Il filo rosso e il coniglio di Troia

http://bookevangelist.typepad.com/.a/6a016760e4a142970b016302a26b06970d-piIl filo rosso e il coniglio di Troia.

Il filo rosso.
Tutte le volte che si parla di politica italiana e ce la faccio a non innervosirmi e grazie a sofisticate tecniche di respirazione mantengo pure il distacco, mi tornano a mente i Monty Python con la loro comicità a base di non-sense.

Quindi in questi giorni mentre leggevo i soliti esercizi di democrazia dei vari militanti Piddini su un noto social network mi è venuto da scrivere questo: Bravi quelli del PD, mi piacciono perché non sono per niente attaccati ai personalismi e al leaderismo. Loro parlano delle cose mica dei personaggi. Così… a modo di scherzosa risposta.
In questo breve post ho messo insieme alcuni spunti presi dai commenti a questo stato e roba su cui stavo riflettendo.

Mettiamo le larghe intese. La formula americana del partito unico è il bipartito unico. Però negli USA le cose non le fanno a cazzoni come da noi e quindi i due partiti istituzionali non sono mai stati costretti a governare formalmente insieme. Anche se lo fanno sostanzialmente da sempre.
In Italia le larghe intese sono un incidente di percorso verso un bipolarismo perfettamente antidemocratico.

Viviamo in una semantica impazzita… a differenza degli americani ci troviamo al governo un partito che è democratico, uno che auspica le “libertà” (plurale) e uno che comprende la parola “civica”, il tutto condito con “sinistra”, “ecologia” e di nuovo “libertà” (singolare).
Chi sta meglio di noi?

La mia curiosità è antropologica, piuttosto che politica. Come fanno milioni di persone che hanno fondato la loro “sinistra” identità sopra l’antiberlusconismo a trovare perfettamente logico che il proprio voto confluisca in un governo che comprende quello che era il loro nemico pubblico numero uno? Il distuttore della democrazia, il neoduce, il decadente opportunista, colui che oscura il cielo e la terra ecc…
Come fanno i dirigenti del PD lo capisco bene. Ma i militanti? Anche qui la semantica è impazzita accanendosi sulla parola: “responsabilità”.

Allora se sei straniero ti devo spiegare questo dell’Italia: è un paese dove c’è una fetta consistente di individui, che ha pure la pretesa di usare le armi della critica e di coltivare raffinate conoscenze, che in realtà è ossessionato dagli -irresponsabili-. Tutta la loro capacità concettuale si concentra sull’idea che orde di maleducati potrebbero prendere il potere attaccando gomme da masticare ovunque e facendo chiasso e confusione. Per scongiurare questa immagine tollerano: la mafia, la corruzione, l’ingiustizia sociale e un’altra dozzina di cose che magari a casa tua, o forestiero, non sarebbero tollerate. Quindi puntualmente gli irresponsabili, quelli veri (cioè chi è privo di responsabilità collettiva), in questo paese si mettono il cappello della responsabilità e vanno al potere. Questo è anche uno dei motivi per cui da noi la maleducazione e l’inciviltà sono tollerate  e incentivate. Per fare un esempio sintetico basta pensare al fascismo -un prodotto esportato in tutto il mondo fra l’altro-. Il fascista è un delinquente che diventa politico e ambisce alla conquista del potere; la sua più potente arma di propaganda è il -superamento della delinquenza diffusa-. Quindi ha bisogno di una -delinquenza diffusa- di qualsiasi tipo o di uno stato di disordine e violenza come base su cui agire. Quindi lo ritrovi in tutto quello che è illegalità e violenza in quanto promotore della legalità e della coesione sociale. In effetti in un regime fascista la delinquenza viene superata in quanto essa va al potere. Però i fascisti questa cosa la sanno, anche se la vendono in altro modo.. la sanno bene. Invece ad altri  sfugge, del tutto o imparte, di giocare contemporaneamente la parte sia di Cappuccetto Rosso che del lupo. Occorre una parola magica. Eccola: responsabilità.

Una parte consistente del PD è su questa lunghezza d’onda: –o noi o il diluvio-. Senza considerare che loro sono parte del diluvio. Ma questo non basterebbe e non arriverebbe in fondo alla questione.

Ho capito che il PD (di cui ho già scritto qui e qui), ma nel senso della sua base raccoglie una eredità del PCI -va da sé non la migliore- che è la seguente: il militante (medio) del PD non crede nella democrazia come quello del PCI non credeva nel comunismo. Sia detto senza particolare volontà di giudizio; magari si tratta di una brava persona, ma non ci crede, come i preti mediamente non credono in Dio. Comunque rimane una grande famiglia. Come la chiesa appunto.

Ecco che effettivamente un filo rosso c’è. Occorre un idea in cui non si crede e si deve appoggiarla pubblicamente. Essere comunisti e credere alla realizzazione del comunismo sono due cose diverse.Come essere cattolici e credere al messaggio di Cristo. Che c’entra Cristo con le cose serie. Quello è marketing; c’è scritto anche sulle confezioni alimentari che l’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto… Perché non potrebbe essere la stessa cosa per la Democrazia? Basta cambiare la parola. In fondo cosa sono il socialismo o il comunismo se non un’estensione del concetto di democrazia.
Ecco servita una suggestione da portare in tavola come antipasto.

Il coniglio di Troia.
Ve lo ricordate il tanto pubblicizzato decreto anti femminicidio? Contiene delle norme giuste e necessarie per un fenomeno indegno che va appunto sotto il nome di -femminicidio-. Quello che è strano è che contenga norme che con il femminicidio non c’entrano niente di niente e non si tratta di inserimenti di poco conto. Come avevo già scritto in questo post estemporaneo.

Adesso è legge. Bene, oltre al famoso articolo anti-NO TAV, c’è finito dentro anche un articolo che impedisce l’eliminazione delle province e poi la riforma di Vigili del Fuoco e…

Ho scoperto che questo tipo di operazioni adesso vengono chiamate legge ominibus. Io le avevo chiamate Cavalli di Troia. Per la loro evidente funzione di veicolo di norme sponsorizzate da interessi particolari dentro una legge di interesse pubblico.
Però, come dicevo all’inizio, quando penso alla politica italiana mi vengono in mente i Monty Python e quindi il termine Cavallo di Troia è da considerare obsoleto e si rende opportuno sostituirlo con il termine: Coniglio di Troia. Buona visione a tutti.

 

Posted in Generale, Info, Script | Tagged , , , , , , , , , , | Comments Off on Il filo rosso e il coniglio di Troia

Buy buy Europe

Tutti gli episodi su: http://buybuyeurope.eu/

Articolo su Internazionale: http://www.internazionale.it/news/documentari-cultura/2013/11/10/buy-buy-europe/

Posted in General | Tagged , , , , , , , , | Comments Off on Buy buy Europe

Lettera al Comune di San Miniato

La presente lettera alla giunta del Comune di San Miniato, sarà pubblicata anche sul mio blog personale e sarà inviata ai media locali.

