Low cost & low rights

Black & White Escape, Sammy Slabbinck 2013

Black & White Escape, Sammy Slabbinck 2013

Low cost & low rights
di: Jo KOndo

«Il 7 agosto 1582, dopo due mesi di viaggio, Ricci sbarcò a Macao con il confratello Michele Ruggieri e visse inizialmente nella Cina meridionale, essendo il resto del paese proibito agli stranieri. Qui, indossati gli abiti di “bonzo”, si dedicò all’apprendimento della lingua e dei costumi cinesi e produsse la prima edizione della sua opera cartografica, intitolata Grande mappa dei diecimila Paesi, che univa le conoscenze geografiche dei cinesi a quelle degli occidentali.»

Il gesuita Matteo Ricci è stato un importante sinologo che tentò, anche con qualche successo, di evangelizzare, la Cina.
All’epoca occorsero due mesi di viaggio per raggiungere Macao. Viaggio di sicuro lungo e “avventuroso”.

C’è una cosa che mi ha affascinato parecchio nella storia di Ricci: il gesuita tentò di avvicinare la cultura confuciana introducendo la filosofia greca, ma i cinesi non si rivelarono particolarmente interessati ad Aristotele & Co.; ebbe invece un enorme successo, e gli valse molto in termini di prestigio, una raccolta di detti e proverbi. Credo che questa cosa abbia confuso anche lo stesso Ricci. Sicuramente è rimasta oscura agli occidentali per un bel po’ di tempo. (1)

Ignoro completamente se fra i detti e proverbi tradotti in mandarino ci fosse “chi più spende meno spende”. Ma ammettiamo di sì.
Allora il saggio confuciano che avesse visto quello che abbiamo visto noi negli ultimi quindici anni con l’ascesa delle compagnie di volo low cost si sarebbe chiesto semplicemente: come è possibile?

Partendo dalla mia totale avversione per gli aerei in genere, mi sono messo nei panni del confuciano e mi sono posto questa domanda: come è possibile spendere meno in aereo rispetto a qualsiasi altro mezzo di trasporto? Ho interpellato l’oracolo-motore-di-ricerca associando a “low cost” la parola “inchiesta” e non ho trovato nulla. Solo consigli su come risparmiare di più e meglio.
L’unica spiegazione che circola in rete sul come possa essere possibile viaggiare a tariffe inferiori ai cinque euro fra una capitale e l’altra di Europa è quella dei -trucchetti-, lo snack a peso d’oro ecc ecc. Il che non sta in piedi, e sa tanto di untuosa copertura ad un processo che ha stravolto il sistema di mobilità nella nostra epoca.

L’ascesa contemporanea della rete e del low cost hanno trasformato lo spazio aereo in un suk (basta alzare gli occhi al cielo), con tutto quello che comporta in costi ambientali.

Cerchiamo di associare eventi e situazioni tra loro. E’ negli ultimi quindici anni che la possibilità di muoversi tra luoghi diversi indica lo status di cittadinanza di ognuno. Mi spiego. Se sei africano non è che entri all’aeroporto, prendi l’aereo e vai dove ti pare. Eh, no. Questa è una visione occidentale della faccenda. Potersi muovere, allontanare da un posto, attraversare frontiere è un privilegio di una parte del pianeta. L’altra è fortemente regolata e ricattabile. Potersi muovere dipende da una serie di trattati bilaterali o di altro tipo che dice molto della potenza della propria cittadinanza. Credo che con un passaporto svizzero si possa andare davvero ovunque,ma non sono sicuro…
Queste barriere burocratiche hanno assorbito completamente le barriere reali di vecchio tipo tipo cortina di ferro per capirsi. Fatta eccezione per la Korea del Nord e poco altro.

Questo è un fatto. L’altro fatto è che, laddove il movimento è permesso, esso è diventato aerotrasportato (la cosa non riguarda le merci che invece viaggiano per mare sulle lunghe distanze) e assolutamente a buon mercato. Viaggiare tra Empoli e Firenze (22 Km) in treno costa 5€, sola andata. Con andata e ritorno posso fare il biglietto aereo per qualche capitale d’Europa.
Questo non può tornare in nessun conto economico.
Non è possibile che costi meno il volo per raggiungere una città a tremila chilometri di distanza di quanto costa il biglietto dell’autobus dall’aeroporto al centro della città. Se invece ciò accade e su una scala così vasta c’è dietro qualcosa di grosso e pianificato. O crediamo ai miracoli?

Siccome quando c’è da spendere poco nessuno si chiede nulla (e abbassare i prezzi per certi periodi è una strategia di allentamento della critica nelle masse) mi sono messo nei panni di un ispettore confuciano parecchio sospettoso, e che non crede ai miracoli, per lanciare lì ipotesi che purtroppo non potrò verificare.

I fatti: il mezzo aereo in sé ha fatto dumping nei confronti di tutti gli altri mezzi di trasporto e le compagnie low cost attuano un dumping sulle compagnie di bandiera.
Io odio volare. Quando ho volato l’ho fatto con Alitalia visto che allora non c’erano compagnie low cost e raggiungere Londra o Parigi era più costoso in aereo rispetto ad altri mezzi. Di sicuro più comodo (se vi piace volare), ma logicamente più costoso. Adesso non è soltanto meno costoso, è imparagonabile.
Ora il dumping (2) ha un costo e serve a conquistare una posizione leader nel mercato e eliminare la concorrenza. Per essere attuato consuma risorse. La prima domanda è da dove arrivano queste risorse?

Vox populi dice che ci sono interessi turistici dietro il low cost. Che sono gli aereoporti che pagano le compagnie ecc.
Mettiamo che sia tutto vero, ma questo sposta la domanda: chi paga gli aeroporti che pagano le compagnie?
Se questa cosa è vera -e per quel che ne so, è almeno in parte vera- significa che questo è un sistema strutturato e su scala continentale. Ma la domanda è solo spostata in avanti e in definitiva è sempre la stessa: chi paga?
Credo -ipotesi- che se grattiamo un po’ non ci vorrà molto a capire che è col denaro pubblico e aggirando le leggi di mercato che si è incentivato il settore del volo low cost. Che è un settore privato. Mentre volano davvero alle stelle i prezzi nel trasporto ferroviario.(3)

Il movente. Il movente più semplice è quello di puppare risorse pubbliche. Ma con questo si prendono due piccioni con una fava perché coi soldi degli stati si mandano in crisi le compagnie di bandiera che per un po’ fanno buchi col denaro pubblico e poi devono essere privatizzate. Il grande consumo di carburante non deve inoltre dispiacere alle compagnie petrolifere.

