: È evidente che il video sul Corano è un pretesto, che dopo l’uccisione di Bin Laden si voleva punire l’America, nell’anniversario dell’11 settembre, e scommettere sul peggio: la disfatta elettorale di Obama.

La centralità di Al Jazeera in questo episodio così come in quello degli attacchi del 09/11/2001 sembra non interessare a nessuno.
Al Jazeera ha fornito il materiale mediatico per le così dette primavere arabe. E’ stata la TV che più di ogni altra ha sponsorizzato la rimozione del colonnello Gheddafi in Libia.
Al Jazeera è la vera responsabile dell’efficacia di questa notizia. Quella che ha permesso ad un video che avrebbe potuto essere girato da qualsiasi cretino al mondo con qualche migliaio di dollari in tasca, di divenire un evento di conflitto globale.

Poi anche lei si unisce al coro di quelli che dicono bisognerebbe stare più attenti alla sensibilità islamica.
Beh, sarà che io non appartengo al galateo filosofico progressista, ma resto dell’opinione che se anche fosse stato messo in giro un film idiota prodotto da un imbecille ecc ecc, la cosa non avrebbe giustificato nessuno. Se la sensibilità di una parte del mondo è legata ad un film imbecille che nemmeno esiste, quella parte del mondo ha dei seri problemi. E io, pur non disconoscendo i problemi di questa parte del mondo, continuo a pensare che quella cultura abbia dei seri problemi e delle vulnerabilità spiegabili in gran parte con l’ignoranza, l’analfabetismo, la repressione sociale, culturale e sessuale.
Poi che si stia cercando di mettere il dito nella piaga questo è evidente.

Come pure è evidente che sia un gioco tra omologhi in campi opposti che si rafforzano a vicenda. [Il reverendo Tarry Jones, il brucia-Corano, trae energia dagli imam Jihadisti e viceversa. Il reverendo Tarry Jones, se non tornasse bene a qualcuno sopra di lui, avrebbe già cambiato condotta a causa di una forte scarica di adrenalina indotta da canna di fucile infilata su per il culo per mano dei servizi USA, piuttosto che dai fanatici mussulmani.]
Tutta acqua al mulino repubblicano in piena campagna elettorale. Ma anche questa non è una novità. Nel 2004 lo stesso Osama Bin Laden, l’uomo più odiato d’America, nel solito videomessaggio VHS alla TV Al Jazeera chiedeva agli elettori USA di NON votare Bush.

Curiosa l’interpretazione di Barbara Spinelli a proposito di Voltaire: Questa forza di offendere ha un nome sacro, sancito dalle leggi liberali e specialmente inviolabile nella cultura politica statunitense: si chiama libertà di opinione, di espressione, di pubblicazione.

È una libertà che non ammette limiti, che si fa forte dello spirito di tolleranza, che si inventa un Voltaire permissivo che non è mai esistito (non è sua la frase “Disapprovo quel che dite, ma lotterò fino alla morte perché possiate dirlo”). Voltaire difese dalla censura dei benpensanti testi e autori che esecrava: bisognava tuttavia che i testi contenessero qualcosa che per lui era una “verità, anche se triviale”. Wikileaks e Assange per esempio portano alla luce fatti veri, e il loro diritto di parola va difeso: cosa che non accade. Non sputano bugie come quelle dette, solo per insultare, sul fondatore della religione musulmana.

Io non credo a questa visione restrittiva di Voltaire. Se la società non ha gli anticorpi della logica si può camminare in punta di piedi quanto si vuole, ci sarà sempre una minoranza intenzionata e motivata a innescare lo scontro fra civiltà.

Me ne sto completamente assorbito in questi pensieri seduto alla scrivania del mio ufficio, cercando un alibi, una pista, una traccia… quando ecco che squilla il telefono. Faccio una lunga inspirazione e una lenta espirazione prima di alzare la cornetta.
“Sì…”
“Beh?”
“Ah, siete voi… ecco avrei bisogno di un anticipo.”
“Non se ne parla. A proposito a che punto siamo con questa indagine? Vogliamo cose concrete, fatti brucianti, notizie bomba, collegamenti sottili, roba che faccia esclamare –Ah ecco!-, cose semplici che possano essere comprese al volo anche dall’assistente sociale di Voghera. Frasi che distolgano il lettore dalla foto del gattino che saluta con la zampina su facebook. Niente sofismi cerebrali o voli intellettuali… inteso. Pagamento alla consegna.”
“Sì, certo… ho già preso molti appunti. Poi ho tutto in testa. Tutto…”
“Bene guarda di farlo uscire se vuoi riscuotere i centomila bigliettoni.”
Riattacca.
Mi lascio cadere nella poltrona. Penso -Ma cosa c’è a Voghera?-

Fine prima parte.

Gianni :::14 settembre 2012 :::

Vedi anche:http://www.megachip.info/finestre/zero-11-settembre/8851-imposimato-a-11-anni-da-quell11-settembre-era-strategia-della-tensione.html

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