Oggetto: Assenza servizio di cattura cani randagi nel Comune di San Miniato e inadempienza legge regionale L.R. 20-10-2009 n. 5

Gentili amministratori, vivo da più di dieci anni in questo comune, di cui apprezzo l’indubbia bellezza naturale e paesaggistica.
Vi scrivo per mettere in luce una questione che, da cinofilo, mi sta a cuore e con cui a più riprese mi sono trovato a fare i conti: quella della mancanza di un servizio di cattura dei cani randagi e alcune questioni correlate.

La premessa è che in ben tre occasioni mi sono trovato di fronte a cani randagi o fuggiti e, come cittadino, ho pensato che la cosa più giusta da fare fosse chiamare la Polizia Municipale. Devo far notare che, a differenza di quanto accade in altri comuni, questo non porta a nessuna soluzione del problema, non tanto per la mancanza di volontà dei vigili urbani, ma come viene fatto notare subito da chi risponde al centralino: perché il comune di San Miniato non è dotato di un servizio di cattura per animali randagi. Il comune di San Miniato è convenzionato con un canile nel comune di Pescia che però interviene se l’animale è a casa di qualcuno e non in strada…
Quindi mi è stato suggerito di catturare il cane. Beh, a parte che è una richiesta un po’ strana, ma io ho provato lo stesso a farlo, e non ci sono riuscito purtroppo. Questo ha dell’assurdo.
Non credo si possa chiedere ai cittadini di fare il lavoro che spetta alle amministrazioni.

Da amante dei cani poi, la cosa mi disturba particolarmente perché penso che un padrone coscienzioso che si sia premurato di microcippare il proprio cane, come prescrive del resto la legge, in caso di fuga o smarrimento dell’animale possa solo sperare che esso si allontani sul territorio di un comune confinante affinché possa essere catturato e tornare da lui. Inoltre le segnalazioni, a quello che ho capito, non vengono annotate da nessuna parte. Quindi se, mettiamo, qualcuno chiama per segnalare un cane in una zona al mattino e il padrone del cane contattasse il comando dei vigili urbani il pomeriggio potrebbe solo sperare che a rispondere fosse la stessa persona che ha ricevuto la segnalazione. Oppure che la persona che ha ricevuto la segnalazione si sia premurata, di propria iniziativa, di lasciare un appunto, al cambio turno. Questo ho capito.

Stamattina alle 9,30 circa, all’altezza del cimitero di Ponte a Elsa, sulla transitatissima SS 67 ha attraversato la strada un pastore maremmano bianco. Sono riuscito appena ad evitarlo e dopo di lui è passato un altro maremmano più anziano con problemi alle zampe posteriori, entrambi con collare. Ho chiesto ad un signore che coltivava un orto lì vicino se ne conosceva la provenienza, ma lui non ha saputo dirmi niente. Lo stesso per gli abitanti della casa vicina.
Quindi ho chiamato la Polizia Municipale e mi è stato ripetuto quello che già sapevo, ma data la pericolosità per i mezzi in transito, la signorina mi ha detto che avrebbe avvertito la pattuglia (che però era impegnata in un altro servizio) e nel caso sarebbe intervenuto un veterinario.

Ho cercato di seguire i due cani e avvicinarli, erano calmi ma piuttosto diffidenti. Poi ho chiamato di nuovo per segnalare il punto preciso in cui sembrava stazionassero e sono tornato a casa.

Mi sono fatto aiutare da una amica che lavora nell’ufficio ambiente di un altro comune per quanto riguarda la normativa in materia e la ringrazio tanto perché ha scritto una lettera talmente chiara che riporto quasi integralmente.

Per quanto riguarda animali di affezione e prevenzione del randagismo, questi sono i riferimenti normativi circa le competenze spettanti ai Comuni.

Legge 14-08-1991 n. 281
Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

L’art. 2 stabilisce le modalità di trattamento dei cani e degli altri animali di affezione

L’art. 4 stabilisce le competenze dei Comuni

Sulla legge quadro non è stato specificato a chi spetta la competenza circa la cattura dei cani randagi. Sul territorio nazionale la situazione è diversificata e discplinata con legge regionale.

Per la Toscana:

La vecchia legge regionale L.R. 08-04-1995 n. 43 stabiliva all’art. 13 che “la cattura dei cani vaganti è di competenza delle Amministrazioni Comunali che la attuano, con oneri a loro carico, tramite i competenti servizi delle Aziende Usl.”

Di fatto […] dagli anni ’90 il servizio di cattura non veniva svolto dall’Azienda Usl di Empoli ed era stato affidato prima a Publiambiente e poi ad imprese private. Non so però cosa faceva l’area pisana.

La nuova legge regionale L.R. 20-10-2009 n. 59 stabilisce all’art. 29 che:

“I comuni provvedono alla cattura di cani attivando un servizio finalizzato, con oneri a proprio carico, ove possibile tramite i competenti servizi delle aziende Usl.”

Quindi, la legge regionale stabilisce che per la cattura dei cani randagi deve essere attivato un servizio finalizzato da parte dei Comuni. Se l’Azienda Usl offre ai Comuni la possibilità di effettuare il servizio, sarà affidato all’Azienda Usl, se questa non ha la possibilità di attivarlo, i Comuni provvederanno diversamente.

Per quanto riguarda il territorio di competenza dell’Azienda Usl 11, l’Azienda Usl ci ha scritto che non ha la possibilità di effettuare direttamente il servizio e che quindi i Comuni devono provvedere ad occuparsi del servizio che deve essere garantito nelle 24 ore, in caso di urgenza.

Il Comune di Fucecchio ha affidato il servizio di cattura dei cani randagi all’Ass. Amici degli animali a 4 zampe per quanto riguarda il servizio nei giorni feriali dalle ore 8 alle ore 20, all’Ass. VAB per quanto riguarda il servizio di cattura nei giorni festivi e in orario notturno, ad un medico veterinario libero professionista il servizio di cattura cani difficili o non avvicinabili per i quali è necessario procedere ad anestesia.

Da questo si evince chiaramente che il Comune di San Miniato è inadempiente in materia e non può rispondere ai cittadini: pensateci voi.
Scrivo questa lettera e la rendo pubblica anche come testimonianza, nel caso ci fossero rivalse legali nei confronti dell’amministrazione stessa in caso di sinistri.

Ultimo ma non ultimo, non capisco nemmeno perché i cani del comune di San Miniato siano ospitati da una struttura sui monti pistoiesi. Struttura ben tenuta, ma ad una distanza che non facilita certo l’adozione di questi animali. Sarebbe auspicabile invece un percorso di collaborazione con strutture e associazioni sensibili all’argomento sul territorio.

Sebbene sia piuttosto perplesso dal fatto che certe cose debbano essere fatte notare da un cittadino e non facciano invece parte del lavoro quotidiano dei nostri amministratori, spero tuttavia che quanto ho scritto possa essere utile per migliorare una situazione non certo decorosa.
Auguro a tutti un buon lavoro per il bene di umani e quadrupedi.