Ma c’è dell’altro sotto il naso di tutti.
-Mia figlia ha trovato lavoro a Londra, vive lì, ma torna a casa quasi tutte le settimane.-
Ecco che tua figlia ha colto delle opportunità, non è un’emigrante è una persona che segue il solco tracciato dalla classe sociale a cui appartiene.
E invece è un’emigrante!
Solo che questo easy fly ha trasformato la percezione di una cosa in un’altra.
Se tua figlia dovesse prendere traghetto + treno per tornare a casa, oppure l’aereo a prezzi reali ti accorgeresti che tua figlia è emigrata -e se ne accorgerebbe anche lei nonostante il suo inglese fluente-.

L’altro evento che ha attraversato la società è una precarizzazione feroce del mercato del lavoro. Il mantenimento di alcuni ammortizzatori sociali, del sistema pensionistico (che in certi paesi tipo l’Italia sostituiscono gli ammortizzatori sociali) e l’abbattimento dei costi di trasferimento è stata una condizione necessaria per il passaggio ad un’Europa interamente precarizzata.
Così, insieme all’abbondanza di merce a basso costo made in China, il consumatore può contare sulla emigrazione soft per i propri figli. Chiaramente tutto questo è stato annaffiato da abbondanti stimoli mediali che insegnano a vedere l’emigrazione come un atto -volontario- e anche figo.

Come sempre non ho prove. Solo indizi, ipotesi ed evidenze.

En-ao!

(1) Per un tentativo di fare chiarezza su questa anomalia si consiglia la lettura di: Il saggio è senza idee, François Jullien, Biblioteca Einaudi.

(2) Dumping è una pratica che consiste nell’abbassare i prezzi anche accumulando perdite per spazzare via la concorrenza o conquistare un mercato. Ad esempio in India conviene comprare il latte dell’Unione Europea -anche qui grazie ai soldi dei contribuenti europei- e questo a messo in ginocchio gli allevatori indiani.

(3) Una amica mi dice che succede una cosa simile per le compagnie marittime. In Corsica la compagnia privata che collega l’isola alla Francia ha sbaragliato la concorrenza della compagnia di Stato, sia riducendo al minimo i costi di gestione tramite riduzione del personale e contratti precari, sia prendendo finanziamenti pubblici per tenere i prezzi bassi e fuori mercato. Quindi il privato fa concorrenza allo Stato con i soldi dello Stato. Non ho controllato personalmente. [n.d.a.]

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Attenti al guru!

Sammy Salabbink 2013, repent

Sammy Salabbink 2013, repent



Attenti al guru!

di: Jo KOndo

C’è un ritornello incantato che, da quando il 25 per cento degli elettori ha deciso con maggiore o minore convinzione di dare il voto al M5S, rimpalla tra i piddini: Attenti al guru!
Ci sarebbe anche un 25 per cento che ha scelto proprio di non dare il voto a nessuno, ma questi sono meno pericolosi per il piddino medio, che infatti ogni tanto si mostra preoccupato, ma meno.. sì, la sfiducia nella politica c’è, ma insomma… il segno dei tempi. Una specie di malessere diffuso.

Il piddino è preoccupato dall’antipolitica. Dalle derive populiste. Dalla sfiducia nelle istituzioni e dalle soluzioni facili. E perfino dalla volgarità del linguaggio.
Il piddino è -pragmatico-. Usa questo termine con lo stesso significato con cui viene usato dalle amministrazioni USA nel mandare in vacca ogni trattato anti-bellico. (Per i governi USA infatti qualsiasi soluzione che vincoli gli USA alle condizioni chieste agli altri paesi viene giudicata -non pragmatica-.)
Quindi tutte le cose che preoccupano l’elettore medio del M5S sono sintomo di grande infantilismo politico secondo il piddino. Roba che doveva rimanere ai margini della politica, in qualche centro sociale o ambito minoritario e chiedere il permesso al piddì per entrare.
Se vi è capitato di parlare un po’ più di 20 secondi con un piddino capite a cosa mi riferisco senza alcuno sforzo.

Il piddino vive in un mondo proprio che è per certi versi molto simile al mondo del piddiellino (e su questo Grillo Beppe ha avuto vita facile) solo che il mondo del piddiellino è un mondo di carogne e quindi, nella sua limitatezza, ha molti contatti col reale. Il mondo del piddino è un mondo fantasy. Per il piddino lavorano tutti alle poste o il qualche altro tipo di ufficio. Non capisce proprio la disperazione diffusa, il senso di incertezza, la delusione. O meglio li vede, ma come si vedono in un documentario.
Il piddino è deamicissiano.

Per il piddino l’acquisto di cacciabombardieri dalla lockheed (oh, scusate se ci ripetiamo) è pragmatico. Settanta milioni di euro in spese militari il giorno sono pragmatismo per un paese che non è ufficialmente in guerra con nessuno e che ripudia la guerra nella propria costituzione. Il dissanguamento delle casse dello stato per un progetto inutile e dannoso come la TAV sono pragmatismo e così via.

Vi sarà capitato di esprimere un parere contrario all’operato di questo governo o comunque di far notare che i colossi finanziari muovono le fila di tutte le scelte di questo paese da almeno quindici anni e che fra le scelte prese “altrove” c’è la deindustrializzazione di tutta l’Italia e la precarizzazione del paese.
Ma il piddino ride sotto i baffi e mi scusino le piddine se non ho a disposizione un’espressione meno vincolata al genere maschile per esprimere il concetto, le rassicuro sul fatto che non hanno davvero niente da invidiare ai loro colleghi maschi.
Se la ridono come se avessero davanti dei fresconi. Anche se non sarebbero in grado di leggere un libro che parla di economia se la ridono. Anche se il massimo che arrivano a comprendere è un articolo di repubblica ridono lo stesso. Vabbé.