Un saluto

Gianni Casalini
Ponte a Elsa
San Miniato (PI)

L281_1991 Legge 14-08-1991 n. 281

LR_59_2009 Legge Regionale 20-10-2009 n. 59

Posted in General, Generale, In Comune, Info | Comments Off on Lettera al Comune di San Miniato

L’ottimismo

' Happy Trails'; Sammy Slabbinck 2012

‘ Happy Trails’; Sammy Slabbinck 2012

L’ottimismo
Un amico mi passa il link di questo articolo di Eugenio Scalfari: Se vince Grillo, paese a rotoli.

Mentre lo leggo prendo alcuni appunti mentali e li riporto qui a ruota libera.
Prima che qualcuno me lo ridica: non ho votato M5S, non faccio parte del M5S, non ne ho mai fatto parte; Grillo non mi fa nemmeno ridere, e se ho scritto questa cosa è, prima di tutto, perché disprezzo l’uso che in questo paese si fa dei capri espiatori. Poi perché ritengo gran parte delle aspirazioni che sono convogliate in quel movimento legittime (pure accostate ad altre che non apprezzo per niente) e se avessero trovato la giusta rappresentanza se non nelle istituzioni almeno nei movimenti non ci sarebbe stato nessun M5S.

Allora prima cosa fa piacere che un maestro del giornalismo italiano titoli un articolo in questo modo, perché già dal titolo emerge un incredibile ottimismo. Se il paese va a rotoli se e solo se vince Grillo c’è più speranza di quella che pensavo.

Ad esempio in Grecia non c’era Grillo e sono andati a rotoli lo stesso, e neanche poco. Va bene maestro, lei mi dice che c’era Alba Dorata. Ma AD ha tirato su la testa dopo che il paese è andato a rotoli, non prima.
Ma cerchiamo di essere ottimisti forse l’Italia va a rotoli solo se vince Grillo.
Perché?
Scalfari ce lo spiega così: Si tratta di una campagna [quella del M5S] di destra, una destra xenofoba contro gli immigrati, qualunquista contro i partiti (tutti i partiti, nessuno escluso) e contro le istituzioni, dal capo dello Stato al presidente del Consiglio ai ministri (tutti i ministri) e contro la magistratura e la Corte costituzionale.

Quindi se in Italia le elezioni venissero vinte da una personcina come Silvio Berlusconi, rispettosa delle istituzioni, della magistratura e con una coalizione con dentro magari Calderoli e Gasparri l’Italia non andrebbe a rotoli?
Solo per evocare lo spettro dell’ormai defunto ventennio berlusconiano in cui il centro sinistra ha governato solo dieci anni.

Poi ci svela che il M5S è una destra reazionaria. Perché? Perché: l’Europa così come è fatta oggi e l’euro, che la Banca europea stampa sono diventati i nemici principali e rappresentano i bersagli sui quali sparare per primi.

Però, maestro, se è per questo non solo come la destra, ma anche come la sinistra (estrema, dirà lei). Caso mai la differenza fra destra o sinistra sta nelle soluzioni proposte. La destra teorizza che dietro alle politiche di oppressione monetaria ci sia un complotto internazionale e propone come unica ricetta il rafforzamento dello Stato nazione che divenendo forte, autoritario e armato sarebbe in grado di sconfiggere i nemici del popolo. Dice sempre la stessa cosa la destra e siccome si capisce cosa dice, anche se le cose non stanno come dice, è pur sempre pericolosa.
Mentre la sinistra non si capisce proprio cosa dice e quali soluzioni propone.

Però tutti concordano sul fatto che c’è una politica economica gestita da altri livelli che non sono quelli delle istituzioni democratiche e che questi parametri che condizionano la vita di milioni/miliardi di persone sono fuori dal controllo democratico. Da qualsiasi controllo democratico. Su scala europea e su scala globale. Daccordo tutti concordi tranne quelli che stanno seduti in parlamento, che invece sostengono la legittimità di tutto questo. E fino a che andava così, secondo lei, maestro, era tutto a posto?

Subito dopo aggiunge: La stessa strategia è quella usata dal Fronte nazionale francese della Le Pen, dal movimento anti-europeo di Germania (dove però non hanno neppure superato la soglia per entrare in Parlamento), in Grecia, in Danimarca, in Olanda.

Prima cosa, da un giornalista esperto mi sarei aspettato un accenno di riflessione sul fatto che gli “antieuropeisti” in Germania non abbiano superato nemmeno la soglia per entrare in parlamento, mentre altrove spaccano. Strano…
Potrebbe venire il sospetto che il sentimento anti-europeo (che poi è un sentimento rivolto contro alcune istituzioni finanziarie europee) sia più forte nei paesi che l’euro lo pagano, rispetto a quelli che lo riscuotono (con l’eccezione della Danimarca che è un paese che l’euro lo riscuote e dove c’è un forte movimento di opinione che non vuole fare la fine di quelli che lo pagano).

Poi ora… io capisco che ci sono cose che non quagliano nel M5S, di sicuro…, però che sia del tutto corretto e onesto questo accostamento all’estrema destra europea… Almeno un margine di dubbio me lo mantengo. Non fosse altro perché quelli che conosco e hanno votato M5S tutto sono fuorché fascisti. E sinceramente neanche stupidi come vengono dipinti dai media. Almeno quelli che conosco io. Magari hanno fatto quello che siamo stati abituati a fare tutti in Italia: hanno votato quelli che credevano (a torto o a ragione) i meno-peggio.

Voglio dire, dottor Scalfari, se l’affermazione del M5S in Italia ha evitato che vincesse Forza Nuova dovremmo ringraziarlo. Sbaglio? Magari solo per questo e solo momentaneamanente. Ma per questo sì.

Poi, ancora, riemerge con una certa frequenza sui giornali vicini alle larghe intese che i M5S sono fascisti o para-fascisti ecc ecc.. però, se così fosse, sono fascisti anomali. Ammettiamolo. Perché nelle istituzioni che a lei premono tanto le altre forze “democratiche” stanno facendo di tutto per sfasciare la costituzione repubblicana antifascista e i fascisti del M5S la stanno difendendo anche piuttosto a spada tratta. E’ strano…

Non so. Sono confuso e da un grande del giornalismo mi sarei aspettato qualche spunto di chiarezza. Non proclami allarmati.
Va bene che nel mondo realmente rovesciato succede di tutto e tutto sembra normale. Tipo… che la maggiore potenza capitalista del pianeta sia ufficialmente comunista e cose del genere. Quindi, perché no, potrebbe succedere benissimo che dei fascisti difendano una costituzione antifascista, mentre dei democratici l’attaccano.
Abele ha teso una trappola mortale a Caino e così via…
E se il post-qualsiasicosa fosse proprio questo? Se fosse proprio questo vivere ribaltati dentro le dicotomie perché ormai si è rinunciato inconsapevolmente a venirne fuori?
Certo è fantasioso, ma almeno fornirebbe una risposta ai sinistri personaggi dei partitini della sinistra che fingono di fare autocritica da quando son nati e continuano a ripetere stizziti all’elettorato: “cosa ha Grillo che a noi manca?!”.
Vabbè.

Poi continua: Grillo ha anche in mente una sua politica economica. Non è mai andato a scuola di economia e conosce per sentito dire le scuole di Cambridge, di Vienna e del Mit degli Usa; ma sa interpretare e semplificare quello che molta gente pensa: ridurre le tasse, combattere evasione e corruzione, infischiarsene del debito pubblico, spendere per creare posti di lavoro senza preoccuparsi delle coperture, rispondere a pernacchie alle direttive europee e mandare per aria l’euro. Chi se ne frega dell’euro. Meglio una moneta nazionale stampata in Italia in quantità capaci a fare star meglio la gente, i giovani, gli anziani, tutti.

Non posso fare a meno di notare che almeno una voce dell’elenco: spendere per creare posti di lavoro, rientra nelle politiche Keynesiane… a cui però aggiunge: senza preoccuparsi delle coperture. In modo da dare alla faccenda un alone di irresponsabilità. Ma i finanziamenti delle grandi opere, dottor Scalfari, come si pongono rispetto alle coperture?

Io non lo so cosa ha studiato Grillo. Lei ne saprà molto di più di economia. Io un po’ l’ho studiata. Ma non si può dire che un esame all’università sia molto, lo capisco. Poi ho provato a capirne qualcosa ed è difficile. Davvero difficile. Per esempio ci sono cose che non afferro proprio e quindi mi viene da pensare che la faccenda non stia esattamente come ce la raccontano i cospirazionisti monetari, ma nemmeno come la racconta Letta. Voglio dire, lei che è andato a scuola di Economia ci può spiegare (a noi ignoranti) perché una banca centrale emette moneta al tasso dell’1% e questa tramite il sistema bancario viene fornita allo Stato al tasso del 4%. Un motivo potrebbe essere che il sistema bancario privato è talmente affidabile da dover accettare questo piccolo onere a carico della collettività. E questo mi torna. L’affidabilità del sistema bancario è sotto gli occhi di tutti e fuori discussione. Ma allora se io volessi prendere partita IVA, visto che adesso me la vogliono far prendere anche per fare il bracciante o il lavapiatti, e lo facessi io quel lavoro? Dopotutto -il lavoro che non c’è va inventato- ci dicono i giornalisti italiani (bravi). Allora io potrei prendere soldi dalla BCE all’1% e comprare titoli di stato anche al 2%. Per qualche miliardo di euro, s’intende. E con me lo Stato italiano farebbe un affare. Ah, non importa se ci sono investimenti migliori. Sono un patriota io. Compro solo titoli italiani! Perché le banche private sono il fornitori unico di liquidità allo stato? Posso fare concorrenza anche io? Penso che sul valore della concorrenza un liberal come lei non abbia nulla da obiettare.

Poi ci può spiegare perché tutti quelli che ci governano sono legati direttamente o indirettamente alle istituzioni finanziarie o alle economie criminali o ad entrambe?

Vorrei dirle questo: perdonerà il popolo ignorante se c’è un po’ di diffidenza nei confronti di coloro che l’economia l’hanno studiata e parecchio, ma stanno usando la loro conoscenza a proprio stretto vantaggio. Un po’ di diffidenza è normale.
Anche sul debito vorrei dirle. Ok, i debiti si pagano. Ma si rifanno i conti prima di cacciare fuori i picci. Chi l’ha fatto tutto questo debito… e come… e perché finiscono sempre per pagarne gli interessi solo coloro a cui è facile frugare in tasca? Quest’anno pagheremo cento miliardi di euro sugli interessi. Ma chi c’ha prestato tutti questi soldi dove li teneva prima di darceli? Scherzo, è una battuta. Ma sono serio quando dico che dovremmo saperne tutti di più. Sul valore della conoscenza concordo con lei, Eugenio Scalfari. Non sono sicuro però che coloro che lei prende ad esempio di responsabilità istituzionale sarebbero tranquillamente al loro posto se ne sapessimo tutti di più.
Mentre leggevo il suo articolo mi è venuto in mente un bell’articolo di Luciano Gallino, che non si può certo considerare né un anarco insurrezionalista, né un fascista complottista e di economia qualcosa ne sa: Tutte le colpe dell’eurofinanza.

Avvicinandosi al finale tutto si risolve con un appello quasi risorgimentale allo Stato Federale Europeo. Bello. Commovente. Io vorrei aderirvi perché non voglio rafforzare né confini, né nazionalismi, però vorrei anche dirle questo (se mi posso permettere) -gli europei non hanno problemi con l’euro: hanno pochi euro. E tanti debiti. E non capiscono.- Continuano a non capire come sia stato possibile, nonostante tutto il loro sbattersi quotidiano che la loro fabbrica abbia chiuso, che i manager spettacolari che dovevano salvare le aziende le abbiano affossate una dietro l’altra e invece di continuare la loro carriera inserendo pubblicità nelle cassette delle poste per il resto della loro vita siano stati promossi, abbiano aumentato il loro prestigio e i loro averi, che le aziende siano state smembrate e svendute una dietro l’altra alla concorrenza, che i cartelli vendesi siano affissi su tutti i negozi, che siano diventati poveri, che la loro capacità e conoscenza sia diventata superflua da un giorno ad un altro, che un’economia che stava superando quella tedesca prima dell’eurozona sia completamente affondata, che tutto debba essere privatizzato, che il costo della vita sia raddoppiato e gli stipendi no, che i loro figli debbano emigrare e che tutto questo sia casuale e colpa della propria inguaribile cazzoneria.

Lei dopo tutto ci offre una finale speranzoso: La ripresa sarà lenta ma comincerà certamente nel 2014, tutti i sintomi ci sono già e tutte le fonti lo confermano.
Addirittura tutti i sintomi e tutte le fonti. Ne avrebbe potuto citare qualcuna di queste fonti. Ma non voglio essere critico fino in fondo. Anche io spero che questa cazzo di situazione finisca perché, mi creda, è faticosa da sostenere. Comunque se è servita a rendere più ricchi e potenti banchieri, grandi capitalisti e speculatori almeno il sacrificio di milioni di persone non sarà stato inutile.
Poi ci incupisce di nuovo così: Ma c’è anche l’incoscienza degli incoscienti e il pericolo è quello. Papa Francesco, lei che ci crede preghi per noi che ne abbiamo bisogno. Sarà comunque una preziosa testimonianza.

Insomma speriamo che Papa Francesco interceda per noi salvandoci dall’incoscienza degli incoscienti e anche da quella dei troppo coscienti. Amen.