Anche se non hai votato M5S iniziano a trattarti con l’assoluta certezza che tu appartenga al movimento e ti apostrofano con discorsi tipo: “Chiedilo al tuo guru…” -”Se tu non avessi votato M5S (chiaro)…” ecc.
Ci provi un po’ a spiegarti… dicendo che apparte che son cazzi mia cosa ho votato e se ho votato, ma insomma potreste discutere in merito alle questioni, visto che siete tanto pragmatici e poi visto che vi interessa io non l’ho votato M5S, ma solo perché non avevo discusso con gente come voi, perché se sapevo che vi faceva incazzare a questo modo lo votavo eccome.

Ma loro niente non ci sentono. Loro sono contro Berlusconi anche se ci governano insieme e gli salvano il culo da venti anni. Te no, stai facendo il suo gioco perché ai votato M5S (-ma no vi dico di no!-) e credi ai chiapparelli.

Allora mi sono chiesto cosa è che fa tanto incazzare il piddino in questa storia del M5S e perché sono più ossessionati dei grillini di quanto siano stati ossessionati gli americani dai comunisti durante la guerra fredda.

Mi limito ad una risposta (ce ne sarebbero diverse, lo so) ed è la seguente. Nella psicologia del piddino lui, cioè il suo partito, rappresenta quella parte sana del paese che sebbene priva di analisi o riferimenti o progetti politici di alcun tipo è sempre l’alternativa al disastro. Per questo ogni tanto i piddini vanno a sventolare la costituzione in piazza come se fossero partigiani di fronte al distruttore della democrazia (a proposito dove le avete messe adesso le vostre costituzioni?). Dopo venti anni questa visione non risulta molto credibile. E questo si intuisce bene.

Faccio un salto indietro. Il piddì è una diccì che e ha preso una cosa importante della psicologia del piccì. I militanti del piccì si consideravano parte di un paese sano -lo dice anche Pasolini- e nella loro militanza più o meno impegnata hanno sempre pensato, talvolta a ragione, che se il piccì avesse governato questo paese le cose sarebbero migliorate. Al di là del -comunismo- che in Italia è un elemento folklorico, questo era un dato certo: con il piccì al potere le cose sarebbero migliorate. Appartenere al piccì nell’Italia bipolare DC/PCI era per molti più una questione di buon senso che di ideologia.
Il piddino a sua volta si considera iscritto nel registro dei miglioratori della società e lo manda in bestia che ci sia un fetta maggioritaria del paese che lo considera un colluso.

Poi c’è una questione della lotta classe che il piddì ha dichiarato inesistente in questo paese. La maggior parte di quelli che dichiarano meno di 7500 euro all’anno votano M5S. I giovani disoccupati votano M5S. Chi è senza prospettive vota M5S, anche gli imprenditori piccoli sottoproletarizzati, partite IVA disperate, precari… hanno votato M5S, chi ha preso sul serio la questione morale ha votato M5S (perché quando la sventolava Berlinguer andava bene, adesso è populismo)…
Ora il piddino se l’aspettava che ci fosse un’incazzatura diffusa, ma si aspettava che questa incazzatura andasse a ingrossare i bacini di esondazione di quei partitini di sinistra macrocefali che hanno cioè con una quantità di dirigenti che supera di gran lunga quella degli elettori. Partiti che stanno alla finestra ad aspettare l’onda di piena che li farebbe gonfiare come un chicco d’uva durante le piogge rilanciandoli nel gioco della politica. Partiti di fatto subalterni.

Per il piddino la buona salute del suo partito e del paese coincidono e si aspettava che il malcontento trabordasse un po’ a destra e un po’ a sinistra, ma lasciasse illeso il mondo di cui si ritiene al centro. Le cose sono andate altrimenti e il piddino vede grillini dappertutto.
Alle prossime elezioni sembra che rivinca il piddielle e il piddino potrà tirare un sospiro di sollievo.

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A me ad esempio non piace il sud

Sammy Slabbink, 2013 - The great escape

Sammy Slabbink, 2013 – The great escape


Mi fa bene soltanto l’idea
che si trovi una nuova utopia
litigando col mondo.
(Mi fa male il mondo -Giorgio Gaber)