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , , , | 2 Comments

Pensierino

sistema

Svolgimento
L’espressione fotti il sistema mi è sempre sembrata piuttosto idiota perché il sistema quando lo fotti gode alla facciaccia tua e di tutti quelli come te e perché cotale espressione di solito è usata dalle menti scarse di soggetti chiassoni. Poi è proprio un americanismo becero; una traduzione letterale dell’onnipresente -fuck-. Pensa quanto è ridicolo chi dice ad un altro -fottiti- perché è incazzato con lui. Patetico. Il senso che viene dato a fottere è quello di uno scopare con retrogusto di disprezzo e ambigua intenzione di danneggiamento. Porta con se un carico di irrisolta sensualità infantile. Quando è cercato con questa intenzione va bene, ma associato alla parola sistema appare quasi come una ricerca di relazione carnale e riconoscimento da esso. Dunque chi vuole fottere il sistema ne è sensualmente attratto e dipendente. Quindi ha ragione il poeta, se vuoi combattere il sistema: Studia. Sennò ci stai facendo all’amore col sistema, anche se te la vuoi raccontare in un altro modo.

Posted in Info, Script | Tagged , , | Comments Off on Pensierino

A ruota libera

' Making Stars ', Sammy Slabbinck 2013

‘ Making Stars ‘, Sammy Slabbinck 2013

A ruota libera
Lettera ad un amico che vive all’estero ed ha la tessera del PD e si pone delle domande ragionevoli

Non rientra nelle mie abitudini dire a gli altri da che parte devono stare. Per quanto mi riguarda condivido l’idea di Noam Chomsky che mette al centro dell’agire politico visioni e obiettivi -su altre cose sono più critico con Chomsky-. Nel senso che anche la mia visione rimane quella di una società comunista e libertaria in cui il senso solidale di comunità e l’iniziativa individuale non siano in contrasto tra loro e in cui l’estinzione della nostra specie o delle altre non sia considerato un effetto collaterale al buon funzionamento dei mercati. Aspiro ad una società sostanzialmente democratica, ma non so se è la mia visione piuttosto di un’altra che si realizzerà. Mentre gli obiettivi sono ciò che si può realizzare nel tempo storico e nelle condizioni che ci è dato vivere. Posso accettare che la visione stia oltre la mia vita biologica o appunto addirittura al di là della realizzazione completa. Mentre gli obiettivi sarebbe bene realizzarli durante la propria vita biologica, o almeno provarci. Gli obiettivi sono apparentemente più modesti rispetto alla visione, ma in un certo senso sono la visione in opera. Sarebbe sbagliato vederli come separati.

In altre parole la visione è la direzione della bussola, gli obiettivi sono i sentieri che uno deve, o può, percorrere. A volte si cammina da soli a volte in compagnia. A volte si cammina anche nella direzione contraria a quella indicata dalla bussola per aggirare un ostacolo o creare le condizioni migliori in futuro. Mi ci dilungo perché in questo paese, per qualche strano motivo, la confusione tra questi due livelli è più accentuata che altrove e perché ho conosciuto parecchie persone che A) vantano incontaminata purezza per il fatto di passare il tempo a tirare craniate nel primo muro che gli si para davanti visto che quella è la direzione esatta e gli altri sono tutti  reazionari & revisionisti & ecc -e questo di solito è il caso delle persone molto stupide o molto attaccate all’ideologia- B) Persone che passano la vita viaggiando nella direzione del “nemico” sostenendo che hanno ben chiaro che quella è la direzione che porta nella merda, ma è l’unica che è possibile sempre e comunque percorrere & bisogna essere pragmatici -e questo è il caso delle persone molto furbe o che aspirano ad esserlo-. Nel mezzo ci sono: confusi di ogni sorta e innumerevoli varietà di furbetti. (In effetti, in questo tentativo di categorizzazione, esiste un caso C costituito da coloro che riescono ad essere sia A che B -che non si sa mai-).
Credo che non avendo chiara questa distinzione tra livelli anche le persone migliori finiscano per oscillare tra la commozione per i padri dell’anarchismo e la tessera del partito di centro-centro-centro-quasi-sinistra o-così-o-pomì (come diceva una nota pubblicità). Detto questo l’unica cosa che mi preme è che la distinzione tra i livelli sia chiara. Mi preme che la bussola funzioni poi se uno decide di andare in una direzione o in un’altra, oppure di stare fermo, dipende solo dalla sua coscienza, dalla sua volontà e dalla sua conoscenza.

La valutazione nel raggiungimento degli obiettivi rientra nella categoria dell’efficacia, che non può essere la stessa categoria con cui valutiamo la visione.
Ci sono stati momenti nella storia in cui le condizioni erano più drammatiche di adesso, ma erano tutto sommato più semplici. Si doveva scegliere da che parte stare. O col fascismo o contro. Erano i momenti in cui visioni e obiettivi convergevano per forza. Noi invece dobbiamo attraversare le acque dell’incertezza  che sono quelle più difficili da navigare, ma viste dal punto di vista dell’avvicinamento alla visione sono anche le più importanti.

Che fare? Che poi è sempre la cara vecchia domanda. Che fare? Ancora lei dopo tutti questi anni. Premesso che per me vale la vecchia massima buddista: se non sai come fare cose buone, cerca almeno di non fare cose cattive… voglio pensare che la domanda sia mal posta e quella vera sia: cosa manca? Cosa manca perché non ci si debba di nuovo scindere fra obiettivi e visioni? Cosa manca per non cadere di nuovo nel contrasto tra la mente che insegue gli obiettivi e quella che aspira alle visioni -che poi è ciò che vuole il potere-? Per me mancano obiettivi condivisi e analisi degne di questo nome. Mancano piattaforme o progetti politici alternativi condivisi e condivisibili ad ampi settori della società, progetti per cui lottare. Non manca la volontà di lottare. Manca una radicalità ragionevole. Percorribile.
Le categorie del ‘900 hanno lasciato eredità importanti, ma non più attive. Finalmente dico io, almeno la loro eredità potrà essere spesa in qualche modo. Invece c’è chi sostiene che è tutto come prima e la risposta sarà sempre la stessa. Nei secoli dei secoli. Amen.
Se la risposta è la “rivoluzione proletaria” è chiaro che si finisce per prendere la tessera del PD. Le rievocazioni storiche non servono a un cazzo. Tanto vale andare alla festa dell’unicorno dico io, vestiti da guerrieri medioevali o robe del genere. E posso dire la stessa cosa per la sommossa o il “riot” come va di moda dire ora.
Piccola divagazione: leggevo su un sito comunista di questi super-puri che Marx si sta rigirando nella tomba (da qui la loro ansia di purificazione ideologica). Non lo so se Marx si stia rigirando nella tomba o meno; di sicuro se questi sono i nemici numero uno del capitalismo, data la loro frenetica smania di -scissione per l’unità- il sistema può dormire sonni tranquillissimi. Ma figuriamoci.. questi sono figuranti, vogliono -essere qualcosa- non vogliono -fare qualcosa- e quando non prendono direttamente la loro paghetta in pecunia da parte del sistema la prendono in identità, visto che il sistema gli permette di essere antagonisti a lui. Questi hanno soluzioni per tutte le stagioni. Cioè per nessuna. Ma sono molto utili (per il potere) nel tenere occupate le posizioni del dissenso. Le lasciano anche ai loro figli qualche volta.