A me ad esempio non piace il sud
di: Gianni Casalini

A me ad esempio non piace il sud. No. Non piace perché ci vivo al sud. Sia pure in quella forma di Sud a particolarissimo statuto speciale che è la Toscana. La Toscana è un Sud a misura d’uomo, in cui questa misura va sempre più stretta. E quindi lo conosco bene il sud. Ne conosco le aberrazioni che qui arrivano attenuate (ovattate quasi mi viene da dire). Ma non mi piace lo stesso. Non mi piace la cultura familiare del sud che non c’entra niente con l’amore familiare, ma soltanto con l’organizzazione della sopraffazione. Non mi piace il clientelarismo tradotto in valore. La sua ineluttabilità. Il fatto che tutto sia mafia e niente conoscenza. Non mi piace il fatto che nel Sud -in tutti i Sud, come dicono i cantanti nelle interviste- la responsabilità, che prende solo il nome di -colpa-, sia sempre di altri. Mai della propria mentalità o della propria cultura.
Ma tutta l’Italia è sud; basta muovere la rotella del mouse e alzarci sull’immagine satellitare per vedere quanto siamo a sud di questa cazzo di Europa. Infatti in Italia la colpa è sempre d’altri. Supplichiamo sempre indulgenza. -Non ci potete giudicare per Berlusconi!-. Come se Berlusconi non fosse un nostro prodotto culturale. Anche solo per il fatto che uno come lui in un paese europeo (sia detto senza tanta esterofilia, ma come semplice constatazione) sarebbe stato preso a sputacchi il primo giorno che mise la testa fuori e noi ce lo ciucciamo da più di ventanni. Ce l’hanno catapultato gli svedesi Berlusconi? La spazzatura di Napoli è colpa dell’invasore piemontese? E così via.
A me ad esempio non piace il Sud perché mi fa incazzare. Come fa incazzare le persone migliori che sono nate e vivono a sud. Se fosse un posto che mi lascia indifferente, piacerebbe. Mi fa incazzare perché ha tutte le carte in regola per essere un posto dove vale la pena vivere e invece rimane un posto dove vale la pena morire o da cui vale la pena fuggire. Dopo tutti questi anni. Dove è più facile diventare santi o martiri che persone. Ma a me non piacciono nemmeno quelli -e in Toscana ce ne sono a frotte- che esorcizzano il fatto di essere a sud e che mi vengono a dire che il sud a-loro-li-fa-impazzire, solo perché ci vanno quindici giorni a ballare tarantelle e girano la testa tutte le volte che c’è qualcosa di sconveniente da vedere. Io la testa non la giro. E non mi piacciono perché vanno giù come se andassero a vedere le scimmie allo zoo -che pure non mi piace- e si divertono a buttare le noccioline e farsi una sudata col folclore.
No, grazie. Io non guardo le cose dentro uno schermo. Non mi basta zoommare e allontanare la visuale. Questo fa schifo? Basta osservare le cose da un’altra distanza per vedere una bella cartolina. Da turista lo puoi fare. Io non sono un turista. Non lo faccio a casa mia e non lo faccio altrove. Non lo faccio e basta. Metto a fuoco su ogni distanza. Questo mi permette di riconoscere le affinità e apprezzare la fatica delle persone che non vivono dentro le cartoline.
Ma voi dovete capire una cosa tutt’altro che scontata: la Toscana è un centro che ha due sud (tre con se stessa). Finora ho parlato del sud-Sud, ma l’altro è il sud-Nord. Una coordinata surreale che solo un paese strepitoso come l’Italia ci può mettere a disposizione. Il sud-Nord si è espresso al massimo nella forma politica nota a chiunque con il nome di Lega Nord. Che è un partito che ha come unico obiettivo trasferire ciò che non funziona del sud anche a nord, in modo da poter conquistare l’indipendenza.
Il risultato è che in Toscana per essere al centro c’è tanto sud, ma messo in modo che non si possa vedere e quindi e come se non ci fosse. Ma questo porterebbe fuori strada.

L’immagine, che spesso mi torna in mente, è quella di una biondina, una giovane studentessa liceale, che nella trasmissione pomeridiana di Augias, nella puntata -di qualche tempo fa- dopo l’intervista a Roberto Saviano per l’uscita di Zero Zero Zero, rivolge una domanda fondamentale allo scrittore. Gli chiede perché uno come lui che ha sempre parlato male di Napoli non ne parla qualche volta bene.
Questa immagine è catartica perché mi svelato tutto quello non mi piace dell’essere sud: il nascondersi, l’attitudine a non mettere in piazza, l’emarginazione rassegnata dell’evidenza. La paraculaggine. Saviano e Augias hanno risposto alla domanda. Saviano ha risposto da napoletano (da campano via). Io invece avrei voluto chiedere a quel grazioso esempio di fallimento dell’istruzione pubblica cosa avrebbe dovuto scrivere secondo lei: la bellezza del Vesuvio, la magia del golfo di Napoli, la mozzarella, la pommarola ‘n coppa, ‘a pizza più buona del mondo, il caffé più buono del mondo… Ecco, ad esempio, perché a me non piace il sud, perché mi fa incazzare e più in generale mi fa incazzare l’Italia intera che rinuncia alla propria dignità per rifugiarsi in un mondo pro-loco a misura di imbecille.

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Il numero 200

Sammy Slabbinck, Sail Away 2013

Il numero 200.
di: Gianni Casalini

A volte non ho voglia di scrivere. Anzi lo confesso, quasi mai ho voglia di scrivere. Se non fosse che ci sono delle cose che in qualche modo devo raccontare non lo farei. E’ talmente faticoso. E poi è una cosa talmente impopolare.
Io non sono un fenomeno virale. Non sono popò-lare. Se non avessi l’urgenza di raccontare cose me lo risparmierei del tutto di scrivere. Non lo so chi le legge le cose che scrivo, ho pochissimi feedback. Quelli che ho mi danno una soddisfazione enorme.
Ritengo che la maggior parte di coloro che leggono roba in rete abbiano da fare cose più easy che leggere questo blog. Tipo confermarsi le proprie idee o rilassarsi. Tutte cose legittime.
Ci sono poi fatti che sono -nascosti- e dei bravi giornalisti li cercano, li scovano e ci mettono al corrente di questi fatti. Questi giornalisti hanno di solito l’apprezzamento del pubblico, compreso il mio. Il loro lavoro è importante.
Io non sono un giornalista. Parlo solo di cose evidenti. Invisibili alla vista per la loro evidenza.
D. F. Wallace, nel suo capolavoro Infinite Jest mette in bocca ad un harleysta associato ad un gruppo di Alcolisti Anonimi la seguente barzelletta (cit. A memoria tanto è una barzelletta): c’è un pesce che la mattina incontra altri pesci e dice loro -Ciao, come va? Come è l’acqua oggi?- Quelli lo guardano e rispondono -Che cazzo è l’acqua?-.
Casomai io fossi qualcosa, sarei quel pesce.
Quindi io scrivo per chiedervi come è l’acqua oggi e anche per un altro motivo: per lasciare un mio punto di vista dei periodi che ho vissuto. Non è esattamente per dire io c’ero. E’ per dire io c’ero e ho visto questo e quest’altro.
Perché?
Credo che sia per il fatto di avere un occhio ben allenato, risciacquato nel disincanto di generazioni… un occhio che ha visto quasi sempre cose molto diverse da quelle che, sento dire, dovrei aver visto.
In un altro modo di esprimersi questa cosa la potremmo definire: divergenza delle narrazioni. In ogni caso penso ci siamo capiti.
Visto che tornare a prima della riproduzione dell’immagine ha le stesse possibilità di successo di instaurare una qualche dittatura fondata sulla giustizia. Cioè zero. Acquisisco immagini e cerco di decostruirle. Nella società dell’immagine dovremmo essere capaci di aprire un’immagine e guardarci dentro (non solo da un punto di vista pubblicitario) meglio di come sappiamo scrivere un sms. Invece no, per lo stesso motivo per cui i pesci di cui sopra non sanno che cazzo è l’acqua.
Come dice Hal: -per quel che vale- io vi racconto cosa ho visto. E modestia a parte credo di avere già, allo stato attuale, registrato nei post di questo blog una moltitudine di punti di vista divergenti dall’ordinario o dal main stream.
Ho pochissima fiducia nei contemporanei, a torto o ragione, e voglio sperare che qualcuno di questi punti di vista, anzi parecchi, in un futuro possa essere usato da altri per ri-leggere questi tempi.
Parafrasando Pasquale Paoli, il padre dell’indipendenza corsa che amava ripetere: -io appartengo interamente al passato.- direi che scrivo cose che appartengono interamente al futuro. Anche quando parlo di cose già successe.
Volevo parlare di una di queste cose, ma credo di potermi fermare qui e di rimandare ad un altro post. Io sono già stanco di scrivere e di sicuro voi lo siete di leggere. Questo è il post numero 200 e fuori è una bella giornata di sole.