Ti ricordi il “socialismo reale”? C’é ancora una sottocategoria dei comunisti nostrani che lo rimpiange. I motivi per cui viene rimpianto sono fondamentalmente tre. 1) Quando c’era erano più giovani. 2) Era -realizzato- 3) Era realizzato lontano da casa propria. (Ce ne sono di minori tipo: quando andavano lì chiavavano e l’URSS era una squadra per cui tifare in tutte le discipline olimpiche).
Invece quello di cui non si parla mai è la democrazia reale. Perché questa è quella che chiamiamo -democrazia- senza aggettivi. Anche qui -reale- sta per -realizzata-. Non c’è democrazia quando il destino di miliardi di persone viene deciso da esigue minoranze per niente disinteressate. Non c’è democrazia quando la gestione dell’economia è su una sfera non controllabile dal popolo, dalla massa, dai cittadini. Da chi l’economia la produce.
Un albanese con cui ho lavorato mi disse: quello che ci insegnavano a scuola sul socialismo era falso, ma quello che ci dicevano sul capitalismo era vero.

Ecco per me il PD dovrebbe chiamarsi PDR, Partito della Democrazia “Reale” ed ha lo stesso rapporto che il PDL ha con la libertà o che i partiti socialisti dell’ex blocco sovietico avevano con il socialismo e la società senza classi. Io credo che il PD condivida la peggiore visione del sistema neoliberista camuffandola alla buona e nemmeno più di tanto. Il che mi fa dire che si occupa di truccare la bussola. Almeno così la vedo io. Comunque cosa penso del PD l’ho già scritto in questo post.

Credo che ci siano delle esperienze di lotta e partecipazione più mature e significative di quelle di cui ho parlato prima e il piano dello scontro non sia solo nazionale, anche se questi teatranti ci vogliono dare l’idea che tutto avvenga nello -sgabuzzino Italia-. Quindi essere all’estero per te non dovrebbe essere una limitazione, ma un punto di vista privilegiato. Poi cosa fare non te lo vengo certo a dire io.
Ogni tanto torna a prendere un po’ di sole 🙂 e tienici un posto che ci sta di doverti raggiungere se le cose non cambiano sul serio.
Ciao
Gianni

Posted in Generale, Info | Comments Off on A ruota libera

Il mondo prima

To try for the sun, Sammy Slabbinck 2013

To try for the sun, Sammy Slabbinck 2013

Il mondo prima
Io non sono un nativo digitale. Dopo la mia generazione i non nativi digitali non esisteranno più. E’ sempre stato così. Ad un certo punto a questo mondo si è affacciata una generazione che dava la ruota per scontata; uno strumento ovvio, mentre prima di allora non era mai esistita nessuna ruota.
Alcune cose dovrebbe vederle bene chi si è venuto a trovare in queste faglie. Chi ha attraversato questi paessaggi. Io non sono un nativo digitale, ma ho imparato a vivere in un mondo digitale prima di avere una mente formata. Il mondo in cui sono cresciuto fino ad una certa età non era digitale, almeno non lo era ancora nel racconto quotidiano. Mi ricordo che il mondo analogico aveva alcune caratteristiche, anzi molte. Ma le posso vedere solo adesso che vivo in un mondo digitale. Prima era soltanto -il mondo- senza nessun aggettivo. Adesso è il mondo analogico. Il mondo analogico era attraversato anch’esso da flussi di informazioni, ma erano flussi che si coagulavano e non riuscivano a fluire come l’acqua in un fiume dall’alveo sporco. La capacità creativa era vincolata all’uso delle mani. Era praticità non teoria svincolata dalla materia. Sì. In un certo senso quello che ho visto è questo svincolarsi dalla materia. Una specie di volo che l’essere umano ha sempre sognato di spiccare. Un volo immaginato e interpretato in così tanti modi fin dall’inizio dei tempi. Come l’invenzione del fuoco e la scrittura ed i numeri oppure il volo di Icaro. La realtà aumentata. A me che non sono nativo digitale sembra anche una specie di atrofizzazione. Ma non è un giudizio. Non significa niente di negativo o positivo di per sé. Nessuno saprà mai se gli esseri umani siano stati più felici o infelici prima o dopo l’invenzione della ruota. Non lo sapremo mai. Alcune possibilità si aprono, altre si chiudono e tutte si trasformano. Avremo sempre nostalgia. Avremo sempre nostalgia del mondo in cui ci siamo formati. Non ne ricorderemo le atrocità, quelle si nasconderanno negli anfratti bui della memoria. In ogni caso è scorso via il mondo che abbiamo conosciuto. Come tutto scorre e questo scorrere renderà sempre piacevole un prima che non è più qui. Sarà sempre possibile parlare di un mondo perduto e commuovere i cuori con il suo ricordo. Il futuro è un tempo atroce per gli esseri umani. Gli esseri umani desiderano sempre ritornare. Ritornare a casa. E’ il passato che vorrebbero rivivere. Anche quando si presentasse come un ricordo aberrante lo vorrebbero rivivere altrimenti, di nuovo cambiandolo. Il condizionale è un tempo che si trova perfettamente a suo agio nel passato.
Il digitale è come una esondazione. Allaga. Entra ovunque. Lascia intatte le alte torri della cultura dalla cui sommità è possibile analizzare i flutti che si agitano in basso. Si salva chi è lassù oppure chi è talmente leggero da galleggiare e viaggiare per chilometri e chilometri. Ma la maggior parte delle cose che credevamo importanti non sono né troppo leggere né troppo robuste, neppure erano state create per resistere al tempo. Stanno lì nel mezzo e sono in pericolo. A volte vengono spazzate via o rese inservibili. Questo porta a galla orribili paure e crea bizzarri mulinelli e punti di incontro e contatti tra il puro intrattenimento e le grandi elevate questioni del pensiero.

Posted in Generale, Visioni | Tagged , , | Comments Off on Il mondo prima

Della saggezza

Poenies and butterfly, Katsushika Hokusai (葛飾北斎) (1760–1849)

Poenies and butterfly, Katsushika Hokusai (葛飾北斎) (1760–1849)

Della saggezza.

Cosa significa saggezza? Una immensa quantità di aforismi sulla saggezza è disponibile. Il tentativo di definire questo termine ha messo insieme miliardi di frasi. Ogni personaggio famoso ha detto almeno qualcosa sulla saggezza. Al punto che si potrebbe definire -saggezza-: quel particolare punto di vista che fornisce al pensiero la sintesi dello stare al mondo. Questa più che una definizione è una metadefinizione. Saggezza è, seguendo questo filo, qualcosa che ha strettamente a che vedere con la soggettività. Per questo è sfuggente ai vocabolari. Riguarda il vissuto; un particolare stato che oscilla tra l’universale privo di tempo (lo stare al mondo riguarda tutti quelli che ci hanno preceduto, noi e coloro che ci seguiranno) e l’assolutamente soggettivo, ma si sottrae a quello spazio mediano che è quello della filosofia. Non lo nega. In un certo senso lo circonda. Non solo fisicamente, anche dall’interno. E’ il suo respiro. Mentre la filosofia ha un obiettivo che è, in qualche modo, il raggiungimento della verità, la saggezza no. Come il respiro non riguarda un particolare obiettivo del nostro corpo o della nostra mente, così la saggezza li contiene tutti e nessuno. E’ riflessione dell’esistenza senza speculazione. Ma è pericoloso cercare un significato così elevato di saggezza. Ci si trova con un pugno di mosche in mano.