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Boutade

Vi do una grande verità finanziaria globale al rintocco di mezzodì: se cade il governo non gliene importa una sega a nessuno.
E nemmeno se andiamo in Siria o stiamo a casa. (Luisa Caldon)

Capisci, io ti voglio bene, ma solo come una missione di pace. (Luisa Caldon)

USA + Al Qaeda Vs Assad. La bellezza di una formula. (Anonimo)

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Apollo

Sammy Slabbinck, Bathtime

Sammy Slabbinck, Bathtime


Sputnik & Apollo
di: Gianni Casalini

La prima immagine è quella del serbatoio del razzo Apollo che si sgancia nell’atmosfera. Questa immagine è nella memoria di chiunque. Ed è già a colori.

Questa immagine è del tutto secondaria nella classifica delle immagini considerate importanti nella modernità. Un particolare tecnico. Non è niente se paragonato all’immagine di Amstrong che zompetta sul suolo Lunare.

Eppure questa immagine dei propulsori che spingono in alto è quella che interessa a me.
Sul fatto che l’uomo sia stato veramente sulla Luna ci sono dei dubbi. Personalmente propendo per la versione secondo cui sulla luna non c’è mai stato nessuno.

Credo sia l’unico evento su cui concordo in pieno con teorie complottiste o cospirazioniste. Credo per motivi diversi dai complottisti, ma non sono sicuro.
Il motivo per cui non credo che gli americani abbiano mai messo piede sulla luna non riguarda ombre sulle fotografie o cose del genere è piuttosto legata al -buonsenso-: tentare di allunare era stupido e controproducente. Gli americani a volte fanno cose stupide, ma mai controproducenti, soprattutto quando c’è una competizione di mezzo e in quegli anni la conquista dello spazio era l’alter immaginario della corsa agli armamenti.
Considerando che una volta compreso che i nuovi armamenti difficilmente si sarebbero potuti usare in qualche tipo di scontro frontale costruire l’immagine di supremazia nella tecnologia spaziale aveva un valore immenso.

Sì. In linea di massima credo che tutta la storia dell’allunaggio sia stata girata con maestria da Kubrick e collaboratori. Credo anche che in 2001 Odissea nello Spazio lo stesso Kubrick ce lo dica in maniera criptica, ma precisa.

Ma questo è del tutto secondario. Potrei sbagliarmi. Come del tutto secondario era la “conquista della Luna” (su cui gli USA non hanno mai rivendicato nessun diritto di sfruttamento, come in una bella favola spaziale). Il problema grosso per gli USA in quegli anni era un altro: propulsori.

L’URSS aveva propulsori migliori. L’URSS mandò per prima un satellite in orbita, l’arcinoto Sputnik 1, per prima una sonda sulla Luna, per prima animali nello spazio, per prima un uomo in orbita…

Ho fatto il passo un po’ lungo prima dicendo che si sapeva che uno scontro diretto tra superpotenze atomiche era impensabile (ve ne siete accorti?). Non era ancora vero. Ancora si pensava che esistessero dei margini per un’azione militare. I margini di questa azione militare dipendevano dai propulsori. Quanto si riusciva a spingere in alto (e in lungo) stabiliva un effettivo vantaggio bellico (o presunto tale). Era del tutto inutile che l’esercito USA mostrasse muscoli atomici se i propulsori non tenevano il passo alla tecnologia sovietica.

Fino al programma Apollo (fino ad Apollo 8!) i propulsori americani erano delle autentiche ciufeche.
Il dato epocale annunciato dal lancio dell’Apollo 11 era che gli USA, dopo investimenti impressionanti, disponevano una tecnologia di propulsione superiore a quella sovietica.

Il resto era spettacolo. E c’erano già allora tecnologie per la realizzazione di audiovisivi molto più evolute di quelle occorrenti per mandare degli esseri umani sulla Luna. Molte di queste tecnologie cinematografiche furono probabilmente sviluppate per quella operazione e utilizzate poi in 2001 Odissea nello Spazio, che rimane un film impressionante a tutt’oggi. Forse ineguagliabile.
Il rischio per un fallimento sarebbe stato eccessivo e avrebbe messo in ridicolo gli USA di fronte al mondo.
Ma ve l’immaginate: sono arrivati secondi su tutto, hanno visto più razzi cadere in terra che andare in orbita e ora mandano un manipolo di disgraziati a crepare nello spazio. Figura di merda stellare.

Quello che i militari -di entrambe le parti- guardavano mentre il mondo osservava lo spettacolo dell’allunaggio erano i propulsori. Gli USA erano di nuovo in testa. Ma senza la parte immaginaria non si sarebbe portato nessun vantaggio in termini di propaganda. Nessuno si sarebbe accorto che erano in testa. Non è solo lo scarto della tecnica è l’altra faccia della medaglia del conflitto. Due tecnologie in competizione e due tipi di spettacolo. Sulla tecnologia aerospaziale gli americani avevano colmato un divario e passati, forse non di molto, in vantaggio. Nello spettacolo avevano stravinto.

La prima immagine è quella del serbatoio del razzo Apollo che si sgancia nell’atmosfera. Questa immagine è nella memoria di chiunque. Ed è già a colori. Ma è un’immagine che sta lì, marginale, secondaria, quasi trascurabile per la nostra coscienza.

Seguiranno altre immagini. Perché le immagini sono i propulsori di cose o concetti che possono andar lontano o anche far solo finta di andarci. Non è importante. E’ importante che riescano a vincere la gravità.

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Tra le sette e l’otto di sera

manifesto

Tra le sette e l’otto di sera
Di: Frank Steekats

Si armano
oscure trame
nell’ombra bramano
fremono e s’intrecciano
barrocci
tramogge e gramole
orgasmano
artisti macrobiotici
mangiando muscarinici
copulano
extraterrestri iguanocefali
macumbe
arpeggiano
stimolando donne torpedini
idoli idrofobici
ripuliscono squame policromo
da macabri grumi.
Il dio Ortolano rantola
fra artigli cocomero
mentre
sirene iraconde
sgranocchiano perle cucurbitacee
e crotali color ruggine.
Tortughe psichiatriche
si fecondano
cospargendosi
di salse oscene invereconde
da orifizi caverna partoriscono
sacri orefici
addobbati di gioielli magici
che
salmodiando terrifici oracoli
mutano in soffici spartitraffici.
Tutto ciò tra le sette e le otto di sera.

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La neo-democrazia, ia ia oh!

Sammy Slabbnick, The Siren

Sammy Slabbnick, The Siren

di: Jo Kondo

Vi sarà capitato di trovarvi in un luogo pubblico ad osservare i passanti, famiglie, mamme con bambini, anziani, maschi adulti, ragazze giovani. Vi sarà capitato di notare una cosa: l’espressione rassegnata degli adulti e la bruttezza dei bambini. Bruttezza è dir poco. Bruttezza è un concetto legato all’estetica. Non sono brutti sono proprio dei mostri.
Mostruosità esistenziale con sporadiche eccezioni.
Fastidiosi, disturbati, violenti o catatonici.
Vi sarà capitato di notare che i bambini degli stranieri appaiono un po’ meno mostruosi. Ancora un po’ bambini.
Vi sarà capitato di chiedervi perché. A me è capitato di chiedermelo. Certo la famiglia. Ma qual’è la loro famiglia? Quella cresciuta con Drive In e Beverly Hills 90210. Quel telefilm dove la realtà dei poveri veniva rappresentata da attori che recitano di essere ricchi.
I genitori di quei bambini sono miei coetanei ed uno dei motivi per cui i loro figli appaiono mostruosi è che i genitori a loro volta erano e sono dei mostri, ma in un diverso grado di evoluzione. Come i Pokemon.
Vi ricordate niente di Beverly Hills 90210? Io mi ricordo di aver visto solo una puntata in vita mia. Erano tutti carini e spulizziti, le femmine più carine e spulizzite dei maschi ed erano tutte fiche ad eccezione di una che era una ragazza normalissima, anzi un po’ bruttina e però sono venuto a sapere che era la figlia del produttore. La loro unica attività era flirtare; non facevano un cazzo e non capivano un cazzo. C’era uno figo che faceva il bullo, ma dei quartieri alti e aveva tipo problemi con la droga (e non capivo se troppi o troppo pochi). Mi ricordava tanto Fonzie nella versione non-c’è-nulla-da-ridere.
In questa puntata dicevo c’era un tizio con dei capelli a stupido che si voleva comprare una automobile d’epoca ed i genitori trovavano la cosa un po’ dispendiosa, ma nel senso di diseducativa. Allora lui da bravo ragazzo qual’era, tirava fuori la grinta e andava a lavorare come cameriere in un pub e dopo un mese di duro lavoro si compra l’auto.
Per forza siete dei mostri. Mangiate merda a tutte le ore. Da generazioni.
Il *canale* da cui questa merda viene servita su un piatto di merda placcata oro, da generazioni, è quello di un signore che aveva capito a suo tempo che con i ripetitori e le frequenze si fanno tutti gli altri affari. E lui gli affari li ha fatti tutti.
Quel tizio aveva capito l’essenza della neo-democrazia.
Ora, schiere di sociologi vi complicheranno il concetto. Ma è semplice. Dittatura è quando una minoranza esercita il potere su tutta la società e per fare questo ha bisogno di una polizia politica. Invece nella neo-democrazia una minoranza esercita il potere su tutta la società tramite una maggioranza.
In una dittatura ci sono strumenti di polizia e strumenti di propaganda. Nella neo-democrazia ci sono gli stessi strumenti, ma in ordine di importanza invertito.
Oppure: in una dittatura il potere vorrebbe avere un apparato di polizia talmente efficiente da non aver bisogno nemmeno della propaganda. Nella neo-democrazia il potere vorrebbe avere un apparato di propaganda talmente efficiente da non aver bisogno dell’uso della polizia. Sono sempre presenti entrambi. (Questo è il motivo per cui i neo fascisti a volte sembrano dire cose addirittura condivisibili su questo tipo di società oppure adottano argomenti democratici. Se indagate scoprirete che vogliono la stessa violenza sociale dell’esistente, ma con strumenti invertiti.)
Dopo la generazione B.H. la generazione Endemol. Reality e merendine tossiche per i grandi ed i piccini.
Mi immagino che vi sia capitato di pensare che i responsabili di tutto questo dovrebbero essere processati in un processo tipo Norimberga, tanto per capirsi. Ma i responsabili di tutto questo sono i vincitori e non gli sconfitti di questa società e questo complica parecchio le cose in tal senso.
Vi sarà capitato di pensare che quello che ha trasformato (o sta trasformando) i vostri bambini in dei mostri è paragonabile non tanto a Hitler o Mussolini. Piuttosto ad un Goebbels battutiere italoide. E con uno tipo Goebbels non ci si governa per nessun motivo.
A me queste cose è capitato di pensarle, ma non mi era mai capitato di pensare che governare con un Goebbels post moderno, responsabile della derecebrazione di un intero popolo e della degenerazione culturale di un intero paese potesse invece rientrare nella categoria della -responsabilità-. Invece nella neo-democrazia questo appare a molti un atto responsabile.