Ad esempio la definizione Wikipediana di saggezza afferma: La saggezza è una particolare connotazione o capacità propria di chi è in grado di valutare in modo corretto, prudente e equilibrato le varie opportunità, optando di volta in volta per quella più proficua secondo la ragione e l’esperienza.

Ma questa è la definizione di intelligenza più che di saggezza. Infatti se la metto posso arrivare alla definizione di stupidità. Il contrario della saggezza non è la stupidità, come non è follia. O meglio non è uno solo di questi termini. O forse non sostiene proprio un contrario. Non sarebbe saggio se lo facesse.

Quale è il contrario di saggezza? Nei proverbi toscani il contrario di saggezza è proprio pazzia, ma talvolta anche tristezza. Però questi termini sono accostati più spesso in modo congiuntivo che disgiuntivo: Sanno più un savio e un matto, che un savio solo. Oppure: Agli ulivi, un pazzo da capo, e un savio da piè. Stabiliscono una sorta di complementarietà funzionale tra saggezza e follia.

Per Socrate “il più saggio” scopre che la saggezza consiste nel “sapere di non sapere“.. Chi gli altri conosce è erudito; chi conosce se stesso, è saggio. Dice Lao-Tzu. Invece per Woody Allen: Saggio è chi riesce a vivere inventando le proprie illusioni. Umberto Eco sostiene che: la saggezza non sta nel distruggere gli idoli, sta nel non crearne mai. Per Marcel Proust: La saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé dopo un percorso che nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose. Quindi per Proust (come per gli orientali) la saggezza è un’esperienza, non una conoscenza razionale; non un sapere o saper fare, ma la strada percorsa per sapere e saper fare.

François Jullien nel suo libro, Il saggio è senza idee. Ci parla della saggezza cinese come punto di osservazione per la filosofia occidentale. Per la cultura cinese ci dice Jullien il saggio non si ferma su nessuna idea particolare e quindi rimane aperto a tutte; rimane disponibile. La dimensione del saggio è il divenire.

Allora la domanda che mi sorge è un’altra: esiste un particolare stato della mente da cui può emergere la saggezza? Perché più che cercare la saggezza si può cercare la condizione che permette di agire saggiamente e chiamarla di nuovo saggezza.

La risposta più precisa che mi sono dato è questa: saggezza è non dare niente per scontato.
Niente. Né l’acqua che beviamo, né il cibo che mettiamo sotto i denti. Né ciò che ci serve e ciò che non ci serve. Il respiro di chi ci dorme accanto. Né lo scodinzolare del cane. Il sole che sorge e la nuvola che porta l’acqua. La fatica degli altri. Né i propri errori. I diritti. Il rispetto. Né la limetta per le unghie o la carta di identità. Niente. Chi non prende niente per scontato non può distrarsi.
Quando questa condizione viene meno una qualche forma di stoltezza si insinua.
La distrazione di massa, più che creare stupidità, crea stoltezza. Lascia che ciò che c’è, sia dato per scontato. Quando qualcuno dà per scontato qualcosa è facile portarglielo via o, per evitare ciò, si deve incarognire sul proprio ego per mantenere una qualche forma di possesso dell’oggetto. Diventa rigido e fragile.
Sì, secondo me, saggezza è non dare niente per scontato.
Grazie della compagnia.

Posted in Generale, Visioni | Comments Off on Della saggezza

Negazionismo?

' Into the wild ' Collage on paper  Sammy Slabbinck 2013

‘ Into the wild ‘
Collage on paper
Sammy Slabbinck 2013

Ho trovato questo post su un blog negazionista:
Il revisionismo NON afferma…
* che non ci sia stata nessuna persecuzione degli ebrei
* che non ci sia stata nessuna privazione dei diritti degli ebrei
* che non ci sia stata nessuna deportazione degli ebrei
* che non ci sia stato nessun ghetto ebreo
* che non ci sia stato nessun campo di concentramento
* che non ci sia stato nessun crematoio nei campi di concentramento
* che non ci sia stato nessun ebreo morto per molte ragioni
* che non sia stata perseguitata nessun’altra minoranza, come zingari, testimoni di Geova, omosessuali, dissidenti politici.
Tutte queste azioni del regime nazionalsocialista non son messe in dubbio dal revisionismo dell’olocausto. Agli occhi dei revisionisti esse non hanno relazione con l’olocausto,inteso come uccisione in massa progettata e tecnicizzata,soprattutto con l’aiuto delle camere a gas.
-fine del post-

In altre parole il negazionismo (che a loro piace chiamare revisionismo) non afferma tutto ciò che non farebbe presa nemmeno su una mente paranoica. Magari su una mente fortemente disturbata e malata sì… una mente malata potrebbe anche ritenere valido ad uno o più punti di questo elenco. Però ciò che conta in una guerra “divulgativa” è fare presa sullo scetticismo e sulla paranoia media, non su quella più estrema e “rara”. Se ti presenti a qualcuno e dici: “sai non è esistito nessun campo di concentramento”… quello ti guarda e dice “sì… vabbé”.

Allora cosa afferma il negazionismo?.. anzi cosa nega? In estrema sintesi nega le camere a gas. Quindi afferma una mistificazione della storia da parte degli ebrei. In altri termini nega il progetto di sterminio nazista.

Un tempo i nazi-fascisti rivendicavano le persecuzioni e le minimizzavano, allo stesso tempo. Adesso riescono ad auspicare lo sterminio ed a negarlo. Questa è una caratteristica della mente fascista: si trova perfettamente a proprio agio nel bispensiero. Può affermare e negare contemporaneamente. Non perché abbia superato i dualismi, come alcuni fascisti misticheggianti bizzarramente vogliono credere, ma perché tanto quello che conta è -vincere-. Questo, insieme ad una certa capacità di semplificare la realtà e fornire alibi all’interlocutore in cambio di adesione, permette insinuare elementi di fascinazione dentro menti bipolari e insoddisfatte. Talvolta insospettabili.
La gestione del bispensiero o pensiero bipolare da parte della mente fascista è a-conflittuale perché si basa sul semplice assunto che esiste un pensiero per l’interno e uno per l’esterno. E’ oltre l’ipocrisia. Diciamo che è ipocrisia militarizzata. Certo sarebbe curioso chiedere ai giovani neofascisti come riescano a invocare nei loro cori la saponificazione per ebrei, zingari ecc.. visto che poi sui loro siti la negano. Ma risponderebbero con un altro coro o con qualche gesto violento, sia fisico che verbale. Perché fascismo è prima di tutto, per chi non l’avesse capito, supremazia della violenza.
Come disse una sera il vecchio partigiano Brezza: -gli importa una sega a questi… sono fascisti… sono opportunisti-. E’ una frase che mi è rimasta in testa perché stabilisce un campo semantico molto preciso per la parola -fascista-. Un significato preciso e tutt’altro che rassicurante. L’opportunismo è ciò che rende sempre ri-attualizzabile la parola fascista nel corso del tempo e ciò che rende il fascismo poliedrico, trasversale e pericoloso.