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Reality shock

Sammy  Slabbink, the end, 2013

Sammy Slabbink, the end, 2013

Se Hitler avesse inventato i reality il nazismo sarebbe ancora al potere. Anonimo in rete.

Reality Shock

di: La Vispa Teresa

Il concetto di shock economy espresso dalla Klein rimane valido. Ma alcune semplificazioni del concetto possono generare confusione. Ad esempio ascoltando certi commentatori radio-televisivi o certi profeti web si è indotti a pensare che lo shock sia un elemento a se stante, più un fine che un mezzo.

La doppia natura dello shock-strumentale (fine/mezzo) emerge anche dal libro della Klein.

Cerco di chiarire la cosa in questi termini: se lo shock è usato con finalità distruttive esso si manifesta più come un fine. Nel senso che è in grado da solo di produrre effetti di disperazione e dispersione a vantaggio del potere. Bombardare per demoralizzare il nemico è un gesto auto-concluso.

Lo shock con finalità “costruttive”. Cioè usato per strutturare un atteggiamento autodistruttivo nelle masse o sublimare tensioni potenzialmente pericolose per le élite in autolesionismo e teppismo.
Cioè -in altre parole- il tipo di shock usato per sospendere momentaneamente le resistenze mentali è prevalentemente un mezzo a cui devono seguire messaggi e ordini strutturanti. Tali ordini hanno sempre lo scopo ultimo di trasformare l’aggressività verso il superiore in aggressività verso il proprio simile.

Lo shock mediatico può essere di primo o di secondo tipo. Quello di primo tipo è usato soprattutto in campagne di distribuzione del terrore, mentre quello di secondo tipo viene usato nella somministrazione di notizie e nell’intrattenimento.

La situazione in cui lo shock viene usato nel meccanismo di sospensione dell’incredulità è quello dei format reality.

I reality rappresentano uno spartiacque per l’utilizzo del mezzo audiovisivo al fine di modellare i comportamenti sociali. La serialità non rappresentava una novità del media TV e non è certo stata inventata dalla TV, anche se è questo media che ne ha esplorato tutte le possibili applicazioni narrative, con i miliardi di serie più o meno incentrate su poliziotto buono o qualsiasi altra cosa. La serialità in ogni caso è connaturata all’animo umano (non ho citazioni da fare, ma ritengo che in qualche misura la ciclicità stessa del nostro organismo spinga a riconoscere le situazioni seriali come “self” piuttosto che come estranee.) o almeno fa parte della narrazione comune dal capitalismo industriale in poi. O entrambe le cose.

La serialità è stata centrale nel tentativo di -raddoppiare- il mondo attraverso la produzione di fiction con cui è stato possibile indottrinare e decerebrare lo spettatore. Essa tuttavia non riusciva a superare la membrana fra realtà e finzione. Tutta la TV spazzatura poteva influenzare, e lo ha fatto, i comportamenti di miliardi di persone, ma è rimasta nella categoria del pessimo materiale di intrattenimento.

Creare un corto circuito tra la sit com e la realtà è stato invece un salto quantico. – E io ritengo un preciso dovere di chi scrive per resistere ad un sistema di dominio mettere in luce i salti quantici e smascherare i falsi allarmi.-
Il reality è stato una vera e propria innovazione bellica da usare sulla popolazione civile in un tempo in cui la fusione tra finanza, potere mediale e strutture militari ha raggiunto-

Quello che è cambiato è la natura stessa della rappresentazione. Non ci si immedesima con un personaggio, ma ognuno può potenzialmente essere un personaggio. Il reality non è la realtà, ma una finzione in cui non sono più necessari personaggi perché -chi rappresenta- è sullo stesso livello di -chi è rappresentato- (nella pratica il livello di chi rappresenta è scelto, per comodità, ben al di sotto della media, sull’estremo inferiore del più basso livello sociale e culturale). Questo piuttosto che squalificarlo pone lo show come iper-realtà.

Ma la cosa interessante è osservare come è cambiata la natura della sospensione dell’incredulità in questa nuova forma narrativa.
Si può dire che non è più necessaria una vera e propria sospensione dell’incredulità. La sospensione dell’incredulità, è quella cosa per cui posso accettare che qualcuno rappresenti Napoleone ben sapendo che non lo è, e rimane un meccanismo, sia volontario che involontario, che può essere a sua volta sospeso. Un soggetto normale può passare dalla sospensione dell’incredulità al ripristino dell’incredulità. Questo non è possibile se l’incredulità non è sospesa. Come nel caso dei reality. La situazione che si viene a creare è quella di una “sindrome di Don Chischotte”; che non riusciva a distinguere la propria realtà dai romanzi cavallereschi. Lui a sua volta era un personaggio divenuto famoso perché all’epoca in cui Cervantes scriveva il romanzo di solito chi leggeva romanzi cavallereschi sapeva ben distinguere tra la realtà e finzione. Don Chischotte no, ed è stata una descrizione ante-litteram di una reality victim.

Ogni protagonista di reality è tenuto soltanto a fingere di essere ciò che è davvero e ad essere ciò che realmente finge di essere.
Naturalmente non c’è niente di più falso che fingere di essere veri. Ma la menzogna è sia il mezzo che il principale degli scopi del reality.

Questo nuovo utilizzo della sospensione della realtà ha creato scenari interessanti nella neutralizzazione dei meccanismi di resistenza di cui parlavo prima.
Il non-finto/non-vero è di per sé l’alfa e l’omega di questa arma di derecebrazione massiva.
Ponendo una negazione davanti a entrambi i termini della dicotomia si ha la sensazione della scomparsa della dicotomia stessa. La mente in questo stato compie una sostanziale accettazione della realtà falsa come realtà marginale.

La comparsa dei reality è da considerare paragonabile alla diffusione massiva delle sostanze stupefacenti per il controllo delle classi subalterne della prima metà degli anni ’70 del secolo scorso.
Il momento in cui sono stati lanciati sul mercato ha coinciso con il momento storico in cui i precedenti mezzi di controllo-propaganda mediatico-militare si presentavano al minimo dell’efficacia. E l’utilizzo di massa della rete era comunque un incognita non del tutto prevedibile nell’immediato futuro.

I vecchi format di propaganda massiva erano inoltre studiati per veicolare il messaggio: stiamo preparando la tua felicità. Questo messaggio era ormai superato e il sistema di dominio vuole piuttosto comunicare: la tua felicità non rientra nei nostri piani, almeno che tu non raggiunga un certo livello.

Lo shock nel reality interviene dentro la narrazione. Alcuni individui adulti iniziano a comportarsi in maniera infantile e questo traumatizza leggermente lo spettatore che per continuare a vedere il seguito (perché questo vuole lo spettatore) si abbassa al loro livello. Dal momento che comportandosi come persone mentalmente ipodotate o infantili i protagonisti del R. non incontrano nessuna resistenza, nessuno che li -buttava fuori- questo significa che siamo dentro la finzione (ma consciamente si afferma in contrario).

Da lì in poi si gioca continuamente sul -buttare fuori-. Ciò che affascina nel reality è che ciò che in un contesto adulto servirebbe ad essere esclusi dal gioco, dentro la cornice del reality include. E’ un mondo ribaltato. Dopo lo shock iniziale il ribaltamento avviene in modo graduale, ma assoluto.
Ad essere ribaltati nel reality (che presenta più o meno il movente di un gioco a premi o di un gioco di ruolo) sono i meccanismi di inclusione/esclusione. Non si viene esclusi da un attività adulta perché infantili, ma si viene invece premiati.
Una volta ribaltato questo semplice elemento i meccanismi del potere emergono da soli. L’adulto onnipontente che incarna la giuria/presentatore ecc…

Un altro elemento evidente, conseguente a quanto detto sopra, consiste nello scopo più “politico” dei reality, cioè il rinforzo di schemi comportamentali incompatibili con la socialità. In fondo uno dei migliori modi per evitare l’ipotesi di un qualche tipo di rivendicazione sociale è distruggere il concetto stesso di socialità. Il più famoso reality -il Grande Fratello-, glorioso prodotto Endemol, mostra senza troppi filtri questo meccanismo. La convivenza è impossibile perché: 1) Si è sempre in casa d’altri. 2) La competizione avviene tra simili per -restare dentro-. 3) Partecipare a questo è un privilegio.

Per il primo punto è chiaro che la casa è la società. Non ci appartiene. Siamo ospiti dei veri padroni, che neanche troppo metaforicamente sono i padroni del media televisivo che ospita lo show. Il secondo trasforma la competizione in orizzontale anziché verticale. Si lotta contro il nostro simile (a colpi di idiozia, perché siamo nello show) per conquistare l’audience ed esistere. Chi sta sopra non è messo in discussione come figura genitoriale assoluta – dopotutto i figli stanno dentro la casa dei genitori. Ciò che unisce il modello umano del reality show è -la solitudine-.

La diffusione di massa del reality non coincide con l’entrata della realtà nello show, ma nella sostituzione della prima con il secondo. Da quando questa forma di arma narrativa interamente al servizio del potere è diventata popolare -e con essa il sistema dei provini- l’incapacità di distinguere livelli, di usare una qualche logica coerente o l’utilizzo stesso della capacità di astrazione nelle nuove generazioni hanno assunto livelli di ritardo mentale di massa, ad un punto tale da poter parlare di disastro sociale diffuso. Il sistema educativo si è uniformato a questo cambiamento epocale abbassando il livello dell’offerta formativa e allargando le maglie della selezione.

Inoltre il reality è una forma di meta controllo. Si somma e si sovrappone a tutte le droghe diffuse sul mercato e ad i modelli di consumo delle stesse. Così come si sovrappone e plasma tutti gli altri prodotti mediali.

Questo non ci dice nulla sulla possibile decadenza di questo mezzo di induzione nevrotica massiva. Come tutte le cose create dagli uomini, soprattutto in questa epoca, esso sarà soggetto a decadenza e usura, inoltre potrebbe essere sovradeterminato, attaccato e forse anche usato contro il nemico. Finora è stato ampiamente sottovalutato perché considerato nella stessa categoria dell’intrattenimento televisivo perché si è osservata soltanto una delle sue caratteristiche. E’ stata sostanzialmente trascurata la natura di addestramento civile-militare dei format.

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Cum shot 5

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Il giorno che la superficialità e la banalizzazione saranno riconosciute come concausa della violenza buona parte dei/delle paladini/e delle buone cause saranno finalmente riconosciuti/e come agenti passivi anziché attivi di quello che affermano di combattere. Cioè per quello che sono.

~*~

Si ricorda ai viaggiatori che il Partito neo-Democratico sta governando insieme al Partito delle neo-Libertà. Si raccomanda neo-responsabilità.

~*~

Ci sono persone che per sentirsi superiori a me hanno avuto bisogno di considerarsi parte di una battaglia più grande della mia. Ma questo non è avvenuto nella realtà, ma solo nella loro mente. Il giorno che lo scontro fosse reale sarebbero i primi a fuggire come sono stati i primi a montare sul palco della rappresentazione. Potrei indicarli uno per uno con nome e cognome. E di ognuno/a sarei in grado di descrivere il preciso modo in cui mostrerebbero la loro vigliaccheria e il loro opportunismo. Che è il modo opposto e contrario a quello con cui hanno fatto solo promozione di se stessi sbraitando sotto qualche favoloso stendardo e hanno ostentato in faccia al prossimo il loro falso coraggio. La via dell’onestà è piena di solitudine.

~*~

Della serie: Cencio parla male di Straccio: il ministro delle questioni strategiche (o qualcosa del genere) israeliano si è detto sicuro dell’uso di armi chimiche in Siria da parte del regime ed ha concluso che il mondo sta a guardare indifferente, o qualcosa del genere.

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