Il tentativo dei neofascisti politici è quello di creare un -mood-, un’ambientazione emozionale in cui poi subentrare come attori della soluzione. Principalmente è l’emotività che serve ai nazifascisti. Un patos paranoico diffuso. Molte di queste condizioni sono già ampiamente disponibili nella società globale, ma non lo sono in un modo tale da permettere l’affermazione di un fascismo politico.

Nella questione olocausto i neofascionazi vedono un totem veramente potente per la memoria e cercano di abbatterlo mettendosi il vestito degli accademici. Per lo stesso motivo infiltrano pseudo-idee a 360° approfittandosi del senso di smarrimento generale di questa epoca e del risentimento diffuso. In questo, va riconosciuto, sono infaticabili.

Questo scritto di Valentina Pisanty è la cosa più interessante che ho trovato a proposito di questo argomento su cui il videotestamento del criminale Priebke ha riportato l’attenzione e che, chiariamolo, non ha niente di scientifico e appartiene interamente al dominio della propaganda politica. Consiglio davvero la lettura.
Sul negazionismo italiano invece è interessante leggere questo.
Anche una lettura della pagina wikipedia è utile.

Sulla questione del reato di negazionismo la penso come Noam Chomsky. Non si può permettere che lo Stato punisca chi si discosta dalla verità storica. Una legge che stabilisce un simile reato è nel migliore dei casi inutile e nel peggiore dannosa. Trasformare dei delinquenti in dei perseguitati per reati d’opinione è una pessima idea. Per usare le stesse parole di Chomsky: “ E’ un cattivo contributo alla memoria delle vittime dell’olocausto adottare una dottrina centrale per i loro assassini.”

Se non c’è una parte sana della società in grado di contrastare una teoria inventata o di comprendere e far comprendere quanto una teoria del genere sia -funzionale- alla propaganda della destra estrema, non potremo mai pretendere che sia la legge a farlo.
Se non siamo in grado di notare e far notare la semplice evidenza che la cricca negazionista è costituita da soggetti che, in varia misura, abbracciano le teorie della cospirazione mondialista e da militanti dell’estrema destra (oltre che da un numero imprecisato di antisemiti paranoici naif), e che la loro visione ideologica viene prima dell’interpretazione della realtà, la legge non ci sarà di nessun aiuto.
Se non siamo in grado di spiegare che gli stessi che si vantavano pochi anni fa di uno sterminio oggi lo negano sdegnati nel ruolo di vittime di complotti…
Se ancora c’è una parte della società che non ha chiaro che la verità storica per i nazi-fascisti non rappresenta in nessun caso né un obiettivo, né un valore e che solo la vittoria militare senza nessuna regola e l’annientamento fisico del nemico rappresentano il fine e lo scopo della loro mente, non sarà una legge a proteggerci.
Se la memoria ci viene meno non sarà una legge a proteggerci.

Posted in Generale, Info | Tagged , , , , | Comments Off on Negazionismo?

Big in Japan

L'onda - Katsushika Hokusai

L’onda – Katsushika Hokusai

Big in Japan espressione inglese che significa letteralmente grande in Giappone. Che poi si apre su tutta una gamma di significati in cui il più evidente è: qui non sei nessuno ma sei grande da un’altra parte del mondo (forse). Più o meno -nessuno è profeta in patria- ma con più ironia. Può voler dire anche: ma chi ti s’incula? Oppure: ma chi lo conosce… Un’espressione simile è usata a Livorno ed è: giocava nell’Empoli. Riferita ad un soggetto della cui storia in fondo ci interessa poco, ma su cui il locutore si attarda nella disquisizione. Così mi dicono fonti ben informate.
Ieri per migliorare il mio inglese mi guardavo su youtube un documentario sul Giappone contemporaneo in inglese coi sottotitoli in inglese (A Life in Japan). Anche ben fatto. Costruito sul racconto di occidentali che vivono in Japan e fra questi anche due italiani. Ad un certo punto emerge una cosa che impressiona un po’ sulla cultura giapponese contemporanea. Nell’istruzione giapponese se studi ad esempio un personaggio storico o un artista o un fatto, sei tenuto a sapere chi-come-dove-e-quando, ma la tua opinione su quel fatto o quel quadro o quel personaggio non è richiesta e nemmeno ben voluta, a quello che ho capito. Quindi questo farebbe del giapponese istruito un database senza idee proprie. Ora, a parte che noi siamo ultimi per alfabetizzazione fra tutti i paesi industrializzati, ma fra poco usciremo da questa imbarazzante posizione di classifica perché usciremo dai paesi industrializzati… a parte questo, dicevo, il documentario è fatto di impressioni; persone che vivono una realtà dal “di dentro”. Come va di moda ora. Altra cosa impressionante è che i giapponesei hanno una fiducia assoluta nella loro “governance”. Tutto ciò viene ascritto nel carattere nazionale del giapponese. Non lo metto in dubbio. Però quello che ha impressionato me è che tutto questo fornisce un ritratto affascinante ma piatto. Ad esempio nelle narrazioni personali degli occidentali mancano completamente riferimenti alla storia recente del Giappone. Quindi diventa tutto un: ho visto questo, mi è successo quest’altro… Io ne so poco di storia. Però prima di dire che i giapponesi sono dei robottini e far cadere la cosa dal cielo o dalle viscere della propria cultura o psicologia di massa ricordiamoci anche che dal dopoguerra ad oggi la società giapponese ha subito una violenta repressione antisindacale. Negli anni 60 ha visto il leader del partito Socialista Giapponese assassinato in diretta televisiva ed essere iscritti ad associazioni sindacali o gruppi di sinistra, come ad associazioni ambientaliste poteva voler dire la perdita del posto di lavoro e l’isolamento sociale. Insomma in Giappone c’è stata una repressione eccezionalmente violenta per un paese avanzato e non soltanto i fiori di ciliegio. Certo niente in confronto alla repressione targata CIA nei confronti del Partito comunista Indonesiano che portò ad un milione di morti, o agli squadroni della morte in Honduras negli anni ’80 o… Ma la storia nei frame impressionistici della cultura di massa scompare. Del Giappone penso che è dall’altra parte del mondo rispetto all’Italia e non solo geograficamente. Il Giappone è l’opposto-complementare dell’Italia. I giapponesei si affascinano facilmente degli italiani e viceversa. Ma in comune si può dire che sono i due popoli “ricchi” esterni agli USA su cui sono stati compiuti più esperimenti di manipolazione di massa dal dopoguerra ad oggi. Il Giappone non è lontano dall’Italia anche per la qualità dell’informazione televisiva a quanto raccontano questi testimoni oculari. Non ne avevo dubbi.

Posted in General | Tagged , , , , , | Comments Off on Big in Japan